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PAOLO GIOVIO

VITE DEGLI SFORZESCHI

VITA DI MUZIO ATTENDOLO SFORZA


Muzio Attendolo Sforza nacque il 28 maggio 1369 a Cotignola nel contado di Faenza, da famiglia non nobile ma agiata.
Il padre si chiamava Giovanni, la madre Elisa Petracini. La coppia ebbe numerosi figli, molti dei quali intrapresero la carriera militare.
Si raccontava che Muzio scelse di arruolarsi tirando a sorte mentre lavorava la terra, ma probabilmente si trattava di una diceria fatta circolare dai detrattori degli Sforza per evidenziare le modeste origini della famiglia.
Comunque all'età di tredici anni Muzio lascià la famiglia per seguire Boldrino da Panicale, allora capitano generale delle milizie della Chiesa.
Dopo questa prima esperienza ed un breve rientro in famiglia, Muzio militò sotto Alberigo Broglia, quindi sotto Giovanni Acuto.
Quest'ultimo era all'epoca particolarmente noto per aver pacificato la Romagna che si era ribellata alla Chiesa otttenendo dal papa alcuni feudi fra i quali Cotignola. Aveva sposato una figlia di Bernabò Visconti ed era stato comandante nell'esercito dei Fiorentini.
Il piemontese Broglia, militando per Firenze e per il Papa, era divenuto signore di Assisi, mentre Biordo Michelotti lo era di Perugia.
Alberigo da Barbiano comandò la potente Compagnia di San Giorgio i cui soldati dovevano giurare di non voltare mai le spalle al nemico e sconfisse numerose armate straniere.
Muzio passò al servizio di Alberigo da Barbiano che presto notò le sue qualità di combattente e che, a seguito di una discussione per la spartizione di un bottino, lo soprannominò Sforza.
Via via che lo Sforza diventava famoso molti parenti lo raggiungevano e si univano a lui. I fratelli Bartolo e Francesco, i cugini Michelotto e Foschino Attendolo e Sanoparente Petracini.
Fra i suoi ufficiali strinse particolare amicizia con Martino da Faenza, Eustorgio Visconti, Ludovico Colonna, Tomaso da Città di Castello, Angelo Lavello detto il Tartaglia ed altri.
In gioventù Sforza fu legato da fraterna amicizia con Braccio da Montone, ma ques'amicizia si infranse molti anni dopo quando braccio si impadronì dei possedimenti sforzeschi in Toscana mentre Sforza era prigioniero a Benevento.
Allestita la sua prima compagnia, Sforza combattè per il partito perugino dei Raspanti contro Gian Galeazzo Visconti al soldo del quale passò al termine della guerra.
Passò quindi ai Fiorentini che avevano stretto alleanza con i Francesi contro Gian Galeazzo.
In quel periodo Sforza rese onore all'imperatore Roberto che, impressionato dalla sfilata della milizia del condottiero, gli concesse di aggiungere un leone allo stemma di famiglia che mostrava una mela cotogna, simbolo di Cotignola.
Ritornato in Toscana, Sforza fu per alcuni anni al servizio di Firenze compattendo nella guerra di Bologna poi in quella di Pisa e ricevendo la corona d'alloro e lo stendardo del giglio per aver sconfitto Angelo della Pergola.
Conclusa la guerra di Pisa, Sforza prese congedo dai Fiorentini per passare a Niccolò III d'Este che in quel periodo combatteva contro Ottobuono Terzi signore di Parma.
Dopo un periodo di scontri l'Estense accettò di trattare la pace ma attirò Ottobuono in un'imboscata nei pressi di Rubiera. Sforza e Michelotto uccisero Ottobuono Terzi e rapidamente dispersero quanti erano con lui, quindi entrarono in Parma dove la popolazione accolse con favore chi li aveva liberati dal tiranno.
Al momento di congedarsi, Sforza ebbe da Niccolò d'Este il castello di Montecchio come premio per le sue imprese.
In seguito Sforza servì quattro Papi: Gregorio XII, Alessandro V, Giovanni XXIII e Martino V. Liberò Roma da Braccio da Montone e la consegnò a Giordano Colonna, fratello di Martino V, e venne nominato gonfaloniere della Chiesa.
Servì Ladislao re di Napoli e, dopo la morte di questi, la regina Giovanna II.
Alla corte napoletana Sforza visse alterne fortune dovute al carattere instabile della regina ed all'influenza dei suoi amanti. Ebbe da Giovanna Benevento, Manfredonia, Bari, Trani ed altre terre in Puglia, Calabria e Basilicata, ma poi caduro in disgrazia per le trame del Caracciolo, Sforza passò a Luigi III d'Angiò per ordine di Martino V che intendeva deporre Giovanna.
Tornò più tardi in buoni rapporti con Giovanna II e la difese contro Alfonso V d'Aragona.
Combattendo per Luigi d'Angiò contro Ladislao al Garigliano, Sforza fu apprezzato e lodato sia da Luigi sia da Ladislao il che suscitò l'invidia di Paolo Orsini, altro condottiero.
Venne imprigionato a Napoli ma poi liberato quando fu necessario domare una rivolta all'Aquila, città che egli occupò rapidamente riportandola all'obbedienza a Giovanna.
Tradito dal Tartaglia mentre era prigioniero, Sforza lo perseguitò ed infine lo sconfisse in una battaglia nei pressi di Viterbo dalla quale Tartaglia sopravvisse a stento.
Un'altra famosa vittoria fu quella che Sforza conseguì nei pressi del fiume Sebeto contro gli Spagnoli di Alfonso V d'Aragona in difesa di Luigi d'Angiò.
Quando intervenne per liberare Roma da Braccio da Montone quest'ultimo si allontanò senza combattere e lasciò il Piccinino a presidiare Palestrina.
Piccinino venne a battaglia con Sforza, fu sconfitto, catturato e successivamente rilasciato in uno scambio di prigionieri.
Alfonso V fece arrestare Caracciolo ed assediò Napoli per prendere anche Giovanna. Sforza accorse ed inviò messaggeri ad Alfonso pregandolo di desistere ed offrendosi come mediatore di una pacifica riconciliazione ma l'Aragonese respinse la proposta con arroganza. Si venne quindi a battaglia e gli Spagnoli furono sconfitti.
Sforza fu invece battuto da Braccio da Montone nei pressi di Viterbo a causa del tradimento di Niccolò Orsini che passò al nemico durante il combattimento.
Fu sconfitto anche presso la grotta di Posillipo quando le sue truppe furono aggredite improvvisamente nel corso di una tregua da quelle napoletane inviate dal Caracciolo, ma successivamente attaccò Napoli con tale impeto che Caracciolo dovette arrendersi a dare a Sforza i propri figli come ostaggi.
L'ultima fra le sconfitte di Sforza annoverato da Giovio fu quella subita presso Capua ad opera di Braccio che lo respinse fino ad Aversa.