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Guelfi e Ghibellini



I due partiti che prendevano il nome rispettivamente dal casato di Baviera dei Welf e dal castello degli Hohenstaufen di Svevia denominato Wibelingen, nacquero dopo la morte dell'imperatore Enrico V che non lasciava eredi. In Germania l'attività dei due partiti fu sempre strettamente correlata alle lotte per la successione al trono imperiale, ma quando le due fazioni si estesero in Italia assunsero un diverso significato politico. Qui le caratterizzava l'opposizione nei riguardi della Chiesa.
I Ghibellini erano determinati ad escludere qualsiasi ingerenza papale nella gestione dello Stato e delle cose secolari, mentre i Guelfi sostenevano la necessità di una linea di intesa con il papato che garantisse la convalida dal punto di vista morale delle decisioni dei governanti.
Nel 1125 fu eletto re di Germania Lotario III con l'appoggio dei Welfen ed i nobili tedeschi contrari a questa scelta si coalizzarono con gli Hohenstaufen contrapponendo a Lotario Corrado III duca di Franconia, fratelo di Federico II il Guercio, che venne eletto nel 1127.
Dal canto suo la Chiesa si schierò con Lotario III ed il papa Onorio II scomunicò Corrado III mentre il successore Innocenzo II nel 1133 incoronò Lotario III imperatore.
Questa presa di posizione da parte del papato dipese probabilmente anche dell'intenzione della Chiesa di Roma di ridimensionare il potere dell'arcivescovo di Milano che aveva incoronato Corrado III a Monza.
Quanto Lotario III morì nel 1137 e Corrado III gli successe sul trono imperiale riprese la lotta fra Guelfi e Ghibellini. I Guelfi furono sconfitti nel 1140 da Corrado III con la conquista del castello dei Winsberg.
Intorno agli Hohenstaufen si concentrava dunque quella parte della nobiltà tedesca che non vedeva di buon occhio la straordinaria potenza di Enrico il Superbo duca di Baviera che avendo sposato la figlia di Lotario III dominava anche la Sassonia, inoltre la casa sveva rappresentava il nazionalismo tedesco che respingeva le ingerenze papali.
La rivalità fra le due potenti famiglie sembrò aver trovato una composizione nella persona di Federico I Hohenstaufen (il Barbarossa) che in quanto nipote di Enrico il Superbo era imparentato anche con i Welfen ed ebbe infatti l'appoggio di entrambe le casate quando nel 1152 fu eletto re di Germania e nel 1155 fu incoronato imperatore.
Ma se la politica interna tedesca inaugurava così un periodo di relativa serenità, Federico I volgeva lo sguardo all'Italia dove l'autorità imperiale della Germania, di quel Sacro Romano Impero che egli voleva restaurare era seriamente messa in discussione dai Comuni e dalla Chiesa.
Le città italiane si andavano infatti liberando dai vincoli del vecchio feudalesimo e, costituendosi in liberi comuni, acquisivano nuove libertà civili e commerciali; la Chiesa appoggiava questo processo perché vedeva nei Comuni l'alleato più affidabile contro il potere imperiale che dai tempi della lotta per le investiture voleva escludere l'autorità papale dal governo secolare.
Questa situazione e gli interventi in Italia del Barbarossa portarono il popolo a schierarsi nell'uno o nell'altro di quei partiti che fino ad allora erano stati così lontani ed estranei alla realtà italiana.
La conflittualiltà fra comuni e impero portò molte città italiane ad avvicinarsi alla parte guelfa anche grazie alla politica apertamente filocomunale condotta dal papa Alessandro III.
Alcune città, tuttavia, per motivi particolari furono ghibelline, come Pisa che ottenne dall'imperatore con un diploma del 1162 il riconoscimento del comune e estesi privilegi territoriali, o come Como che gradiva l'avversione del Barbarossa per Milano.
Caso particolare è quello di Firenze, città certamente guelfa dove il partito si spaccò in due fazioni per motivi legati alla rivalità fra le più potenti famiglie cittadine. In pratica le città ghibelline furono tali non perché non intendevano difendere la loro autonomia comunale ma perché ruscivano ad ottenerla direttamente dall'imperatore in forza di considerazioni utilitaristiche, mentre quelle guelfe non furono tali per devozione alla chiesa quanto per ostilità verso l'impero.
Ovunque dietro i termini guelfi e ghibellini si schieravano fazioni opposte la cui priorità era raggiungere il controllo del comune; che queste fazioni corrispondessero a potenti dinastie cittadine, a consorterie o ad altre aggregazioni, fu la loro continua belligeranza che alla lunga estenuò le popolazioni portando alla caduta del modello comunale in favore delle signorie che con i loro governi assolutistici privavano il comune delle libertà tanto duramente conquistate ma garantivano pace e sicurezza nelle attività quotidiane, almeno all'interno delle mura cittadine.
Nel XIII secolo la lotta politica diventa guerra per la supremazia sul mare fra Genova (guelfa) e Pisa (ghibellina) e fra Pisa e Firenze perché la seconda tentava di estendere fino al mare il territorio sotto il suo controllo.
Queste lotte comporteranno scontri di grande rilievo come la battaglia di Monteaperti del 1260 fra la lega guelfa capeggiata da Firenze e i Ghibellini di Siena con i quali combattevano contingenti pisani e tedeschi, la battaglia di Campaldino nel 1289 fra i guelfi di Firenze e i ghibellini di Arezzo, la battaglia di Montecatini del 1315 fra i Pisani e la lega guelfa, di nuovo capeggiata da Firenze e questa volta appoggiata dagli Angioini.


Riferimenti letteratura:
  • Ludovico Antonio Muratori - Annali d'Italia dal principio dell'era volgare




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