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Marco Tullio Cicerone
PRO
MURENA
Questa orazione costituì l'intervento finale del collegio dei difensori di
Lucio Licinio Murena
nel processo che si svolse durante l'inverno del
63 a.C.
Il significato delle accuse ed i fatti erano stati discussi dai colleghi di
Cicerone
nella difesa:
Quinto Ortensio Ortalo
e
Marco Licinio Crasso
, mentre la perorazione, come spesso avveniva in questi casi, era stata affidata all'eloquenza dell'Arpinate.
Cicerone
, che era ancora
console
in carica e che durante il consolato aveva promosso con la
Lex Tullia
un severo inasprimento delle pene contro i brogli elettorali, sente la necessità di giustificare nell'esordio dell'orazione la propria scelta di difendere
Lucio Licinio Murena
.
E' stato
Cicerone
, in qualità di
console
, a concludere i comizi proclamando la vittoria di
Murena
e a
Cicerone
tocca, proprio perché si trova al termine dell'incarico e ne ha fatto esperienza, aiutare e difendere il nuovo eletto. Quanto alla
Lex Tullia
, afferma l'oratore, non costituisce per lui un ostacolo in quanto intende dimostrare che
Murena
non l'ha mai violata.
Con forza e con logica impeccabile
Cicerone
respinge anche la critica di un accusatore di
Murena
,
Servio Sulpicio Rufo
, il quale gli ha rimproverato di aver tradito l'amicizia ponendosi contro di lui nel processo. E' un principio morale e professionale inderogabile quello che spinge l'oratore a difendere
Murena
, per altro anche egli suo amico, principio che non può essere disatteso per motivi personali.
E si passa alla confutazione dei tre capi di accusa: immoralità, metodi non corretti di competizione elettorale e broglio.
Cicerone
spende poche parole sulla condotta privata di
Murena
. L'accusa di immoralità prendeva spunto dai trascorsi asiatici dell'imputato (i
Romani
avevano in sospetto di lussuria tutto quanto avesse a che fare con l'Oriente) ma
Murena
non era stato in
Asia
per divertimento ma per combattere, agli ordini di suo padre e di
Silla
. Quanto alla definizione di "ballerino" (saltatorem) che
Catone
aveva dato di
Murena
,
Cicerone
si limita ad invitare l'avversario a non prestare orecchio ai pettegolezzi di strada.
A
Servio Sulpicio Rufo
, che ha criticato le origini plebee di
Murena
,
Cicerone
ricorda che
Murena
padre, pur non ottenendo mai il consolato, fu
pretore
e celebrò il trionfo mentre la casata patrizia dei Sulpicii da molto tempo aveva perso la propria importanza nella vita politica romana.
Quanto alle rispettive competenze professionali,
Cicerone
mette a confronto l'attività di giurista di
Sulpicio Rufo
con l'esperienza militare di
Murena
esaltando quest'ultima ed affermando che "sopra ogni altra virtù eccelle la virtù militare".
Con sottile ironia
Cicerone
ridicolizza la dottrina dei giureconsulti scherzando sulla verbosità e l'inutilità delle formule procedurali da loro create che si usavano nei processi. Quello del giureconsulto viene inoltre confrontato con il ruolo dell'oratore, ben più importante nella politica e nei processi. Grande l'eleganza di
Cicerone
nell'affermare di riferirsi non a se stesso ma a quanti sono o furono grandi oratori. Le due attività che possono portare un uomo al più alto decoro, quindi al consolato, sono dunque quella del generale e quella dell'oratore.
Prima delle votazioni di cui si discute sia
Sulpicio Rufo
, sia
Murena
sono stati
pretori
ma
Murena
, offrendo al popolo magnifici giochi ed amministrando saggiamente la giustizia ha saputo guadagnare più consensi di
Sulpicio Rufo
. Inoltre l'ex legato di
Lucullo
ha beneficiato nell'elezione del voto dei reduci che avevano combattuto con lui nella guerra contro
Mitridate
, guerra di grande importanza, difficoltà e pericolo.
Cicerone
critica la condotta di
Sulpicio Rufo
che durante la campagna elettorale si è dedicato più ad accusare gli avversari che a curare e sostenere la propria candidatura alienandosi così molte simpatie. Del resto alle stesse elezioni concorreva anche
Catilina
(cacciato da
Roma
da
Cicerone
poco prima dello svolgersi di questo processo) la cui eventuale vittoria era considerata da molti un grave pericolo ed era quindi naturale che i cittadini contrari a
Catilina
non vedendo
Sulpicio Rufo
portare avanti abilmente la propria candidatura destinassero il voto a
Murena
.
Il prestigio del padre e della famiglia, la gloria militare, la popolarità acquisita nelle cariche precedenti ed infine la superiore abilità politica rispetto agli avversari erano state dunque le ragioni per cui
Murena
aveva vinto le elezioni in modo più che lecito senza necessità di ricorrere ad una propaganda non corretta, ciò che risponde in modo esaustivo al secondo capo di accusa.
Cicerone
passa a confutare l'accusa di broglio che era stata documentata e sostenuta da
Gaio Postumo
, concorrente sconfitto alla
pretura
per quello stesso anno, da
Servio Sulpicio il Giovane
, figlio di
Sulpicio Rufo
e da
Catone
. Il testo di cui disponiamo manca dei brani nei quali
Cicerone
rispondeva ai primi due.
Catone
, dice l'oratore, è un appassionato seguace della filosofia stoica e ciò lo porta ad un'intransigente severità che
Cicerone
critica con tagliente ironia. Da questa intransigenza nasce dunque l'atteggiamento di
Catone
che vorrebbe vedere a tutti i costi annullata l'elezione di
Murena
. Ma
Murena
non ha commesso alcun broglio e se durante la campagna elettorale lo si è visto spesso attorniato da un corteo di sostenitori i suoi accusatori non possono provare che questi ultimi fossero prezzolati. Del resto è consuetudine che il popolo minuto dimostri con questi cortei la sua simpatia per personaggi prestigiosi così come è normale prassi politica che i candidati offrano giochi e banchetti come
Murena
ed i suoi amici hanno fatto senza per altro scadere nell'esagerazione e nello sperpero.
In conclusione dell'orazione
Cicerone
parla di un pericolo attuale e reale, ben più grave e preoccupante del tema del processo: se
Murena
fosse condannato il suo posto di
console
resterebbe vacante per tutto il tempo necessario per ripetere la procedura elettorale. Ne approfitterebbe senz'altro
Catilina
che con i suoi complici ancora in città ed il suo esercito di diseredati ribelli pronto in
Toscana
aspetta solo un momento di debolezza, di latenza del potere per attaccare e prendere
Roma
.
Un'ultima, patetica esortazione viene rivolta ai giudici perché considerino la gravità di un'eventuale condanna per
Murena
, perché riflettano su cosa significherebbe per l'uomo, per la sua famiglia e per il suo municipio vedersi togliere con ignominia la gloria della massima carica ormai meritatamente raggiunta.
Sappiamo dallo stesso
Cicerone
e da altre fonti che
Murena
venne assolto, esercitò il consolato e si riconciliò con
Catone
.