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Paculla Annia



Nella Roma del secondo secolo a.C. già da tempo vigeva l'uso i celebrare i Bacccanali, ovvero riti dedicati a Dioniso-Bacco che si svolgevano tre volte l'anno in un boschetto presso l'Aventino ed erano riservati alle donne.
Intorno al 188 a.C. una sacerdotessa di Bacco di origine campana, Paculla Annia, alterò profondamente la natura e le regole di queste celebrazioni. Secondo il nuovo rituale da allora le adunanze si svolsero di notte cinque volte al mese e, cambiamento più importante, furono ammessi anche gli uomini. In breve tempo queste riunioni si trasformarono in riti orgiastici e gli iniziati che vi partecipavano venivano spesso indotti a compiere azioni criminali. Così racconta Tito Livio (XXXIX, 8-19) che è il solo autore che tramndi il nome di Paculla Annia.
Nel 186 a.C. fu condotta un'inchiesta dal console Spurio Postumio Albino, inchiesta che comportò l'incriminazione di molti cittadini di varia condizione sociale. I rituali vennero proibiti e molti indagati furono condannati all'esilio o alla pena capitale.
A proposito di questa inchiesta, Livio tramanda l'episodio del giovane Publio Ebuzio che stava per essere indotto con un inganno ad aderire alla setta dei baccanali e veniva salvato dalla sua amante Ispala Facennia che denunciò al console i crimini degli iniziati.


Riferimenti letteratura:
  • Livio - Storia di Roma




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