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Triade Capitolina



Il termine Triade Capitolina è stato coniato in età moderna per indicare il culto unificato delle principali divinità romane: Giove, Giunone e Minerva.
A queste divinità venne dedicato sul Campidoglio il tempio di Giove Ottimo Massimo costruito nel sesto secolo quando il primato nei culti romani passò alla Triade Capitolina da quella più antica formata da Giove, Marte e Quirino.
Secondo la tradizione il tempio fu iniziato da Tarquinio Prisco e completato sotto Tarquinio il Superbo ma dedicato nei primi anni della repubblica dal console Marco Orazio Pulvillo. Il nuovo tempio voleva superare in dimensioni e soprattutto in importanza politica e religiosa quello di Iuppiter Latiaris sul Monte Albano, sede del culto federale della Lega Latina. Probabilmente fu questo il motivo per cui si passò dalla triade arcaica Giove-Marte-Quirino, tipicizzata dalla potenza in guerra dei componenti, alla più universale Triade Capitolina che voleva rappresentare la potenza romana in pace e in guerra, in città e nell'intero dominio romano, infatti templi dedicati alla Triade Capitolina furono costruiti in molte città via via conquistate dai Romani.

Brano da Wikipedia


L'unica Triade Capitolina completa è stata ritrovata a Guidonia nel 1992 nel Parco dell'Inviolata, ed è conservata nel Museo Archeologico ?Rodolfo Lanciani?, in viale XXV Aprile, piazza Jean Coste (ex convento S. Michele) a Guidonia Montecelio.

Il gruppo scultoreo, in marmo lunense, rappresenta Giove, Giunone e Minerva seduti su un unico trono. Giove, al centro, con lo scettro nella sinistra ed un fascio di fulmini nella mano destra; alla sua sinistra Giunone diademata e velata con scettro nella sinistra e patera nella destra; alla sua destra Minerva con elmo corinzio, il braccio destro, mancante, doveva essere sollevato per sostenere l'elmo. Tre piccole Vittorie alate incoronano le divinità, Giove con una corona di quercia, Giunone di petali di rosa, Minerva di alloro. Ai loro piedi gli animali tradizionalmente sacri: l'aquila, il pavone e la civetta. L'opera dovrebbe appartenere al periodo antoniniano.


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