4/vgF0McT6WBi1RPOKg40mK96lk1bJq1dTncfbVzjMYsVgdkLfU3L2ZoQ

Sunelweb
    
Guida rapida
A B C D E F G H I J K L M
N O P Q R S T U V W Y Z  
 

Prima guerra punica



Antefatti
I Mamertini, mercenari di Agatocle di Siracusa, conquistarono a tradimento Messina e nel 268 a.C. furono sconfitti da Gerone.
I Mamertini chiesero aiuto ai Cartaginesi e ai Romani ma quando nel 264 a.C. il console Appio Claudio intervenne in Sicilia gli consegnarono Messina allontanando i Cartaginesi. Questi si sentirono provocati e si allearono con Gerone. Furono sconfitti da Appio Claudio che prese ad avanzare contro Siracusa.
Nel 263 a.C. lo sbarco in Sicilia degli eserciti dei nuovi consoli Manio Otacilio e Manio Valerio indusse Gerone a sottoscrivere un trattato di alleanza con i Romani, il trattato fu ratificato dal senato che incassò un tributo da Gerone e ritirò dall'isola parte delle legioni ritenendo che la tensione fosse diminuita, ma i Cartaginesi, temendo di perdere i loro domini siciliani, aumentarono i loro presidi militari e nel 262 a.C. avevano concentrato nei pressi di Agrigento tutte le forze da loro impegnate in Sicilia.


Prima fase della guerra
I consoli Otacilio e Valerio furono sostituiti dai loro successori Lucio Postumio e Quinto Mamilio. I nuovi consoli, giunti in Sicilia, decisero di attaccare direttamente Agrigento che cinsero d'assedio. Respinta con difficoltà una pericolosa sortita dei Cartaginesi, i Romani proseguirono per cinque mesi l'assedio della città che conteneva oltre cinquantamila uomini.
Quando ad Agrigento cominciò ad imperversare la carestia, Cartagine spedì rinforzi in Sicilia al comandante Annone il quale conquistò Erbesso, la città che inviava la maggior parte dei rifornimenti agli assedianti. La situazione dei Romani peggiorò notevolmente anche a causa di una pestilenza, Annone si posizionò nei pressi e il doppio assedio si protrasse per oltre due mesi.
Alla fine gli eserciti si scontrarono e dopo lunghi combattimenti i Romani ebbero la meglio. Annibale, figlio di Gisgone, comandante dell'esercito assediato, riuscì a lasciare la città portando in salvo le proprie truppe senza subire gravi perdite, ma i Romani presero possesso di Agrigento e la saccheggiarono.
Dopo la conquista di Agrigento molte città dell'interno dell'isola si allearono ai Romani, non così le città della costa, timorose di rappresaglie da parte della flotta cartaginese.

Seconda fase della guerra

I successi conseguiti indussero i Romani alla decisione di affrontare i Cartaginesi anche in mare. Si trattava della prima impresa bellica marittima dei Romani: data l'inesperienza l'allestimento della flotta (cento quinquiremi e venti triremi) comportò gravi difficoltà. Gli armatori usarono come modello una nave da guerra cartaginese che i Romani avevano catturato durante uno scontro quando avevano passato lo stretto per intervenire a Messina.
La flotta salpò verso la Sicilia al comando di Cneo Cornelio Scipione Asina. Questi, in avanguardia con diciassette navi, fu aggredito da venti navi cartaginesi nei pressi di Lipari e costretto ad arrendersi. Poco dopo però una flotta di cinquanta navi cartaginesi comandata da Annibale si scontrò con il grosso della flotta romana e subì gravi perdite.
In questo periodo i Romani idearono i Corvi, sorta di ponteggi che servivano per arpionare le navi avversarie ed invaderle.
Caio Duilio, informato della cattura del collega Cneo Cornelio, raggiunse rapidamente la flotta in Sicilia e si scontrò con i Cartaginesi nei pressi di Milazzo. Nonostante la maggiore perizia marittima dei Cartaginesi, i Romani riuscirono a vincere la battaglia grazie ai "corvi" che permettevano loro di combattere corpo a corpo.
Approdati in Sicilia i Romani liberarono Segesta. Nel 259 a.C. Annibale aggredì l'accampamento romano nei pressi di Termini Imerese (quaranta km. a est di Palermo) uccidendo circa quattromila uomini quindi partì verso la Sardegna ma qui venne intercettato da navi romane, fu catturato ed impiccato.
Nel 258 a.C. (Polibio non fa menzione di alcune sconfitte subite dai Romani di cui parla Diodoro Siculo), i Romani comandati dai consoli Aulo Atilio e Gaio Sulpicio combatterono in Sicilia prendendo le città di Ippana (non localizzata), Mittistrato (non localizzata), Camarina ed Enna. Quindi assediarono Lipari.
L'anno seguente il console Caio Atilo si scontrò in mare con i Cartaginesi presso Lipari in una battaglia dall'esito incerto.
Nel 256 a.C. i Romani si organizzarono per sbarcare in Africa e minacciarono direttamente Cartagine. I Cartaginesi, dal canto loro, potenziarono la flotta per impedire l'attuazione del disegno dei Romani. Nella grandissima battaglia di Capo Ecnomo che seguì comandavano la flotta romana i consoli Marco Atilio e Lucio Manlio mentre i Cartaginesi erano guidati dai generali Annone e Amilcare Barca.
Anche in questo caso l'esito della battaglia non fu del tutto chiaro ma i Romani ne uscirono nel complesso avvantaggiati essendo riusciti a catturare numerose navi nemiche. La navi romane, poco dopo la battaglia, approdarono in Africa, nella baia di Cartagine.
Conquistata la città di Aspida i Romani razziarono il territorio e deportarono molti prigionieri.
I Cartaginesi affidarono la difesa al comando di tre strateghi: Asdrubale figlio di Annone, Bostar e Amilcare. Il primo scontro fra i Romani e le difese Cartaginesi fu sfavorevole a questi ultimi a causa dell'infelice scelta del terreno di battaglia. I Cartaginesi si erano infatti collocati in posizione difficile, in luoghi impraticabili che ostacolavano i movimenti della cavalleria e degli elefanti.
Stando a Polibio, dopo questa vittoria il console Marco Atilio propose delle trattative di pace (secondo Diodoro la proposta fu invece dei Cartaginesi) ma i delegati Cartaginesi respinsero le condizioni dei Romani giudicandole eccessivamente onerose.
In quei giorni giunsero a Cartagine aiuti dalla Grecia, fra questi era lo spartano Santippo che, avendo dimostrato notevole perizia in cose militari, fu incaricato di riorganizzare le truppe e ben presto preparò un nuovo attacco contro i Romani.
Nella battaglia successiva i Romani ebbero la peggio, subirono forti perdite ed il console Atilio Regolo fu fatto prigioniero.
L'anno seguente (255 a.C.) i Romani raggiunsero l'Africa con una nuova flotta e, sconfitte le navi cartaginesi che tentavano di fermarli, recuperarono le truppe superstiti rimaste in territorio africano che si erano arroccate nella città di Aspida. Durante il viaggio di ritorno però la flotta romana incappò in una terribile tempesta che la distrusse quasi totalmente.
Incoraggiati da questi avvenimenti, i Cartaginesi intensificarono la propria espansione in Sicilia, inviandovi un nuovo esercito comandato da Asdrubale. Nel 254 a.C. i Romani, ricostruita la flotta in tempi eccezionalmente brevi, tornarono in Sicilia con i consoli Aulo Atilio e Gneo Cornelio (già precedentemente catturato dai Cartaginesi e liberato in uno scambio di prigionieri). Le legioni assediarono e conquistarono Palermo, la maggiore città del dominio cartaginese in Sicilia.
Nell'estate del 253 a.C. i consoli Gneo Servilio e Caio Sempronio sbarcarono di nuovo in Africa senza compiere imprese notevoli. Anche la loro flotta durante il viaggio di ritorno fu semidistrutta da una tempesta e questa volta i Romani decisero di tornare ai combattimenti terrestri. Trascorsero tre anni senza episodi di rilievo, i Romani erano scoraggiati e temevano in modo particolare gli elefanti, micidiale risorsa dell'esercito cartaginese.
Nel 250 a.C., consoli Caio Atilio e Lucio Manlio, decisero di armare nuovamente la flotta. Asdrubale tentò di riprendere Palermo ma l'operazione non gli riuscì ed i Romani, in quell'occasione, non solo misero in fuga i Cartaginesi ma riuscirono anche ad impadronirsi dei loro elefanti.
Dopo questi successi, nel quattordicesimo anno di guerra, i Romani erano padroni di tutta la parte della Sicilia che era stata dei Cartaginesi ad eccezione di Trapani e di Lilibeo e decisero di ritentare di combattere in Africa per chiudere definitivamente il conflitto.
Per privare Cartagine del suo più importante porto in Sicilia i Romani assediarono Lilibeo. L'assedio fu molto duro ed i Cartaginesi si trovarono in difficoltà anche a causa della vacillante fedeltà dei loro mercenari. Dalla madre patria giunse in loro soccorso una flotta guidata da Annibale che riuscì con grande ardimento ad entrare nel porto di Lilibeo senza che i Romani potessero ostacolarlo.
Nonostante questi rinforzi l'assedio durò a lungo. In questo periodo, ricorda Polibio, si distinse l'audacia del cartaginese Annibale Rodio che - grazie alla sua esperienza di navigatore - riuscì ad entrare ed uscire più volte dal porto di Lilibeo per portare notizie a Cartagine finchè non fu catturato dai Romani.
Durante il lungo assedio una tempesta fornì agli assedianti l'occasione per distruggere le macchine da guerra dei Romani, approfittando del vento favorevole essi scagliarono dalle mura proiettili incendiari dando fuoco alle attrezzature belliche che erano tutte realizzate in legno, mentre i Romani, ostacolati dalle intemperie ed accecati dal fumo, non riuscivano a spegnere le fiamme.
Distrutte le macchine, i Romani scavarono trincee e si dispersero per mantenere nel tempo la loro posizione.
Nel 249 a.C. il console Publio Claudio raggiunse la Sicilia con diecimila uomini e si unì agli assedianti, quindi decise di attaccare il porto di Trapani. Scorgendo la flotta romana in arrivo il comandante di Trapani Aderbale preferì affrontarla in mare piuttosto che subire un assedio.
Publio Claudio che non aveva previsto la reazione di Aderbale, tentò una rapida ritirata ma le navi, ormai già nel porto, non riuscirono a compiere la manovra e, accerchiate dalla flotta cartaginese, furono costrette ad affrontare la battaglia in condizioni svantaggiose. Lo scontro fu vinto da Aderbale che catturò i tre quarti delle navi romane acquisendo grande prestigio personale. Publio Claudio fu invece accusato di imperizia e di imprudenza e condannato al pagamento di una forte multa. Il suo collega Lucio Giunio raggiunse la Sicilia per portare rifornimenti agli assedianti di Lilibeo, quindi concentrò a Siracusa le forze navali romane operanti in Sicilia.
Il cartaginese Cartalone, su ordine di Aderbale, sferrò un nuovo attacco alla flotta romana dislocata in Sicilia riuscendo ad affondare numerose navi. Poco dopo una nuova tempesta finiva di annientare le navi romane mentre Cartalone che, dotato di maggiore esperienza marinara aveva previsto il mutare del tempo, portava in salvo la propria flotta oltre capo Pachino.
Questi avvenimenti portarono i Romani a rinunciare a combattere in mare e Giunio, per riparare ai danni subiti, iniziò nuove imprese terrestri che lo portarono a conquistare il Monte Erice, sul quale sorgeva un famoso santuario di Afrodite.
I Cartaginesi nominarono stratego Amilcare Barca (Baraq = il fulmine) che saccheggiò le coste dell'Italia Meridionale e si impadronì di Erice, località nei pressi di Palermo, sul monte Pellegrino. Da questa posizione Amilcare insidiò le coste italiane ed i presidi romani in Sicilia per tre anni.
Nel 244 a.C. Amilcare riuscì finalmente a prendere Erice e la lotta proseguì in quel luogo per altri due anni senza che nessuna delle due parti riuscisse a prevalere.
A questo punto i Romani decisero di riprendere dopo cinque anni i combattimenti in mare e fu allestita una flotta di duecento quinquiremi con il supporto finanziario dei privati. Ne assunse il comando Caio Lutazio che salpò nell'estate del 242 a.C.
Il 10 marzo 241 a.C., Caio Lutazio affrontò una flotta cartaginese comandata da Annone che stava raggiungendo la Sicilia per portare rinforzi e vettovagliamento ad Amilcare. I Cartaginesi, con le navi appesantite dal carico e con equipaggi che non erano fra i migliori, ebbero la peggio e presero centoventi navi, in parte affondate, in parte catturate. Il resto della flotta fuggì mentre Caio Lutazio raggiungeva a Lilibeo il resto dell'esercito romano portando con se migliaia di prigionieri.

Conclusione della guerra


Dopo queste sconfitte Cartagine conferì pieni poteri ad Amilcare che inviò ambasciatori a Lutazio per trattare la pace. Il console stilò un accordo che prevedeva la rinuncia alla Sicilia da parte dei Cartaginesi ed il risarcimento dei danni di guerra oltre alla liberazione di tutti i prigionieri. Roma non ratificò immediatamente il trattato ma inviò una commissione di inchiesta che alla fine lo approvò con alcuni aggravi delle condizioni. Si concluse così, dopo venticinque anni, la guerra più lunga e grave che i Romani avessero combattuto fino a quei tempi.


Nota: il testo contenuto in questa pagina è in gran parte tratto dalla nostra sintesi dell'opera di Polibio.

Cronologia
265 a.C. - I Mamertini conquistano Messina ma vengono sconfitti da Gerone
264 a.C. - I Mamertini chiedono aiuto ai Cartaginesi, quindi ai Romani e consegnano Messina al console Appio Claudio
263 a.C. - I consoli Manio Otacilio e Manio Valerio sbarcano in Sicilia con l'esercito, Gerone di Siracusa si allea con i Romani
261 a.C. - Vittoria romana ad Agrigento. I Romani costruiscono una flotta per affrontare il nemico anche in mare.
260 a.C. - Cneo Cornelio Scipione Asina clamorosamente sconfitto a Lipari, ma Gaio Duilio riporta la vittoria di Milazzo.
259 a.C. - Annibale, figlio di Gisgone attacca l'accampamento romano di Termini Imerese uccidendo migliaia di soldati, viene catturato e giustiziato mentre naviga verso la Sardegna.
258 a.C. - I consoli Aulo Atilio e Gaio Sulpicio conquistano Camarina ed altre città, quindi assediano Lipari.
256 a.C. - I Romani raggiungono l'Africa con una nuova flotta. Vittoria a Capo Ecnomo dei consoli Marco Atilio e Lucio Manlio.
255 a.C. - Lo spartano Santippo riorganizza le forze cartaginesi. Marco Atilio viene catturato.
254 a.C. - I Romani conquistano Palermo.
253 a.C. - La flotta romana distrutta da una tempesta.
250 a.C. - Vittoria romana presso Palermo contro il generale cartaginese Asdrubale che tentava di riprendere quella città.
242 a.C. - Costruita una nuova flotta i Romani riprendono l'offensiva dopo un periodo di eventi di modesta entità e conquistano Trapani e Lilibeo.
241 a.C. - Battaglia delle Egadi, definitiva vittoria di Roma.





Riferimenti letteratura:
  • Polibio di Megalopoli - Storie
  • Diodoro Siculo - Biblioteca storica



  • Indice sezione