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SULPICIO SEVERO

Vita di San Martino


Precede la biografia la lettera dedicatoria ad un certo Desiderio che Sulpicio chiama "fratello in Cristo". Il dedicatario non è stato identificato con precisione, si ritiene fosse un letterato vicino all'ascetismo e si apprende dalla lettera stessa che aveva sollecitato Sulpicio Severo nella compilazione e nella pubblicazione della Vita Martini. E' stata avanzata l'ipotesi che sia il Desiderio che tenne una corrispondenza con Girolamo, un notabile probabilmente aquitanio, e che più tardi prese i voti religiosi.
Sulpicio Severo prega il suo corrispondente di non divulgare la sua opera o di farlo in modo anonimo e si scusa per l'ineguatezza del suo stile.
Lo scopo del biografo cristiano deve essere quello di indicare una via alla fede ed alla salvezza parlando di un uomo santo e virtuoso e non la ricerca della propria notorietà. Per questo motivo l'autore vorrebbe che il suo nome non fosse divulgato.

Figlio di un militare, Martino nacque in Pannonia e fu educato a Pavia. Pur avvertendo fin dall'infanzia il richiamo della vocazione religiosa e ascetica, Martino fu costretto dal padre ad arruolarsi e militò sotto Costanzo e sotto Giuliano. Aveva con se un servo, ma spesso i ruoli si rovesciavano ed era lui a far da servitore all'altro.

Simone Martini 033 bright
Simone Martini: La carità di Amiens
La sua grande umiltà lo fece amare dai commilitoni che ammiravano la sua incessata dedizione alle opere benefiche.
Un giorno, alle porte di Amiens, incontrò un povero nudo cui nessuno faceva l'elemosina. Faceva molto freddo e Martino, che non aveva altro con se, tagliò in due parti la propria clamide e la divise con il mendicante.
Durante la notte il gesto di Martino fu premiato da un apparizione in sogno di Gesù Cristo. Si fece subito battezzare ma non lasciò le armi per altri due anni per la preghiere di un tribuno suo amico.
Quando Giuliano riunì l'esercito per combattere i barbari (Alemanni) che avevano invaso le Gallie e prese a distribuire donativi ai soldati, Martino ne approfittò per chiedere il congedo, rifiutando il donativo.
A Giuliano che lo accusava di temere l'imminente battaglia, Martino assicurò che avrebbe fronteggiato il nemico disarmato e l'imperatore lo fece imprigionare per costringerlo a mantenere la promessa. Ma non ci fu battaglia perché l'indomani i barbari si arresero senza combattere e questo improvviso ed imprevisto cambiamento è ritenuto dall'autore un primo miracolo di Martino.
Lasciato l'esercito, Martino si recò presso Ilario di Poitiers che lo spingeva al sacerdozio ma egli rifiutava dichiarandosi indegno, accettò invece la funzione di esorcista che era una carica di livello inferiore.
Qualche tempo dopo, spinto da un sogno, decise di tornare a visitare i genitori. Durante il viaggio fu catturato dai briganti e liberato da uno di loro improvvisamente redento e convertito dalle parole del santo. Tornato a casa convertì la madre e molti connazionali, ma entrato in contrasto con i vescovi ariani dell'Illirico fu percosso pubblicamente ed espulso.
Avendo saputo che anche Ilario aveva subito l'esilio, si fermò a Milano, ma anche qui fu perseguitato e scacciato per volontà del vescovo ariano Aussenzio.
Martino si ritirò nella solitudine dell'isola Gallinaria in compagnia di un prete. Nutrendosi di erbe e radici mangiò incidentalmente il velenosissimo elleboro ma si salvò cercando aiuto nella preghiera.
Poco dopo venne a sapere che ad Ilario era stato concesso il rientro e si mise in viaggio per incontrarlo a Roma. Seguì Ilario a Poitiers e si stabilì poco lontano in un eremo in compagnia di un giovane catecumeno. Questi morì di malattia durante un'assenza di Martino; quando Matino tornò rivolse a Dio la sua più fervida preghiera ed il ragazzo fu risuscitato.
Con questa resurrezione e con quella di uno schiavo che si era impiccato, Martino divenne molto famoso ed il popolo volle che fosse nominato vescovo di Tours.
Schivo e poco disposto a lasciare il suo eremo, Martino venne attirato in città con il pretesto di una malata da guarire e fu proclamato vescovo fra l'esultanza dei fedeli, ma gli altri vescovi non videro di buon occhio la sua nomina ed escogitarono molti espedienti per ostacolarlo.
Dopo aver abitato per qualche tempo in una piccola cella presso la chiesa episcopale, Martino trovò un rifugio più isolato presso la Loira a due miglia dalla città. Nelle vicinanze si stabilirono ottanta discepoli formando una comunità monastica dedita esclusivamente alla preghiera e soltanto i più giovani lavoravano come copisti, gli averi ed i pasti erano in comune, non si beveva vino, ci si vestiva con pelli di cammello.
Dubbioso sull'autenticità di un sepolcro che si trovava nelle vicinanze e che veniva venerato come reliquia di martiri, Martino scoprì l'errore evocando lo spirito di chi vi era sepolto ed apprendendo che si trattava di un brigante. Con questo episodio ha inizio una sorta di catalogo dei miracoli di Martino, ad ognuno dei quali segue la conversione dei pagani presenti: blocca con un gesto i movimenti di una processione pagana, devia con il segno della croce la caduta di un albero che aveva voluto abbattere perché oggetto di idolatria e che stava per colpirlo dimostrando di godere della protezione divina.
Salva una casa dalle fiamme, abbatte templi pagani con l'aiuto degli angeli mentre quanti tentano di sopraffarlo vengono miracolosamente fermati da potenze invisibili.
St. Martin of Tours
Icona ortodossa di San Martino
Ma Sulpicio Severo sottolinea con particolare enfasi le prodigiose guarigioni, come quella di una fanciulla giò agonizzante o di un lebbroso, e gli esorcismi con i quali il Santo liberava gli indemoniati.
Anche gli oggetti che erano appartenuti a Martino avevano poteri miracolosi e la loro applicazione poteva guarire gli infermi.
Al cospetto dell'imperatore (l'usurpatore Magno Massimo) tutti i vescovi si comportarono in modo adulatorio trenne Martino il quale non solo osò chiedere la grazia per alcuni eretici ma accusò Massimo di aver preso il potere con la violenza.
Massimo finì con l'apprezzare la sincerità e l'austerità di Martino che gli predisse che se avesse attaccato Valentiniano sarebbe perito, come in effetti avvenne qualche tempo dopo.
Frequentissime le apparizioni demoniache: il diavolo si presentava a Martino nelle forme più disparate per vantarsi dei propri crimini e per accusarlo dei suoi errori ma il santo, per nulla impressionato, lo fronteggiava con calma ed arrivò a promettergli misericordia se avesse desistito dal perseguitare l'umanità.
Singolare l'aneddoto che riguarda un giovane monaco di nome Anatolio che voleva dimostrare di essere un santo. Una sera annunciò ai confratelli che avrebbe ricevuto dal Cielo una nuova veste ed effettivamente durante la notte, dopo una serie di rumori misteriosi provenienti dalla sua cella, Anatolio apparve vestito di una candida e morbidissima tunica. Nessuno era in grado di riconoscere quel tessuto ma quando tentarono di condurre Anatolio al cospetto di Martino, il giovane prese a gridare e la veste - opera del Maligno - svanì nel nulla.
Lo stesso Martino riferì a Sulpicio Severo, che ebbe modo di conoscerlo personalmente, che una volta gli era apparso il diavolo fingendo di essere Gesù Cristo in persona ma Martino non si era lasciato ingannare ed il diavolo si era dileguato lasciando nella cella un orribile fetore.
Con l'occasione l'autore racconta il suo lungo viaggio in compagnia di altre persone per far visita a Martino, la gioia e l'umiltà con le quali erano stati accolti dal Santo ed i suoi insegnamenti.
Martino aveva parlato loro entusiasticamente di Paolino, indicandolo come esempio da seguire.
Sulpicio Severo conclude la sua breve opera agiografica affermando di essersi limitato a raccontare le vicende, quelle prodigiose e quelle umane, della vita di Martino ma di non poter, né lui né altri, conoscere e descrivere la fede e la beatitudine del Santo e quanto egli provava e pensava durante la sua vita spesa nella preghiera e nell'operare il bene senza mai reagire alle provocazioni ed alle offese degli avversari.