4/vgF0McT6WBi1RPOKg40mK96lk1bJq1dTncfbVzjMYsVgdkLfU3L2ZoQ

Sunelweb
    
Guida rapida
A B C D E F G H I J K L M
N O P Q R S T U V W Y Z  
 

Guerra del Peloponneso



Scoppiata nel 431 a.C. e terminata nel 404 a.C. la guerra del Peloponneso cambiò le condizioni politiche ed economiche dell'intera Grecia e fu, come scrisse Tucidide, il più grave sommovimento che sia mai avvenuto fra i Greci .

Il contesto storico

Nel periodo successivo alle guerre persiane la supremazia ateniese sulla città della Lega Delioattica si era andata consolidando.
La lega era una sorta di confederazione fra stati membri indipendenti che aveva, fra le principali finalità, quella di garantire ai partecipanti libertà e sicurezza nella navigazione, nei commerci e negli approvigionamenti. Questo era vero in teoria ma nei fatti Atene, forte della sua flotta, esercitava la supremazia ed otteneva il monopolio dei beni primari, la conduzione politica della lega ed un grande potere sui confederati.
Al governo di Atene in quegli anni era Pericle che si allineò sostanzialmente ai principi egemonici della città nei confronti dei confederati e non esitò ad investire ingenti somme tratte dai fondi federali per ricostruire Atene, sanando i danni della guerra persiana e facendone una delle più splendide e importanti città dell' antichità.
Del resto per gli ateniesi il controllo del mare e delle fonti di approvigionamento era una necessità primaria perchè le condizioni geografiche del loro territorio, limitato ed arido, non consentivano una produzione agricola che garantisse l'autosufficienza. Questa necessità fu, fra l'altro, la causa del loro intervento in Egitto del 459 a.C. contro un'invasione persiana in quanto gli approvigionamenti di grano egiziano erano indispensabili e dovevano essere garantiti.
L'imposizione dei tributi per finanziare questa ed altre imprese, tuttavia, era mal tollerata da molti confederati che in sostanza non ricevevano dalla partecipazione alla lega benefici proporzionati ai costi, ma quando il malcontento si esprimeva in disordini e tentativi di ribellione così come nei casi di Egina dell'Eubea e di Samo, Atene finiva per accantonare la diplomazia e reprimeva con la forza le iniziative che la minacciavano.
In questo contesto era inevitabile che gli stati nominalmente confederati ma praticamente sottomessi e tributari cercassero aiuto dall'esterno, come infatti fecero rivolgendosi a Sparta.
La situazione politica di Sparta era molto diversa : lo stato era governato da un'aristocrazia militare di origine dorica che riservava a se stessa diritti e privilegi considerando come schiavi il resto della popolazione che era formata dai discendenti degli indigeni sottomessi molti secoli prima e da stranieri che per vari motivi si trovavano a vivere nella città e nel suo territorio. Il governo, i costumi, la vita stessa, erano improntati ad antiche tradizioni insensibili ad ogni cambiamento.
Diversamente da Atene, Sparta era lontana dal mare e la sua economia era basata sull'agricoltura e non sulla navigazione.
Quando ricevettero la richiesta di intervenire contro gli Ateniesi, i governanti spartani non reagirono rapidamente, anzi rifiutarono di porsi alla testa di un'iniziativa in questo senso; tuttavia erano consapevoli che gli equilibri stavano mutando ed avviarono le trattative per formare una coalizione peloponnesiaca.
Dal canto suo Pericle tentò, senza successo, di allontanare il pericolo di una guerra con la diplomazia.
L'evolversi di queste circostanze portò dunque al fronteggiarsi di due potenze, l'una democratica, l'altra aristocratica, l'una progressista, l'altra conservatrice, che avevano lo stesso obiettivo : quello di dominare sull'intero mondo greco. Tutte le città-stato minori non potevano far altro che schierarsi con uno o l'altro contendente a seconda del loro interesse e delle costrizioni derivanti dalla posizione geografica, delle dipendenze economiche e così via.
Con queste premesse era chiaro che la prima scintilla sarebbe bastata ad accendere il fuoco, e le scintille non mancarono.
Nel 435 a.C. i Corciresi insorsero contro Corinto e chiesero aiuto ad Atene, viceversa nel 432 la città di Potidea si ribellò ad Atene rivolgendosi ai Corinzi per chiedere rinforzi. Nonostante un lungo assedio, gli Ateniesi non riuscirono ad espugnare Potidea.
Ma il vero casus belli fu quello di Megara che schieratasi con Corinto si vide bloccare gli approvvigionamenti primari da parte degli Ateniesi. A questo punto Corinzi e Megaresi sottoposero il caso agli Spartani che considerarono l'embargo un abuso intollerabile. E fu la guerra.

Le parti in guerra

All'inizio del conflitto la principale risorsa degli Ateniesi era la flotta, quella degli Spartani l'esercito.
Alla Lega Delioattica che, come si è detto, faceva capo ad Atene, aderivano molte città situate sulle coste e sulle isole dell'Egeo ed alcune del litorale jonico, oltre alle colonie dell'Asia Minore inclusa la Propontide. Si trattava di alleanze instabili, basate sulla prepotenza ateniese più che su accordi presi in condizioni di parità e non si deve dimenticare che proprio la ribellione di alcuni confederati contro Atene fu fra le cause della guerra.
Con Sparta erano alleate le città stato del Peloponneso, ad eccezione di Argo che si matenne neutrale, le città della Beozia e Megara.
Deteneva il potere in Atene Pericle, era re di Sparta Archidamo II.

Le fasi della guerra

Generalmente gli storici distinguono le vicende della guerra del Peloponneso in tre fasi: la prima, detta guerra Archidamica dal nome del re spartano, durò dal 431 al 421 a.C. e si concluse con un trattato (pace di Nicia) che prevedeva una tregua di cinquant'anni.
Il trattato non fu rispettato ed iniziò la seconda fase della guerra che durò dal 418 a.C. al 413 a.C.
La terza fase è spesso indicata come guerra Deceleica con riferimento alla piazzaforte attica di Decelea occupata dagli Spartani, si svolse principalmente lungo le coste dell'Asia Minore e si concluse nel 404 a.C. con la definitiva sconfitta degli Ateniesi.

All' inizio della guerra la strategia di Pericle consisteva nel riunire popolazioni e forze militari all' interno delle mura cittadine, occupandosi di difendere la città ed il porto. Lo statista contava sul fatto che la potente flotta ateniese avrebbe garantito gli approvvigionamenti a tempo indeterminato mentre le forze nemiche si sarebbero logorate in un lungo assedio senza speranza di riuscita. Tuttavia il prestigio di Pericle andava tramontando a causa dei continui attacchi dei suoi avversari e dei procedimenti giudiziari subiti, il primo per una vicenda scandalistica, il secondo per malversazione.
Pericle non era uscito immacolato da questi processi e probabilmente, nel clima di tensione provocato dalla guerra, si sarebbero verificati rivolgimenti violenti, ma prima che ciò accadesse scese in campo contro Atene un nemico imprevisto: una grave epidemia provocata delle pessime condizioni igieniche nell'affollata promiscuità della popolazione asserragliata. La pestilenza portò rapidamente alla tomba molti cittadini, fra i quali lo stesso Pericle, ma gli Ateniesi continuarono a combattere sotto il comando di Cleone, uomo molto diverso dal predecessore: benestante ma di umile origine, aveva modi rudi ed eloquenza approssimativa, tuttavia si dimostrò molto capace nelle cose della guerra.
Interventista convinto, Cleone seppe dare un nuovo impulso all' iniziativa militare ateniese ed ottenne una buona vittoria contro gli Spartani a Sfacteria (425 a.C.)
Quando ricevette proposte di pace, le respinse credendo (o illudendosi) che gli Ateniesi fossero in grado di vincere la guerra e quando si verificarono rivolte o diserzioni da parte dei confederati, come nel caso di Mitilene, le represse con inaudita violenza.
Cleone morì nel Chersoneso (422 a.C.) combattendo contro le forze del generale spartano Brasida e gli successe l'aristocratico Nicia, avversario politico di Cleone, che si era già distinto come generale durante il conflitto.
Nicia ereditò una situazione pericolosa: la sconfitta di Anfipoli, che era costata la vita al predecessore, aveva annullato per Atene il vantaggio conseguito con la vittoria di Sfacteria, le forze in campo dopo anni di guerra erano esauste, le risorse dei contendenti gravemente depauperate. Non restava che cercare la pace e Nicia se ne occupò con grande abilità diplomatica stipulando nel 421 a.C. il trattato che prese il suo nome e che pose fine alla guerra Archidamica.
L'accordo prevedeva una tregua di cinquanta anni e tendeva a ristabilire lo status quo precedente al conflitto.
Infatti Nicia, che era uno dei principali autori del trattato, era un conservatore, e i conservatori Greci avevano sempre ammirato il governo poltico dell'oligarchia spartana ed erano sempre stati contrari alla guerra.

Negli anni immediatamente successivi al trattato di pace si affermò in Atene una figura politica che si pose in netto contrasto con Nicia, quella di Alcibiade.
Privo di mezzi finanziari ma forte del suo nobile lignaggio ( era imparentato con gli Alcmeonidi ) e di un grande fascino personale, al termine di una gioventù dissoluta e mondanamente famosa, Alcibiade intraprese la carriera politica, militando nel partito democratico e guadagnando rapidamente le simpatie di molti suoi concittadini.
Giocavano in suo favore anche una parentela piuttosto stretta con Pericle, la memoria di alcuni atti di eroismo da lui compiuti nelle battaglie degli anni precedenti ed il ricordo della sua relazione omosessuale con Socrate, pur se quest'ultima circostanza era forse gradita solo in determinati ambienti.
Con queste credenziali e con il pieno appoggio dei democratici, Alcibiade fu eletto stratego nel 420 a.C. ottenendo la massima carica pubblica che gli consentiva di realizzare tutte le sue ambizioni.
Non potendo annullare la pace di Nicia, ma insistendo nel ricordare alla cittadinanza l'ideale di un impero ateniese, si fece fautore di una campagna militare in Sicilia. Il pretesto era la richiesta di aiuto dei coloni di Leontini, contro Siracusa che era città dorica e dunque filospartana.
Parallelamente Alcibiade caldeggiò la formazione di una nuova coalizione antispartana alla quale Atene non avrebbe ufficialmente partecipato in modo da salvaguardare almeno formalmente il rispetto del trattato. La nuova coalizione in effetti fu costituita ed iniziò ad agire, ma nel 418 a.C. fu duramente sconfitta dalle forze spartane a Mantinea. Per non essere coinvolto in questa disastrosa vicenda, la cui responsabilità ricadeva sul partito democratico, Alcibiade cambiò schieramento e passò ai conservatori senza che per questo la sua linea politica si avvicinasse a quella di Nicia.
Intanto la campagna siciliana venne approvata, e Alcibiade fu fra i generali che ottennero il comando. Poco dopo, tuttavia, furono scoperti atti di vandalismo ai danni delle statue di Ermes e Alcibiade che (probabilmente a torto) venne considerato il principale sospettato, fu immediatamente richiamato in patria per essere processato per empietà.
Timorosi della vendetta divina per il sacrilegio compiuto nella loro città, gli Ateniesi decisero di affidare il comando contro Siracusa ad un cittadino particolarmente pio ed osservante del culto e così la scelta ricadde proprio su Nicia, che tanto si era opposto all' iniziativa.
Tutt'altro che entusiasta, Nicia fu costretto ad accettare l'incarico e a cingere d'assedio Siracusa, ma gli assediati ebbero il sopravvento, catturarono Nicia e lo passarono per le armi insieme a gran parte dei combattenti Ateniesi. Dal canto suo Alcibiade, per evitare una condanna, tradendo gli Ateniesi passò agli Spartani al servizio dei quali mise la propria esperienza negli affari della politica ateniese. In nome degli Spartani, Alcibiade procurò aiuti persiani e spinse alla defezione Chio, Mileto ed altri alleati di Atene. Ma qualche tempo dopo cadde in disgrazia anche a Sparta, pare per aver sedotto la moglie del re, e si trasferì a Sardi, ospite del satrapo persiano Tissaferne.
Intanto aveva inizio la terza ed ultima fase della guerra del Peloponneso. Atene aveva perso gran parte degli alleati, mancava della flotta quasi completamente distrutta in Sicilia e ciò impediva di svolgere e proteggere i consueti commerci. Sparta inferse agli Ateniesi un colpo mortale impadronendosi di Decelea (sede delle miniere d'argento che costituivano la seconda fonte di reddito per Atene) e liberando e arruolando le migliaia di schiavi che vi lavoravano.
Se le cose della guerra andavano così male per Atene, all' interno la situazione non era più rosea. In un clima di insopportabile tensione i conservatori presero il potere, non senza ricorrere alla violenza, ed isituirono il Consiglio dei Quattrocento per governare lo stato. La dittatura dei Quattrocento non durò a lungo perché fu rovesciata Teramene, capo di una delle fazioni del partito conservatore, e sostituita dal governo del Consiglio dei Cinquemila che costituiva un compromesso con i democratici.
Teramene tentò di trattare con Sparta, ma intanto la popolazione si ribellò, rovesciò il nuovo governo ed i democratici ripresero il potere.
In questa situazione, inopinatamente, Alcibiade rientrò in Atene (411 a.C.) e prese il comando di quel che restava della flotta riuscendo ad ottenere delle discrete vittorie contro gli Spartani ad Abido e Cizico, per tornare trionfalmente in città nel 407 a.C..
Poco dopo commise l'errore, dovendosi allontanare in cerca di mezzi per retribuire i marinai, di affidare il comando della flotta al suo luogotenente Antioco, il quale, contravventendo agli ordini ricevuti, affrontò l'ammiraglio spartano Lisandro nelle acque di Nozio subendo una disastrosa sconfitta.
Mentre Alcibiade, ritenuto responsabile dell' evento, fuggiva di nuovo in oriente, gli Ateniesi tentarono con un supremo sforzo di riprendere il controllo del mare, allestendo una nuova flotta che riuscì a sconfiggere Lisandro alle Arginuse (406 a.C.), ma subì gravi perdite a causa di una tempesta.
I comandanti della flotta ateniese, accusati di incapacità, furono processati e giustiziati, ma i loro successori, non si dimostrarono più esperti e quando attaccarono a Egospotami Lisandro che aveva conquistato la vicina Lampsaco furono definitivamente sconfitti.
Tutte le navi ateniesi vennero distrutte, l'esercito massacrato.
Atene, vinta ed assediata da Lisandro che tagliò ogni via di approvvigionamento, fu costretta ad arrendersi e a soggiacere alle condizioni del nemico: demolizione delle fortificazioni, restaurazione del governo conservatore, impegno di aiutare militarmente Sparta nelle sue guerre future.
La pace fu conclusa nel 404 a.C. e i conservatori Teramene e Crizia furono insediati al potere dai vincitori, ma il loro governo durò poco, perchè l'anno successivo fu rovesciato dai democratici che, esiliati alla fine della guerra, si erano riorganizzati sotto la guida di Trasibulo.


Riferimenti letteratura:
  • Tucidide - La guerra del Peloponneso
  • Aristofane - Lisistrata
  • Plutarco - Vite di Lisandro e Silla
  • Plutarco - Vite di Cimone e Lucullo




  • Indice sezione