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Alaimo da Lentini



Non conosciamo la data di nascita di Alaimo da Lentini ma poiché le fonti lo descrivono anziano quando difese Messina nel 1282 possiamo ritenere che sia nato nei primi decenni del XIII secolo.
Nobile e di parte guelfa, fu esiliato sotto Manfredi. Morto Manfredi nella battaglia di Benevento del 1266, Alaimo tornò in Sicilia e, divenuto consigliere di Carlo d'Angiò, ottenne cariche in campo giudiziario.
Rendendosi conto che il governo angioino conduceva la Sicilia in condizioni miserevoli tentò di discuterne con i regnanti a Napoli ma, ricevuto con acredine e non ottenendo soddisfazione, tornò a casa amareggiato e deluso e quando la disperazione dei Siciliani esplose nella rivolta dei Vespri egli si schierò con i compatrioti divenendo uno dei principali capi degli insorti.
Quando Carlo d'Angiò tentò di invadere la Sicilia ed attaccò Milazzo i Messinesi rimossero il capitano del popolo Baldovino Mussoche che in quell'occasione si era dimostrato incapace ed affidarono per acclamazione il comando ad Alaimo da Lentini.
Alaimo organizzò con straordinari vigore e capacità la difesa di Messina e nell'agosto 1282 respinse più volte il considerevole spiegamento di forze messo in campo da Carlo d'Angiò.
Il papa Mertino IV tentò una mediazione tramite il legato cardinale Gherardo da Parma ma quando i Messinesi si resero conto che Gherardo intendeva consegnarli agli Angioini lo costrinsero alla fuga.
Nel mese di settembre, dopo nuovi attacchi tutti respinti dagli assediati, Carlo d'Angiò tentò di corrompere Alaimo che rifiutò sdegnosamente.
Il 24 settembre, sotto la guida di Alaimo, i Messinesi liberarono il palazzo arcivescovile che, trovandosi oltre le mura, era stato occupato dagli assedianti.
Intanto gli insorti avevano invitato Pietro III d'Aragona a prendere la corona di Sicilia e, nel timore dell'arrivo degli Aragonesi, il 26 settembre Carlo d'Angiò tolse l'assedio.
Il 2 ottobre 1282 Alaimo da Lentini, accantonando le antiche ostilità verso gli Svevi, accolse Pietro III, marito di Costanza e dunque genero di Manfredi.
Pietro lo nominò 'maestro giustiziere' a vita conferendogli alcuni feudi a titolo di riconoscimento per la difesa di Messina.
Successivamente, durante la luogotenenza di Giacomo II d'Aragona, Alaimo ricondusse alla ragione il ribelle Gualtiero da Caltagirone ma quando questi tentò una seconda insurrezione lo fece giustiziare (1283).
Quando Carlo lo Zoppo, figlio di Carlo d'Angiò, fu fatto prigioniero dagli Aragonesi, Alaimo si oppose a quanti volevano giustiziarlo. Per questo motivo o, forse, per le tresche di sua moglie Macalda, Alaimo perse il favore del reggente Giacomo.
Il 19 novembre 1284, con il pretesto di una missione presso il padre, Giacomo mandò Alaimo a Barcellona, poi arrestò la moglie ed i figli di Alaimo confiscando i beni della sua famiglia.
Pietro deprecò il comportamento del figlio e promise ad Alaimo di intervenire ma per il momento l'anziano barone dovette rimanere in Spagna.
Alla morte di Pietro, Giacomo richiamò in Sicilia Alaimo da Lenrini con due suoi nipoti e li fece uccidere a tradimento sulla nave che li riportava in patria il 2 giugno 1287.


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