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SENOFONTE


CIROPEDIA




LIBRO PRIMO
Capitolo primo


L'opera si apre con una considerazione dell'Autore sull'instabilità di ogni forma di governo. Si direbbe che sia più facile comandare sugli animali che sugli uomini, ma il persiano Ciro dimostrò il contario dominando un immenso impero abitato da molti popoli diversi fra loro.
Per questo motivo Senofonte intende narrare la vita e le gesta di Ciro.


Capitolo secondo


Ciro era figlio di Cambise re di Persia della stirpe dei Perseidi e di Mandane figlia di Astiage re della Media.
Bellissimo di aspetto, audace ed ambizioso, Ciro fu educato secondo l'uso persiano che lasciava ampia libertà a condizione di non delinquere.
Digressioni sui costumi dei Persiani: in una piazza detta Liberale, nella quale è vietato schiamazzare e fare mercato, si trovano i palazzi del re e dei magistrati. La piazza è divisa in quattro parti ciascuna delle quali è riservata a cittadini di diverse fasce di età.
I giovani celibi vi trascorrono anche la notte. Ciascuna fascia d'età ha dodici sovrintendenti scelti fra i cittadini più illustri per formare i bambini e i giovani e per controllare che gli adulti rispettino le leggi.
I Bambini vanno a scuola per imparare le lettere e le leggi. I loro sovrintendenti puniscono i loro errori, in particolare l'ingratitudine e predicano la temperanza e l'obbedienza ai magistrati.
Gli adolescenti imparano a tirare con l'arco prima di passare alla fascia dei giovani.
Questi per dieci anni pernottano nella piazza e durante il giorno sono a disposizione dei magistrati per servizi di pubblica utilità.
Il re esce più volte al mese per la caccia accompagnato dalla guardia armata scelta fra i giovani che vengono così addestrati ad azioni simili a quelle della guerra. I giovani prendono parte anche a gare a premi e ad azioni di polizia.
Dopo dieci anni passano alla fascia degli adulti nella quale restano per venticinque anni. Gli adulti vengono arruolati in caso di guerra e combattono con la corazza, lo scudo, la scimitarra e la scure mettendo in pratica l'addestramento ricevuto da giovani. Fra gli adulti vengono scelti gli istruttori dei giovani.
Trascorsi i venticinque anni si passa nella fascia degli anziani che non partecipano più alle guerre ma si occupano di amministrare la giustizia. Tutti i Persiani possono accedere alle cariche pubbliche purché abbiano frequentato le "scuole della giustizia".
Grazie a queste usanze i Persiani erano in genere persone moderate e si comportavano con dignità.


Capitolo terzo


Ciro fu educato secondo queste regole fino a dodici anni, quando fu condotto dalla madre a conoscere il nonno Astiage.
Ciro fu colpito dal lussuoso abbigliamento di Astiage (i Persiani vestivano in modo molto più semplice). Astiage lo accolse con affetto e lo fece vestire alla moda dei Medi. Al ragazzo fu insegnato a cavalcare, cosa che gradì molto perché in Persia i cavalli erano rari.
Si stupì della cucina sofisticata dei Medi e delle abitudini della corte, e qui Senofonte narra aneddoti sulla vivacità del giovane Ciro.
Quando giunse il momento di tornare in Persia Ciro scelse di rimanere in Media accogliendo l'invito del nonno e spiegò a Mandane che voleva diventare un cavaliere provetto. La madre rimase perplessa perché Ciro non avrebbe potuto imparare in Media le leggi della Persia ma infine lo accontentò.


Capitolo quarto


Ciro rimase in Media e si fece benvolere per il suo carattere e per la sua disponibilità, Astiage gli si affezionò profondamente vedendolo affettuoso e servizievole e tutti notarono il suo acume e la sua voglia di apprendere.
Quando cominciò a spuntargli la barba, Ciro che ormai sapeva cavalcare molto bene e si era allenato cacciando nelle riserve reali, ottenne da Astiage il permesso di uscire a caccia con lo zio Ciassare e con una scorta di esperti cavalieri. Durante la battuta si comportò in modo temerario ma non volle ascoltare i rimproveri dello zio. In seguito volle far partecipare alle sue cacce anche i suoi coetanei ma Astiage gli proibì di uscire ancora. Tuttavia quando il re si accorse del dispiacere del nipote organizzò una battuta con Ciro ed i suoi amici partecipandovi egli stesso. Nonno e nipote gradirono tanto l'esperienza che divenne un'abitudine.
Quando Ciro aveva quindici o sedici anni il figlio del re degli Assiri prese a saccheggiare con il suo esercito la zona della Media prossima al confine.
Astiage e il figlio Ciassare guidarono l'esercito presso il confine per respingere gli invasori ma quando videro lo spiegamento delle forze del nemico esitarono e fu proprio Ciro a convincerli ad agire. Durante la battaglia Ciro, che per la prima volta vestiva le armi, combattè con giovanile entusiasmo tanto da coinvolgere lo zio Ciassare in una carica temeraria. Astiage, preoccupato per il figlio ed il nipote, attaccò a sua volta con la cavalleria e il nemico battè in ritirata.
I Medi vinsero la battaglia e fecero molti prigionieri, non si parlava che del coraggio di Ciro e la notizia giunse fino a Cambise che decise di richiamare il figlio a casa per completare la sua educazione persiana. Così Ciro prese commiato da Astiage con grande dispiacere di tutti e promise di tornare a quanti gli volevano bene.


Capitolo quinto


In Persia Ciro trascorse ancora un anno tra i fanciulli conquistando l'ammirazione dei coetanei, quindi passò tra i giovani e primeggiò anche fra questi per le sue qualità.
Morì Astiage e Ciassare, fratello della madre di Ciro prese il potere in Media. Il re degli Assiri avviò una propaganda contro Medi e Persiani accusandoli di essersi alleati per sottomettere gli altri popoli. Informato di ciò Ciassare previde la guerra ed inviò messi a Cambise chiedendogli aiuti.
Il consiglio degli anziani di Persia decise di accogliere la richiesta ed affidò il comando della missione a Ciro, ormai adulto.
Ciro scelse le truppe per l'impresa e prima di partire verso la Media tenne loro un lungo discorso di incoraggiamento.


Capitolo sesto


Incontro fra Ciro e Cambise al momento della partenza. Esortazioni del padre riguardo alla fede ed al rispetto degli dei.
Il dialogo fra i due è una lunga digressione moralistica: è giusto che gli uomini si rivoltano agli dei per chiedere quanto meritano per le proprie doti e per la propria fede, non sarebbe giusto per gli dei esaudire preghiere diverse.
L'opera più meritevole che un uomo possa compiere è comandare bene: il principe deve prontamente provvedere ai bisogni dei suoi sudditi.
Cambise raccomandò quindi a Ciro di occuparsi con molta cura e previdenza degli approvvigionamenti per l'esercito per evitare di trovarsi in difficoltà una volta entrato nel vivo della guerra e gli consigliò di non fare affidamento soltanto sulle promesse di Ciassare.
Il dialogo prosegue con istruzioni di Cambise in merito ai doveri del comandante che deve preoccuparsi dell'addestramento dell'esercito ma anche della sua salute e della disciplina.
Il particolare Cambise raccomanda al figlio di scegliere luoghi salubri dove sostare, di indurre i soldati a nutrirsi con moderazione e di non lasciarli mai inattivi.
Dopo aver trasmesso a Ciro numerosi precetti per avere un esercito coraggioso, efficiente e sempre pronto a combattere, Cambise spiega al figlio come vincere la guerra: diventando ingannatore, dissimulatore, rapace e sleale più del nemico. Si deve cercare lo scontro quando il nemico non è pronto a combattere e si trova in svantaggio e stare molto in guardia nei momenti in cui ci si trova più deboli ed esposti.
L'ultimo insegnamento di Cambise è anche, secondo il re, il più importante: per prevedere il futuro tutta la sapienza degli uomini non è più utile di un tiro di dadi, solo gli dei possono antivedere il destino.


LIBRO SECONDO


Capitolo primo


Padre e figlio si salutarono al confine e Ciro, entrato in Media, raggiunse Ciassare che lo informò sulla situazione delle forze nemiche. Queste erano composte dalle truppe di diversi monarchi: Creso di Lidia, Artama re di Frigia, Aribeo re di Cappadocia ed altri, per un totale di sessantamila cavalieri ed oltre duecentomila fanti, mentre Ciro, Ciassare ed alleati potevano arrivare a ventimila cavalli e centomila fanti.
In questa situazione di svantaggio, Ciro decise di cambiare le tattiche di combattimento e chiese allo zio di preparare armamenti più pesanti per il suoi Persiani che avrebbero combattuto per mantenere saldamente le posizioni lasciando ai Medi e alla cavalleria il compito di inseguire i fuggitivi e fronteggiare le parti più mobili dell'esercito nemico.
Ciro parlò ai suoi ufficiali informandoli sulle decisioni perse ed uno degli ufficiali gli consigliò di arringare personalmente alle truppe. Ciro accolse il suggerimento e spiegò ai soldati che avrebbero combattuto, diversamente dal solito, armati di corazza, scudo, scimitarra e scure.
In attesa dell'arrivo dei nemici Ciro curò l'addestramento dei soldati sottoponendoli a continue esercitazioni.
Senofonte descrive l'organizzazione gerarchica dell'esercito persiano (cinquine, decine, squadre, compagnie) ed il sistema di premi attuato per incentivare la disciplina.
L'occupare tende comuni ed il vivere insieme nel campo era considerato importante per far socializzare i soldati e lo stesso Ciro invitava spesso a prendere i pasti con lui gli ufficiali ed anche i soldati semplici.
I pasti e le condizioni generali di vita erano uguali per tutti, senza privilegi per i gradi più alti. Ciro teneva in grande considerazione anche ruoli ausiliari come quelli degli attendenti e degli araldi.


Capitolo secondo


A proposito di pasti presi in comune Senofonte inserisce un quadretto di costume: Ciro ed alcuni ufficiali che discorrono piacevolmente prendendo un pasto, si scambiano facezie e scherzano su alcuni soldati sempliciotti e altre vicende. Uno di loro, inflessibile, trova disdicevole tanto buon umore ma alla fine anche lui viene indotto a sorridere.
Passando ad argomenti più seri i convitati discutono di come dividere fra i soldati i bottini di guerra: se in parti uguali o proporzionate al merito, si decide di sottoporre la questione al voto dell'esercito.


Capitolo terzo


Convocato in assemblea l'esercito, Ciro pose la questione della ripartizione meritocratica del bottino che tutti accettarono. Senofonte riporta (o immagina) gli interventi nella discussione di due militari: uno basso di statura e di corporatura minuta che era d'accordo con la proposta perché certo di poter comunque dare il suo contributo, l'altro essendo di estrazione popolare si disse lieto di poter gareggiare con gli aristocratici. La proposta venne infine approvata e fu stabilito che fosse Ciro a giudicare il merito di ognuno.
Un centurione faceva compiere alla sua compagnia un'esercitazione di combattimento, divisi in due squadre con armatura, scudo e una canna invece di altre armi i soldati si affrontavano corpo a corpo o tirandosi delle zolle di terra. Una sera Ciro invitò quella compagnia a cenare con lui, non mancavano feriti e contusi ma i soldati erano soddisfatti.
Un altro centurione faceva marciare i suoi uomini secondo precisi schemi quando si trattava di andare a mangiare o di muoversi nel campo in modo da abituarli a mantenere l'ordine delle file anche in battaglia o in caso di ritirata, iniziativa che ebbe il plauso di Ciro e che anche altri imitarono.


Capitolo quarto


Un messo di Ciassare avvertì Ciro che era atteso a corte per incontrare gli ambasciatori degli Indiani (in realtà deve trattarsi di una popolazione della Colchide di antichi origini etiopi o egiziane).
Ciro raggiunse Ciassare con l'intero suo esercito e partecipò all'incontro. Gli ambasciatori avevano il compito di comprendere le ragioni della guerra in corso fra Persiani e Assiri e riferirle al loro re che avrebbe così deciso con quale dei due contendenti schierarsi. Ciassare e Ciro li congedarono esortandoli a far visita anche agli Assiri e dicendo loro che avrebbero volentieri accettato l'arbitrato del re degli Indiani.
Partiti i visitatori Ciassare e Ciro discussero del re d'Armenia che da tempo non versava i tributi dovuti e non inviava i contingenti militari come era tenuto a fare da quando era stato sconfitto da Astiage. Decisero che Ciro avrebbe finto di avvicinarsi al confine in una battuta di caccia, sarebbe poi stato raggiunto dal resto dell'esercito per accerchiare la reggia armena prima che i difensori potessero intervenire.
Una volta posizionato l'esercito al confine con l'Armenia Ciro si fermò e mandò un araldo ad intimare al re del luogo di consegnare i tributi e i soldati che doveva a Ciassare senza nascondere che le schiere persiane erano già pronte a combattere. Nell'attesa del ritorno dell'araldo ordinò ai suoi uomini di non fare del male a nessuno.


LIBRO TERZO


Capitolo primo


Il re degli Armeni rimase interdetto: sapeva di non aver ottemperato ai suoi obblighi ed aveva paura della potenza di Ciro.
Tentò di fuggire con la famiglia ma fu intercettato e condotto alla presenza di Ciro al quale ammise sinceramente di non aver rispettato gli impegni per il gran desiderio di sentirsi libero da ogni gravame.
Mentre era in corso questa sorta di processo giunse il figlio del re Tigrane che a volte era stato compagno di caccia di Ciro e si era dimostrato intelligente e sottile interlocutore, infatti assumendo le difese del padre convinse rapidamente Ciro che un atto di clemenza gli avrebbe reso di più di un'azione di forza. Con vari argomenti sugli effetti della paura e su quelli del desiderio di libertà, Tigrane indusse infine Ciro al perdono.
Gli Armeni conferirono metà dei loro soldati e cavalieri a Ciro per la guerra contro gli Assiri e pagarono i tributi erogando anche un prestito per le spese di guerra. Ciro fu molto soddisfatto dell'esito della missione perché senza combattere aveva ottenuto i risultati voluti ed aveva rinnovato l'amicizia fra Ciassare e il re degli Armeni.


Capitolo secondo


Gli Armeni erano in guerra con i Caldei (si intende Calibi, popolazione dell'Anatolia Settentrionale) che spesso valicavano i monti sul confine per compiere razzie nel loro paese. Ciro conquistò la cima dei monti sconfiggendo rapidamente le bande dei razziatori, quindi si fece mediatore della pace e di un trattato di alleanza che prevedeva la mutua difesa fra i due popoli e la possibilità di commerci, matrimoni in comune ed altro. A garanzia della pace fece costruire una fortezza sui monti dove stabilire un suo presidio.
Si decise quindi che Ciro avrebbe mandato al re degli Indiani un'ambasciata di Persiani, Armeni e Caldei per narrargli le sue imprese e chiedergli di sovvenzionarlo.


Capitolo terzo


Lasciato un governatore per il nuovo presidio e preso commiato da Armeni e Caldei, Ciro ricongiunse le sue truppe con quelle di Ciassare. Tigrane lo aveva seguito.
Ciassare e Ciro passarono direttamente ad attaccare gli Assiri nel loro Paese e i nemici avanzarono verso di loro. I due eserciti pernottarono a breve distanza e il giorno seguente gli Assiri cominciarono a uscire dal loro campo fortificato per schierarsi in battaglia.
Ciro, sapendo che le forze del nemico erano numericamente superiori, volle attendere il momento opportuno per attaccare senza preavviso e con grande impeto. Il nemico non seppe resistere e cominciò ad arretrare in modo disordinato mentre i Persiani, perfettamente addestrati, si muovevano con precisione.
Quando Ciro si rese conto che i suo stavano entrando nel campo nemico per timore che rimanessero intrappolati ordinò di indietreggiare di qualche passo e anche questo comando fu eseguito perfettamente.


LIBRO QUARTO


Capitolo primo


Ciro tenne un discorso ai soldati congratulandosi per il loro comportamento e promettendo ad ognuno il premio meritato (come stabilito in precedenza), quindi si recò da Ciassare per informarlo sugli ultimi eventi e chiedergli un corpo di cavalleria per inseguire i nemici sconfitti ma Ciassare, per invidia o per prudenza, rifiutò invitando Ciro ad accontentarsi dei successi conseguiti.
Infine si giunse ad un accordo e Ciassare consentì che quanti fra i suoi avessero voluto seguire Ciro fossero liberi di farlo.


Capitolo secondo


Militavano con gli Assiri mille cavalieri ircani. Gli Ircani erano un popolo poco numeroso, soggetto agli Assiri che sfruttavano spesso la loro rinomata cavalleria; in quel momento videro l'opportunità di ribellarsi ai loro oppressori e mandarono ambasciatori a Ciro per offrirgli il loro aiuto come combattenti e come guide.
Fra la gente di Ciassare scelsero di seguire Ciro tutti i Persiani e gran parte dei Medi. Ciro mosse questa milizia ordinando agli Ircani di marciare in testa, senza aspettare che i loro ambasciatori tornassero con gli ostaggi che avevano promesso.
La marcia procedette tanto speditamente che al mattino successivo erano già in vista del campo nemico.
Si trattava degli Ircani arruolati dagli Assiri che formavano la retroguardia i quali, avvertiti da un ambasciatore, furono ben lieti di unirsi ai connazionali che erano con Ciro.
Prima di sera Ciro impartì gli ordini per il giorno seguente e al mattino gli Assiri e i loro alleati scorgendo a breve distanza l'esercito persiano fuggirono senza opporre alcuna resistenza.
Ciro fece molti prigionieri e ordinò a parte di loro di reperire i viveri nel campo abbandonato e preparare un pasto abbondante per i vincitori. Radunati gli ufficiali raccomandò loro di aspettare il rientro di quanti erano ancora fuori dal campo prima di banchettare e dividere il bottino.


Capitolo terzo


Vedendo gli Ircani e i Medi muoversi velocemente a cavallo, Ciro decise di istituire una cavalleria persiana.
Aveva abbondanza di cavalli sottratti ai nemici e tutto l'occorrente per cavalcare, si trattava di convertire i Persiani, abituati a marciare e a combattere a piedi, in esperti cavalieri.
Ciro condivise l'idea con i suoi ufficiali ottenendo entusiastici consensi.


Capitolo quarto


Quando tutti i soldati furono rientrati al campo Ciro ascoltò i loro racconti e seppe che il territorio in cui si erano spinti era ricco e molto popoolato. Decise quindi, d'accordo con i suoi ufficiali, di mandare liberi i prigionieri limitandosi a sottomettere il paese senza nuocere alla popolazione, con grande sollievo degli sconfitti.


Capitolo quinto


Alla sera fu finalmente il momento di banchettare e di riposare. Ciro e i Persiani cedettero a Medi e Ircani la parte migliore delle vettovaglie ma Ciro fece sorvegliare durantre la notte il campo quelli che furono sorpresi a fuggire dopo aver rubato furono messi a morte, monito che in seguito si rivelò molto efficace.


Capitolo sesto


Resosi conto che la gran parte dei suoi uomini avevano seguito Ciro, Ciassare si infuriò e mandò un ambasciatore a cercarli con l'ordine di tornare presso di lui, con o senza Ciro.
Quando ricevette il messaggio Ciro non perse il controllo e rassicurò tutti dicendosi sicuro che l'inquietudine di Ciassare si sarebbe sedata non appena egli avesse saputo che gli Assiri erano stati sconfitti.
Trattenne presso di se l'ambasciatore di Ciassare e ne inviò un altro per comunicare a Ciassare che prendeva atto che lo stava lasciando privo di gran parte dell'esercito in terra nemica tuttavia non si opponeva ai suoi ordini pur invitandolo alla ragionevolezza.
Incaricò quindi Medi e Ircani di distribuire il bottino assicurandosi che tutti fossero giustamente ricompensati e che a nessuno mancasse il necessario.


Capitolo settimo


Un comandante assiro di nome Gobria venne ad arrendersi a Ciro offrendogli il suo aiuto e la sua fedeltà ma chiedendo vendetta per il figlio che era stato ucciso dal figlio del re.
Gobria propose a Ciro di mettergli a disposizione i suoi castelli e i suoi soldati e gli offrì la mano di sua figlia che in precedenza era stata promessa al principe assassino. Quest'ultimo, dopo l'omicidio, era diventato re e Gobria non si aspettava da lui alcun riconoscimento dei servizi che aveva prestato per molti anni al padre.
Ciro accettò la proposta e Gobria divenne suo alleato.
Intanto Medi e Ircani avevano completato la distribuzione del bottino riservandone una parte a Ciro e una a Ciassare.


LIBRO QUINTO


Capitolo primo


Ciro chiamò a se l'amico di infanzia Araspa per affidargli la donna e il padiglione che aveva ricevuto come sua parte del bottino di guerra. Costei era moglie di Abradate re dei Susiani che si trovava presso il re dei Battriani a trattare un'alleanza.
Araspa avvertì l'amico, che non aveva ancora visto la donna, che si trattava di una bellezza straordinaria e Ciro decise di rinunciare a lei per non essere distratto dai suoi doveri.


Capitolo secondo


L'indomani Ciro con l'esercito raggiunse il paese di Gobria. Fu accolto con grandi onori da Gobria che offrì una ricca cena a tutti i Persiani e ribadì le sue promesse a Ciro presentandogli la figlia e pregandolo di prenderla sotto la sua protezione. La descrizione dell'incontro e del banchetto che segue sono una nuova occasione per esaltare la virtù e la moderazione dei Persiani e del loro condottiero, così come Senofonte non manca di parlare con molta retorica dello stupore di Gobria di fronte alle doti morali dei suoi nuovi alleati.
Durante la visita del paese in compagnia di Gobria e dei suoi, Ciro raccolse le informazioni sui nemici degli Assiri per procurarsi alleanze e seppe che le popolazioni dei Cadusii e dei Saci (Babilonia Meridionale) odiavano gli Assiri, inoltre Gobria gli parlò del principe Gadata che era stato evirato per ordine del figlio del re assiro. Avute queste notizie, Ciro decise senz'altro di raggiungere Babilonia consapevole di disporre di forze numericamente inferiori ma molto più valide di quelle nemiche.


Capitolo terzo


Ciro comandò ai suoi di compiere scorrerie e lasciò gran parte del bottino a Gobria per ripagarlo della sua ospitalità, quindi mandò Gobria a presentare la sua sfida al re di Babilonia. Questi rifiutò di uscire a combattere e con molta arroganza propose ai Persiani di tornare ad affrontarlo dopo trenta giorni.
Nell'attesa del combattimento, Ciro incaricò Gobria di accordarsi segretamente con l'eunuco Gadata. L'obiettivo era la conquista di una fortezza antistante Babilonia, cosa facile per Gadata su avesse agito dall'interno. Per rendere più credibile la situazione Ciro avrebbe finto un attacco a Gadata che avrebbe cercato rifugio con i suoi nella fortezza, ma una volta entratovi avrebbe aiutato i Persiani a conquistarla. Il piano ebbe successo e la fortezza fu rapidamente conquistata, Ciro ne fece il quartier generale suo e dei suoi alleati ircani, cadusii e saci per la guerra contro gli Assiri.
Gadata seppe che gli Assiri stavano per devastare i suoi possedimenti per vendetta e accorse per fronteggiarli, da parte sua Ciro organizzò una marcia per raggiungerlo il più rapidamente possibile con l'intero esercito.


Capitolo quarto


Uno degli uomini di Gadata lo tradì e avvertì il re assiro del suo arrivo. Gli Assiri organizzarono un agguato e Gadata e il suo seguito si trovarono a difendersi come potevano da nemici molto più numerosi quando sopraggiunse provvidenzialmente Ciro con il suo esercito e mise in fuga il nemico.
Gadata fu ferito nello scontro, il traditore rimase ucciso e il re degli Assiri fuggì in una città fortificata. Il comandante dei Cadusii che si trovavano nella retroguardia, non avendo avuto occasione di partecipare alla battaglia, voleva compiere un'azione gloriosa e fece una scorreria verso Babilonia ma fu sopraffatto e ucciso. L'indomani Ciro guidò l'esercito nel luogo della battaglia per seppellire i caduti e vendicarli saccheggiando il paese.
Al momento di partire Gadata voleva fare grandi doni a Ciro e gli manifestò i suoi timori per il futuro ma Ciro lo convinse a seguirlo con i suoi parenti. Marciando superarono Babilonia tenendosi a una certa distanza perché Ciro riteneva che i carri dei bagagli sarebbero stati d'intralcio in un combattimento. Giunti al confine i Persiani conquistarono tre fortezze assire.


Capitolo quinto


Ciro mandò un messo a chiedere a Ciassare un incontro e Ciassare volle che si svolgesse sul confine per non far entrare l'esercito nel suo paese ma quando, presentandosi con un modesto seguito, vide la magnificenza delle schiere di Ciro, ne fu gravemente mortificato e se ne lamentò: Ciro lo trattò con rispetto e gentilezza e volle esaminare con lui la situazione.
Nel dialogo che segue Ciro ricorda che ha fatto gli interessi dello zio combattendo per con lui e che, come avevano concordato, aveva preso con se solo quanti avevano voluto seguirlo spontaneamente. Ciassare ne conviene ma si mostra comunque geloso e offeso perché il favore del nipote ha diminuito il suo prestigio agli occhi dei sudditi e dei nemici. Ciro propone di rimandare la discussione e infatti quando giungono al campo Ciassare viene accolto con molti onori, cosa che rincuora il vecchio re.
Il quinto libro si conclude con un breve discorso di Ciro che esorta i suoi compagni a tentare di convincere gli alleati a rimanere nell'esercito e continuare la guerra contro gli Assiri.


LIBRO SESTO


Capitolo primo


Il mattino seguente molti si mostravano preoccupati per la partenza di Ciro, soprattutto Gadata, mentre Istaspe si diceva pronto a rimanere per combattere contro gli Assiri assumendo il comando.
Si discusse sull'opportunità di continuare la guerra e la maggioranza si mostrò favorevole per evitare che gli Assiri, recuperate le energie, divenissero di nuovo pericolosi ma Ciro propose saggiamente di conquistare e costruire molte fortezze per affrontare l'inverno adeguatamente protetti. Una volta prese queste decisioni, Ciro si dedicò ad organizzare le prossime imprese e fra l'altro progettò un nuovo tipo di carro da guerra, più efficiente e micidiale.
Sapendo che il re degli Assiri si era trasferito in Lidia recando con se grandi tesori, Ciro decise di mandare uno dei suoi a spiarlo fingendosi un disertore. Scelse Araspa che si trovava in una situazione delicata perché si era innamorato di una belle prigioniera e temeva di essere punito per la sua intemperanza. Araspa, infatti, fingendosi angosciato prese con se i propri servitori e si mise in viaggio.
La bella Pantea (la prigioniera desiderata da Araspa) offrì a Ciro di convincere il marito Abradate ad allearsi con lui e Ciro accettò. Pantea parlò a Abradate della clemenza e della nobiltà con cui era stata trattata e l'uomo fu lieto di offrire a Ciro i propri servigi e la propria amicizia mettendo a sua disposizione i diecimila cavalieri dei quali disponeva.
Col la collaborazione di Abradate, Ciro ideò un nuovo carro a otto timoni con i quali altrettante paia di buoi trainavano facilmente una grande torre da assedio completa di equipaggio e di attrezzature.


Capitolo secondo


Ambasciatori indiani recarono del denaro a Ciro, avevano l'ordine da parte del loro re di eseguire qualsiasi richiesta di Ciro e questi ne approfittò per mandare tre di loro presso il nemico a spiarne i piani fingendo di offrire l'alleanza degli Indiani.
Ciro era a buon punto con i preparativi per la spedizione quando gli ambasciatori indiani tornarono portando cattive notizie: si era formata una coalizione di molte nazioni nemiche ciascuna delle quali contribuiva con molti mezzi a formare un enorme esercito il cui comando supremo era stato affidato a Creso.
Per evitare il diffondersi del panico, Ciro convocò tutti gli ufficiali e li rassicurò sostenendo che le forze messe insieme dai nemici non erano tali da poter sconfiggere i Persiani e che Creso non era un comandante esperto e coraggioso. Fu deciso che fosse bene affrettare la partenza per non lasciar tempo ai preparativi del nemico e Ciro diede molte istruzioni relative alle scorte necessarie per affrontare venti giorni nel deserto.


Capitolo terzo


L'esercito di Ciro si mise in movimento e marciò con grande ordine e compattezza. Attivati nei pressi del campo nemico, i Persiani fecero prigionieri alcuni uomini usciti in cerca di rifornimenti e seppero che i nemici, comandati da Creso in persona, avevano saputo dell'avvicinarsi di Ciro e attendevano con molta preoccupazione. Assistevano Creso un greco e un medo che diceva di essere un disertore.
Ciro incaricò Istaspe di andare in avanguardia con mille cavalieri e in quel momento giunse Araspa, colui che Ciro aveva inviato presso i nemici per spiarne i movimenti. Ricevuti il saluto e le lodi di Ciro, Araspa espose le sue preoccupazioni sulla consistenza, l'organizzazione e lo schieramento dell'esercito nemico.
Sfruttando al meglio queste notizie, Ciro decise la disposizione del suo esercito organizzando falangi non troppo profonde ma con forte avanguardia e retroguardia, dispose inoltre consistenti difese ai margini dello schieramento per evitare l'accerchiamento.


Capitolo quarto


Pantea donò al marito Abradate una cotta di porpora, una celata e altri ornamenti in oro che aveva realizzato con i suoi gioielli e nel prendere commiato da lui con grande emozione gli ricordò il proprio amore e l'amicizia dimostrata da Ciro.
Il sesto libro si conclude con un discorso di Ciro ai suoi ufficiali prima della battaglia.


LIBRO SETTIMO


Capitolo primo


Si giunse al momento dello scontro. Giunto in vista del nemico, Ciro ne discusse la formazione con i collaboratori più intimi ai quali diede le ultime disposizioni, quindi passò ancora una volta in rassegna le sue forze. Intanto i nemici erano avanzati e si erano disposti in modo che quando Creso diede il segnale di attaccare l'esercito di Ciro si trovò circondato su tre lati. Ciro intonò il peana e tutte le sue risorse si scagliarono contro il nemico con la precisione che era stata programmata. I cammelli dei Persiani portarono lo scompiglio nella cavalleria nemica mentre i carri comandati da Abradate mettevano in fuga molti nemici. Abradate e i suoi attaccarono la falange degli Egizi e la penetrarono a fondo facendo una strage ma nel caos caddero lo stesso Abradate e molti suoi amici. I Persiani accorsero ma gli Egiziani erano numerosi e bene armati e stavano prevalendo quando Ciro li attaccò alle spalle.
Col proseguire della battaglia Ciro notò che tutti i nemici erano caduti o fuggiti e che solo gli Egizi si battevano ancora coraggiosamente. Ordinò allora ai suoi uomini di sospendere la lotta e mandò messaggeri a proporre agli Egizi di passare dalla sua parte. Gli Egiziani accettarono al patto di non dover combattere contro Creso e l'accordo fu concluso.


Capitolo secondo


Ciro raggiunse rapidamente Sardi, dove si era rifugiato Creso, e la occupò quindi i due re concordarono che i persiani si sarebbero astenuti dal saccheggio ricevendo donazioni spontanee dalla cittadinanza. Creso raccontò di aver avuto un figlio morto in gioventù e di averne un altro e ricordò un oracolo di Apollo che gli aveva predetto felicità se avesse conosciuto se stesso. Nell'accettare il comando supremo Ciro si era sopravvalutato e puntualmente erano arrivate le sconfitte, la disgrazia e l'infelicità. Impietosito, Ciro concesse a Creso di tenere con se la propria famiglia e mantenere il suo modo di vivere privandolo soltanto del comando militare e da allora fece di Creso uno dei suoi consiglieri.


Capitolo terzo


Quando Ciro fu informato della morte di Abradate accorse a rendere onore al caduto e trovò Pantea affranta accanto alla sepoltura che si stava preparando con il capo del marito in grembo. Ciro pianse con la donna e promise un magnifico monumento per Abradate ma quando si fu allontanato Pantea volle rimanere sola con un'ancella e si uccise sul cadavere dello sposo.


Capitolo quarto


Stabilitosi in Sardi, Ciro incaricò il suo ufficiale Adusio di dirimere una contesa interna in Caria; Adusio svolse l'incarico con grande abilità: occupò le fortezze dei contendenti e propose loro di vivere in pace per evitare di incorrere nella punizione di Ciro. I Carii accolsero l'invito e furono così soddisfatti da chiedere a Ciro di nominare Adusio satrapo del loro paese. Nel frattempo Istaspe sottometteva la Frigia dove il re, abbandonato dai suoi funzionari, aveva rinunciato a resistere.
Ciro ripartì da Sardi portando con se Creso e, soggiogando alcuni popoli lungo la strada, giunse a Babilonia.


Capitolo quinto


Giunto a Babilonia, Ciro ordinò grandi opere per l'assedio: fece costruire torri e scavare canali per far defluire le acque del fiume che circondava la città fino a renderlo guadabile. Decise di attaccare in piena notte sapendo che gli abitanti erano soliti ubriacarsi a tarda sera e ordinò a Gadata e Gobria di fare da guide per raggiungere rapidamente la reggia.
Ciro stesso entrò fra i primi in città e raggiunta la reggia Gadata e Gobria sopraffecero le guardie, entrarono ed uccisero il re e quanti erano con lui mentre gli squadroni di cavalleria percorrevano le strade ordinando di rimanere nelle case e uccidendo quanti erano fuori.
L'indomani i difensori della cittadella si arresero e Ciro fece sequestrare tutte le armi dei Babilonesi, quindi distribuì il bottino e comandò agli sconfitti di coltivare la terra e pagare tributi. Concedere udienza a quanti volevano parlargli fu un'occupazione che lo impegnò per un'intera giornata.
Il giorno successivo per incontrare i suoi uomini più fidati Ciro fu costretto ad ordinare di allontanare la folla, a questo punto dichiarò che avendo vinto la guerra credeva giunto il momento di delegare ai suoi amici e consiglieri parte degli impegni del potere e vivere in modo più riservato. I suoi amici approvarono con entusiasmo e Ciro prese possesso della reggia di Babilonia.
Considerò inoltre di avere bisogno di un'adeguata guardia del corpo. A questo scopo scelse un gran numero di eunuchi verso i quali non aveva pregiudizi e che riteneva più fidati perché non gravati da impegni familiari, fece inoltre venire dalla Persia diecimila soldati per stabilire una protezione permanente della sua persona e una continua vigilanza su Babilonia.
Il settimo libro dell'opera si conclude con il discorso che Ciro rivolge ai suoi amici per raccomandar loro di non lasciarsi mai andare all'ozio ma di mantenersi attivi e virtuosi per conservare e far crescere il grande impero che hanno conquistato.


LIBRO OTTAVO


Capitolo primo


Al discorso di Ciro risponde Crisanta tessendo una lode dell'obbedienza. Non si possono vincere battaglie, afferma l'ufficiale, se i soldati non ubbidiscono ai superiori, e non si potranno mantenere le conquiste raggiunte, non si potrà governare, ecc. Esorta quindi i suoi colleghi ad attenersi sempre agli ordini di Ciro e a farlo volentieri, non come i servi che ubbidiscono per forza ai loro padroni. Tutti approvano questo discorso e si decreta che i più alti ufficiali siano sempre alle porte del palazzo a disposizione del re, uso in seguito diffuso in tutti i reami asiatici.
Ciro distribuì le cariche e le incombenze di governo, affidò a persone selezionate le satrapie dell'impero e stabilì un ordinamento gerarchico per assegnare al meglio tutti i compiti, compresi quelli di natura economica. Con i suoi decreti, con i discorsi e con l'esempio personale Ciro regolò le cose della sua corte in modo da poter contare un uno staff efficiente ed obbediente.
Stando all'autore, Ciro volle curare anche l'aspetto e l'abbigliamento dei suoi cortigiani. Dedicava molta attenzione ai suoi collaboratori, alla loro salute e al loro benessere. In particolare riteneva che i migliori personaggi dei popoli sottomessi dovessero arrivare a affezionarsi a lui, come garanzia contro ribellioni ed atti malevoli nei suoi confronti.


Capitolo secondo


Ciro desiderò sempre di fare del bene agli amici e di essere da loro amato. Quando divenne ricco e potente decise di essere molti liberale, in modo particolare con il cibo. Non solo aveva sempre molti amici alla sua tavola ma mandava cibo e e bevande a quelli che non erano con lui e anche ai soldati che si erano distinti nelle loro imprese o nelle loro attività. Si trattava di vivande di grande qualità, preparate da cuochi esperti e l'offrirle era il modo di Ciro di esprimere affetto, stima o apprezzamento. Ovviamente i suoi doni non si limitavano al cibo: aveva reso estremamente ricchi molti suoi amici e sapeva come ricompensare chi lo serviva bene come, ad esempio, chi gli forniva informazioni utili e tempestive.
Oltre a fare ricchissimi doni, Ciro si sforzava di fare del bene con le sue azioni mostrandosi sempre cortese e disponibile. A Creso che lo criticava per l'eccessiva generosità e lo metteva in guardia dal ridursi in miseria dimostrò che semplicemente chiedendo agli amici poteva disporre di più denaro di quanto ne avrebbe accumulato se fosse stato avaro.
Altrettanta sollecitudine usava Ciro nel preoccuparsi della salute dei sudditi procurando rimedi e medici senza badare alla spesa e curava anche la loro concordia nominando giudici gli uomini migliori che poteva scegliere.


Capitolo terzo


Per la prima grande cavalcata con la sua corte Ciro volle organizzare tutto con magnificenza. Insieme a Feraula distribuì a tutti i partecipanti abiti eleganti che aveva appositamente fatto confezionare secondo la moda della Media.
Fu preparato il percorso recintato e sorvegliato da guardie che impedivano a chiunque di ingombrare il passaggio. Fuori dal palazzo si schierarono migliaia di astati e di cavalieri persiani e alleati, vennero condotti tori da sacrificare al Sole e finalmente Ciro uscì dalla sua reggia con una tiara sul capo, vestito di bianco e di porpora, colori riservati al re.
Il corteo si mosse, formato da migliaia di militari e dai loro comandanti: Datama, Gadata, Istaspe. Sfilavano, insieme ai Persiani, i Medi, gli Armeni, gli Ircani, i Cadusii, i Saci. Giunti in un luogo consacrato Ciro e i suoi seguaci celebrarono sacrifici, quindi si tennero gare di corsa a cavallo e con i carri, una delle quali fu vinta dallo stesso Ciro.
L'ultima parte del capitolo consiste nell'incontro di Feraula con un cavaliere, i due diventano amici e Feraula racconta come da modesto agricoltore era diventato un ricco signore grazie alla generosità di Ciro.


Capitolo quarto


Ciro offrì un grande banchetto a amici e alleati. Erano fra gli invitati Artabazo di Media, Tigrane re di Armenia, il comandante della cavalleria ircana e Gobria. Gadata sovrintendeva il servizio. Ciro era particolarmente attento alla distribuzione dei posti perché sedergli accanto era considerato un onore e ad ogni banchetto la variava per evitare gelosie. Premuroso verso i convitati si preoccupava che tutti assaggiassero i cibi migliori. L'autore tratteggia brani di conversazione per rendere il clima disimpegnato e amichevole dei banchetti offerti da Ciro.
Furono distribuiti doni e Istaspe concluse l'accordo con Gobria per sposarne la figlia (la quale ovviamente non era presente e non fu consultata in merito).
Il giorno seguente Ciro pagò il soldo alle truppe alleate che stavano prendendo congedo comportandosi con la solita generosità.


Capitolo quinto


Avendo sistemato i suoi affari in Babilonia, Ciro decise di tornare in Persia e si mise in viaggio, l'esercito marciava con disciplina e organizzazione. Giunto in Media Ciro fece visita a Ciassare che gli offrì in moglie la propria figlia, Ciro accettò con riserva per l'approvazione dei suoi genitori. Arrivato in Persia lasciò il grosso dell'esercito al confine e si recò a omaggiare il padre con gli amici più intimi. Cambise convocò i magistrati per annunciare che Ciro era destinato a succedergli sul trono e volle che il figlio scambiasse con i magistrati un giuramento di mutua difesa secondo l'usanza del paese.
Ciro ripartì e avendo ottenuto il gradimento dei genitori, sposò la figlia di Ciassare.


Capitolo sesto


Ciro decise di inviare satrapi nelle province conquistate per governare la popolazione e amministrare i tributi, non rimosse però o presidi militari che rispondevano direttamente ai suoi ordini in modo da mantenere il controllo contro eventuali infedeltà.
Assegnò l'Arabia a Megabizo, la Cappadocia a Artabate, la Grande Frigia a Artacama, la Licia e la Jonia a Crisanta, la Caria a Adusio, la Frigia Ellespontica e l'Eolide a Farnuco. Non mandò satrapi in Cilicia, Cipro e Paflagonia perché quelle genti lo avevano seguito spontaneamente nell'impresa babilonese.
Prima di congedare i satrapi Ciro diede loro norme di comportamento e regole organizzative che formeranno un assetto dell'impero persiano durato molto tempo.
Con il nuovo anno Ciro riunì il suo enorme esercito in Babilonia ed intraprese una spedizione con la quale completò la conquista di tutti i paesi fra la Siria e il Mar Rosso passando quindi a soggiogare l'Egitto. Con queste conquiste il suo impero arrivò al Mare Nero a nord e al confine con l'Etiopia a sud.


Capitolo settimo


Ormai molto vecchio, Ciro tornò in Persia dove comprese da un sogno e dalle sue stesse condizioni che la sua vita stava per finire. Chiamò a se i figli, gli amici e i notabili del regno e chiese di essere ricordato come uomo felice, designò quindi come suo successore il primogenito Cambise e assegnò al figlio minore Tannossare le province di Media, Armenia e Cadusia. Raccomandò quindi ai figli di essere moderati e giusti e di guadagnare la fedeltà dei sudditi con la giustizia e la benevolenza. Dopo queste e altre raccomandazioni, Ciro finì di vivere.