4/vgF0McT6WBi1RPOKg40mK96lk1bJq1dTncfbVzjMYsVgdkLfU3L2ZoQ
Sunelweb
Guida rapida
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
W
Y
Z
Home
Storia
Storia antica
Storia greca
Biografie
Approfondimenti
Cronologia
Governanti
Atene
Sparta
Tebe
Argo
Corinto
Magna Grecia
Macedonia
Tirannidi
Glossario
Storia romana
Biografie
Approfondimenti
Cronologia
Governanti
Re di Roma
Consoli
Imperatori
Glossario
Storia ebraica
Biografie
Cronologia
Governanti
Giudici di Israele
Re di Israele fino a Salomone
Regno di Israele o di Samaria
Regno di IGiuda
Glossario
Storia della Mesopotamia
Biografie
Cronologia
Glossario
Storia persiana
Biografie
Cronologia
Achemenidi
Glossario
Storia bizantina
Biografie
Cronologia
Imperatori di Bisanzio
Glossario
Storia egiziana
Biografie
Cronologia
Glossario
Storia siriana
Biografie
Cronologia
Dinastia dei Seleucidi
Governatori romani
Glossario
Storia italiana
Biografie
Cronologia
Governanti
Glossario
Storia europea
Storia francese
Biografie
Cronologia
Governanti
Glossario
Storia spagnola
Biografie
Cronologia
Governanti
Glossario
Storia inglese
Biografie
Cronologia
Governanti
Glossario
Storia tedesca e austriaca
Biografie
Cronologia
Sacro Romano Impero
Glossario
Storia altri Paesi Europei
Belgio
Danimarca
Polonia
Portogallo
Ungheria
Storia della Chiesa
Biografie
Cronologia
Papi e Antipapi
Glossario
Pagine tematiche
Cronologia generale
Governanti
Famiglie
Città
Guerre
Popolazioni
Letteratura
Letteratura greca
Letteratura latina
Letteratura italiana
Letteratura spagnola
Letteratura francese
Letteratura inglese
Letteratura tedesca
Premi letterari
Mitologia
Dei, eroi ed altri personaggi
Le leggende di Tebe
Letteratura e mitologia
Teatro
Indice per autore
Indice per titolo
Cinema
Ricerca
Cronologia
Ricerca
Glossario
MARCO TULLIO CICERONE
IN DIFESA DI
MARCO CELIO
Marco Celio
era stato accusato di complicità con
Catilina
e di aver partecipato ad atti di violenza contro gli ambasciatori di
Tolomeo XII Aulete
. Inoltre la sua ex amante
Clodia
lo accusava di aver tentato di avvelenarla.
L'orazione ciceroniana fu pronunciata nel
56 a.C.
, fra il 4 ed il 10 di aprile, mentre a
Roma
si svolgevano i
Ludi Megalenses
in onore della dea
Cibele
.
Gli accusatori sono
Lucio Sempronio Atratino
,
Lucio Erennio Balbo
ed un
Publio Clodio
non altrimenti noto, probabilmente un liberto di
Clodia
. Il collegio di difesa è formato dallo stesso
Marco Celio
, da
Marco Licinio Crasso
e, ovviamente, da
Cicerone
.
Il processo si svolge in un giorno di festa, i
Romani
sono tutti a divertirsi o a riposare nelle case. Il tribunale sarebbe vuoto senza la causa che con procedura speciale si tiene durante la festività per giudicare
Marco Celio
.
Cicerone
apre la sua orazione sottolineando ironicamente queste circostanze e chiedendosi che cosa ne penserebbe un viaggiatore straniero che per avventura si trovasse a visitare quel luogo, si chiede quale eccezionale gravità attribuirebbe a quel processo l'ignaro passante. E certamente se venisse a conoscenza della vera natura del processo compatirebbe i giudici per il loro eccesso di zelo.
Le accuse mosse dal giovane
Lucio Sempronio Atratino
riguardano lo stile di vita di
Celio
: gli si rimprovera di non meritare il rispetto dei suoi concittadini (
Celio
proveniva probabilmente da Interamnia =
Teramo
) e soprattutto di avere costumi licenziosi.
Con estrema abilità
Cicerone
capovolge la prima accusa e riesce a sostenere che si è accusato
Celio
di non avere mezzi e condizione sociale adeguati al suo modo di vivere e non viceversa, cioè di essere soltanto il figlio di un cavaliere. Posta in questi termini la questione diventa un'offesa non solo per l'anziano padre di
Celio
(personaggio altrimenti ignoto) di cui era noto a tutti il decoro, ma anche per molti giudici e per lo stesso
Cicerone
, tutti di classe equestre.
Per l'opinione che i concittadini hanno di
Celio
,
Cicerone
parla di cariche pubbliche delle quali il giovane era stato insignito senza averle richieste e della rispettabilissima delegazione venuta a
Roma
per assistere al processo e per pronunciare in tribunale un elogio di
Celio
. Quanto alle accuse di offesa al pudore si tratta, sostiene l'oratore, di pura maldicenza priva del sostegno di prove e testimoni.
Cicerone
rimprovera la controparte di aver affidato questo delicato argomento al più giovane degli accusatori,
Lucio Sempronio Atratino
, mettendolo in imbarazzo e loda lo stesso
Atratino
per il pudore con il quale ha pronunciato lo scabroso discorso. Del resto
Cicerone
è stato maestro di
Celio
insieme a
Crasso
e quindi può personalmente garantire la serietà e la moralità del suo cliente.
Celio
era accusato anche di intimità con
Catilina
ma
Cicerone
può testimoniare che negli anni in cui
Catilina
aveva iniziato la sua attività politica e tentato di raggiungere il
consolato
(
66 a.C.
-
64 a.C.
)
Celio
non lo frequentava e comunque era troppo giovane per essere coinvolto, negli anni successivi - ammette l'oratore -
Celio
conobbe
Catilina
ed intrattenne con lui rapporti amichevoli ma questo si sarebbe potuto dire di moltissimi cittadini perché
Catilina
, a prescindere dai suoi vizi e dai suoi crimini, era stato un uomo affascinante che sapeva come coltivare le amicizie. Non sarebbe quindi giusto che un'amicizia che molti potrebbero riconoscere di aver condiviso divenga per il solo
Celio
un atto di accusa.
Inoltre se
Celio
avesse partecipato alla congiura di
Catilina
o ad altre illecite associazioni coinvolte nei brogli elettorali, come i suoi avversari hanno insinuato senza la dovuta chiarezza, non sarebbe stato tanto insensato da denunciare per gli stessi reati altre persone come invece aveva fatto più volte negli anni precedenti.
Sull'addebitare a
Celio
un tenore di vita troppo alto
Cicerone
nota che la sostanza dell'accusa si riduce all'aver
Celio
affittato una casa nei pressi del
Foro
, cosa assolutamente normale per un avvocato quale
Celio
era diventato dopo aver completato gli studi.
Fra i molti argomenti degli accusatori era un'aggressione compiuta di notte da
Celio
ai danni di alcune matrone che stavano tornando a casa da un banchetto, ma
Cicerone
si chiede come mai i mariti di quelle signore non abbiano reagito subito denunciando
Celio
o almeno affrontandolo privatamente e conclude che basti questa considerazione a dimostrare l'infondatezza dell'accusa.
Celio
veniva accusato anche di aver partecipato ad un tumulto a
Napoli
che si era concluso con la cacciata degli ambasciatori del re
Tolomeo
e con l'uccisione di uno di essi,
Dione
. Ma
Tolomeo
aveva già riconosciuto di essere il mandante di questo delitto e una delle persone coinvolte e sospettate era già stata processata e, difesa dallo stesso
Cicerone
, assolta.
L'accusatore
Lucio Erennio
, da parte sua, aveva tenuto una lunga orazione sui vizi, gli sperperi e la dissolutezza di
Celio
ma senza esibire prove e testimoni e senza potersi riferire ad episodi specifici. In altre parole aveva parlato a lungo dei cattivi costumi dei giovani
Romani
in generale augurandosi che la suggestione così creata in tribunale andasse a scapito dell'imputato.
Escluse tutte le altre imputazioni in quanto vane maldicenze senza fondamento,
Cicerone
dichiara di volersi occupare dei due autentici capi d'accusa: l'oro e il veleno. L'oro è quello che
Celio
avrebbe ricevuto in prestito da
Clodia
, in via informale, senza ricevute e senza scadenze, il veleno è quello con cui lo stesso
Celio
avrebbe tentato di sopprimere
Clodia
per liberarsi di lei o del debito che aveva contratto.
Da questo punto in poi l'oratore passa ad un registro più vivace, molto satirico e derisorio, a tratti caustico verso la famosa matrona. Davanti al presidente del tribunale e agli altri giudici, l'Arpinate si concede di imitare spiritosamente
Appio Claudio Cieco
, antenato di
Clodia
, evocato per redarguire con la durezza dei tempi arcaici la sua discendente troppo licenziosa e dimentica delle caste donne della casata, come
Quinta Claudia
o la
Claudia vestale
ed anche del suo defunto marito
Quinto Metello
, noto a tutti per dignità e decoro.
Con sarcasmo
Cicerone
allude alla relazione incestuosa di
Clodia
con il fratello
Publio Clodio Pulcro
(uno scandalo che era sulla bocca di tutti) e la accusa di essere una prostituta che è arrivata a possedere un giardino sul
Tevere
per poter scegliere ogni giorno un nuovo amante fra i giovani che andavano a bagnarsi nel fiume.
La logica di
Cicerone
è inesorabile: o
Clodia
confermerà di aver circuito e sedotto il giovane
Celio
dimostrandosi donna priva di serietà ed indegna di essere creduta, oppure dovrà ritirare tutte le accuse liberando l'imputato da ogni responsabilità.
Quanto a
Celio
,
Cicerone
non nega che possa aver avuto una relazione con
Clodia
- non sarebbe certo stato il solo a
Roma
- ma sostiene che il cedere alle profferte di una simile meretrice, soprattutto per un uomo ancora molto giovane, non può certamente essere considerato un crimine. Sono molti e molti furono in passato i casi di uomini che dopo una giovinezza movimentata e dedita al piacere, placati gli istinti giovanili, sono diventati personaggi eminenti e serissimi nella maturità. Ma
Marco Celio
è stato serio anche da giovane, non ha mai contratto debiti, non ha mai perso il suo tempo con storie galanti come dimostra la sua preparazione culturale e forense conseguita attraverso studi severissimi che non avrebbe certo potuto completare dedicandosi ai divertimenti ed alla lussuria.
Del resto un giovanotto che si accompagni ad una donna senza marito che si comporta in pubblico come una sfrontata meretrice non può essere definito un adultero nè si potrà dire che attenti al pudore di lei.
Cicerone
si rivolge a
Clodia
per chiedergli sarcasticamente quale difesa preferisce che venga pronunciata per l'imputato: se lei si professa donna pudica ed onesta di dovrà escludere che
Marco
possa aver avuto una relazione con lei, nel caso contrario
Marco
sarà giustificato dai facili costumi della donna.
Solo a questo punto dell'orazione
Cicerone
, sicuro di aver smantellato le accuse minori inizia l'esposizione dei fatti (
narratio
) relativi alle due principali imputazioni mosse da
Clodia
: essersi impadronito dell'oro di lei ed aver tentato di ucciderla.
Gli accusatori sostenevano che
Celio
aveva preso l'oro per consegnarlo ai servi di
Lucio Lucceio
, che ospitava nella sua casa l'ambasciatore
Dione
, perché uccidessero quest'ultimo. Ma se
Celio
e
Clodia
erano così intimi come sostiene l'accusa, soprattutto se
Celio
era così smodatamente voglioso delle grazie di lei, le ha sicuramente confidato a quale scopo intendeva destinare quell'oro, se invece quest'intimità e questa relazione non esistevano
Celio
non aveva possibilità di rivolgersi a
Clodia
e
Clodia
non aveva motivo per prestare l'oro a
Celio
. Quindi, se è vero quanto sostiene l'accusa, allora
Clodia
è stata complice di
Celio
.
L'accusa non ha fornito nessuna prova che
Celio
sia il mandante dell'assassinio dell'ambasciatore, non ha saputo precisare quando, dove e tramite chi
Celio
avrebbe preso contatti con i servi di
Lucceio
e li avrebbe pagati. Al contrario
Cicerone
dispone della testimonianza di un uomo onesto ed affidabile come
Lucceio
, una testimonianza scritta e giurata che scagiona completamente l'imputato e della quale viene data lettura di fronte ai giudici.
Quanto ai tentativi di uccidere
Clodia
, secondo
Cicerone
manca il movente. Per non restituirle l'oro? ma non è provato che
Clodia
glielo abbia dato (e se glielo ha dato lo ha fatto in circostanze nelle quali non avrebbe potuto esigerne la restituzione con eccessiva insistenza). Se invece si vuole presumere che
Celio
volesse uccidere
Clodia
per nascondere il delitto dell'ambasciatore si deve tener conto che nessuno ne aveva mai accusato
Celio
e questi a sua volta non avrebbe mai tratto in giudizio
Calpurnio Bestia
, padre dell'accusatore
Atratino
.
Anche in questo caso l'accusa non sa indicare i complici, gli esecutori materiali del tentato assassinio, ma certamente
Celio
è troppo intelligente per aver rischiato di coinvolgere gli schiavi di
Clodia
, avrebbe rischiato troppo data la familiarità che questi servi dovevano avere con la padrona.
Cicerone
ricorda la morte improvvisa di
Quinto Metello Celere
, l'agonia alla quale aveva assistito, e senza fare accuse dirette lascia in sospeso l'allusione alla possibilità che proprio
Clodia
, che osa parlare di veneficio, abbia eliminato il marito con lo stesso metodo.
Gli accusatori hanno parlato di una storia inverosimile:
Celio
avrebbe dato il veleno (non si sa come e da chi preparato) ad un suo amico che a sua volta lo avrebbe dato agli schiavi di
Clodia
incontrandoli alle terme. Gli schiavi avrebbero svelato il progetto a
Clodia
che avrebbe mandato i suoi amici alle terme per testimoniare la consegna del veleno.
Cicerone
descrive con arguzia i personaggi togati che saltano fuori dal loro nascondiglio nei bagni al momento opportuno, e comunque questi testimoni non sono stati prodotti dall'accusa.
L'oratore ha concluso la trattazione della causa, si rivolge ai giudici sottolineando la loro responsablità nel giudicare di un'accusa di violenza e riepiloga con poche frasi la vita dell'imputato, i seri studi giovanili, la militanza in
Africa
al seguito del
proconsole
Quinto Pompeo Rufo
, la sua bella carriera di giovane avvocato.
L'unico episodio discutibile della vita di
Celio
è stata la sua relazione con
Clodia
dalla quale presto si liberò allontanando da se ogni sospetto di ignavia e dissolutezza. L'Arpinate esorta i giudici a salvare la vita e l'onore di quel giovane tanto promettente per il quale egli stesso si fa personalmente garante.
I giudici non potranno tollerare che nella stessa città dove per intercessione di
Clodia
è stato recentemente assolto
Sesto Clelio
, braccio destro di
Clodio
, sobillatore di disordini ed autore di molte nefandezze, per accusa della stessa meretrice venga condannato un uomo retto e capace come
Celio
.
Dovranno pensare alla giovinezza dell'imputato ma anche alla vecchiaia del padre che ha in quell'unico figlio il solo aiuto e la sola consolazione che gli rimangano.
Se i giudici conserveranno la vita di
Celio
per i suoi cari, per i suoi amici e per la repubblica - conclude
Cicerone
- ne ricaveranno i frutti più ricchi e durevoli.