4/vgF0McT6WBi1RPOKg40mK96lk1bJq1dTncfbVzjMYsVgdkLfU3L2ZoQ

Sunelweb
    
Guida rapida
A B C D E F G H I J K L M
N O P Q R S T U V W Y Z  
 

Vespri siciliani



La Sicilia si trovava dal 1266 sotto Carlo I d'Angiò che aveva introdotto un modello ormai superato di amministrazione feudale e, poco sensibile alle istanze della popolazione siciliana, aveva trasferito la capitale del regno delle Due Sicilie da Palermo a Napoli offendendo soprattutto l'aristocrazia locale. I militari ed i funzionari francesi che gli Angioni avevano insediato nell'isola compivano ogni genere di abusi e gravavano gli abitanti di una pressione fiscale in continuo aumento per finanziare il progetto di Carlo di attaccare l'impero di Bisanzio.
In questa situazione esponenti ghibellini che miravano a ristabilire il dominio degli Svevi, andavano preparando da anni una ribellione, si ricordi in questo senso l'intensa attività diplomatica di Giovanni da Procida, già medico di corte di Federico II e precettore di Manfredi il quale visitava la corte di Costantinopoli e molte corti europee in cerca di aiuti.
L'episodio dell'oltraggio ad una giovane donna davanti alla chiesa di Santo Spirito a Palermo che scatenò la rivolta è dunque da considerarsi come il momento critico di una tensione che, motivata da gravi ciscostanze, andava accumulandosi da tempo. Era infatti il 31 marzo 1282, lunedì di Pasqua, quando un soldato francese di nome Drouet con il pretesto di una perquisizione osò palpeggiare le forme avvenenti di una giovane sposa al cospetto del marito. Questi reagì e subito i presenti si unirono alla rissa che durò ore ed all'alba dell'indomani i francesi sopravvissuti erano dovuti fuggire dalla città e Palermo si dichiarava indipendente. La rivolta dilagò rapidamente e nel giro di pochi giorni interessò l'intera isola.
Carlo d'Angiò tentò una soluzione diplomatica promettendo riforme ma poi decise per la linea dura e, con i contributi del papa, del re di Francia e di alcune città guelfe in Italia, raccolse un grosso esercito sulla costa calabra per punire gli insorti.
Nei primi giorni del mese di giugno gli Angioni attraversarono lo stretto ed attaccarono Milazzo. Per gli insorti fu una sconfitta dovuta soprattutto all'inettitudine del capitano del popolo Baldovino Mussone che non seppe organizzare la difesa. Mussone fu sostituito nel comando dall'anziano barone Alaimo da Lentini, già funzionario angioino che deluso dalla politica di Carlo aveva cambiato posizione.
Alaimo seppe organizzare una validissima difesa della città di Messina che era per ovvie ragioni geografiche la porta attraverso la quale gli Angioni sarebbero dovuti passare per riprendere il controllo dell'isola. Carlo assediò Messina sbarcando il 25 luglio un esercito di oltre settantamila uomini ma la città resistette con eroismo e tenacia.
Il papa Martino IV inviò a Messina il cardinale Gherardo da Parma per tentare una mediazione. Gli insorti accolsero il legato pontificio e si dichiararono disposti ad affidare la città al governo del pontefice ma quando Gherardo dichiarò che avrebbe restituito il potere a Carlo d'Angiò fu costretto alla fuga.
Intanto un parlamento formato principalmente dalla nobiltà dell'isola aveva deciso di offrire il trono di Sicilia a Pietro III d'Aragona che avendo sposato Costanza, figlia di Manfredi, vantava diritti di ereditarietà. In un primo momento Pietro temporeggiò consapevole che si trattava di sfidare non solo gli Angiò ma anche il papato ed i regnanti di Francia ma infine decise di accettare ed il 30 agosto 1282 sbarcò a Trapani con un esercito per essere incoronato re di Sicilia a Palermo il 4 settembre.
L'assedio di Messina si protrasse ancora per settimane finché Carlo, vedendo inutili i suoi tentativi di espugnare la città e temendo l'arrivo di un esercito aragonese decise di lasciare l'isola e tornare a Napoli (26 settembre).
Pietro d'Aragona accettò di ripristinare il modello politico ed amministrativo che i Siciliani avevano conosciuto sotto gli Svevi e di mantenere una formale separazione fra il regno di Aragona e quello di Sicilia che sarebbe stato governato da suoi luogotenenti. Il primo luogotenente aragonese fu Alfonso III, poi seguito da Giacomo II.
La fine dell'assedio di Messina pur chiudendo l'espisodio dei Vespri Siciliani non mise fine alla guerra che durò ancora per molti anni. Martino IV, infatti, aveva scomunicato Pietro ed aveva tentato di mandargli contro una crociata con l'appoggio di Filippo III re di Francia. Si ebbe una tregua dopo vent'anni quando con il trattato di Caltabellotta (1302) la Sicilia fu assegnata al nuovo luogotenete Federico III d'Aragona con il titolo di re di Trinacria e con il patto che alla sua morte l'isola sarebbe tornata agli Angioni. Per eludere questo accordo Federico cedette in vita la corona al figlio Pietro ma questo espediente riaprì le ostilità e la guerra si concluse definitivamente solo nel 1372 quando Giovanna d'Angiò e Federico IV d'Aragona firmarono la pace di Avignone con l'approvazione del papa Gregorio XI, novanta anni dopo l'insurrezione dei Vespri.


Indice sezione