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Libro di Giobbe



Il vecchio Giobbe era un uomo "integro e retto e alieno dal male", osservava scrupolosamente tutte le norme religiose, offriva sacrifici e viveva in pace con i suoi numerosi figli. Quando il Signore decise di metterlo alla prova i predoni, un incendio e un uragano privarono Giobbe del suo bestiame e della sua casa, tutti i suoi figli morirono.
Giobbe si stracciò le vesti, si rase il capo e si prostrò: "Il Signore ha dato, il Signore ha tolto", disse. Ma le prove non erano finite, il suo corpo si riempì di piaghe. Giobbe si allontanò dalle case e, in segno di lutto, sedette sulla cenere. Tre amici di Giobbe, Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita, e Zofar il Naamatta, avendo saputo delle sue disgrazie si recarono presso Giobbe e per sette giorni e sette notti rimasero in silenzio condividendo il suo dolore.
Anche Giobbe rimase silenzioso e quando finalmente parlò lo fece per maledire il giorno della sua nascita e la notte del suo concepimento. Dal profondo della disperazione, tuttavia, Giobbe nutriva una speranza: "Io lo so che il mio Vendicatore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere".
Attraverso la sofferenza e l'esperienza del dolore Giobbe ritenne di vedere Dio, di conoscerlo direttamente e non "per sentito dire", quindi ricredutosi si pentì delle sue imprecazioni.
Non manca il lieto fine, amici e parenti di Giobbe lo consolarono con regali preziosi e grazie alla benedizione divina tornò ad essere ricchissimo, ebbe nnuovamente il suo bestiame e gli nacquero sette figli e tre figlie. Infine, dopo aver vissuto per oltre centoquarantanni, morì vecchio e sazio di giorni.


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