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ARISTOFANE

ACARNESI


Personaggi:
Diceopoli
Un araldo
Anfiteo
Ambasciatori ateniesi
Pseudartabano
Teoro
Coro di vecchi
Un servo di Euripide
Euripide
Lamaco
Un megarese
La figlia del megarese
Un sicofante
Un tebano
Nicarco
Un servo di Lamaco
Dercete
Un paraninfo
Due messaggeri


La scena rappresenta la Pnice, il luogo dove si tenevano le assemblee ateniesi. Diceopoli, solo, si lamenta del ritardo degli altri e spiega di essere venuto in città sperando che si tratti di pace.
Arrivano dunque i partecipanti all'Assemblea. Si fa avanti Anfiteo, caricatura di aristocratico, che vorrebbe un compenso per recarsi a Sparta a trattare la pace.
Anfiteo viene tacitato e subentrano gli ambasciatori di ritorno da una lunga missione in Persia, missione piacevole e per la quale sono stati ben retribuiti. Con loro è un ateniese travestito che finge di essere un emissario del re di Persia e si fa chiamare Pseudo-Artabano.
Diceopoli smaschera facilmente il mistificatore il quale evidentemente mirava ad un guadagno. E' la volta di Teoro, un ateniese che torna dalla Tracia dove è stato inviato a trattare l'alleanza con il re Sitalce. Al suo seguito una schiera di guerrieri traci che ostentano grandi falli.
L'assemblea si conclude ma intanto Diceopoli ha incaricato, retribuendolo, Anfiteo di andare a Sparta a trattare una pace separata per se stesso e per la sua famiglia. Anfiteo ritorna con la "tregua" ma è inseguito dagli Acarnesi (il coro), vecchi carbonai che non vogliono saperne di pace con un nemico che "calpesta la loro vigna".
Diceopoli si scontra con il coro che vuole lapidarlo. E' notevole il modo scenico trovato da Aristofane per rappresentare il contrasto di opinioni fra simili rispetto allo stesso problema. Dieceopoli e gli Acarnesi condividono infatti la stessa estrazione sociale e tutti patiscono i danni ed i disagi della guerra, diversa è solo la reazione: quella di Diceopoli, teatrale e provocatoriamente paradossale, è quella di fare la "pace separata", di tirarsi fuori dal coro (è il caso di dirlo); quella dei carbonai è reazione più verosimile e concreta, l'odio verso il nemico che distrugge le loro cose e verso chiunque quest'odio non condivida.
Per organizzare la propria difesa, Diceopoli si rivolge ad Euripide al quale chiede in prestito una serie di oggetti che rappresentano altrettante allusioni a quelle tragedie euripidee il cui protagonista appariva particolarmente malconcio, ad esempio Fenice che veniva cacciato da casa dal padre che lo sospettava di avergli sedotto la concubina. Si tratta di un attacco al grande tragico certamente non infrequente in Aristofane, ma qui conta di più, io credo, l'ironia con cui Diceopoli indossa patetici panni per affrontare i suoi oppositori con atteggiamento modesto, mentre poco dopo pronuncerà un discorso energico e coraggioso.
Diceopoli, appunto, in un incontro-scontro con il coro convince progressivamente i suoi oppositori. Quindi dichiara le sue condizioni di tregua, apre un suo mercato personale e vi ammette i Megaresi (che subivano l'embargo commerciale da parte di Atene).
Il primo a presentarsi è infatti un megarese che tenta di vendere a Diceopoli le proprie figlie spacciandole per porcelline. Segue un mercante tebano il quale scambia la propria mercanzia con quanto ad Atene c'è di più inutile ed abbondante: un sicofante, cioè un delatore, accuratamente "imballato" perché non si rompa durante il viaggio.
Infine Lamaco, uno dei principali generali dell'esercito ateniese che in questa commedia viene spietatamente messo in ridicolo, viene ferito in una delle tante battaglie e torna in scena dolorante mentre Diceopoli organizza un grandioso banchetto. La commedia si chiude appunto con il coro che inneggia a Diceopoli ed alla sua pace mentre il famoso generale non può che piangere sulle sventure della sua vita di guerrafondaio.