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Velleio Patercolo



Nacque probabilmente nel 20 a.C. da famiglia equestre di una certa levatura sociale, di origine campana.
Come lo stesso scrittore ricorda in alcuni brani della sua Storia Romana, vantava antenati illustri sia per ascendenza materna che paterna. La famiglia dei Magi, dalla quale discendeva sua madre, aveva avuto un Decio Magio maggiorente campano, forte esponente del partito filoromano ai tempi di Annibale, ed un Minazio Magio, alleatosi con i Romani al tempo della guerra sociale (91-99 a.C.).

Suo nonno paterno era stato Gaio Velleio Patercolo, amico di Pompeo Magno. Di questo Gaio Velleio l'autore racconta come, dopo aver aiutato il fuggiasco Gaio Tiberio Nerone, la moglie Livia Drusilla ed il bambino che sarebbe diventato l'imperatore Tiberio, si uccise per non essere loro d'intralcio nella fuga a causa dell'età. Ancora suo padre fu ufficiale di cavalleria sotto Augusto nel 4 d.C. Una famiglia dunque molto legata alle tradizioni militari romane ed alla persona di Tiberio.

Ancora molto giovane intraprese la carriera militare nelle legioni di Publio Vinicio, padre di quel Marco Vinicio al quale dedicò la sua opera.
Nell'1 d.C. era in Grecia con Gaio Cesare e nel 4 d.C. successe al padre come prefetto della cavalleria.
Questore nel 6 d.C. ottenne il comando di rinforzi inviati in Germania, nel 7 d.C. rinunciò alla possibilità di governare una provincia per partecipare con Tiberio alla campagna in Pannonia e nell'Illirico. Praticamente per nove anni, dal 4 al 12 d.C., Velleio fece parte del più stretto entourage di Tiberio, allora generale a capo di grandiose e fortunate imprese in Germania e nelle province nord orientali. Da questo contesto l'imporanza di Velleio Patercolo: testimone oculare di molte vicende da lui narrate rappresenta una voce di carattere e segno opposto a quella di Tacito e di Svetonio.

Per Velleio Patercolo, Tiberio è il migliore dei Principi, il migliore dei generali, il migliore degli uomini. Opposto dunque al velenoso sarcasmo di Svetonio (più verosimile anche se un po' pettegolo) e soprattutto opposto all'algida avversione di Tacito per Tiberio. Per noi che rileggiamo i tre autori a secoli di distanza, la versione di Velleio non sembra molto credibile, in genere non potrebbe sembrarlo qualsiasi raffigurazione così esaltante di un monarca assoluto. Inoltre in un'ipotetica contesa fra Velleio e gli altri autori, il Nostro male potrebbe giustificarsi del tacere particolari scomodi come l'orribile fine di Agrippina Maggiore, o la morte misteriosa e discussa di Germanico.
Quel che rimane dubbio è invece quando dell'elogio spropositato che Velleio fa di Tiberio sia da attribuirsi a puro servilismo e quanto ad ingenuità .

L'opera di Velleio, la Storia Romana, fu dedicata al console Marco Vinicio, amico dell'autore, forse con l'intenzione di fornire a questi un 'manuale' di storia e cultura romana sintetico e di facile lettura. In più punti, infatti, lo scrittore dice di essersi imposto dei limiti di tempo nel completamento del testo e di volerli rispettare.

Il testo pervenutoci soffre di molte lacune, la più ampia delle quali, fortunatemente non riguarda il periodo di cui Velleio è una delle rare fonti contemporanee. Secondo i più l'opera fu scritta a partire dal 29 d.C., anno del consolato di Marco Vinicio, e pubblicata dopo il luglio del 30 d.C.

Come scrittore Velleio rivela uno stile piacevole, spesso discorsivo che, si deve riconoscere, solo raramente apre alla retorica, quasi mai al panegirico. Felici risultano alcuni suoi ritratti, specialmente quelli in negativo, fra questi primeggia quello di Munazio Planco, tratteggiato con rapide battute sparse in più punti del testo, in cui il politico appare come uno squallido opportunista, privo di ogni dignità .


  • Sintesi di Storia Romana


    Riferimenti letteratura:
  • Ludovico Antonio Muratori - Annali d'Italia dal principio dell'era volgare



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