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IL CANTARE DEL CID



Composto probabilmente nella seconda metà del XII secolo da autore ignoto, il Cantare del Cid è un poema epico in volgare spagnolo.
L'argomento è la vita del cavaliere castigliano Rodrigo Diaz noto come El Cid Campeador che visse nell'XI secolo nella Spagna ancora parzialmente occupata dai musulmani (i Mori del poema) dove l'evoluzione politica e gli antagonismi dei regni regionali avrebbero portato nei secoli successivi alla reconquista e alla formazione della Spagna come nazione unitaria.
Del Cantare esiste un unico manoscritto mutilo della prima pagina e di altre verso la fine. E' firmato Per Abbat ma anche se è stata formulata l'ipotesi che questo sia il nome dell'autore è più probabile che si tratti dell'amanuense che ha steso quella particolare copia.

Parte Prima - L'Esilio


Il contenuto del primo foglio mancante è stato ricostruito in base ad alcune cronache: il Cid è stato condannato all'esilio dal re Alfonso che gli concede solo nove giorni per partire. Ha chiamato i suoi parenti, amici e vassalli e tutti si sono preparati per accompagnarlo. All'inizio del testo pervenutoci egli sta osservando con dolore e rassegnazione la sua casa prima di lasciarla.
Si mette in cammino con il suo seguito ma raggiunta Burgos non trova nessuno disposto ad ospitarlo a causa di un editto con il quale il re aveva annunciato le più severe punizioni per chi lo avesse soccorso. Deve quindi accamparsi fuori della città presso un torrente dove Martin Antolinez, abitante di Burgos, provvede al cibo e al vino dalla sua dispensa sfidando le proibizioni per poi unirsi al seguito del Cid.
Per affrontare le spese dalla sussistenza il Cid, con l'aiuto di Martin Antolinez, ottiene da sue usurai ebrei la somma di seicento marchi in prestito lasciando in pegno due cofani che dovrebbero contenere i tributi incassati dai Mori ma in realtà contengono solo sabbia. Gli usurai accettano di elargire il prestito giurando di non aprire per un anno i due forzieri e donano a Don Martin trenta marchi per la sua mediazione.
All'alba il Cid fa sosta al monastero di San Pietro di Cardeña per rivedere la moglie Ximena ancora una volta prima di partire, e consegna del denaro all'abate don Sancho perché provveda alla sua famiglia durante la sua assenza. Viene imbandito un pranzo per il Cid ed egli abbraccia ancora Ximena e le sue figlie.
Si seppe a Burgos che Rodrigo si trovava nel monastero ed altri volontari si unirono a lui per seguirlo nell'esilio. Dopo aver ascoltato ancora una volta la messa a San Pietro di Cardeña Rodrigo si stacca dalla famiglia "come l'unghia dalla carne".
Dopo due giorni di viaggio il Cid e il suo seguito, che cresceva continuamente perché in molti si univano lungo la strada, superarono il Duero e lasciarono la Castiglia.
Quella notte sognò l'angelo Gabriele che lo incoraggiava ad andare avanti promettendogli un futuro migliore.
Il mattino successivo il Cid contò le sue forze e vide che aveva con se trecento cavalieri senza contare i fanti. Insieme a Alvar Fañez de Minaya preparò un piano e all'alba dell'indomani conquistò ai Mori Castejon mentre Alvar Fañez con duecento cavalieri correva il paese raccogliendo un grande bottino. Rodrigo voleva lasciargli la quinta parte del ricavato ma Alvar nobilmente rifiutò devolvendo tutto alla causa comune.
Per evitare di essere raggiunto dai soldati di Alfonso, contro i quali non intendeva combattere, il Cid vendette il bottino, liberò i prigionieri e abbandonò Castejon.
La sosta successiva fu presso Alcocer sul fiume Salon. Il Cid si accampò lungo il fiume e dopo alcune settimane conquistò Alcocer e vi si stabilì. Preoccupati gli abitanti di Teca, Terrer e Calatayuth si rivolsero a Tamin re di Valenza. Tamin convocò i suoi alleati e presto Alcocer fu circondata da tremila Mori che avevano l'ordine di catturare vivo il Cid.
Dopo tre settimane di assedio il Cid e i suoi compagni più fedeli decisero di tentare la sortita nonostante fossero in fortissima minoranza. Una volta sul campo il Cid non riuscì a trattenere l'impeto di Per Vermundoz che si gettò nel folto delle schiere nemiche dando inizio ad una battaglia estremamente cruenta. L'esercito nemico fuggì quando Rodrigo ferì gravemente uno dei re dei Mori e gli uomini del Cid, durante l'inseguimento, uccisero ancora molti avversari si che alla fine rimenavano ben pochi dei tremila uomini che avevano circondato Alcocer, mentre caddero soltanto quindici cristiani.
Alvar Fañez fu inviato in Castiglia con trenta cavalli ed altri doni per il re, denaro per la famiglia di Rodrigo e per l'abate di San Pietro.
Il Cid ripartì da Alcocer e sottomise altre città. Alfonso accettò i doni ma per il momento non perdonò il Cid, perdonò tuttavia Alvar Fañez revocando la confisca dei suoi beni e tolse le sanzioni contro i sudditi che desiderassero aiutare Rodrigo.
Quando Alvar riportò queste notizie fu grande gioia nel campo del Cid e tutti accolsero felici i nuovi compagni che avevano seguito Alvar.
Continuando le sue scorrerie Rodrigo sottomise Saragozza a un tributo e conquistò alcune città, giunse infine nel territorio del Conte di Barcellona don Remont. Questi si ritenne offeso, radunò le sue considerevoli forze e mandò una sfida al Cid. Rodrigo rispose che non aveva intenzione di recare danno al suo dominio ma don Remont ribadì che avrebbero combattuto.
Il Cid preferì affrontare subito l'avversario, anche se si trattava di combattere in cento contro un intero esercito. Grazie alla grande esperienza di combattimento dei suoi uomini il Cid vinse la battaglia, fece prigioniero don Remont e si impadronì della preziosa spada Colada.
Il prigioniero, malgrado le insistenze del Cid, non toccò cibo per tre giorni. Cedette quando Rodrigo gli promise che se avesse mangiato lo avrebbe liberato insieme a due dei suoi compagni. Il Cid mantenne la parola data e don Remont lasciò libero il suo campo insieme ad altri due prigionieri.

Parte Seconda - Le nozze delle figlie del Cid


Il Cid continuò a far conquiste spostandosi a est, verso il mare. Entrò nel territorio di Valenza e, conquistate alcune località, si stabilì a Murviedro.
Preoccupati i Valenziani lo assediarono e il condottiero si preparò a combattere confrontandosi come al solito con Alvar Fañez. Dividendo i soldati in due gruppi il Cid e Fañez circondarono il campo degli assedianti che furono rapidamente sopraffatti.
Procedendo ancora sulla costa il Cid e i suoi liberarono dai Mori molte località, quindi assediarono Valenza mandando araldi in tutta la Spagna per invitare ad unirsi a loro chiunque lo volesse.
Valenza si arrese al decimo mese di assedio, mentre Rodrigo e i suoi spartivano il ricchissimo bottino, il re di Siviglia li attaccò con trentamila uomini ma fu sconfitto, ferito e dovette fuggire.
Alvar Fañez si presentò al re con la notizia della vittoria e delle conquiste del Cid, nuovi doni e la richiesta di lasciar partire Ximena e le figlie. Il re accettò i doni e concesse volentieri quanto richiesto.
Avvertito dell'arrivo della sua famiglia da messaggeri mandati avanti da Alvar Fañez, il Cid esultante inviò una nutrita guardia fino a Medina, confine del regno di Alfonso, per scortare le sua care fino a Valenza nella massima sicurezza. Si preparò con armi da giostra, montò sul cavallo Babieca che da poco aveva preso al re di Siviglia in fuga e si recò alle porte di Valenza per accogliere finalmente la sua famiglia.
Grandi furono la gioia e la commozione e grande fu la festa che seguì mentre Ximena e le sue figlie, accompagnate dal Cid sul punto più alto del castello, ammiravano il mare di fronte a Valenza.
Yucef re del Marocco decise di recuperare i territori in Spagna che il Cid gli aveva sottratto e, passato il mare con cinquantamila uomini, pose il campo nei pressi di Valenza. Presto si giunse a una prima battaglia che il Cid vinse ricacciando i Mori al loro campo ma il suo compagno Alvar Salvadorez fu fatto prigioniero. Il giorno seguente i quattromila uomini di Rodrigo fecero strage dei cinquantamila venuti dal Marocco. Yucef fu colpito più volte dal Cid ma riuscì a fuggire, i cristiani fecero nel campo nemico un enorme bottino e il Cid rientrò in Valenza fiero per la vittoria e per il comportamento in battaglia del suo Babieca.
Dopo aver premiato i suoi compagni fra cui Don Gerolamo vescovo di Valenza, il Cid dispose che che le ancelle di Ximena trovassero marito nel suo esercito e inviò ancora Fañez dal re con nuovi doni e buone notizie.
Il re e la sua corte si rallegrarono per le fortune di Rodrigo ma non così Diego Ordonez, suo vecchio avversario, e gli infanti di Carrion. Mentre il primo si tormentava per l'invidia, gli Infanti chiesero al re di sposare le figlie del Cid e il re, con qualche perplessità, trasferì la richiesta al Cid e incaricò i messaggeri di richiamare il condottiero dall'esilio.
Rodrigo fu sorpreso dalla richiesta degli Infanti ma entusiasta di incontrare di nuovo Alfonso. Il luogo dell'incontro fu stabilito sulle rive del Tago.
Il momento fu commovente: il Cid si prostrò ai piedi del re e Alfonso gli concesse ufficialmente di rientrare nel suo regno. Gli Infanti di Carrion resero omaggio al Cid e si misero a sua disposizione.
Quella sera il Cid e il suo seguito furono ospiti del re, l'indomani fu Rodrigo a offrire un banchetto a tutti i presenti.
Il re avanzò la proposta nuziale e il Cid si rimise al suo volere, i due pretendenti baciarono le mani del Cid e scambiarono con lui la spada. Si simulò una cerimonia di fidanzamento come se Elvira e Sol fossero presenti, quindi ognuno tornò da dove era venuto.
A Valenza Rodrigo incaricò gli amici Per Vermudoz e Muño Gustioz di tenere d'occhio gli Infanti per conoscere i loro costumi. Subito si preparò il palazzo del Cid per la cerimonia e si celebrò il duplice matrimonio con Alvar Fañez padrino della sposa. I festeggiamenti durarono quindici giorni e gli invitati ripartirono con ricchissimi doni.
I generi del Cid rimasero a Valenza per due anni e Rodrigo fu molto soddisfatto di quei matrimoni.

Parte Terza - L'oltraggio


Un giorno, mentre il Cid riposava, un leone fuggì dalla sua gabbia portando il panico nel palazzo. Gli Infanti, colti dal terrore, si nascosero in modo poco dignitoso. Svegliatosi il Cid afferrò il leone per il collo e la belva, subito ammansita, si lasciò portare in gabbia.
Quando trovarono i due generi nei loro nascondigli tutti li derisero ed essi si ritennero oltraggiati. Intento il re moro Bucar aveva piantato migliaia di tende presso Valenza per attaccare la città, il Cid e i suoi se ne rallegravano in vista di altre vittorie e di altro bottino ma i generi erano spaventatissimi. Muño Gustioz che aveva il compito di sorvegliarli ascoltò i loro discorsi e li riferì al Cid.
Alla prima battaglia uno dei due Infanti, Don Fernando, fuggì davanti a un moro, Per Vermundoz intervenne, uccise il Moro e concesse a Fernando di attribuirsi quella vittoria.
Don Gerolamo il vescovo chiese l'onore di aprire il combattimento successivo e lo fece con molto coraggio e grande valore, quando Rodrigo lo vide ormai circondato intervenne personalmente eliminando in un istante quattro nemici, fu il segnale: tutto l'esercito caricò i Mori snidandoli dalle loro tende e massacrandoli.
Il Cid inseguì il re Bucar raggiungendolo quando stava per salire sulla sua nave e colpendolo con la spada Colada. Così il Cid uccise Bucar e conquistò la spada Tizona.
Dopo la vittoria tutti ebbero parte del ricco bottino e tutti festeggiarono con il Cid che era felice anche perché i suoi generi avevano preso parte alla battaglia, ma i suoi vassalli schernivano gli Infanti di Carrion perché nessuno ricordava di averli visti combattere.
Per vendetta i due fratelli decisero di oltraggiare le loro spose, quindi chiesero al Cid licenza di partire con le mogli alle quali - dissero - volevano mostrare i loro possedimenti a Carrion.
Il Cid, pur a malincuore, concesse il permesso e fece molti doni alle figlie e agli sposi. Ordinò comunque al nipote Felez Muñoz di seguire le figlie fino a Carrion e tornare per riferirgli ogni notizia, lo incaricò fra l'altro di fare visita a Avelgalvon, signore moro di Molina e suo amico, chiedendogli di ospitare le figlie e i generi e di scortarli durante il viaggio.
Infine padre e figlie "si staccarono come la carne dall'unghia". La comitiva sostò a Molina degnamente ricevuta da Avengalvon ma gli infanti tramarono per ucciderlo e appropriarsi delle sue ricchezze. Furono scoperti e non riuscirono nell'intento criminoso. Proseguirono il cammino ma un giorno, dopo aver pernottato in un luogo solitario, i due Infanti ordinarono a tutti di precederli per restare in intimità con le loro mogli, ma una volta soli denudarono le spose e le frustarono fino a crederle morte.
Se ne andarono lasciando le poverette quasi in fin di vita, rallegrandosi per aver vendicato al vergogna dell'avventura del leone.
Felez Muñoz era andato avanti con gli altri ma appena possibile si era appartato e aveva atteso nascosto nella vegetazione. Vide passare gli Infanti senza le mogli, udì i loro discorsi, comprese l'accaduto e corse a soccorrere le sue cugine.
Muñoz le portò in salvo nella torre di Donna Urraca e poi al villaggio di Santo Stefano presso vassalli di Fañez, dove furono curate e onorate. La notizia giunse a Valenza e il Cid giurò di vendicare l'oltraggio.
Fañez, Vermundoz e Antolinez raggiunsero Santo Stefano a tappe forzate per riportare le giovani a Valenza. Dopo aver ricevuto con grande commozione le figlie, il Cid mandò messaggeri a re Alfonso per chiedere giustizia. Il re rispose convocando la riunione delle corti in Toledo e citando in giudizio gli Infanti di Carrion.
Gli Infanti chiesero di essere esentati ma, costretti a presentarsi, si organizzarono con i loro parenti per attaccare il Cid durante l'udienza. Dal canto suo il Cid, lungi dal farsi sorprendere, si recò alla riunione con cento cavalieri armati di tutto punto.
Il re aprì la seduta dichiarando che chiunque avesse tentato di turbare l'udienza avrebbe subito l'esilio. La prima richiesta del Cid fu la restituzione delle spade Colada e Tizona che aveva donato ai generi. Ottenutele chiese la restituzione della grossa somma che aveva elargito agli Infanti. Questi, che avevano già speso il denaro, dovettero pagare con cavalli, oggetti di valore ed indebitarsi per arrivare alla somma dovuta.
Risolte le questioni economiche il Cid chiese soddisfazione per l'oltraggio subito dalla figlie. Gli rispose il conte Garcia Conçalvez, dichiarando sprezzante che le figlie del Cid non erano degne di sposare i suoi figli.
A questo punto Per Vermundoz narrò l'episodio del Moro da lui ucciso cedendo la vittoria a Fernando di Carrion dimostrando alla corte la vità dell'infante. Ricordò anche l'avventura del leone quando tutti i cavalieri si erano disposti a far da scudo al Cid che dormiva e solo i suoi generi si erano nascosti senza alcuna dignità. Finito il suo discorso Vermundoz sfidò Fernando a duello.
Diego, l'altro infante, fu sfidato da Martin Antolinez.
Giunse nella sala Ansuor Conçalvez, parente degli Infanti, pronunciando frasi poco sensate perché ubriaco. Muño Gustioz gli impose di tacere e lo sfidò a duello.
Il re stava chiudendo la seduta quando giunsero gli ambasciatori dei principi di Navarra e di Aragona per chiedere a nome dei rispettivi signori la mano delle figlie del Cid. Ancora una volta il Cid rimise la decisione al re che approvò e i nuovi matrimoni vennero decisi con reciproco impegno delle parti.
Gli Infanti di Carrion, avendo consegnato le spade e i cavalli al Cid, chiesero una dilazione per il combattimento. Il re accordò tre settimane e concesse che i duelli si svolgessero a Carrion ma dispensò il Cid dal presenziarvi in quanto intendeva assistere personalmente e controllare che tutto si svolgesse nel modo più regolare.
Allontanandosi insieme da Toledo il Cid e il re fecero una sosta. Alfonso chiese a Rodrigo di mostrargli l'abilità del suo cavallo Babieca del quale aveva sentito parlare. Il Cid si esibì in difficili esercizi equestri che sorpresero tutti i presenti. Rodrigo offrì in dono Babieca al re ma il re rifiutò affermando che cavaliere e cavallo formavano una coppia troppo affiatata per poterli separare.
Giunse il giorno del duello. Gli Infanti di Carrion e i loro parenti tramarono per eliminare gli avversari a tradimento prima di combattere ma non fecero nulla per timore di re Alfonso.
L'autore dei Cantare descrive ciascun duello: Per Vermundoz abbattè Fernando Gonçalvez con un colpo di lancia e quando stava per finirlo con Tizona Fernando si dichiarò vinto. I giudici di campo confermarono e Vermudoz si allontanò.
Martin Antolinez si scontrò con Diego Gonçalvez e al primo urto le lance si spezzarono. Con un colpo di Colada Martin ruppe l'elmo dell'avversario e lo ferì sulla testa. Dopo questo colpo Diego spinse il suo cavallo fuori dal campo.
Anche Muño Gustioz vinse il suo duello ferendo gravemente e disarcionando Ansuor Gonçalvez che si dichiarò vinto a sua volta.
Orgogliosi per la vittoria i cavalieri del Cid tornarono a Valenza mentre fu grande a Carrion l'umiliazione degli Infanti.
Ben presto i principi di Navarra e di Aragona presero contatti con re Alfonso e furono celebrate le loro nozze con le figlie del Cid.
Il Cantare finisce così: Il Cid morì il giorno della Pentecoste. Cristo gli conceda il suo perdono. Ed altrettanto accada per noi, giusti e peccatori. Questa è la storia del Cid Campeador. Qui finisce il racconto.
Seguono l'annotazione che indica che Per Abbat scrisse il racconto nel maggio 1307 e l'invito a offrire del vino a chi lo reciterà.