4/vgF0McT6WBi1RPOKg40mK96lk1bJq1dTncfbVzjMYsVgdkLfU3L2ZoQ

Sunelweb
    
Guida rapida
A B C D E F G H I J K L M
N O P Q R S T U V W Y Z  

QUINTO CURZIO RUFO

STORIE DI ALESSANDRO



Libro I - Supplemento di Giovanni Freinsemio (Johann Freinsheim)


La stirpe dei re di Macedonia risaliva a Eracle, quella di Olimpiade madre di Alessandro a Achille.
Filippo padre di Alessandro costruendo la potenza macedone realizzò le premesse per le imprese del figlio e morendo mentre stava preparando una campagna contro la Persia gli lasciò l'esercito già pronto e tutte le risorse necessarie.
Si diceva che Olimpiade si fosse unita a Zeus in forma di serpente, ma molti pensavano si trattasse di un'invenzione per coprire un adulterio della regina, forse con il deposto faraone Nectanebo II giunto in Macedonia per cercare l'aiuto di Filippo ma questa ipotesi non è sostenibile per motivi cronologici.
Dal canto suo Olimpiade accreditò la storia del serpente fino alla morte del marito ma in seguito ironizzò sull'argomento invitando il figlio a non esporla alla gelosia di Era.
Un sogno di Filippo (un sigillo a forma di leone sull'utero della moglie) e l'incendio del tempio di Efeso nella notte in cui nacque Alessandro furono considerati presagi della futura grandezza del principe, così come le vittorie macedoni di quei giorni a Potidea e Illiria.
Alessandro nacque al principio della centesimosesta Olimpiade, undici giorni prima di Agosto. Durante l'infanzia un parente di Olimpiade di nome Leonida educò il principe, uno di Filippo di nome Lisimaco Acarnano si occupò della sua salute e Ellanica fu la sua nutrice.
Alessandro divenne un giovane robusto, più forte di quanto la sua corporatura lasciava credere, aveva pelle chiara, capelli biondi e occhi di diverso colore, azzurro il sinistro e nero il destro. Usava camminare molto velocemente e inclinare il capo a sinistra.
Aspirò sempre alla gloria tanto che quando Filippo portava felicemente a termine un'impresa temeva che non gli lasciasse occasioni di vittoria.
Dormiva poco e se intendeva meditare ricorreva a espedienti per stare sveglio. Molto religioso, offriva incenso nei sacrifici provocando le critiche del parsimonioso Leonida, ma quando conquistò l'Arabia si ricordò del maestro e gli inviò una grande quantità di incenso.
Da bambino si intrattenne con i satrapi persiani in esilio che si erano rifugiati presso Filippo e li stupì con l'interesse dimostrato per i loro costumi e per il regno di Persia. Dagli insegnamenti di Aristotele trasse grande profitto, apprese anche nozioni di medicina e di zoologia ma soprattutto apprezzò l'etica insegnatagli dal grande maestro.
Filippo ricompensò regalmente il filosofo e, fra l'altro, permise e finanziò la ricostruzione di Stagira che egli stesso aveva distrutto insieme a Olinto. Alessandro venerò Aristotele e tenne con lui una fitta corrispondenza ma infine prese le distanze dal maestro perché temeva di essere rimproverato per l'inutile uccisione di Callistene. Per questo motivo si vociferò che Aristotele fece avvelenare Alessandro.
Da giovane Alessandro amava la musica, cosa poco gradita al padre che giudicava il canto sconveniente per un sovrano. Studiò eloquenza con Anassimene di Lampsaco e quando anni dopo stava per distruggere Lampsaco perché favorevole ai Persiani se ne astenne per rispetto al vecchio insegnante. Si diceva che aveva giurato di non fare quello che Anassimene gli avrebbe chiesto ma il filosofo lo pregò di radere al suolo la città.
Amava profondamente Omero e portava i suoi libri sempre con se, quando a Damasco fu rinvenuto uno scrigno preziosissimo ne volle fare la custodia di quei libri. Degli eroi omerici aveva fatto i suoi modelli e come Agamennone voleva essere buon governante e prode guerriero.
Per molto tempo fu modesto, affabile e temperato nei piaceri e solo quando raggiunse l'apice del potere cominciò a deporre gradualmente la sua moderazione.
Curzio Rufo, come tutti i biografi di Alessandro, racconta l'episodio di Bucefalo, cavallo di gran valore che solo il giovane principe riuscì a domare perché comprese che era spaventato dalla propria ombra e lo fece volgere verso il sole.
Quando Filippo partì per assediare Bisanzio lasciò la reggenza al sedicenne Alessandro. Convinti che fosse un'occasione favorevole ne approfittarono i Tessali per ribellarsi ma Alessandro, alla testa delle truppe che il padre gli aveva lasciato, domò la sommossa con grande energia. Abbandonando l'assedio di Bisanzio che si presentava di incerto risultato, Filippo si rivolse contro i Geti il cui re non aveva rispettato degli accordi presi in precedenza e li sconfisse.
Sulla via del ritorno i Macedoni si scontrarono con i Triballi che pretendevano metà del bottino tolto ai Geti. Nel combattimento Filippo fu gravemente ferito ed ebbe salva la vita grazie al coraggioso intervento di Alessandro in sua difesa.
Filippo aveva raggiunto grande potenza e il dominio della Macedonia arrivava a paesi molto lontani ma il re non tollerava di non aver ancora sottomesso parte della Grecia. In particolare era adirato con gli Ateniesi il cui aiuto fornito ai Bizantini aveva contribuito grandemente al fallimento del suo assedio.
Mentre guariva dalle ferite avute dai Triballi, Filippo affidò ad Alessandro il controllo dell'Illiria dove erano pericoli di insurrezione e si dedicò a preparare una campagna contro gli Ateniesi. Passato in Grecia sconfisse Locri e Amfissa, quindi occupò Elatea in posizione strategica fra Atene e Tebe.
In Atene si decise di inviare a Tebe un'ambasciata guidata da Demostene per sollecitare l'alleanza contro il comune pericolo. Da parte sua Filippo inviò Clearco, Aminta e l'oratore bizantino Pitone che rivolse ai Tebani un lungo discorso per convincerli delle buone intenzioni dei Macedoni e della perfidia degli Ateniesi.
Demostene replicò parlando in difesa delle istituzioni popolari e mettendo i Tebani in guardia nei confronti delle lusinghe dei Macedoni. Additò la Tessaglia gravata dalla dominazione macedone e ricordò il tentativo di Filippo di distruggere Bisanzio come aveva già fatto con Olinto.
L'eloquenza di Demostene mutò la disposizione d'animo dei Tebani che risposero agli ambasciatori macedoni che non ci sarebbe stata amicizia finché Filippo non avesse liberato i loro confini e allontanarono dalla città quanti parteggiavano per la Macedonia.
Filippo non si rassegnò e dopo alcuni scontri di scarsa importanza si giunse alla battaglia di Cheronea. L'ala di Alessandro attaccando con grande impeto i Tebani li sopraffece e gli Ateniesi non ressero allo scontro con Filippo, così, dopo una lunga battaglia nella quale perirono o furono fatti prigionieri migliaia di Ateniesi e di alleati, la Grecia perse la sua libertà.
Filippo trattò con moderazione gli Ateniesi, dei quali desiderava l'aiuto nell'impresa che pianificava contro i Persiani, mentre fu più duro con i Tebani che considerava violatori dei precedenti patti di amicizia.
In tutta la Grecia soltanto l'Arcadia e Sparta erano ancora libere dal controllo macedone. Filippo convocò l'assemblea dei Greci a Corinto e indisse una spedizione per liberare le città greche in Asia dal dominio persiano. Furono calcolati i contributi di ciascun partecipante e i Greci promisero duecentomila fanti e quindicimila cavalieri.