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LUCIANO DI SAMOSATA

DEI SACRIFICI



Luciano ironizza sui sacrifici che si offrivano agli dei, in particolare sull'idea che la Divinità si compiaccia dell'adulazione umana e si offenda quando non la riceve, come sarebbe capitato a Artemide dimenticata nelle offerte di Oineo. Gli Etiopi, per aver offerto sacrifici a Zeus per dodici giorni di seguito, potevano vivere tranquilli dato che, a quanto pare, gli dei vendevano salute, ricchezza, potere, salvezza dai pericoli e vittorie in guerra in cambio di adeguate quantità di vittime sacrificali.
Crise ottenne soddisfazione da Apollo grazie al credito che vantava per tutti i sacrifici amministrati nel suo tempio. A proposito di Apollo, Luciano ricorda che quando si ribellò a Zeus fu punito con l'ostracismo dall'Olimpo e ridotto a servire nella casa di Admeto e poi in quella di Laomedonte a Troia insieme a Poseidone. I due dei costruirono le mura di Troia e non ebbero neppure il saldo del compenso pattuito.
Con poche frasi sarcastiche vengono ricordate le leggende delle principali divinità: la castrazione di Urano, Crono che divora i figli, Zeus nutrito da una capra e i suoi innumerevoli amori.
Zeus partorì Atena dal proprio capo, poi trasse Dioniso dal ventre della madre folgorata e lo portò in una coscia fino al momento della nascita.
Era-Giunone procreò senza rapporto sessuale Vulcano, artigiano e fabbro affumicato, bruciato da scintille che scagliato dal cielo da Zeus fu salvato dagli abitanti di Lemno ma rimase zoppo.
Prometeo crocifisso sul Caucaso da Zeus per aver troppo amato gli uomini aveva un'aquila che gli rodeva il fegato.
Rea, vecchia decrepita e amante di Attis, la Luna che interrompe il suo corso per amoreggiare con Endimione ...
E volendo salire al cielo sulle orme di Omero ed Esiodo si trovano le mura di bronzo, la luce più vivida, le stelle più lucenti. Sull'entrata sono le Ore, poi Iride e Ermes, la bottega di Vulcano, le case degli dei e la reggia di Zeus. Lassù gli dei attendono i sacrifici degli uomini per aspirarne gli aromi e bere il sangue delle vittime come fanno le mosche. A casa loro, invece, si nutrono di nettare e ambrosia. Una volta invitavano anche degli uomini ma per colpa di Issione e Tantalo non può più entrare in cielo.
Gli uomini consacrano agli dei le selve, i monti, gli uccelli, poi se li dividono in modo che ciascuno adori il suo: Apollo a Delfi, Atena a Atene, ecc.
Costruiscono templi, dedicano statue di Prassitele, Policleto, Fidia: Zeus è sempre barbuto, Apollo sempre giovane, Ermes ha un po' di peluria sul labbro, Poseidone la chioma azzurra e Atena gli occhi celesti. Stabilito il cerimoniale sacrificano le vittime, il bue, la capra, l'agnello che vengono scannati davanti agli altari al suono dei flauti.
E' vietato entrare nei templi con le mani impure ma il sacerdote, sozzo di sangue, trincia la carne, taglia i visceri, strappa il cuore.
Sciti, Assiri, Frigi, Lidii ritengono indegni gli animali e offrono sacrifici umani, mentre in Egitto si venerano dei con la testa di montone, di cane o di caprone, si adorano ibis, coccodrilli e scimmie; i sacerdoti egiziani raccontano che gli dei si nascosero nel loro paese con sembianze animali per paura dei giganti. Sacrificano comunque animali, ma poi li seppelliscono, se muore il bue Api si radono il capo e ne scelgono un altro.
Tutte queste sciocche superstizioni, conclude Luciano, non hanno bisogno di chi le biasimi, ma di un Democrito che rida o di un Eraclito che pianga della stoltezza degli uomini.