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GIOVANNI BOCCACCIO

FILOSTRATO



Proemio
Filostrato significa vinto e abbattuto dall'amore1. Filostrato alla sua più ch'altra piacevole Filomena saluta.
Boccaccio/Filostrato si rivolge alla donna amata, tale Filomena vista a Napoli durante il suo soggiorno giovanile in quella città (1335) e trasferitasi nel Sannio, circostanza questa che lo priva della possibilità di incontrarla ancora.
Per lui che era convinto che il maggior piacere dell'innamorato fosse quello di pensare all'oggetto dell'amore pur restandone distante, questa lontananza comporta un improvviso mutare di pensiero e sentimenti perché si rende conto che nulla potrà mai recargli maggior diletto della presenza di Filomena e del poterla osservare. Ora che lei è lontana la "dilettevole città di Napoli" gli appare come un luogo tristemente desolato. Solo guardare in direzione di quelle montagne e quella parte di cielo fra le quali e sotto la quale io porto ferma oppinione che voi siate mitiga leggermente la tristezza.
Il lamento di Filostrato comprende molti elementi che ricordano il giovane Dante della Vita Nova (sospiri, lacrime, introspezione dei sentimenti), il tutto funge da introduzione alla dedica del poemetto alla bella Filomena. Filostrato corrisponde a Troiolo (Troilo) che come lui si struggeva d'amore e tutte le lodi della bellezza di Criseida devono considerarsi rivolte alla stessa Filomena.

Parte Prima
Le prime sei strofe del poemetto costituiscono la tradizionale invocazione del poeta alle Muse perché lo assistano nella sua opera ma qui Boccaccio dichiara di rinunciare all'aiuto delle Muse o di altre divinità desiderando soltanto il conforto della sua amata. Invita inoltre gli amanti ad ascoltare il suo verso lacrimoso e a pregare per lui Amore.
L'indovino Calcante in questo poema è troiano ed è padre di Criseida, quando ebbe la premonizione della caduta di Troia fuggì presso i Greci che lo accolsero lieti di poter beneficiare delle sue facoltà divinatorio.
Fuggendo abbandonò la figlia di nome Criseida che era non soltanto bellissima ma anche accorta, onesta, savia e costumata quant'altra che in Troia fosse nata. Mentre i Troiani deprecavano il tradimento di Calcante e minacciavano di bruciare la sua casa, Criseida si rivolse piangendo a Ettore che pietosamente la confortò assicurandole che non avrebbe subito alcun male.
Pur sotto assedio, i Troiani avevano sempre celebrato le cerimonie religiose ed offerto sacrifici agli dei, in particolare a Pallade che onoravano con una grande festa. Il giovane Troiolo, in quel giorno festivo, passeggiava tra la gente deridendo i compagni innamorati e sostenendo che i piaceri dell'amore non valgono tanto quanto la libertà.
Così procedendo, Troiolo incontrò casualmente Criseida. Alta e bella, gli occhi lucenti e il viso angelico, la giovane avanzava tra la gente allontanando le persone con un gesto del braccio che piacque molto a Troiolo il quale continuò a osservare Criseida per tutta la durata della festa. Era arrivato libero e lieto ma andò via pensieroso, nascondendo agli amici l'improvviso desiderio che l'aveva colto per timore di essere deriso. Tornato a casa sedette sul letto sospirando e ripensando alla bella incontrata e infine decise di lasciarsi andare ai suoi sentimenti: e quindi lieto si diede a cantare / bene sperando e tutto si dispone / di voler solo Criseida amare.
Col trascorrere dei giorni la passione di Troiolo si fece sempre più ardente e lo spinse a comportarsi eroicamente nei combattimenti con i Greci solo per farsi ammirare da Criseida.
Ma l'indifferenza di lei e il dubbio che fosse innamorata di un altro gettavano il povero Troiolo in uno stato di profonda angoscia mentre si rimproverava di essere caduto in quella rete, lui che tanto aveva riso dei sospiri altrui.


Parte Seconda
Troiolo ricevette la visita dell'amico Pandaro, cugino di Criseida, il quale vedendolo tanto afflitto volle conoscere la causa del suo dolore. Nonostante la profonda amicizia che lo legava a Pandaro, Troiolo esitò nel confidargli il suo segreto e quando lo fece si limitò a dire di essere innamorato senza specificare di chi, ma infine l'insistenza di Pandaro lo convinse a svelare, rosso di vergogna, il nome della donna amata.
Ridendo Pandaro si affrettò a consolarlo e gli promise di parlare con Criseida (che era sua cugina) e di convincerla a mettere da parte il suo pudore e accettare l'amore di Troiolo.
Mantenendo la promessa, Pandaro si recò da Criseida e le parlò dell'amico magnificandone le doti e garantendo di averlo visto veramente appassionato ma Criseida, che era vedova, affermò di voler continuare la sua vita solitaria e casta e pregò Pandaro di consolare Troiolo.
Abilmente, Pandaro insistette e raccontò della sofferenza dell'amico, della sua discrezione, delle sue lacrime ... e commosse Criseida la quale accettò di incontrare il suo innamorato ma pregò Pandaro di convincerlo a non comportarsi in modo disdicevole.
Pandaro, lieto del risultato ottenuto, si congedò rapidamente per andare a informare Troiolo. Rimasta sola Criseida riflettè a lungo, indecisa se accogliere il nuovo amore per godere la sua gioventù ancora fiorente o ascoltare quella parte di lei che temeva delusioni, gelosia e maldicenza.
Ogni esitazione scomparve quando Criseida alla finestra vide giungere Troiolo raggiante di felicità accompagnato da Pandaro.
Presto Troiolo non si accontentò più di scambiare oneste occhiate con Criseida e ancora una volta espose il suo cruccio all'amico Pandaro che gli consigliò di scrivere una lettera all'amata. Troiolo accettò il consiglio, scrisse una lettera quanto mai melliflua e l'affidò al solito Pandaro dopo averla mille volte baciata. Criseida evità nel prendere la lettera per timore che il contenuto fosse sconveniente, ma si lasciò convincere e dopo aver letto più volte le parole di Troiolo decise di lasciarsi andare all'amore, tuttavia rispose in modo ambiguo lasciando in preda al dubbio l'innamorato che continuò a tormentarsi.
Pandaro proseguì nel suo ruolo di paraninfo fino a organizzare un incontro di Troiolo con Criseida in occasione di una prossima festa.

Parte Terza
Pandaro accompagnò Troiolo a casa di Criseida, gli indicò dove nascondersi e quando tutti andarono a riposare i due innamorati riuscirono finalmente a vivere la loro prima notte d'amore. Si lasciarono all'alba, dopo essersi scambiati mille baci e promesse.
Il poemetto prosegue descrivendo un secondo incontro, le confidenze di Troiolo con Pandaro e gli stati d'animo dei personaggi fino al termine della terza parte: il tutto - va detto - in modo piuttosto ripetitivo.
Parte Quarta
Molti Troiani furono uccisi in battaglia e molti fatti prigionieri, tra questi Antenore, Polidamante e Menesteo. In quest'opera l'indovino Calcante è padre di Criseida e troiano ma è fuggito dalla sua città per averne predetto la sconfitta e si è rifugiato presso i Greci lasciando a Troia la figlia. Accogliendo una preghiera di Calcante, i Greci accettarono di rilasciare Antenore in cambio di Criseida; Priamo e il suo consiglio accettarono lo scambio con grande angoscia di Troiolo.
Sconvolto per l'imminente perdita di Criseida, Troiolo si ritirò nelle sue stanze per piangere, lamentarsi e inveire contro Calcante. L'amico Pandaro, immancabilmente partecipe dei suoi dolori, lo esortò inutilmente a cercare consolazione in altre donne, lo convinse infine a rapire Criseida superando tutti i suoi scrupoli.
Intanto anche Criseida era stata informata della decisione del consiglio e si era lasciata andare a un lamento drammatico come quello di Troiolo. Piangente e disperata la trovò Pandaro quando andò da lei. Organizzarono un incontro molto diverso dai precedenti, si abbracciarono e piansero a lungo e Criseida svenne tra le braccia di Troiolo. Credendola morta il giovane, imprecando contro gli dei e contro la fortuna, sguainò la spada per uccidersi e fu fermato all'ultimo momento da un dolente sospiro di Criseida.
Una volta ripresisi dallo spavento, Criseida avanzò timidamente la speranza di poter convincere il padre a lasciarla tornare a Troia mentre Troiolo proponeva di fuggire insieme. Criseida respinse questa proposta: i pericoli della fuga, il tradimento di Troiolo nei confronti della sua gente, il disonore che le sarebbe toccato erano deterrenti troppo forti, preferì piuttosto promettere di tornare a Troia entro dieci giorni. Si lasciarono tristemente al canto del gallo, con mille baci e mille promesse di reciproca fedeltà.

Parte Quinta
Venne infine il giorno stabilito per lo scambio, Diomede giunse a Troia accompagnando Antenore e Criseida, nascondendo con grande dignità la sua pena, si disse pronta a partire.
Mentre la giovane scambiava con Troiolo un ultimo accorato saluto Diomede notò la loro espressione e comprese i loro sentimenti.
Mentre Diomede e Criseida si allontanavano, Antenore veniva accolto allegramente dai giovani troiani e anche Troiolo si sforzò di sorridere. Tornato nella sua casa pianse a lungo e trascorse la notte nella disperazione, al mattino Pandaro con molta pazienza lo convinse ad allontanarsi per qualche giorno da Troia in attesa del promesso ritorno di Criseida. I due decisero di fare visita a Sarpedone che li accolse con piacere e offrì loro una magnifica ospitalità: feste banchetti e cacce ma nulla riuscì a distrarre Troiolo che dopo cinque giorni volle tornare a Troia.
Il rivedere al casa di Criseida vuota e chiusa e i luoghi dei loro incontri provocò al giovane ancor più intensa nostalgia.

Parte Sesta
Intanto anche Criseida piangeva per amore e nostalgia, si pentiva per non aver accettato di seguire l'amato lontano da Troia e si proponeva di fuggire per raggiungere Troiolo ma bastò che Diomede, il nobile bel Diomede, le dichiarasse di essersi innamorato di lei per consolarla e cominciare a spegnere il dolore della lontananza. Non accettò subito la proposta di Diomede ma neanche la respinse e infine decise di non rispettare la promessa di tornare fatta a Troiolo.

Parte Settima
Arrivò il decimo giorno dalla partenza di Criseida, il giorno in cui la donna aveva promesso di tornare. Fuori di se per l'impazienza, Troiolo trascorse l'intera giornata alla porta della città in compagnia del solito Pandaro, ma Criseida non venne. Il giovane si aggrappava alla speranza che il ritardo fosse causato da un imprevisto ma i giorni passarono senza che Criseida desse alcun segno e al sesto giorno Troiolo era disperato, in preda all'angoscia e alla gelosia.
Sognò di essere ferito da un cinghiale mentre Criseida osservava divertita la scena, interpretò il sogno vedendo nel cinghiale Diomede e comprendendo che Criseida se ne era innamorata. Ignorava le premurose domande dei familiari e una volta Pandaro riuscì a disarmarlo mentre tentava di pugnalarsi. Redarguito da Pandaro per un gesto tanto irrazionale, accettò di scrivere a Criseida come l'amico gli consigliava.
Scrisse una lettera piena di espressioni melense supplicando l'amata di tornare e di dimostrare immotivato il suo timore di averla perduta. Pandaro si occupò di recapitare la lettera ma Criseida non rispose e il suo silenzio fu per Troiolo la conferma delle sue più dolorose supposizioni.
Un giorno Deifobo udì involontariamente i lamenti di Troiolo che piangendo invocava il nome di Criseida. Fingendo di non aver udito, informò Troiolo che la tregua con i Greci era terminata e lo invitò a scendere in campo con gli altri, proposta che Troiolo, ormai ridotto a sperare soltanto in una morte dignitosa, accettò con entusiasmo.
Le sue cognate gli fecero visita per rallegrarlo ma non ebbero successo, anzi Troiolo litigò con Cassandra che lo criticava per aver scelto Criseida che era di bassa condizione sociale.

Parte Ottava
Un nuovo grande dolore colpì tutta la famiglia reale per la morte di Ettore, tuttavia neanche questo indusse alla rassegnazione Troiolo che continuò a scrivere a Criseida senza ricevere risposte ma senza accettare la verità finché un giorno Deifobo tornò da una battaglia con un trofeo, un indumento strappato a Diomede (forse un mantello). Troiolo notò che vi era applicato un fermaglio d'oro da lui donato a Criseida.
Per l'ultima volta il giovane espresse il suo dolore a Pandaro che lo ascoltò dolendosi di non aver più modo di aiutarlo. Troiolo decise di affrontare Diomede in battaglia per ucciderlo pur sapendo di rischiare la vita. Scambiò più volte con il rivale colpi e insulti ma senza riuscire ad ucciderlo. Abbattè invece molti altri nemici combattendo con grande valore ma infine fu ucciso da Achille.
L'autore esorta i giovani lettori a mitigare i loro appetiti ricordando i casi di Troiolo, le donne giovani e belle sono vanitose, volubili e inaffidabili. Se sono di alto lignaggio sono anche più superbe, non son donne gentili.
Le donne mature sono in genere più sagge e rispettano le promesse ma non per tutte è così, quindi Boccaccio raccomanda prudenza e avvedutezza.

Parte nona
In conclusione, l'autore si rivolge a questa sua opera ordinandole di andare dalla donna amata per ricordarle il suo amore e la sua sofferenza per la lontananza e pregarla di tornare.

Note: 1. L'etimologia adottata da Boccaccio non è esatta, il significato corretto della parola Filostrato è "Amante degli eserciti"