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LUCIANO DI SAMOSATA
ALESSANDRO O IL FALSO PROFETA
Luciano
, che in questo caso parla in prima persona, si rivolge all'amico Celso che gli ha suggerito di scrivere la storia di Alessandro di Abonotechia, famoso impostore. Per accontentare l'amico,
Luciano
ha scritto questa biografia ma non omette di sottolineare che il protagonista dovrebbe essere sbranato da scimmie e volpi in un teatro.
Alessandro era di bellissimo aspetto, aveva voce suadente e grande fascino, era sagace, dotato di ottima memoria e di grandi capacità ma tutte queste doti usava nel peggiore dei modi superando in malvagità i
Cercopi
, Euribate, Frinonda, Aristodemo e Sostrato, tutti famosi malfattori.
In gioventù approfittò della sua avvenenza per prostituirsi e fra i suoi clienti fu un imbroglione che si spacciava per mago e che lo prese come discepolo e aiutante. Morto questo maestro, Alessandro cominciò a frequentare un ballerino bizantino e i due circuirono una ricca e anziana signora macedone, ne divennero amanti e la accompagnarono a Pella dove acquistarono un bell'esemplari dei serpenti tipici del posto, notevoli a vedersi ma assolutamente innocui.
I due amici considerarono che nulla ha tanto potere sugli uomini quanto la speranza e il timore e poiché chi teme e chi spera brama conoscere l'avvenire è vendendo questa conoscenza che si può arricchire.
Deciso che il terreno migliore per le loro operazioni sarebbe stato Abonotechia, i due finsero il ritrovamento di certe tavole di bronzo che recavano una profezia annunciante la visita di
Apollo
e Esculapio a Abonotechia. Qui gli ingenui abitanti costruirono un tempio e quando Alessandro, dopo molti anni di assenza, tornò nella sua città non gli fu difficile spacciarsi per un profeta di orgine divina.
L'amico ballerino era morto ma a Alessandro non mancavano le risorse per attuare da solo la trovata. Un mattino richiamò la cittadinanza farneticando seminudo nella piazza e mostrando un serpentello. Dopo diversi giorni si presentò con il grande serpente di Pella cui aveva aggiunto una finta testa con volto umano molto ben realizzato e convinse tutti che si trattava di un dio in forma di serpente a due teste di nome Glicone.
Quando gli sembrò il momento cominciò a vendere responsi. Si faceva dare plichi sigillati contenenti le domande e li restituiva contenenti le risposte facendo credere, con vari imbrogli, di non averli aperti. Mise in breve in piedi un'attività redditizia tanto da permettersi di pagare un gruppo di collaboratori. E se alcuni, in particolare gli epicurei, sospettavano di Alessandro, la maggioranza lo seguiva senza discutrere o dubitare.
Quando la fama di Alessandro arrivò a
Roma
trovò un appassionato seguace in Rutiliano, uomo onesto e stimato ma estremamente superstizioso, il quale cominciò a inviare incaricati per consultare il falso profeta. Fra l'altro Alessandro riuscì a fargli sposare sua figlia dicendo di averla concepita con la luna e il pover'uomo si illuse di essersi imparentato con i Celesti.
Periodicamente Alessandro inscenava dei rituali nei quali venivano rappresentati episodi dei miti di
Apollo
, di Esculapio e del suo fittizio dio Glicone. Si rappresentava anche il suo amore con la Luna dove questa era interpretata dall'amante di Alessandro, con buona pace del marito di lei. Del resto molte donne affermavano di essere gravide del profeta e i mariti confermavano.
Si faceva mandare giovinetti per il servizio del dio e li vendeva dopo averli corrotti. Fece mandare a morte dei servi accusandoli di aver ucciso un giovane che era vivo e si trovava in viaggio. Un uomo lo accusò pubblicamente di questo innegabile errore e rischiò di essere lapidato dai fedeli di Alessandro.
Riuscì a far avere addirittura un messaggio a Marco Aurelio che stava combattendo in Germania: prescriveva di gettare due leoni nell'
Istro
per ottenere la pace. L'oracolo fu adempiuto e i
Romani
subirono una grave sconfitta: si giustificò dicendo che aveva predetto una vittoria, non chi sarebbe stato il vincitore.
Anche
Luciano
andò a trovare Alessandro con l'intento di smascherarlo e più volte lo ingannò nel senso che le sue domande ottennero ridicole risposte fuori luogo e procurandosi l'odio del falso profeta.
Quando Alessandro, come usava fare con tutti, porse a
Luciano
la mano da baciare ,
Luciano
gliela morse e rischiò il linciaggio ma fu salvato da due soldati che lo accompagnavano. Alessandro finse di perdonare l'offesa e offrì a
Luciano
una nave per ripartire ma una volta in viaggio i marinai avrebbero dovuto gettarlo in mare. Questa volta fu soccorso dall'anziano timoniere che non voleva avere un delitto sulla coscienza.
Deciso ad andare fino in fondo nel denunciare le frodi di Alessandro,
Luciano
ne fu impedito dal governatore del Ponto e della Bitinia per intercessione di Rutiliano.
Alessandro, che aveva predetto che sarebbe morto a centocinquanta anni colpito da un fulmine, morì settantenne di cancrena.