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Marco Tullio Cicerone
FILIPPICHE
FILIPPICA I
Prima di entrare nel merito della situazione politica,
Cicerone
vuole esporre le ragioni della sua recente assenza da
Roma
e del suo ritorno. Dalla prima convocazione del
Senato
(17 marzo
44 a.C.
) successiva alla morte di
Cesare
, l'oratore si era adoperato per la pacificazione civile. In quell'occasione
Marco Antonio
si era mostrato disponibile a cercare la pace e l'accordo con il
Senato
e nei mesi successivi, insieme al collega nel
consolato
Publio Cornelio Dolabella
, se era comportato in modo coerente a questa intenzione.
Ma il primo giugno, giorno di seduta del
Senato
, tutto era cambiato: i senatori venivano messi da parte, i cesaricidi si tenevano lontano da
Roma
, c'era chi incitava i veterani ad accampare nuove ed ambiziose pretese, tutto in un clima di pericolosa eccitazione.
Preferendo non assistere a questa situazione
Cicerone
era partito per la
Grecia
, deciso a tornare a
Roma
entro il primo gennaio, data per la quale era fissata una convocazione del
Senato
.
Quanto al suo ritorno
Cicerone
racconta che dopo una breve tappa a
Siracusa
si era imbarcato alla volta della
Grecia
ma il vento per due volte aveva respinto la sua nave che era approdata a
Reggio
. Qui delle persone da poco giunte da
Roma
gli avevano mostrato il testo di un discorso di
Antonio
e di un editto di
Bruto
e
Cassio
che lo avevano molto soddisfatto in quanto sembrava prossimo un accordo e si poteva sperare che
Antonio
si sottomettesse all'autorità del
Senato
. Queste notizie avevano fatto decidere all'oratore di tornare immediatamente a
Roma
.
In
Lucania
aveva incontrato
Bruto
e si era addolorato nel vederlo costretto a stare lontano da
Roma
.
Bruto
gli aveva parlato di un discorso in
Senato
di
Lucio Calpurnio Pisone
che aveva duramente attaccato
Antonio
accusandolo di approfittare della situazione a proprio vantaggio.
Cicerone
era giunto a
Roma
il 31 agosto appena in tempo per la seduta del
Senato
del primo settembre alla quale
Antonio
gli aveva espressamente ordinato di partecipare ma l'
Arpinate
non si era presentato giustificando l'assenza con la stanchezza del viaggio e
Antonio
aveva pronunciato un'invettiva contro di lui minacciando addirittura di far demolire la casa dell'oratore.
All'ordine del giorno di quella seduta era il tributare onori divini alla memoria di
Cesare
e
Cicerone
fa notare ai suoi ascoltatori che se fosse stato presente avrebbe certamente votato contro quella proposta che i senatori avevano invece approvato sia pure a malincuore.
Da parte sua
Cicerone
avrebbe preferito partecipare alla riunione del primo agosto per sostenere
Lucio Pisone
che aveva avuto il coraggio di accusare
Antonio
e di riaffermare gli ideali repubblicani fra l'indifferenza generale.
Alla riunione odierna, presieduta dal
console
Dolabella
,
Antonio
è assente.
Cicerone
affronta l'argomento della validità dei documenti lasciati da
Cesare
ed ora in possesso di
Antonio
. Per l'oratore i veri "atti" di
Cesare
sono le leggi da lui emanate e a suo tempo approvate dal
Senato
la cui validità non può essere messa in discussione. Così la legge che limitava nel tempo l'esercizio del governo delle province, così quella che limitava l'accesso ai collegi dei giudici.
Ora
Antonio
vorrebbe modificare quest'ultima in base ad un appunto che sostiene di aver trovato fra le carte di
Cesare
, estendendo la professione di giudice anche ai centurioni. In realtà la norma vigente non escludeva alcun cittadino purché almeno di condizione equestre e dotato di un censo minimo. L'ammissione dei centurioni in quanto tali al collegio dei giudici appare quindi come una misura demagogica che
Cicerone
, mimando un dialogo con l'assente
Antonio
, decisamente respinge.
Si vorrebbe poi varare una legge che consenta ai condannati per violenza o per lesa maestà la facoltà di appellarsi al popolo (le leggi di
Cesare
prevedevano che questo tipo di condanna fosse inappellabile). E' un'aberrazione, afferma
Cicerone
, che proprio chi ha leso la maestà del popolo romano al popolo si appelli per essere assolto. In realtà si vorrebbe evitare questo tipo di processi perché nessun accusatore rischierebbe di essere esposto, a condanna ottenuta, alla furia di una folla prezzolata.
L'oratore ribadisce che le leggi emanate da
Cesare
sono del tutto valide e si augura che quelle da lui proposte e non ancora approvate (concessione di cittadinanza, condoni fiscali, ecc.) incontrino il favore del
Senato
in quanto le cose più importanti sono la concordia e l'ordine pubblico. Spera di sbagliare se prevede che presto il
Foro
sarà circondato di armati e le decisioni imposte con la violenza e non con le leggi.
Rivolgendosi a
Dolabella
,
Cicerone
propone che i
consoli
rispettino la libertà di opinione dei cittadini ed afferma di avere il diritto di esprimere il proprio parere sulla situazione politica senza che questo costituisca un'offesa personale nei confronti del collerico
Antonio
.
Come è stato notato,
Cicerone
in questa Filippica fa uso di grande diplomazia, infatti ad ogni attacco ai suoi avversari fa corrispondere un elogio della loro vita e del loro passato. Si dice sicuro che
Antonio
e
Dolabella
non aspirino al potere dittatoriale o a illeciti guadagni ma soltanto alla gloria. Ma la gloria, avverte l'anziano consolare, è fatta dell'approvazione, del consenso, del plauso dei concittadini per le azioni giuste e buone che vengono compiute. Lo ha sperimentato lo stesso
Dolabella
qualche tempo prima sventando la cospirazione di un personaggio che, fingendosi discendente di
Caio Mario
, aveva tentato un colpo di stato. In quell'occasione
Dolabella
aveva ricevuto l'elogio, l'ammirazione e la gratitudine di tutti i
Romani
a prescindere dalla loro condizione sociale e dall'orientamento politico.
Analoga esperienza aveva vissuto
Antonio
quando si era opposto alla nomina consolare di
Dolabella
e subito dopo la morte di
Cesare
lo aveva riconosciuto come collega dimenticando ogni rivalità in nome della concordia e dell'interesse della repubblica ed aveva suscitato uno spontaneo coro di acclamazioni ed applausi da parte di quanti avevano ascoltato il suo discorso.
Cicerone
teme che
Antonio
e
Dolabella
non abbiano compreso quale sia la via che porta alla vera gloria, che confondano il consenso con il potere, l'essere amati con l'essere temuti. Eppure la recente morte di
Cesare
dovrebbe essere loro di monito e farli riflettere su cosa significhi che i suoi assassini rimangano impuniti e ricevano la gratitudine del popolo che hanno liberato.
Perché, si chiede l'Oratore,
Marco Antonio
dopo aver reso tanti preziosi servizi allo Stato, dopo aver abrogato il termine "
dittatore
", aspira ora a prendere il potere con la violenza? La sua nota onestà esclude che si tratti di avidità, la sua fermezza nega che possa essere stato influenzato da parenti ed amici. Dunque
Antonio
è solamente in errore e per comprendere da che parte sia la giustizia deve riflettere sui molti segnali che il popolo ha lanciato dopo la morte di
Cesare
, sui lunghi applausi alla statua di
Pompeo
durante i giochi e gli spettacoli teatrali, sulla stima e l'affetto pubblicamente indirizzati all'assente
Bruto
, il principale dei cesaricidi, e si renda conto che un popolo che con questi segnali esprime un preciso giudizio può certamente maturare una decisione sul futuro di
Antonio
e
Dolabella
.
Con questa larvata minaccia si conclude l'orazione e
Cicerone
si compiace di aver potuto ancora una volta parlare al
Senato
e di essere stato ascoltato con benevolenza. Si ripromette di esprimere liberamente il proprio pensiero in futuro ogni qual volta ne avrà l'occasione. Del resto, conclude, quel che gli resta da vivere più che a lui stesso appartiene alla Repubblica.
La prima Filippica fu pronunciata il 2 settembre
44 a.C.
, presiedeva la seduta
Publio Cornelio Dolabella
Datazione delle Filippiche
I - 2 settembre
44 a.C.
II - entro il 24 ottobre
44 a.C.
III - 20 dicembre
44 a.C.
IV - 20 dicembre
44 a.C.
V - 1 gennaio
43 a.C.
VI - 4 gennaio
43 a.C.
VII - fine gennaio
43 a.C.
VIII 3 febbraio
43 a.C.
IX - 4 febbraio
43 a.C.
X - 5 o 6 febbraio
43 a.C.
XI - entro il 7 marzo
43 a.C.
XII - fra l'8 marzo e il 20 marzo
43 a.C.
XIII - 20 marzo
43 a.C.
XIV - 21 marzo
43 a.C.
FILIPPICA II
Con questa orazione, che non fu pronunciata ma pubblicata per iscritto,
Cicerone
rispondeva al discorso con il quale
Antonio
, nella seduta del
Senato
del 19 settembre
44 a.C.
, in sua assenza, lo aveva duramente attaccato.
Cicerone
inizia con il paragonare l'ostilità di
Antonio
nei suoi confronti con quella a suo tempo manifestata da
Catilina
e da
Clodio
, ma quella di
Antonio
era meno comprensibile in quanto
Cicerone
non aveva mai fatto o detto qualcosa contro di lui.
Antonio
lo aveva accusato di aver infranto la loro amicizia per aver preso parte ad un processo nel quale la parte avversa era difesa dallo stesso
Antonio
. Ma questo era nel pieno diritto di ogni avvocato e, pur non parlando delle circostanze di quel processo,
Cicerone
difende la legittimità del suo comportamento.
Antonio
ha parlato di ingratitudine di
Cicerone
perché durante gli eventi di
Brindisi
aveva evitato di farlo morire (come era accaduto ad altri avversari di
Cesare
), ma il non commettere un assassinio non sembra essere opera di grande favore quanto il commetterlo sarebbe ingiusto. Del resto l'oratore si è sempre detto ed è sempre stato grato ad
Antonio
per questo. E la sua gratitudine è dimostrata dalla moderazione della precedente Filippica nella quale l'oratore si è sempre rivolto ad
Antonio
con parole contenute evitando di additare apertamente le sue colpe ed i suoi vizi.
Antonio
è arrivato a dare pubblica lettura di una lettera indirizzatagli privatamente da
Cicerone
e questo costituisce una grande scorrettezza ed è anche molto stupido in quanto egli non potrebbe dimostrare l'autenticità della missiva, che tuttavia
Cicerone
non ricusa e che del resto non conteneva nulla di ostile o di offensivo.
Antonio
ha attaccato nel suo discorso le azioni compiute da
Cicerone
molti anni prima durante il suo
consolato
, eppure il
consolato
di
Cicerone
fu approvato da tutti i senatori dell'epoca; l'
Arpinate
ne cita diversi e si sofferma sui due ancora vivi,
Lucio Aurelio Cotta
, che propose per lui onori straordinari, e
Lucio Giulio Cesare
, zio di
Antonio
. Quest'ultimo, secondo
Cicerone
, era l'esempio che
Antonio
avrebbe dovuto seguire invece di imitare il suo patrigno
Publio Cornelio Lentulo Sura
presso il quale era stato educato (
Lentulo
fu radiato dal
Senato
e successivamente giustiziato perché coinvolto nella congiura di
Catilina
).
Molto lontano dalla diplomazia usata nella prima Filippica,
Cicerone
reagisce qui duramente all'attacco di
Antonio
e prende a denunciare i suoi costumi privati dissoluti e viziosi e l'arroganza con la quale osa far vigilare il
Senato
da un manipolo di armati, non senza deridere argutamente la rudimentale eloquenza dell'avversario.
Antonio
ha accusato
Cicerone
di aver istigato
Milone
ad uccidere
Clodio
ma
Milone
non aveva bisogno di sollecitazioni, del resto lo stesso
Antonio
aveva aggredito
Clodio
che si era a stento messo in salvo, e lo aveva fatto con il plauso di
Cicerone
ma non certo su suo consiglio.
Un'altra grave accusa da parte di
Antonio
non viene del tutto respinta:
Cicerone
avrebbe provocato la discordia fra
Cesare
e
Pompeo
originando la guerra civile. L'oratore ammette di aver più volte consigliato a
Pompeo
di opporsi a
Cesare
, ma quando nonostante tutti i suoi suggerimenti
Pompeo
si alleò a
Cesare
fu proprio
Cicerone
a sperare ed augurare che l'alleanza durasse, appunto per evitare la guerra. Se
Pompeo
lo avesse ascoltato non sarebbero accadute tante disgrazie e lo stesso
Antonio
, lontano dal potere, sarebbe caduto sotto il peso della propria infamia.
Quanto all'aver preso parte alla congiura dei cesaricidi, come
Antonio
ha affermato,
Cicerone
considera l'affermazione una lusinga più che un'accusa, ma non è così ed il suo nome non avrebbe potuto rimanere occulto quando sono noti i nomi di tutti i congiurati. Del resto
Bruto
e
Cassio
, appartenenti a casate di antica tradizione repubblicana, non avevano bisogno di ulteriori stimoli per prendere la loro decisione, e ciò si può dire anche di altri congiurati come
Gneo Domizio
,
Gaio Trebonio
,
Lucio Tillio Cimbro
,
Publio Servilio Casca
e
Gaio Servilio Casca
.
L'uccisione di
Cesare
è stata approvata da tutti i cittadini onesti perchè ha liberato lo stato dalla tirannia,
Bruto
e
Cassio
hanno ricevuto onori e privilegi per volontà dello stesso
Antonio
. Dunque
Antonio
non si rende conto delle proprie contraddizioni: se il cesaricidio è stata un'azione giusta quale sarebbe la colpa di
Cicerone
se pure vi avesse partecipato? Se invece è stato un turpe assassinio perché
Antonio
ha premiato i suoi principali artefici? Un
console
in carica quale
Antonio
, sostiene l'
Arpinate
, non può avere idee confuse su una questione così importante.
D'altro canto il primo ad aver beneficiato della morte di
Cesare
è stato proprio
Antonio
che avendo libero accesso a documenti e registri ha potuto mistificarne il contenuto per risolvere la sua grave situazione debitoria.
Cicerone
passa alle accuse che considera meno gravi: l'essere stato amico di
Pompeo
è per lui motivo di orgoglio, non di vergogna; il non essere stato mai nominato erede di qualcuno - come
Antonio
ha detto - non è vero, piuttosto
Antonio
dovrebbe ammettere di aver agito con la frode per impadronirsi di eredità di sconosciuti che certamente non gli spettavano.
Avendo risposto a tutte le accuse,
Cicerone
passa a contrattaccare. Lo farà in modo sistematico, avverte, ma tenendo in serbo parte degli argomenti per le future occasioni. Inizia dall'età giovanile di
Antonio
: ancora adolescente era già in bancarotta, prese a prostituirsi per denaro finché
Gaio Scribonio Curione
non fece di lui il proprio amante fisso.
Cicerone
stesso fu coinvolto dalla famiglia di
Curione
per risolvere questa situazione scandalosa e convincere il padre a pagare i debiti del figlio salvandolo da altri disonori.
Come si è già detto
Antonio
tentò di uccidere
Clodio
, dopo essere stato suo sostenitore per farsi perdonare da
Cicerone
con il quale si era già riconciliato per intercessione di
Cesare
.
Eletto questore militò con
Cesare
per poter pagare, grazie alle donazioni di questi ed ai suoi saccheggi, i suoi pesantissimi debiti. Poco dopo era di nuovo in miseria e tentò di rifarsi con la carica di
tribuno della plebe
, in questa veste oppose il veto ai provvedimenti del
Senato
contro le proposte di
Cesare
nel
49 a.C.
(
Cesare
si diceva disposto a deporre ogni comando se
Pompeo
avesse fatto altrettanto) e non valse a convincerlo alcun tentativo di persuasione. Il
Senato
dovette votare un provvedimento straordinario che, sospendendo le garanzie costituzionali, annullava il diritto di veto dei
tribuni
.
Rifugiatosi presso
Cesare
,
Antonio
aveva ottenuto da questi tutto il potere necessario per proseguire nelle sue turpitudini, danneggiando onorati cittadini e facendo assolvere un suo amico condannato per gioco d'azzardo. Quando
Cesare
partì per la
Spagna
Antonio
diede scandalo con un ridicolo corteo al quale partecipò una famosa ballerina trasportata in lettiga.
A
Brindisi
, dove come già ricordato
Antonio
risparmiò la vita di
Cicerone
, ottenne la carica di comandante della cavalleria all'insaputa di
Cesare
che si trovava in
Egitto
.
L'orazione prosegue con taglienti denunce contro
Antonio
colpevole di grandi imbrogli per accaparrarsi illegittimamente beni ed eredità altrui e di varie indecenze, come l'aver vomitato per il troppo vino bevuto mentre parlava al popolo.
Quando
Cesare
tornò da
Alessandria
tutti i beni di
Pompeo
furono messi all'incanto, nessuno a
Roma
se la sentì di appropriarsi di ciò che era stato di quel grand'uomo, nessuno tranne
Antonio
che per una somma modestissima vinse l'asta diventando ricchissimo, da miserabile qual'era, in un solo giorno. Tuttavia i suoi vizi e le sue squallide compagnie dissiparono quelle ricchezze in brevissimo tempo. Ma ciò che più offende la morale dell'oratore è l'idea di
Antonio
che abita nella casa di
Pompeo
. Una casa già testimone di uno stile di vita morigerato e virtuoso trasformata in una bisca e in un postribolo dal nuovo proprietario.
Antonio
partecipò alla battaglia di
Farsalo
trucidando insigni cittadini che forse
Cesare
avrebbe graziato, come
Lucio Domizio
e molti altri, ma non seguì
Cesare
in
Africa
perché fu rimandato a
Roma
. Qui fu processato e condannato per evasione fiscale e fu indetta un'asta sei suoi beni ma gli eredi dei patrimoni di cui era riuscito ad impadronirsi si opposero ed ebbero ragione, così l'asta si ridusse a ben misera cosa ed
Antonio
fu di nuovo sommerso dai guai finanziari.
Quando finalmente
Antonio
partì alla volta della
Spagna
per combattere contro i figli di
Pompeo
che rivendicavano i beni ed i diritti da lui stesso sottratti, tornò indietro a
Narbona
con la scusa delle difficoltà del viaggio e riprese le sue gozzoviglie mentre
Dolabella
combatteva e veniva ferito al suo posto.
Da
Narbona
Antonio
si precipitò a
Roma
travestito da Gallo perché aveva saputo che il
pretore
Munazio Planco
stava per vendere all'asta i beni dei suoi mallevadori per pagare i suoi debiti verso l'erario. Si introdusse di notte in città per raggiungere la sua casa e, sempre travestito, presentò alla moglie un messaggio in cui diceva di aver lasciato la ballerina e prometteva di esserle fedele in futuro, quindi si rivelò mentre la donna piangeva commossa raggirando la poveretta. Con la sua piaggeria recuperò il favore di
Cesare
e si fece eleggere
console
a scapito di
Dolabella
.
Antonio
approfittò della sua carica di
augure
per interrompere in modo irregolare i comizi evitando che
Dolabella
venisse eletto.
Raggiunse il massimo dell'abiezione quando durante la festa dei
Lupercalia
, tutto nudo dopo aver danzato, pronunciò un discorso e tentò di porre sul capo di
Cesare
un diadema regale, che il
dittatore
rifiutò.
Il giorno della morte di
Cesare
coincise con la scadenza dell'ultima dilazione concessa ad
Antonio
per pagare i suoi debiti. Il
console
riuscì a fuggire grazie a quanti fra i congiurati si opposero alla sua uccisione e da allora assunse un encomiabile atteggiamento pacifista che era destinato ad essere ben presto rinnegato.
Antonio
pronunciò l'elogio funebre di
Cesare
esortando i concittadini alla concordia e fu promotore della legge che abrogava la dittatura ma poco dopo prese a sfruttare il potere per il proprio tornaconto. Sparirono misteriosamente dalle casse erariali settecento milioni di sesterzi e pochi giorni dopo
Antonio
pagò i quaranta milioni delle imposte da lui dovute. Il re
Deiotaro
che era stato sostenitore di
Pompeo
e avversario di
Cesare
venne reintegrato nei suoi possedimenti in
Armenia
in base ad una disposizione che
Antonio
sosteneva di aver trovato fra le carte del
dittatore
.
Ancora sulla base degli appunti di
Cesare
,
Antonio
intendeva affrancare le città di
Creta
dai tributi e dalla condizione di provincia (evidentemente corrotto dai
Cretesi
) e aveva richiamato quasi tutti gli esuli. Fra i pochi esclusi era lo zio
Gaio Antonio
, già collega di
Cicerone
nel
consolato
del
63 a.C.
Di
Gaio Antonio
aveva ripudiato la figlia (
Antonia Ibrida
) accusandola di adulterio con
Dolabella
.
Una commissione che il
Senato
aveva previsto di istituire per esaminare insieme ai
consoli
gli atti di
Cesare
non era mai stata convocata ed
Antonio
aveva provveduto arbitrariamente ad assegnare lotti di terreno in
Campania
ai veterani di
Cesare
per guadagnare il loro favore. In
Campania
Antonio
dedusse nuove colonie in modo del tutto irregolare e fra i beneficiari, oltre ai veterani, erano molti suoi amici: malviventi, compagni di baldoria, prostitute.
Confiscò fra l'altro la villa di
Varrone
a
Cassino
senza averne alcun diritto, durante il suo viaggio in
Campania
non si degnò mai di ricevere quanti venivano a rendergli omaggio in quanto
console
o di rispondere al loro saluto.
E tornato a
Roma
Antonio
ha preso a circolare circondato di armati e di armati presidia la
Curia
ed il
Foro
violando la dignità e la libertà del
Senato
e della cittadinanza. Difende gli atti di
Cesare
ma applica solo quelli che tornano a suo vantaggio.
Cicerone
lo sfida a rispondere alle sue accuse, se non a quelle che riguardano il passato, almeno a quelle sulla situazione presente.
Se non l'onestà almeno la prudenza dovrebbe spingere
Antonio
a considerare con attenzione il proprio comportamento che gli attira contro la condanna dei giusti e l'odio dei concittadini, odio che presto proveranno anche i suoi amici e seguaci, da una situazione simile non è riuscito a salvarsi neanche
Cesare
, uomo di ben altre capacità che in comune con
Antonio
aveva soltanto la sete di potere.
La lunga orazione di conclude con l'augurio a se stesso di
Cicerone
di morire lasciando il popolo romano in piena libertà e sapendo che ogni cittadino avrà una sorte adeguata ai servigi resi alla patria.
La seconda Filippica fu composta entro il 24 ottobre del
44 a.C.
e pubblicata fra il 12 novembre ed il 9 settembre dello stesso anno.
FILIPPICA III
E' il 20 dicembre del
44 a.C.
Antonio
è partito per la
Gallia Cisalpina
che intende togliere a
Decimo Bruto
. Il primo gennaio, scaduto il suo
consolato
, non potrà più assumere il comando di un esercito ma
Cicerone
non ritiene che si debba attendere questa scadenza quando
Antonio
, rifornitosi in
Gallia
di uomini ed armi, potrebbe da un momento all'altro piombare su
Roma
. Quindi l'appello che egli rivolge al
Senato
è pressante: si deve agire e subito.
Antonio
è rientrato recentemente dalla
Macedonia
dove aveva assunto il comando delle
legioni
ivi stanziate e da
Brindisi
avrebbe già attaccato
Roma
se "
Gaio Cesare
", benché privato cittadino, non avesse investito tutto il suo patrimonio nell'organizzare le schiere dei veterani e dissuaderle dall'ascoltare le proposte del rivale.
Antonio
aveva reagito ordinando una decimazione dei legionari e colpendo particolarmente la
Legione Marzia
, la più prestigiosa, che il 24 novembre si era ribellata.
Cicerone
elogia questa ribellione: quei soldati, sostiene, hanno compreso che
Antonio
era indegno della carica di
console
che ricopriva.
Anche la quarta legione si è schierata con
Ottaviano
ed egli ha potuto con le sue iniziative fermare la minaccia costituita da
Antonio
.
Cicerone
propone che l'operato di
Ottaviano
e dei legionari che lo hanno seguito venga elogiato e ratificato dal
Senato
e che si dia formalmente incarico ad
Ottaviano
di combattere il nemico del popolo
Marco Antonio
.
Intanto
Decimo Bruto
ha comunicato formalmente l'intenzione di non cedere ad
Antonio
e di difendere la sua provincia con le armi. L'
Arpinate
paragona
Antonio
a
Tarquinio il Superbo
i cui abusi furono poca cosa in confronto ai crimini contro lo stato ed i cittadini che
Antonio
si accinge a commettere o ha già commesso. Di conseguenza il beneficio che il popolo romano riceverà da
Decimo Bruto
è superiore a quello che ebbe dal giustamente celebrato
Lucio Bruto
.
L'oratore ricorda il gesto deplorevole di
Antonio
che il 15 febbraio, parlando in pubblico nudo e ubriaco, aveva offerto una corona a
Giulio Cesare
, un gesto grave, pieno di disprezzo verso le libertà repubblicane.
Antonio
- afferma
Cicerone
- ha grossolanamente denigrato
Ottaviano
per i suoi oscuri natali, quando
Ottaviano
era figlio adottivo di
Cesare
e il suo vero padre sarebbe stato
console
se la morte non lo avesse impedito. Quanto alla madre,
Antonio
la accusa di essere di
Aricia
come se fosse un disonore essere nati in uno dei municipi più antichi e prestigiosi.
In un altro editto
Antonio
ha ingiuriato
Quinto Cicerone
, nipote dell'oratore, accusandolo di essere suo avversario, accusa che
Cicerone
considera una lode.
Dimostrando totale mancanza di rispetto per il
Senato
,
Antonio
lo aveva convocato per il 24 novembre e non si era presentato, aveva riconvocato la riunione per il 28 ma non aveva avuto il coraggio di avanzare la proposta all'ordine del giorno che consisteva nel dichiarare nemico pubblico
Ottaviano
accusandolo di formazione illegale di bande armate.
E' su questo punto che fa leva il discorso di
Cicerone
:
Antonio
agiva in veste di
console
,
Ottaviano
per iniziativa privata. Ora se tutti concordano nel lodare l'operato di
Ottaviano
e di
Decimo Bruto
che agivano in difesa dello stato è chiaro che il vero nemico pubblico è
Antonio
.
Dopo alcuni sarcasmi indirizzati all'avversario,
Cicerone
sostiene che
Antonio
ha disertato la seduta per cercare di risolvere il problema della
Legione Marzia
, altrimenti il suo intento sarebbe stato quello di attaccare
Ottaviano
e per questo motivo aveva cercato di impedire che partecipassero alla riunione alcuni senatori che lo avrebbero certamente ostacolato.
Dopo aver ripercorso rapidamente gli atti di violenza e gli abusi commessi da
Antonio
dalla morte di
Cesare
in poi,
Cicerone
esorta i senatori a non lasciar passare il momento favorevole senza agire, quindi presenta la sua proposta: i
consoli
designati
Gaio Pansa
e
Aulo Irzio
agiscano in modo da garantire che il
Senato
possa riunirsi in piena sicurezza il primo gennaio; il
Senato
ratifichi l'operato di
Decimo Bruto
e di
Lucio Planco
; il
Senato
conferisca ad
Ottaviano
onori e ricompense per le sue iniziative in difesa della libertà della Repubblica.
Il
Senato
approvò la proposta. Nel pomeriggio dello stesso giorno
Cicerone
parlò al popolo per riferire le conclusioni della seduta.
FILIPPICA IV
Nel pomeriggio del 20 dicembre del
44 a.C.
Cicerone
parlò al popolo annunciando le decisioni prese dal
Senato
nella riunione del mattino.
Si tributeranno elogi ed onori ad
Ottaviano
che nonostante la sua giovane età ha avuto l'audacia di radunare un esercito di veterani di
Cesare
per fermare
Antonio
che dopo la sanguinosa repressione delle milizie ribelli stava tornando da
Brindisi
con propositi violenti.
Marco Antonio
, sia pure non in modo formale, è stato dichiarato nemico dello stato.
La necessità di quest'ultima decisione per salvaguardare la libertà dei
Romani
, i meriti di
Ottaviano
, la logica connessione fra i due argomenti sono il tema della quarta filippica come lo sono stati della terza, ma qui il linguaggio, in considerazione del diverso pubblico, è più diretto e coinciso.
FILIPPICA V
Il primo gennaio
43 a.C.
Marco Antonio
è uscito dal mandato consolare è nessun giorno è mai sembrato più lento ad arrivare. Così esordisce
Cicerone
in
Senato
nella seduto del primo gennaio convocata dai nuovi
consoli
Gaio Vibio Pansa
e
Aulo Irzio
.
Il successo che aveva ottenuto il 20 dicembre quando sembrava aver convinto la maggioranza dei senatori a dichiarare
Antonio
nemico pubblico sta ora vacillando. Le ragioni sono molteplici: i filoantoniani sostengono che non si possa emanare una condanna contro un consolare senza regolare processo; molti percepiscono la lontananza di
Antonio
come distanza dal pericolo; il timore di conseguenze peggiori, o più semplicemente il desiderio di pace, spinge altri a cercare una soluzione che non passi per la via delle armi; tuttavia
Cicerone
non demorde e non intende lasciare che quegli che considera l'uomo più pericoloso del momento raccolga nuove risorse e nuovo potere minacciando la repubblica con i suoi progetti di tirannide.
All'intervento dei
consoli
che, come d'uso, ha aperto la seduta segue quello di
Quinto Fufio Caleno
, il suocero del
console
Pansa
che è stato
console
nel
47 a.C.
ed è sempre stato di dichiarata fede cesariana.
Caleno
ha sposato la causa di
Antonio
subito dopo le idi di marzo e in questo suo primo intervento del
43 a.C.
non esita a chiedere che venga accantonata qualsiasi ostilità e che si avviino trattative diplomatiche con
Marco Antonio
.
Gli argomenti di confutazione di
Cicerone
sono come sempre estremamente precisi. Consentire ad
Antonio
di assumente il governo di una provincia vasta e ricca come la
Gallia Cisalpina
o la
Gallia Transalpina
significherebbe lasciare che si rifornisca di denaro e di risorse militari da usare senza scrupoli contro i suoi avversari politici.
A quanti non ritengono
Antonio
capace di tali abusi, l'Oratore fa notare come dopo la morte di
Cesare
Antonio
e i suoi sostenitori abbiano spesso ignorato le regole della repubblica emanando nuove disposizioni e abrogandone di esistenti senza rispettare le procedure previste e, quel che è peggio, promuovendo le loro decisioni con la violenza e l'intimidazione.
Per questi motivi
Cicerone
ritriene che le leggi di
Antonio
non siano vincolanti per i cittadini e che quelle "buone in se stesse" dovranno essere ripresentate senza vizi di forma.
Fra i crimini di
Antonio
,
Antonio
,
Cicerone
ricorda il continuo "mercato" di falsi decreti ed altri raggiri che hanno permesso al suo avversario di incamerare enormi somme di denaro in modo illegale ai danni dello stato e dei cittadini.
In ambito giudiziario
Antonio
ha ancora abusato della propria autorità nominando giudici corrotti e compiacenti, spesso privi dei titoli per esercitare quella funzione, in qualche caso addirittura dei
Greci
ignari del latino.
Ma la colpa più scandalosa di
Antonio
sta nell'essersi pubblicamente circondato di armati, come non facevano neanche gli antichi re, come non hanno osato fare
Cinna
,
Silla
e lo stesso
Cesare
; il Tempio della Concordia, presidiato dagli uomini di
Antonio
accoglieva i senatori costretti a votare a porte chiuse le proposte dell'aspirante
dittatore
sotto lo sguardo minaccioso dei suoi militari.
Anche tutti i provvedimenti dei settemviri preposti all'applicazione della legge agraria, fra cui
Lucio Antonio
, dovranno essere annullati perché molti terreni sono stati espropriati e riassegnati in modo del tutto arbitrario ed illegittimo.
Mandare ora un'ambasceria a
Antonio
sarebbe soltanto segno di debolezza, si proceda quindi a costringerlo con la forza a ritirarsi dalla provincia di cui sta ingiustamente tentando di impossessarsi.
Seguendo l'ordine del giorno
Cicerone
passa a proporre encomi e premi per quanti in quei difficili momenti hanno dimostrato di saper e voler agire con lealtà e coraggio nell'interesse della repubblica.
Primo fra tutti
Decimo Bruto
che ha resistito a
Marco Antonio
rifiutando di consegnargli la
Gallia
, quindi
Marco Emilio Lepido
la cui moderazione ha forse evitato una guerra civile. Per
Ottaviano
, l'eroe del momento,
Cicerone
chiede il comando militare: gli venga conferita la carica di
pretore
con tutte le relative attribuzioni derogando al limite minimo di età previsto dalla legge. L'oratore arriva a garantire personalmente che questi onori non confonderanno la modestia del giovane che saprà sempre comportarsi con la saggezza già dimostrata.
Un encomio vada a
Lucio Egnatuleio
, che ha indotto la legione quarta ad unirsi a
Ottaviano
contro
Antonio
e per tutti i veterani che hanno militato e stanno militando con
Ottaviano
Cicerone
chiede il congedo, l'esenzione dal servizio militare per i figli, ed un'equa assegnazione dei terreni da ridistribuire.
FILIPPICA VI
Il dibattito al quale
Cicerone
ha partecipato pronunciando la quinta filippica è durato dal primo al 4 gennaio del
43 a.C.
Al termine del quarto giorno il
tribuno
Publio Apuleio
, amico e sostenitore di
Cicerone
, lo invita a riferire al popolo gli argomenti salienti della seduta e le decisioni del
Senato
.
In
Senato
si è giunti alla conclusione di inviare un'ambasceria ad
Antonio
, contrariamente alla proposta di
Cicerone
, ma questo non rappresenta una sconfitta per l'oratore perché gli ambasciatori hanno il compito di intimare la resa ad
Antonio
. Non si tratta quindi di cedere alla volontà del generale ma soltanto di procrastinare la guerra.
E' pur vero che
Cicerone
non ha riportato una completa vittoria come il 20 dicembre, quando aveva visto approvare tutte le sue proposte, per questo motivo affronta il suo pubblico prendendo le distanze da quanto è stato stabilito. Comunica la decisione del
Senato
in merito all'ambasceria in modo da indurre la folla a rumoreggiare contrariata e non si lascia sfuggire l'occasione per sottolineare di aver proposto una mobilitazione generale da attuarsi senza indugi.
Come per la quarta filippica, qui
Cicerone
sceglie nel rivolgersi al popolo un linguaggio più semplice e inserisce nel discorso un'ampia parentesi dai toni denigratori e a volte grotteschi sugli abusi di
Marco Antonio
e
Lucio Antonio
e sui loro poco rispettabili costumi.
L'aspetto positivo della decisione odierna, conclude
Cicerone
, è che quando gli ambasciatori torneranno a comunicare l'inevitabile fallimento della loro missione e l'impossibilità di ridurre
Antonio
alla ragione, anche quanti ora sono per l'attesa e per la prudenza, non avranno più argomenti per differire un'azione definitiva.
FILIPPICA VII
La decisione di mandare un'ambasceria a
Antonio
è stata applicata senza indugio e gli ambasciatori sono partiti il cinque gennaio, ma tardano forse a tornare e
Cicerone
prende la parola in una riunione del
Senato
convocata per altri scopi per riaccendere l'attenzione sulla situazione politica. Non ci è nota la data certa di questa riunione ma vari indizi ricavabili dal testo dell'orazione inducono a ritenere molto probabile che si sia svolta nell'ultima settimana del gennaio
43 a.C.
Nel frattempo sono arrivate a
Roma
lettere di
Antonio
dirette ai suoi sostenitori e sono circolate notizie spesso confuse e non sempre vere. Si dice che
Antonio
chiederà la
Gallia Transalpina
invece della Cisalpina, che comunque avanzerà controproposte, ma
Cicerone
ribadisce che gli ambasciatori sono andati da
Antonio
per intimargli di arrendersi, non per avviare trattative.
Al termine di un lunghissimo periodo che ha la funzione di introdurre il punto chiave del suo discorso e nello stesso tempo di catturare l'interesse degli ascoltatori,
Cicerone
pronuncia un'affermazione grave e drammatica: non vuole la pace, e precisa che non la vuole perché sarebbe vergognosa, pericolosa, impossibile.
Vergognosa perché sarebbe una dimostrazione di incoerenza e di superficialità arrivare alla pace con
Antonio
dopo averlo giudicato nemico della patria.
Cicerone
sa bene che il
Senato
non ha ancora ufficialmente dichiarato nemico della patria
Antonio
ma ritiene che questa dichiarazione sia implicita nell'aver premiato ed elogiato
Ottaviano
,
Decimo Bruto
e tutti coloro che lo hanno combattuto. Ritiene che nei preparativi di guerra e nelle leve in corso sia manifesto che i senatori considerano
Antonio
un nemico.
Il
Senato
, dice l'oratore, deve mantenersi coerente e perseverante riprendendo l'austerità di una volta e tutto il suo decoro.
La pace sarebbe pericolosa perché significherebbe lasciare ad
Antonio
e ai suoi fratelli la possibilità di commettere liberamente tutti gli abusi di cui hanno già dimostrato di essere capaci.
Infine la pace è impossibile perché non ci sarebbe modo di riconciliare
Antonio
e i suoi seguaci con le persone che hanno subito la loro violenza o con quelle che si sono già mosse per combatterli. Non sarebbe possibile, ad esempio, proporre
Antonio
come amico a
Modena
, città che egli sta attualmente assediando, o ai cavalieri che in quel momento attendono fuori dall'aula del
Senato
, pronti ad imbracciare le armi per riconquistare la libertà.
I senatori dovranno stare attenti, ammonisce
Cicerone
, a non perdere la possibilità di una pace salda e duratura per l'illusione di un accordo con
Antonio
.
FILIPPICA VIII
La prima parte di questa orazione è contro l'opinione di quei senatori che vogliono evitare l'uso della parola "guerra" nei decreti relativi all'attuale situazione, come ha proposto
Lucio Giulio Cesare
, fratello della madre di
Marco Antonio
.
Cicerone
insiste che la guerra è già in atto, indipendentemente dal nome con cui la si voglia definire. Lo dimostrano le leve, le operazioni in corso, la lettera del
console
Irzio
che comunica di aver tolto agli antoniani la piccola città di
Claterna
, nei pressi di
Modena
, ed informa che negli scontri ci sono stati dei caduti.
Si tratta dunque di guerra e di guerra civile, la quinta durante la vita di
Cicerone
dopo quelle fra
Silla
e
Sulpicio
,
Cinna
e
Ottavio
,
Silla
e
Mario
,
Cesare
e
Pompeo
. Ma le quattro precedenti hanno avuto motivi politici mentre questa dipende soltanto dall'avidità e dalla tirannide di
Antonio
.
Non si tratta quindi di combattere per questa o quella fazione ma per la libertà che è la causa più giusta che una guerra possa avere. Pace non significa servitù, afferma
Cicerone
rivolgendosi a
Caleno
che cerca di far passare il proprio atteggiamento favorevole a
Antonio
per semplice pacifismo.
L'oratore cita diversi episodi più o meno recenti in cui si è dovuto combattere contro chi metteva in pericolo la repubblica, dal tempo dei
Gracchi
fino alla congiura di
Catilina
.
L'ambasceria inviata a
Antonio
è rientrata (salvo
Servio Sulpicio Rufo
deceduto durante il viaggio) recando le controproposte di
Antonio
. Insieme agli ambasciatori
Lucio Calpurnio Pisone
e
Lucio Marcio Filippo
è arrivato anche un certo
Vario Cotila
, rappresentante di
Antonio
.
Antonio
in sostanza offre di rinunciare alle province e alle
legioni
a condizione che anche i suoi diretti avversari, soprattutto
Bruto
e
Cassio
, facciano altrettanto e accettino la condizione di privati cittadini. In alternativa
Antonio
vorrebbe la
Gallia Transalpina
e mantenere le sue
legioni
con l'aggiunta dell'esercito di
Decimo Bruto
finché
Bruto
e
Cassio
ricopriranno cariche pubbliche e disporranno di risorse militari.
Cicerone
è indignato da queste proposte e si chiede come abbiano potuto gli ambasciatori riferirle senza esserne disgustati.
L'orazione si conclude con la proposta di rimandare
Cotila
dal suo generale, offrire il perdono ai seguaci di
Antonio
che si ravvedano entro il 15 marzo e dichiarare gli altri nemici della patria.
FILIPPICA IX
La nona Filippica è l'elogio funebre per
Servio Sulpicio
che, partito in cattive condizioni di salute a capo dell'ambasceria presso
Antonio
, non ha fatto ritorno.
La commemorazione in
Senato
è stata proposta dal
console
Pansa
che ha pronunciato il suo discorso prima di
Cicerone
.
Publio Servilio Isaurico
ha mosso un'obiezione all'ipotesi di dedicare una statua al defunto in quanto questo onore era riservato agli ambasciatori uccisi durante la loro missione.
Cicerone
risponde che non è il modo ma la causa della morte che conta e
Servio Sulpicio
, partendo mentre era seriamente malato, aveva messo consapevolmente a rischio la propria vita per il bene della patria.
Cicerone
ricorda due esempi storici di ambasciatori caduti mentre erano al servizio dello stato: quelli uccisi dall'etrusco
Tolumnio
e
Gneo Ottavio
, assassinato a
Laodicea
mentre era in missione presso
Antioco V
.
L'oratore insiste sulla dedica del monumento che oltre ad essere un giusto riconoscimento alla dedizione di
Sulpicio
rappresenterà anche l'importanza della guerra in corso contro
Antonio
agli occhi dei contemporanei e a quelli dei posteri.
Responsabili della morte di
Sulpicio
sono anche i senatori ed il
console
Pansa
che hanno insistito perché egli accettasse il comando della missione nonostante le sue giuste preoccupazioni per la salute.
"Rendetegli dunque, o senatori, la vita che gli avete tolta" dice chiaramente
Cicerone
riferendosi alla duratura memoria dell'uomo da affidare al suo monumento.
L'oratore prosegue il suo elogio ricordando il sapere di
Sulpicio
in materia di diritto e di giurisprudenza, la sua mitezza e la sua equità. Parla anche del cordoglio del giovane figlio del defunto, ancora troppo scosso per essere presente in quell'occasione.
Ben conoscendo le preferenze minimaliste e la modestia di
Sulpicio
,
Cicerone
propone che la statua sia di bronzo e non dorata, la figura in piedi e non a cavallo, propone inoltre che venga accolta che l'idea di
Servilio
di dedicare un sepolcro sull'
Esquilino
a spese dello stato. Tutto ciò servirà ad onorare la memoria di un grande cittadino ma anche a bollare di infamia la guerra di
Marco Antonio
contro il popolo romano.
FILIPPICA X
Era probabilmente il 4 febbraio del
43 a.C.
, o pochi giorni dopo, quando il
console
Pansa
convocò d'urgenza il
Senato
per comunicare di aver ricevuto un messaggio di
Bruto
.
Dopo l'intervento di apertura
Pansa
aveva dato la parola a
Caleno
, quindi a
Cicerone
.
In
Grecia
Bruto
ha raccolto consistenti forze militari e, fedele alle tradizioni repubblicane, si è affrettato a darne notizia al
Senato
.
Caleno
si è mostrato contrario all'iniziativa di
Bruto
e
Cicerone
interviene attaccandolo con forza e chiedendogli apertamente ragione dei suoi comportamenti filoantoniani.
E' indubbio che le notizie dalla
Grecia
consentono a
Cicerone
di partire da una posizione di vantaggio:
Bruto
è un campione della libertà, il liberatore, il regicida amato e rispettato da tutti la cui fama e reputazione è di per se un punto di forza rispetto alla luce sinistra in cui
Antonio
si sta muovendo con i suoi fratelli e seguaci.
L'intervento di
Bruto
è servito anche ad evitare che
Gaio Antonio
si impadronisse della
Macedonia
come aveva tentato di fare nonostante il divieto del
Senato
.
Bruto
ha scritto che
Gaio Antonio
si trova in
Apollonia
con pochi soldati, sarà fatto prigioniero poco più tardi dallo stesso
Bruto
. In
Macedonia
le
legioni
di
Antonio
si consegnano spontaneamente ai seguaci di
Bruto
.
Publio Vatinio
, governatore dell'
Illiria
, ha consegnato il suo esercito a
Bruto
. La situazione è dunque radicalmente cambiata a favore dei repubblicani ma c'è chi obietta che i veterani che militano nelle
legioni
ora comandate da
Bruto
potrebbero reagire negativamente agli ordini dell'uccisore di
Cesare
.
Cicerone
è consapevole del realismo di questa preoccupazione ma in un primo momento cerca di ridimensionarla quindi passa ad un'affermazione forte e, certo, sinceramente sentita: se pure i veterani sono contrari a
Bruto
e alle forze repubblicane non potranno impedire che il popolo romano difenda la propria libertà perché i meriti e la gloria guadagnati sui campi di battaglia non li autorizzano ad essere fautori di servitù.
Cicerone
conclude con la proposta di ratificare l'operato di
Bruto
conferendogli l'
imperium maius
su
Macedonia
,
Illiria
e
Grecia
.
Riconoscimenti vengono chiesti anche per
Quinto Ortensio
e
Marco Apuleio
che hanno aiutato
Bruto
a reperire truppe e fondi.
FILIPPICA XI
Le due sedute durante le quali
Cicerone
pronunciò l'undicesima filippica si svolsero molto probabilmente il 6 e il 7 marzo del
43 a.C.
Era giunta la notizia che
Gaio Trebonio
, uno dei cesaricidi, era stato assassinato a
Smirne
da
Dolabella
.
E' proprio questo assassinio l'argomento che apre l'orazione:
Dolabella
si era recato in oriente per rilevare la provincia di
Siria
e aveva fatto irruzione di notte nella casa di
Trebonio
che era stato catturato e decapitato dopo due giorni di tortura. Il suo capo era stato esposto pubblicamente, il corpo scempiato e poi buttato in mare.
Cicerone
insiste sui particolari macabri del delitto sottolineando più volte
Dolabella
e
Antonio
siano divenuti alleati perché l'affinità di carattere li porta a gradire gli stessi orrori e commettere gli stessi delitti.
Cicerone
è ancora inorridito al pensiero che
Dolabella
è stato suo genero ed ha fatto parte della sua famiglia, tuttavia avverte che
Antonio
è ancora più pericoloso per il suo seguito di malfattori come il fratello
Lucio
o come
Calpurnio Bestia
.
Segue un rapido elenco di personaggi sinistri vicini ad
Antonio
:
Nucula
e
Lentone
che distribuivano terreni in base alla legge agraria poi abrogata dal
Senato
,
Trebellio
,
Tito Munazio Planco
,
Tito Annio Cimbro
uccisore di suo fratello.
Per una volta
Cicerone
si trova d'accordo con
Caleno
che ha proposto di dichiarare
Dolabella
nemico pubblico e confiscare i suoi beni. Stabilito che
Dolabella
è un nemico pubblico diventa necessario combatterlo e quindi scegliere un generale che muova contro di lui. Sono state fatte due proposte alle quali
Cicerone
di dichiara contrario.
La prima, avanzata da
Lucio Cesare
, prevedeva di affidare il comando a
Publio Servilio Isaurico
. L'obiezione di
Cicerone
è che
Servilio
in quel momento non riveste alcuna carica ed affidare poteri straordinari ad un privato cittadino è una pratica generalmente evitata dal
Senato
, come
Cicerone
dimostra con diversi esempi, perché non priva di rischi (il prescelto poteva approfittare della situazione e sfuggire al controllo). Vero è che si sono appena conferiti poteri straordinari a
Ottaviano
ma in quel caso ci si è trovati di fronte al fatto compiuto perché due
legioni
lo hanno seguito spontaneamente.
L'altra proposta è quella di inviare contro
Dolabella
uno o entrambi i
consoli
e di assegnare loro, alla scadenza del
consolato
, le province dell'
Asia
e di
Siria
, ma
Cicerone
è contrario perché questa scelta, se attuata immediatamente distoglierebbe risorse e attenzione dal fronte di
Modena
, se rimandata comporterebbe un intervento troppo tardivo.
A questo punto
Cicerone
, forte dell'essere riuscito a far ratificare l'operato di
Bruto
, azzarda la richiesta di affidare la guerra contro
Dolabella
a
Cassio
.
Mentre
Bruto
è impegnato contro
Gaio Antonio
che ha occupato numerose città orientali, solo
Cassio
può intervenire contro
Dolabella
e molti sono gli elementi a favore di questa scelta:
Cassio
si trova già sui luoghi, sta già raccogliendo le risorse militari necessarie, al pari di
Bruto
è in grado di decidere cosa sia meglio per la patria e agire di conseguenza.
Cicerone
propone quindi di conferire a
Cassio
la carica di
proconsole
di
Siria
con pieni potere perché muova guerra a
Dolabella
.
Quanto alla preoccupazione, nutrita da una parte dei senatori, riguardo agli umori dei veterani,
Cicerone
afferma che il
Senato
non può ridursi a decidere in base a ciò che vogliono i veterani che, del resto, se stanno combattendo per la libertà della patria devono essere premiati, se sono neutrali devono essere protetti, ma se si sono fatti seguaci di
Antonio
e di
Dolabella
dovranno essere combattuti e puniti.
FILIPPICA XII
In una seduta del
Senato
tenutasi non più tardi del 7 marzo
43
è stato proposto l'invio di una nuova ambasceria presso
Antonio
. Sorprendentemente
Cicerone
non si è opposto, anzi ha accettato di essere fra gli ambasciatori.
Nella seduta successiva, che dovette svolgersi solo pochi giorni più tardi, l'oratore pronunciò la XII filippica.
Cicerone
ritira la sua disponibilità ammettendo di aver sbagliato nel concederla ma precisando che è stato tratto in inganno da
Pisone
,
Caleno
ed altri antoniani che gli hanno fatto credere che
Antonio
fosse in difficoltà e prossimo alla resa.
Lo stesso errore, del resto, ha commesso
Publio Servilio
che come
Cicerone
ha ritirato la sua adesione al progetto dell'ambasceria.
Ma poichè quanti sono in stretto contatto con
Antonio
confermano che non si sono verificati cambiamenti importanti nella situazione nulla giustificherebbe il
Senato
se cambiasse atteggiamento verso il nemico e passasse a mostrarsi più mite e meno determinato con una nuova ambasceria.
Come
Cicerone
ha avuto modo di sostenere già in altre occasioni, un comportamento pacifista dei senatori potrebbe demotivare coloro che affrontando pericoli e sacrifici stanno combattendo per evitare di trovarsi soggiogati dalla tirannide di
Antonio
.
Se il timore per la sorte di
Decimo Bruto
e dei suoi soldati ha spinto l'oratore ad una spontanea e poco meditata adesione per il desiderio di contribuire alla loro salvezza, una più attenta riflessione lo porta alla conclusione che quell'adesione debba essere ritirata.
Egli è contrario ad una nuova ambasceria come lo era stato alla precedente che in effetti non aveva prodotto alcun frutto, ma se il
Senato
deciderà di inviare la seconda deputazione gli ambasciatori partiranno senza di lui.
Cicerone
è consapevole dei rischi personali che dovrebbe affrontare durante la missione dalla quale difficilmente tornerebbe vivo. Si dichiara certo di poter essere più utile alla repubblica rimanendo a
Roma
piuttosto che facendosi uccidere. Afferma di non temere la morte - e non abbiamo motivi di dubitare delle sue parole - ma di rifiutare di compiere uno stupido atto di imprudenza.
Non sarà forse mai possibile appurare se l'accettazione ed il successivo ripensamento di
Cicerone
furono il risultato di una consapevole tattica temporeggiatrice. Comunque la seconda ambasceria non fu deliberata.
FILIPPICA XIII
La riunione è stata convocata in assenza dei
consoli
dal
pretore urbano
Marco Cecilio Cornuto
, infatti
Pansa
è partito pochi giorni prima per raggiungere il collega sul fronte modenese.
L'ordine del giorno consiste nella discussione di tre importanti messaggi da poco giunti al
Senato
: il primo è una lettera di
Antonio
a
Irzio
e
Ottaviano
che venivano invitati a ricostituire il partito cesariano e che i due destinatari hanno girato per conoscenza a
Cicerone
; gli altri due sono lettere di
Marco Emilio Lepido
governatore della
Gallia Narbonese
e della
Spagna Citeriore
e di
Lucio Munazio Planco
governatore della
Gallia Transalpina
che consigliano ai senatori di concludere la pace con
Antonio
.
Cicerone
, che parla dopo l'intervento di
Publio Servilio Isaurico
, inizia esaminando la posizione di
Lepido
. Potente per le sue province, politicamente influente e molto ricco,
Lepido
può far pesare la sua opinione e la sua proposta è stata forse concordata con
Antonio
"dietro le quinte",
Cicerone
ne è consapevole e dice di concordare sugli indiscutibili benefici della pace a condizione che la pace stessa venga vissuta in piena libertà altrimenti è meglio combattere e, se necessario, morire.
Quando
Lepido
volesse avvalersi delle risorse militari di cui dispone ricordi che gli sono state conferite dal
Senato
ed il
Senato
che è e deve rimanere unico arbitro dei destini della Repubblica, può toglierle in qualsiasi momento.
Necessariamente
Cicerone
passa a esporre nuovamente le turpitudini commesse da
Antonio
e dai suoi compagni dalla idi di marzo in poi: l'Oratore vuole mantenere chiara di fronte agli occhi di chi lo ascolta l'immagine del "brigante", del "gladiatore", dell'avvinazzato di cui si sta parlando perchè non si dimentichi che si tratta di una guerra e non di una questione diplomatica.
Quindi, omettendo di parlare della lettera di
Munazio Planco
(che forse gli aveva assicurato il suo appoggio in altra sede),
Cicerone
passa ad esaminare il messaggio di
Antonio
. Lo legge e critica frase per frase mettendo in evidenza ogni passaggio contraddittorio o arrogante e in effetti in queste pagine risulta evidente il contrasto fra il linguaggio scontato di
Antonio
e le eleganti sottigliezze dialettiche dell'
Arpinate
.
La riunione si chiuse con una vittoria di
Cicerone
in quanto gli inviti alla pace di
Lepido
e di
Munazio Planco
vennero respinti.
Nella sua disanima del messaggio di
Antonio
, criticando duramente i compagni dell'avversario,
Cicerone
ne pronuncia una sorta di elenco stigmatizzando di ciascuno colpe e difetti: innanzi tutto
Dolabella
, per il quale
Antonio
è addolorato perché è stato dichiarato nemico pubblico,
Fadia
, prima moglie di
Marco Antonio
e figlia di un liberto;
Publio Ventidio Basso
, cesariano,
pretore
designato per il
43
passato a
Antonio
;
Lucio Calpurnio Bestia
, un politicante già difeso da
Cicerone
in ben sei processi;
Trebellio
, bancarottiere fraudolento,
Cotila Vario
che
Antonio
faceva frustare nei banchetti; il "gladiatore"
Lucio Antonio
,
Sassa Decidio
ed altri.
Per contro l'oratore cita nella stessa filippica anche alcuni illustri consolari rammaricandosi che siano morti e che non possano essere suoi alleati nella situazione presente:
Marco Marcello
,
Servio Sulpicio
,
Lucio Afranio
,
Lucio Cornelio Lentulo
,
Marco Bibulo
,
Lucio Domizio
,
Appio Claudio
,
Publio Scipione
.
FILIPPICA XIV
Irzio
,
Pansa
e
Ottaviano
hanno comunicato al
Senato
una vittoria contro
Antonio
(15 aprile
43 a.C.
) proponendo una supplica di ringraziamento agli dei.
Cicerone
sostiene che sia giusto offrire la supplica e propone anche di conferire ai tre vincitori il titolo di "generale vittorioso", ma insiste che per fare tutto ciò correttamente è necessario che prima
Antonio
venga dichiarato nemico pubblico.
Si oppone invece a
Publio Servilio Isaurico
che propone che i senatori depongano ormai l'abito da guerra perché, afferma, ciò sarà giusto e possibile solo quando
Decimo Bruto
sarà stato liberato dall'assedio e
Antonio
allontanato dalla provincia che pretende e definitivamente debellato.
Cicerone
rivela quindi una macchinazione degli antoniani rimasti in città con lo scopo manifesto di eliminarlo e di organizzare un colpo di stato. L'oratore si riserva di rivelare in un secondo momento le circostanze che hanno portato alla scoperta della congiura (evidentemente farlo ora sarebbe pericoloso) ma precisa comunque che si è cercato di calunniarlo accusandolo di aspirare alla tirannide per poi istigare il popolo ad un linciaggio.
A salvarlo è stato un suo amico, il
tribuno
Publio Apuleio
che ha convocato un'assemblea per chiarire la situazione e smentire le accuse.
Cicerone
prosegue lodando l'operato dei comandanti e dei soldati e conclude con una serie di mozioni chiedendo: cinquanta giorni di supplicazioni in tutti i templi; il titolo di generale vittorioso per i tre comandanti; la costruzione di un grande monumento in memoria dei caduti; l'erogazione dei compensi promessi ai soldati e, nel caso dei caduti, alle loro famiglie.
La quattordicesima filippica è l'ultima orazione di
Cicerone
che ci sia pervenuta, ma non l'ultima che egli pronunciò in
Senato
.
Ne pronunciò certamente un'altra dopo il 21 aprile quando
Antonio
fu di nuovo sconfitto,
Decimo Bruto
riuscì a lasciare
Modena
e l'oratore riuscì finalmente a far dichiarare nemico pubblico il suo acerrimo avversario.