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Euripide

ALCESTI

Personaggi:

Apollo
Thanatos
Coro
Una serva
Alcesti
Admeto
Eumelo
Eracle
Ferete
Un servo

Apollo introduce l'argomento dell'opera: egli sta lasciando la casa di Admeto, re di Fere, dove ha servito per un anno per scontare la punizione toccatagli per essersi ribellato a Zeus. Apollo ha apprezzato le qualità di Admeto e gli ha salvato la vita convincendo le Moire a lasciarlo andare a condizione di offrire un'altra vita. I genitori di Admeto hanno però rifiutato di morire per il figlio e si è offerta spontaneamente Alcesti, sua moglie. 

L'azione inizia da qui: Alcesti ha bevuto il veleno e sta morendo, entra Thanatos per condurla negli Inferi. Fra Apollo e Thanatos si svolge un dialogo serrato:Thanatos intende svolgere il proprio ufficio e si mostra in guardia nei confronti di Apollo che ha già saputo una volta ingannare le Moire, Apollo vorrebbe salvare Alcesti ma la sua posizione è debole davanti all'ineluttabilità del destino. Apollo chiede infine esplicitamente a Thanatos di risparmiare Alcesti e davanti al rifiuto profetizza che la donna sarà comunque salvata da Eracle.
Entra il coro: il silenzio che circonda la casa di Admeto è ambiguo, i cittadini non comprendono se Alcesti sia ancora viva, ma incombe il fato. Nonostante i sacrifici offerti dal re la sorte di Alcesti è ormai decisa: "Non c'è rimedio al male, nessuno". Entra in scena una serva che, interrogata dal coro, descrive l'agonia di Alcesti. La donna descrive il patetico addio di Alcesti ai suoi figli, al talamo nuziale, alla servitù. Ora Alcesti sta per uscire dalla casa, fra le braccia del marito, per vedere il sole per l'ultima volta.
Entrano Alcesti ed Admeto. Alcesti è ormai in delirio, atterrita dalla visione di Caronte che la incalza perchè si affretti  ad entrare nel regno dei morti. Admeto piange e la prega di non abbandonarlo, drammaticamente escluso ed impotente di fronte alle trascendentale esperienza di lei. Morendo Alcesti esprime un'ultima richiesta ad Admeto, quella di allevare i loro figli senza risposarsi per evitare i rischi della disaffezione di una matrigna. Admeto giura senza esitazione e promette di non avere altri figli, nonchè di farsi costruire un simulacro di Alcesti accanto al quale cercare consolazione per la sua perdita. Dopo un dialogo sempre più intenso fra i due coniugi durante il quale le frasi di Alcesti si sono fatte sempre più brevi, la donna muore. Inizia immediatamente l'atterrito lamento del piccolo Eumelo, il figlio di Alcesti ed Admeto. Inarrivabile la capacità di Euripide di rendere la tragedia nel linguaggio infantile. La scena si conclude con Admeto che ordina il lutto e la preparazione delle esequie ed il coro che pronuncia un elogio di Alcesti.

Entra Eracle e dialoga con il coro. Egli si trova in Tessaglia per portare a termine una delle fatiche ordinategli da Euristeo, la doma delle cavalle di Diomede, mangiatrici di uomini. Eracle saluta Admeto e trovandolo con il capo rasato in segno di lutto si informa premurosamente ma Admeto con estrema delicatezza vuole nascondere la verità in quanto questa spingerebbe certo Eracle a rifiutare l'ospitalità offertagli. Il dialogo si sviluppa su un difficile filo di ambiguità ed Admeto, pur senza propriamente mentire, riesce a celare momentaneamente il nome della persona per cui è in lutto. Eracle vorrebbe comunque prendere commiato, ma Admeto non lo consente e chiama un servo perchè si prenda cura dell'ospite. Mentre il coro intona una lode all'ospitalità di Admeto, Eracle esce di scena ed entra il corteo funebre. Fra gli altri è Ferete, il padre di Admeto.
Il vecchio è venuto a rendere omaggio alle spoglie della nuora ma Admeto lo attacca violentemente. Si deve ricordare che quando Apollo aveva concluso il patto con le Moire i genitori di Admeto avevano rifiutato di sacrificarsi per il figlio. Nella sua invettiva Admeto accusa il padre di viltà ed egoismo e sconfessa completamente i suoi vincoli filiali verso i genitori arrivando ad insinuare il sospetto di non essere veramente loro figlio. La reazione di Ferete non è meno aggressiva, egli rivendica il suo diritto di vivere ed accusa a sua volta  di vigliaccheria Admeto per aver lasciato morire la moglie al suo posto. Dopo poche battute Admeto scaccia il padre dalla cerimonia funebre. Ferete esce di scena, poco dopo escono Admeto, il corteo funebre ed il coro.

Nella scena vuota entra il servo che ha accompagnato Eracle al suo alloggio. Il servo è scandalizzato dal comportamento di Eracle che giudica per nulla consono alla triste situazione. Entra Eracle che rimprovera il servo per l'eccessiva mestizia e lo esorta e bere e rallegrarsi ma il servo finisce per rivelargli la morte di Alcesti ed il motivo per cui Admeto gli ha nascosto la verità. Il servo si allontana ed Eracle dichiara la propria intenzione di aggredire Thanatos o di scendere nell'Ade per riportare in vita Alcesti

Torna Admeto che sviluppa un lamento funebre dialogando con il coro. Nel lamento alla disperazione di Admeto si affianca un senso di vergogna e di pentimento per non aver impedito il sacrificio di Alcesti
Entra Eracle seguito da una donna velata. Dice ad Admeto di aver vinto la donna in una gara atletica e lo prega di averne cura fino al suo ritorno, ma Admeto lo prega di allontanare da lui quella figura velata che tanto gli ricorda Alcesti.
Admeto giura ripetutamente fedeltà alla memoria di Alcesti, contro le domande volutamente provocatorie di Eracle. Eracle dice infine di approvare le intenzioni di Admeto ma lo avverte che sarà giudicato pazzo, tuttavia Admeto insiste nel suo rifiuto di ospitare la donna. Infine deve cedere alle pressioni di Eracle perchè guardi il viso di lei e scopre che di tratta di Alcesti risuscitata. Mentre Admeto felice accoglie la sposa ed ordina grandi festeggiamenti con la benedizione di Eracle, la donna rimane muta: Non ti è lecito sentire la sua voce prima che sia stata sconsacrata dagli Inferi, il terzo giorno, spiega Eracle. L'enigamtico silenzio di Alcesti chiude l'opera, al pubblico non viene dato sapere quale sarà il destino della coppia riunita e se, dopo simile prova, potrà riconquistare la felicità.