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Umanesimo



A partire dalla seconda metà del XIV secolo si affermò in Italia un movimento culturale caratterizzato dall'appassionato ed approfondito studio delle lingue e della letteratura classica. Questo movimento fu detto Umanesimo da studia humanitatis per il suo obiettivo di elevazione, tramite lo studio e la cultura, dello spirito umano e per la sua visione dell'uomo quale punto di riferimento di ogni dottrina e concezione filosofica e come creatore volontario e consapevole della propria storia. E' la "dignità umana", secondo gli umanisti, il principale valore che la speculazione filosofica deve ricercare e che ogni individuo deve aspirare a raggiungere.
Fra i primi umanisti sono considerati Petrarca e Boccaccio, in seguito l'Umanesimo si sviluppò e conobbe la massima diffusione nel XV secolo in Italia e in Europa.
Si ricercarono antichi codici nelle biblioteche delle chiese e dei monasteri, si condussero profondi studi di filologia sui testi dei classici, poeti e scrittori si sforzarono di esprimersi in un latino puro per tornare allo stile di Virgilio e di Cicerone purgando la lingua di tutte le corruzioni accumulate durante il Medioevo.
Si tornò a studiare e a insegnare anche il greco con umanisti come Leonzio Pilato, Manuele Crisolora, Giovanni Argiropulo.
Per non rimanere nell'ambito di una cerchia di intellettuali, tuttavia, l'Umanesio nella seconda metà del XV secolo si rivolse alla composizione in volgare, lingua che del resto, almeno in Italia era già stata usata per capolavori inestimabili a partire dalla Divina Commedia. Si ebbero quindi poeti che scrivevano in volgare come Poliziano e Boiardo e grammatici della nuova lingua come Pietro Bembo.


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