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Tito Labieno



Generale romano, tribuno della plebe nel 63 a.C., sostenne l'accusa contro Rabirio per l'uccisione di Saturnino.
Fu anche promotore della legge abolita da Silla sull'elezione dei sacerdoti nei comizi, in virtù della quale Cesare divenne pontefice massimo.
Luogotenente di Cesare durante la guerra in Gallia, partecipò con successo a varie campagne dal 58 a.C. al 52 a.C. Nel 50 a.C. fu governatore della Gallia Cisalpina. In seguito passò dalla parte di Pompeo, al cui fianco combattè a Farsalo ed a Tapso.
Dopo la battaglia di Farsalo prese il comando dell'esercito pompeiano ma fu sconfitto da Cesare prima nella battaglia di Tapso (46 a.C.) e poi, nel 43 a.C., in quella di Munda, dove morì .
Plutarco sostiene che fu il vero artefice della vittoria sul fiume Arar durante la campagna in Gallia ma Cesare, descrivendo la battaglia nel primo libro del De Bello Gallico non fa menzione di Labieno.
Velleio Patercolo ricorda come Tito Labieno, insieme a Tito Ampio Balbo, propose una legge per autorizzare Pompeo a vestire le insegne trionfali in verie occasioni.
Il figlio Quinto, come legato di Bruto e Cassio, tentò di ottenere aiuti dai Parti, fallita la missione rimase con i Parti e morì nel 41 a.C. combattendo nelle loro file.


Riferimenti letteratura:
  • Cesare - La guerra gallica
  • Cesare - La guerra civile
  • Velleio Patercolo - Storia romana
  • Plutarco - Alessandro e Cesare


    Vedi anche:
  • Cronologia dei magistrati romani

  • Figli:
  • Quinto Labieno


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