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TUCIDIDE
LA GUERRA DEL PELOPONNESO
LIBRO I
La guerra fra
Ateniesi
e
Spartani
si presentò dal suo inizio come la più grande fino ad allora combattuta fra
Greci
perché i due stati erano al massimo della loro potenza e tutte le altre città greche presto si schierarono con l'una o con l'altra.
In tempi antichi la
Grecia
fu occupata da successivi flussi migratori e in molte regioni si avvicendarono genti diverse ma chi occupò l'
Attica
vi rimase stabilmente e senza lotte intestine. Ciò attirò molti profughi ad
Atene
e la città crebbe rapidamente, tanto che gli
Ateniesi
fondarono colonie fin nella
Ionia
.
Gli antichi abitanti della
Grecia
non avevano un nome comune. Fu
Elleno
figlio di
Deucalione
a dare il proprio nome prima agli abitanti della
Ftiotide
, della quale era originario, e progressivamente ad altre città alleate, ma ancora ai tempi di
Omero
il nome
Elleni
indicava i soli compagni di
Achille
.
La
guerra di Troia
fu la prima impresa che vide le genti greche coalizzate contro un comune nemico. Dai tempi più remoti ha prevalso chi disponeva di una flotta e della capacità di dominare il mare.
Il primo fu
Minosse di Creta
che colonizzò le
Cicladi
e combattè la pirateria, all'epoca molto diffusa e considerata lecita e non disonorevole. Molto spesso i pirati erano
Carii
o
Fenici
e abitavano le isole ma ne vennero in gran parte cacciati da
Minosse
. Le abitudini degli antichi
Greci
erano simili a quelle dei "barbari" dei tempi dell'autore: erano sempre armati perché le città erano prive di difesa e le strade erano pericolose. Gli
Ateniesi
furono i primi ad adottare costumi più rilassati, gli
Spartani
nello stesso periodo cominciarono a mostrarsi nudi durante i giochi e a pareggiare lo stile di vita delle varie classi.
Agamennone
era figlio di
Atreo
al quale lo zio
Euristeo
aveva affidato il regno di
Micene
prima di affrontare gli
Eraclidi
;
Euristeo
era rimasto ucciso e
Atreo
era divenuto definitivamente re di
Micene
(transizione pacifica fra una gente autoctona e altre provenienti dall'
Asia Minore
).
Tucidide
non crede che la guerra di
Troia
sia stata scatenata dal rapimento di
Elena
e che le forze greche si siano radunate spontaneamente per ottemperare a un giuramento, ma ritiene che
Agamennone
abbia coinvolto altri stati con il terrore disponendo della flotta più potente.
In base a varie considerazioni sui poemi omerici, l'autore ritiene che le forze partite dalla
Grecia
alla volta di
Troia
fossero molto meno ingenti di quanto è stato tramandato e ciò non per scarsità di popolazione ma per le difficoltà del vettovagliamento che furono anche la causa della estrema durata della guerra.
Anche dopo la
guerra di Troia
la situazione in
Grecia
conobbe importanti sommovimenti come l'occupazione del
Peloponneso
da parte dei
Dori
guidati dagli
Eraclidi
e quella della
Beozia
dal popolo dei
Beoti
cacciati dalla
Tessaglia
. Solo molto più tardi si giunse alla calma e alla sicurezza e
Atene
e
Sparta
iniziarono a fondare colonie.
Ancora il possesso di una flotta e il dominio del mare resero opulenta
Corinto
e più tardi gli
Ioni
permisero a
Policrate
tiranno di
Samo
di sottomettere molte isole e ai
Focesi
di
Marsiglia
di sconfiggere i
Cartaginesi
.
I tiranni siciliani e i
Corciresi
ebbero flotte potenti prima che
Temistocle
convincesse i concittadini a costruire le navi di
Atene
.
Seguì il periodo delle tirannidi durante il quale molte città della
Grecia
si limitarono a combattere con i vicini e si chiusero in se stesse sotto l'avidità dei governanti.
Sparta
, che da secoli godeva di una buona costituzione, fece cadere tutte le tirannidi.
Poco dopo gli
Ateniesi
affrontarono i
Persiani
nella battaglia di
Maratona
. Dieci anni dopo il nemico tornò ad attaccare e questa volta fu sconfitto dalla coalizione di tutti i
Greci
, ma successivamente le città si divisero alleandosi con
Atene
che controllava il mare o con
Sparta
che dominava la terraferma e presto fra i due schieramenti fu la guerra.
Terminato questo breve excursus sugli avvenimenti precedenti alla
Guerra del Peloponneso
,
Tucidide
dichiara che intende raccontare fatti certi e documentati ai quali spesso ha preso personalmente parte e che anche i discorsi che farà pronunciare ai suoi protagonisti saranno il più possibile vicini a quanto fu effettivamente detto nelle rispettive circostanze.
A
Tucidide
non interessa produrre un'opera affascinante ma raccontare la verità.
Il vero motivo della guerra fu la preoccupazione degli
Spartani
per la crescente potenza ateniese, ma le ragioni ufficiali furono altre.
Epidamno (Durazzo)
era una florida colonia dei
Corciresi
ma quando si trovò in difficoltà a causa di discordie interne e di guerre con i barbari confinanti chiese aiuto alla madrepatria senza ottenerlo. Gli ambasciatori di
Epidamno
consegnarono la città ai
Corinzi
che accettarono volentieri per odio verso i
Corciresi
. Questi ultimi per reazione assediarono
Epidamno
. Iniziata la contesa presero via via posizione numerose città. Le trattative fallirono e si venne a una battaglia navale nelle acque di
Azio
in cui i
Corciresi
sconfissero duramente i
Corinzi
ed espugnarono
Epidamno
. A seguito di questa vittoria i
Corciresi
ebbero il dominio di quel mare e compirono rappresaglie contro gli alleati dei
Corinzi
.
Dal canto loro i
Corinzi
presero ad armare nuove navi per vendicare la sconfitta subita ed entrambi i rivali si rivolsero agli
Ateniesi
per cercare la loro alleanza.
Seguono i primi due discorsi che
Tucidide
inserisce nell'opera: quello dei
Corciresi
che ricordano di essere sempre stati neutrali e non aver mai offeso gli
Ateniesi
e offrono ad
Atene
, in cambio di aiuto, la loro alleanza resa invitante dalla loro potente flotta, e quello dei
Corinzi
che ricordano agli
Ateniesi
di essere in debito con loro per aiuti ricevuti in passato.
Gli
Ateniesi
scelsero di accordarsi con i
Corciresi
ma non strinsero la piena alleanza, che avrebbe comportato la rottura della vigente tregua con il
Peloponneso
, ma solo un trattato difensivo che prevedeva il mutuo soccorso in caso di pericolo.
Inviarono quindi dieci navi a
Corcira
in funzione difensiva e con l'ordine di non attaccare se i
Corinzi
non avessero tentato di sbarcare sull'isola. Al comando erano
Lacedemonio
,
Diotimo
e
Protea
.
Contemporaneamente salpava una flotta composta da novanta navi di
Corinto
e sessanta degli alleati e si ormeggiava al
Chimerio
, porto della
Tesprozia
, minacciando
Corcira
. La comandava
Senoclide
.
I
Corciresi
, dal canto loro, affidarono a
Miciade
,
Esimide
e
Euribato
il comando di centodieci navi che si portarono alle isole
Sibote
insieme alle dieci navi ateniesi.
Fu per numero di navi la più grande battaglia combattuta fino ad allora fra
Greci
e
Greci
. I contendenti erano poco esperti di combattimenti navali e le sorti dello scontro si giocarono fra gli
opliti
sui ponti dopo l'arrembaggio che si affrontavano come fossero stati sulla terraferma. I più esperti erano gli
Ateniesi
ma nonostante il loro aiuto i
Corciresi
vennero sopraffatti e sarebbero stati completamente massacrati se a sera non fossero sopraggiunte altre venti navi da
Atene
comandate da
Glaucone
e
Andocide
alla cui vista i
Corinzi
si ritirarono.
Al mattino seguente i
Corinzi
, pur avendo vinto la battaglia, non osarono attaccare in considerazione del nuovo contingente ateniese e delle perdite subite e tornarono a
Corinto
dopo aver innalzato un trofeo votivo alle
Sibote
.
Dopo questi eventi, che furono una prima occasione di ostilità fra
Atene
e
Corinto
, gli
Ateniesi
adottarono misure preventive come la consegna degli ostaggi per evitare che gli abitanti di
Potidea
, loro alleati e tributari, passassero al nemico.
Perdicca re di Macedonia
mosse guerra agli
Ateniesi
che avevano fatto alleanza con i suoi rivali e cercò di accordarsi con
Sparta
,
Potidea
e altre città del
Peloponneso
.
Trenta navi ateniesi raggiunsero in
Macedonia
Filippo
e
Derda
, avversari di
Perdicca
(
Filippo
era anche suo fratello) e presero posizione mentre i
Corinzi
inviavano a
Potidea
truppe al comando di
Aristeo
.
Gli
Ateniesi
avevano mandato altre forze in
Macedonia
ma alla notizia della ribellione di
Potidea
e della spedizione di
Aristeo
le richiamarono per intervenire contro i
Corinzi
.
Lo scontro avvenne nei pressi dell'istmo e anche se
Aristeo
e i suoi soldati scelti misero in fuga una parte degli
Ateniesi
le forze del
Peloponneso
furono sconfitte.
Dopo la vittoria gli
Ateniesi
circondarono
Potidea
e
Aristeo
decise di far partire più persone possibili per far durare più a lungo le provviste alimentari. Era deciso a rimanere a difendere
Potidea
ma tutti preferirono che partisse per andare in cerca di aiuti.
Mentre
Potidea
era sotto assedio gli
Spartani
convocarono gli alleati per discutere la situazione. Parlarono i
Corinzi
rimproverando agli
Spartani
di non essere intervenuti contro gli
Ateniesi
e di non adeguare la propria organizzazione ai mutati equilibri politici e militari della
Grecia
mentre
Atene
, spinta dal desiderio di dominare sulle altre città, è in continua evoluzione. Se
Sparta
, conclusero, non interverrà in difesa di
Potidea
, per
Corinto
sarà legittimo cercare nuove alleanze.
Dal canto loro gli ambasciatori ateniesi dopo aver ricordato i meriti acquisiti dalla loro città combattendo contro i
Persiani
in difesa di tutti i
Greci
e la potenza dimostrata in quell'occasione, invitarono gli
Spartani
a non prendere decisioni affrettate e a ben meditare sulle possibili conseguenze delle loro azioni.
Allontanati gli ambasciatori stranieri, gli
Spartani
si riunirono per decidere in merito alle richieste di
Corinto
. Il re
Archidamo
propose una linea moderata: mandare ambascerie ad
Atene
per tentare di risolvere la crisi di
Potidea
con la diplomazia o comunque per guadagnare il tempo necessario ad approntare un apparato bellico adeguato per fronteggiare una guerra lunga, difficile e dagli esiti imprevedibili.
Al contrario l'eforo
Stenelaida
sostenne la necessità di ricorrere subito alle armi e invitò l'assemblea a votare immediatamente la guerra.
Prevalse al voto la linea di
Stenelaida
. In questa occasione, per la prima volta, gli
Spartani
espressero il proprio voto spostandosi in un determinato punto, invece che gridando.
Si decise di convocare l'assemblea degli alleati per discutere insieme sull'inizio della guerra.
A questo punto
Tucidide
, con una digressione sui precedenti cinquant'anni, illustra rapidamente il periodo che va dalla fine delle
guerre persiane
all'inizio della
Guerra del Peloponneso
, periodo durante il quale
Atene
raggiunse la massima potenza grazie al controllo del mare.
Questo racconto inizia esattamente dal punto in cui si interrompe quello di
Erodoto
, cioè dall'assedio di Sesto, città che gli
Ateniesi
riconquistarono prima di tornare in
Attica
e cominciare la ricostruzione delle loro case e delle loro mura.
Gli
Spartani
tentarono di far desistere gli
Ateniesi
dal ricostruire le mura perché erano preoccupati per la potenza di
Atene
, così come lo erano molte altre città greche, ma
Temistocle
intrattenne abilmente lunghe trattative dando il tempo ai concittadini di riedificare le fortificazioni.
Fu inoltre completato il porto del
Pireo
che venne a sua volta fortificato in quanto
Temistocle
lo riteneva strategico in caso di pericolo.
Spartani
e
Ateniesi
effettuarono spedizioni congiunte contro
Cipro
e
Bisanzio
al comando del re spartano
Pausania
. Questi si comportò in modo dispotico, fu sospettato di aspirare alla tirannide e richiamato in patria dove fu processato ed assolto dalle accuse maggiori ma a causa sua gli alleati non affidarono più il comando delle missioni a
Sparta
e molti si avvicinarono ad
Atene
.
A questo punto
Atene
, egemone sulle città greche alleate, prese a raccogliere contributi e a armare spedizioni punitive contro territori soggetti ai
Persiani
. Guidati da
Cimone
figlio di
Milziade
, gli
Ateniesi
liberarono dai
Persiani
Eione e
Sciro
e sottomisero
Nasso
che si era ribellata. Ancora
Cimone
riportò una grande vittoria sui
Persiani
all'
Eurimedonte
.
Combatterono per motivi territoriali contro
Taso
i cui abitanti, sconfitti ed assediati, si rivolsero agli
Spartani
che avrebbero invaso l'
Attica
ma si verificò nella loro regione un grave terremoto e contemporaneamente una rivolta degli iloti che li distolsero da ogni iniziativa contro gli
Ateniesi
così che
Taso
dovette arrendersi ed accettare l'abbattimento delle mura e la consegna delle navi.
Gli
Spartani
chiesero aiuti contro
Itome
che aveva accolto gli Iloti ribelli e li ricevettero anche da
Atene
ma per diffidenza congedarono le milizie ateniesi provocando un incidente diplomatico che portò alla rottura dell'alleanza.
L'assedio di
Itome
durò dieci anni e alla fine i superstiti furono espulsi dal
Peloponneso
ed accolti dagli
Ateniesi
che li insediarono a
Naupatto
, quindi anche i
Megaresi
che erano in guerra con
Corinto
si allearono con
Atene
.
Inaro
re di
Libia
provocò la ribellione dell'
Egitto
contro i
Persiani
e chiamò in suo aiuto gli
Ateniesi
che intervennero conquistando la valle del
Nilo
fino a
Menfi
.
Intanto scoppiò una guerra fra
Atene
ed
Egina
e i
Corinzi
ne approfittarono per attaccare
Megara
ma gli
Ateniesi
riuscirono a combattere su entrambi i fronti impiegando anche i più anziani e i più giovani che in un primo tempo erano rimasti in città e vinsero i due scontri.
Mentre gli
Ateniesi
costruivano le Lunghe Mura per unire la città al
Pireo
, la guerra continuava con alterne fortune. Gli
Spartani
vinsero a
Tanagra
e furono sconfitti a Enofita, gli
Ateniesi
furono cacciati dall'
Egitto
da un esercito persiano subendo un vero massacro.
Nel terzo anno di guerra fu stipulata una tregua quinquennale fra i due schieramenti durante la quale gli
Ateniesi
conquistarono
Cipro
e si rivolsero contro
Cheronea
,
Orcomeno
e altre città della
Beozia
, tuttavia i
Beoti
ebbero la meglio ed ottennero l'autonomia.
Poco dopo
Atene
fronteggiò la defezione contemporanea dell'
Eubea
e di
Megara
mentre
Plistoanatte re di Sparta
tentava di invadere l'
Attica
, tuttavia
Pericle
che aveva il comando militare riuscì a mantenere il controllo della situazione.
Non molto più tardi fu conclusa una nuova tregua trentennale fra
Sparta
e
Atene
. Sei anni dopo gli
Ateniesi
intervennero nella guerra fra
Samo
e
Mileto
, occuparono
Samo
e vi stabilirono un governo democratico, ma i fuoriusciti samii con il supporto di
Pissutne
satrapo
di
Lidia
ripresero l'isola, cacciarono i democratici e si prepararono a combattere contro
Mileto
.
Una serie di interventi di navi ateniesi guidate da
Pericle
e da altri comandanti nel giro di nove mesi ridusse all'impotenza i
Samii
che si arresero ed accettarono di consegnare la flotta e demolire le mura.
A questi fatti seguirono quelli già narrati di
Corcira
e
Potidea
. Durante questo periodo gli
Spartani
rimasero tranquilli mentre la potenza ateniese cresceva, ma infine decisero che la tregua era stata violata e mossero guerra con gli auspici favorevoli dell'oracolo di
Delfi
.
Gli
Spartani
riunirono ancora gli alleati e la guerra fu definitivamente approvata. Durante l'anno seguente, che servì loro per i preparativi, inviarono ambasciatori ad
Atene
con varie richieste che erano altrettanti pretesti per giustificare la guerra.
Fra queste richieste era quella di fare ammenda per un sacrilegio avvenuto molti anni prima, quando gli
Ateniesi
avevano fatto strage in un luogo sacro di
Cilone
e dei suoi compagni che avevano tentato un colpo di stato.
L'obiettivo degli
Spartani
era l'allontanamento di
Pericle
i cui antenati erano stati partecipi del sacrilegio o, almeno, metterlo in cattiva luce presso i concittadini ricordando lo spiacevole episodio.
Anche gli
Ateniesi
chiesero agli
Spartani
di espiare i loro atti di empietà: avevano ucciso alcuni iloti nel tempio di
Poseidone
ed avevano fatto morire il loro re
Pausania
all'interno del recinto sacro del tempio di
Atena
. Per illustrare quest'ultimo episodio
Tucidide
introduce una breve digressione sulla fine di
Pausania
, colpevole di intelligenza con i
Persiani
che era stato tradito da un suo messaggero. Udita la delazione gli efori avevano fatto in modo con un espediente di ascoltare di nascosto
Pausania
che ammetteva le sue trame.
In seguito
Pausania
si era rifugiato nell'area sacra ma era stato murato vivo in un piccolo edificio e lasciato morire di fame.
A loro volta gli
Spartani
pretesero che
Temistocle
subisse una fine analoga a quella di
Pausania
perché altrettanto colpevole di aver trattato con i
Persiani
.
Temistocle
, che già si trovava in esilio ad
Argo
, venne a sapere di essere in pericolo e fuggì presso
Admeto
re dei
Molossi
che per intercessione della moglie gli concesse la sua protezione.
Con l'aiuto di
Admeto
Temistocle
giunse a
Pidna
e da qui raggiunse la
Persia
dove riuscì a farsi accogliere dal nuovo re
Artaserse
presso il quale acquisì grande prestigio per le sue doti politiche e per la sua intelligenza. Ebbe dal re le rendite delle città di
Magnesia
,
Lampsaco
e
Miunte
. Morì di malattia o forse suicida e fu sepolto a
Magnesia
ma si dice che più tardi i parenti traslarono segretamente le sue spoglie in
Attica
.
Infine gli
Spartani
posero un ultimatum: gli
Ateniesi
avrebbero dovuto interrompere ogni azione riguardante
Potidea
,
Egina
e
Megara
altrimenti sarebbe stata la guerra.
Il primo libro si conclude con il discorso di
Pericle
che parlando alla cittadinanza sostiene che
Atene
dispone di risorse e di esperienza militare tali da poter affrontare la guerra più serenamente degli
Spartani
e propone di rispondere che gli
Ateniesi
renderanno conto delle proprie azioni sul piano legale, rispetteranno l'autonomia dei loro alleati quanto
Sparta
rispetterà quella dei suoi e non inizieranno la guerra ma respingeranno chi li attaccherà.
Le proposte di
Pericle
furono approvate, le sue risposte consegnate agli ambasciatori spartani e da quel momento cessarono fra le due città le visite diplomatiche.
LIBRO II
Dopo quattordici anni di tregua ebbe inizio la
Guerra del Peloponneso
(
431 a.C.
).
Il primo evento del conflitto fu l'occupazione di
Platea
da parte delle milizie tebane. I
Tebani
agivano in accordo con una parte dei cittadini di
Platea
contrari ad
Atene
che contavano di prendere il potere insieme agli invasori ma questi si limitarono a stabilire un presidio di occupazione e a proporre l'alleanza ai
Plateesi
senza compiere azioni violente.
I dissidenti plateesi attaccarono di notte i
Tebani
del presidio e ne uccisero molti prima che i superstiti si arrendessero.
Quando sopraggiunse un più numeroso esercito tebano i
Plateesi
trattarono per evitare un nuovo attacco o la cattura di quanti abitavano nel contado promettendo che se i
Tebani
avessero posto fine alle ostilità i centoottanta prigionieri sarebbero stati rilasciati.
I
Plateesi
non rispettarono i patti ed uccisero i prigionieri, intanto avevano inviato un araldo a
Atene
a chiedere aiuto e gli
Ateniesi
intervennero portando rifornimenti a
Platea
e mettendo al sicuro donne, bambini e uomini inabili alle armi che si trovavano in città.
Dopo i fatti di
Platea
gli
Spartani
completarono il reclutamento di un grande esercito e il re
Archidamo
ne assunse il comando con un solenne discorso. Inviarono quindi un araldo a
Atene
per un ultimo tentativo di trattativa ma l'araldo venne respinto.
Dal canto suo
Pericle
, nell'imminenza dell'attacco nemico, volle far conoscere pubblicamente che aveva rapporti di ospitalità con
Archidamo
ma per evitare sospetti avrebbe reso disponibili ai concittadini i suoi beni se il nemico li avesse risparmiati.
Gli
Ateniesi
che abitavano nel contado si ritirarono in città con tutti i loro averi. Non era un trasferimento indolore perché queste famiglie erano particolarmente attaccate alle loro case (che in molti casi avevano ricostruito dopo le devastazioni delle
guerre persiane
) e ai loro villaggi che erano stati indipendenti fin quando
Teseo
li aveva riuniti in un'unica organizzazione cittadina. Molti furono costretti a sistemazioni di fortuna e anche luoghi pubblici o sacri come il
Pelargico
vennero occupati.
I
Peloponnesi
attaccarono e cercarono inutilmente di espugnare la fortezza di
Enoe
al confine fra
Attica
e
Beozia
. Gli indugi a
Enoe
procurarono gravi critiche a
Archidamo
, sospettato di favorire gli
Ateniesi
, ma infine i
Peloponnesi
avanzarono ed invasero l'
Attica
in piena estate.
Dopo alcuni saccheggi posero il campo ad
Acarne
.
Archidamo
temporeggiò ancora attendendo la reazione degli
Acarnesi
, che fornivano un contributo importante all'esercito ateniese.
Molti in
Atene
volevano compiere una sortita contro gli invasori ma
Pericle
riuscì a trattenerli per rispettare i piani prestabiliti mentre inviava una flotta di cento navi a circondare il
Peloponneso
. Unitisi a cinquanta navi inviate da
Corcira
gli
Ateniesi
attaccarono la città di Metone che fu validamente difesa da
Brasida
, quindi penetrarono nell'
Elide
attaccando e saccheggiando varie località. Conquistarono
Egina
e ne deportarono gran parte della popolazione.
Durante quell'estate gli
Ateniesi
stabilirono buoni rapporti diplomatici con i
Traci
invitando in città come prosseno
Ninfodoro di Abdera
cognato di
Sitalce
figlio di Tere della dinastia regnante degli
Odrisi
. Grazie alla mediazione di
Ninfodoro
Sitalce
re di
Tracia
e
Perdicca re di Macedonia
divennero alleati di
Atene
.
Le navi ateniesi conquistarono la cittadina di Sollio e liberarono
Astaco
dal tiranno
Euarco
mentre l'isola di
Cefallenia
li accolse favorevolmente alleandosi con
Atene
.
Quindi
Pericle
comandò l'invasione della Megaride e guidò l'esercito a ricongiungersi con le cento navi che circondavano il
Peloponneso
.
L'inverno successivo lo spodestato
Euarco
riuscì a tornare in patria con l'aiuto dei
Corinzi
.
Quando fu il momento di celebrare le tradizionali esequie a spese dello Stato in onore dei caduti della prima parte della guerra, toccò a
Pericle
pronunciare l'elogio funebre.
Più che le parole, disse
Pericle
, contano i fatti, quindi per ricordare ed onorare il coraggio e l'abnegazione dei concittadini caduti l'argomento più idoneo è descrivere la grandezza e la potenza che
Atene
ha raggiunto grazie al loro sacrificio e a quello di tanti altri appartenenti alle generazioni precedenti.
Il discorso di
Pericle
, relativamente breve, terminò con parole di consolazione per quanti avevano perduto i loro cari durante quel primo anno di guerra.
All'inizio dell'estate gli
Spartani
e i loro alleati invasero l'
Attica
al comando di
Archidamo
. Poco dopo
Atene
fu colpita da una gravissima epidemia che si disse provenire dall'
Etiopia
e dall'
Egitto
. L'autore descrive in modo drammatico i sintomi della malattia, l'assenza di cure efficaci, il rapido dilagare del contaggio e il senso di disperazione che per effetto della pestilenza rapidamente si impadronì degli
Ateniesi
.
Sconvolti dalla disgrazia gli
Ateniesi
abbandonarono le loro usanze religiose, trascurarono i riti funebri (troppi erano i cadaveri), violarono molte leggi. Chi poteva cercava di concedersi ogni piacere prima dell'inevitabile fine.
Intanto il nemico procedeva nell'invasione occupando la fascia costiera, ma
Pericle
invece di tentare sortite contro gli invasori preferì salpare con cento navi per attaccare il
Peloponneso
. Qui giunto attaccò diverse località costiere con le relative terre:
Epidauro
,
Trezene
ed altre. Al ritorno trovò che i nemici si erano ritirati dall'
Attica
, forse per paura dell'epidemia.
Gli
Ateniesi
portarono un nuovo attacco a
Potidea
ma l'operazione fallì a causa della pestilenza che uccise altri mille dei quattromila attaccanti.
La drammatica situazione portò gli
Ateniesi
a criticare la politica di
Pericle
e a desiderare un accordo con gli
Spartani
, per non perdere il controllo
Pericle
convocò l'assemblea e parlò di nuovo ai concittadini.
L'eloquenza di
Pericle
convinse gli
Ateniesi
a non mutare politica e a non chiedere la pace, tuttavia lo statista fu multato perché in molti erano adirati con lui, ma poco dopo gli fu nuovamente affidata la carica di stratego.
Tucidide
dimostra di stimare
Pericle
, "potente per dignità e per senno, chiaramente incorruttibile al denaro". Questo giudizio non gli impedisce comunque di affermare che il potere di
Pericle
rendeva quella di
Atene
una democrazia di facciata mentre le sorti dello stato erano di fatto rette da un uomo solo, invece i suoi successori cercarono di primeggiare uno sull'altro e concessero molto potere al popolo per ottenerne il favore. Fra i loro numerosi errori il più grave fu la spedizione in
Sicilia
che fu affrontata con mezzi insufficienti. In questa impresa furono disperse grandi risorse mentre in città regnava la discordia e molti alleati si ribellavano.
Ambasciatori spartani si misero in viaggio per andare a chiedere aiuto ai
Persiani
ma attraversando la
Tracia
furono catturati da Sadoco figlio di
Sitalce
e consegnati agli
Ateniesi
che li misero a morte.
Si verificarono ostilità fra gli abitanti di
Ambracia
e quelli di
Argo Anfilochico
(che facevano risalire la fondazione della loro città all'eroe
Anfiloco
combattente a
Troia
).
Gli
Anfilochi
chiesero la protezione degli
Acarnani
ed entrambi i contendenti si rivolsero agli
Ateniesi
che inviarono trenta navi comandate da
Formione
. Questi occupò
Argo
e ristabilì l'ordine, quindi fu stabilita un'allenza fra
Atene
e gli
Acarnani
.
Nell'inverno successivo
Potidea
finalmente si arrese agli strateghi ateniesi occupanti che lasciarono allontanarsi gli abitanti con indumenti e denaro per il sostentamento, dotandoli di salvacondotti.
Potidea
fu quindi occupata da coloni ateniesi.
Nell'estate seguente (
429
-
428 a.C.
), terzo anno di guerra) i
Peloponnesi
guidati da
Archidamo
mossero contro
Platea
. Ambasciatori plateesi protestarono perché ai tempi delle
guerre persiane
il re spartano
Pausania
aveva garantito loro indipendenza e libertà come ricompensa per l'aiuto ricevuto e
Archidamo
rispose che avrebbe rispettato questo impegno se
Platea
si fosse schierata con il
Peloponneso
o almeno si fosse mantenuta neutrale.
Fu stabilita una tregua in attesa della decisione dei
Plateesi
ma infine le trattative fallirono e i
Plateesi
preferirono rimanere alleati con
Atene
.
Archidamo
tentò di prendere rapidamente la città ma i
Plateesi
riuscirono abilmente a neutralizzare i suoi mezzi di assalto. Anche un tentativo di incendiare la città fallì a causa di un'improvvisa e copiosa pioggia che spense il fuoco, quindi i
Peloponnesi
iniziarono l'assedio di
Platea
dopo aver costruito un muro intorno alla città.
Contemporaneamente gli
Ateniesi
inviarono contro i
Calcidesi
e i
Bottiei
una spedizione che ebbe esito infausto e costò loro quattrocentotrenta caduti.
Non ebbe miglior fortuna il tentativo di invadere l'
Acarnania
e conquistare la città di Strato operato dagli
Spartani
con molti alleati. Gli invasori, comandati da Cnemo, furono respinti dagli
Acarnani
stessi e tornando in patria via mare si imbatterono nelle navi ateniesi comandate da
Formione
e furono sconfitti.
Da
Sparta
furono inviati Timocrate,
Brasida
e Licofrone come consiglieri di Cnemo per preparare una rivincita.
Anche
Formione
ricevette il rinforzo di venti navi con le quali, in attesa di una nuova battaglia, svolse una missione a
Creta
contro gli abitanti di Codonia che erano nemici di
Nicia
, prosseno di
Atene
.
Le flotte nemiche si ormeggiarono quindi nei pressi di Panormo dove si fronteggiarono per sette giorni preparandosi allo scontro.
All'inizio della battaglia i
Peloponnesi
riuscirono ad attirare le navi ateniesi nel golfo di Crisia e a catturarne una parte grazie alla loro superiorità numerica ma durante l'inseguimento delle imbarcazioni superstiti furono sopraffatti. Gli
Ateniesi
recuperaron o le navi catturate e affondarono una nave mercantile, manovra inattesa che gettò i
Peloponnesi
nella confusione. Gli
Ateniesi
ne approfittarono e riportarono un'altra vittoria. Timocrate, uno dei comandanti spartani, si suicidò.
Brasida
e Cnemo progettarono un attacco al
Pireo
con navi megaresi, ma all'ultimo momento, forse per il vento contrario, preferirono attaccare
Salamina
dove catturarono tre navi e devastarono il territorio. Da qui si ritirarono rapidamente a
Megara
prima che gli
Ateniesi
riuscissero a intervenire.
All'inizio dell'inverno il re di
Tracia
Sitalce
per rispettare impegni presi con
Atene
mosse guerra alla
Macedonia
e alle città calcidesi con l'intento di spodestare il re macedone
Perdicca II
e dare il trono a
Aminta II
.
Tucidide
introduce una breve digressione sulle dimensioni e sulle ricchezze del regno degli
Odrisi
, una delle dinastie più ricche e potenti dell'
Europa Orientale
nel suo secolo.
Un'altra digressione descrive quindi i popoli e i territori sottomessi dai
Macedoni
per costituire il regno di
Perdicca
qual'era ai tempi dell'attacco dei
Traci
.
Effettuate varie conquiste in
Macedonia
,
Sitalce
mandò parte dell'esercito contro le città calcidesi ostili ad
Atene
mentre intavolava trattative con
Perdicca
. Alcuni popoli confinanti, preoccupati dalle azioni di
Sitalce
, cominciarono ad armarsi per prevenire eventuali attacchi, intanto Seute nipote di
Sitalce
si lasciò corrompere da
Perdicca
e convinse lo zio ad abbandonare l'impresa. Poco dopo Seute sposò Stratonice sorella di
Sitalce
.
Intanto
Formione
penetrò nell'
Acarnania
con truppe di
opliti
ateniesi e messeni per esiliare personaggi antiateniesi ma interruppe la missione a causa delle condizioni del terreno reso paludoso dalle piogge e dei sedimenti del fiume
Acheloo
. Questo fiume con i suoi depositi alluvionali stava lentamente collegando le
isole Echinadi
alla terraferma e secondo una leggenda in questi luoghi si stabilì
Alcmeone
dopo aver ucciso la madre.
Apollo
gli aveva infatti predetto che avrebbe trovato pace solo in quella terra che all'epoca del matricidio non fosse stata terra e non fosse stata mai vista dal sole.
Formione
lasciò l'
Acarnania
, sostò a
Naupatto
e tornò ad
Atene
. Era la fine del terzo anno di guerra.
LIBRO III
Quarto anno di guerra (
428
-
427 a.C.
). Spedizione contro l'
Attica
comandata da
Archidamo
.
Gli abitanti di
Lesbo
, ad eccezione di
Metimna
, defezionarono da
Atene
. L'intervento ateniese fu ritardato dalla peste e si cercò una soluzione diplomatica ma le trattative non andarono in porto ed iniziò una nuova guerra. Ambasciatori di
Mitilene
proposero l'alleanza dei
Lesbi
agli
Spartani
e li convinsero a svolgere nuove azioni contro l'
Attica
approfittando dell'epidemia che indeboliva gli
Ateniesi
, ma questi ultimi riuscirono a reagire e allestirono rapidamente cento nuove navi di fronte alle quali la flotta dei
Peloponnesii
ripiegò senza combattere.
Intanto si svolgeva una spedizione di navi ateniesi intorno al
Peloponneso
comandata da
Asopio
figlio di
Formione
. Le forze ateniesi saccheggiarono territori della
Laconia
e arrivarono a
Naupatto
e Nerico ma qui
Asopio
venne ucciso dai difensori.
Gli
Ateniesi
passarono quindi ad assediare
Mitilene
raccogliendo tributi per coprire le spese dell'assedio in quanto la guerra stava prosciugando le loro risorse finanziarie.
Durante l'inverno una parte degli abitanti di
Platea
tentò una sortita notturna per liberarsi dell'assedio dei
Peloponnesii
che avevano cinto la loro città con un fossato e con un muro. L'impresa riuscì e, anche grazie alla confusione che
Tucidide
descrive con vivacità, oltre duecento uomini riuscirono a fuggire e a raggiungere
Atene
eludendo l'inseguimento.
Nell'estate successiva (quinto anno di guerra) quaranta navi dei
Peloponnesii
furono inviate a
Mitilene
e per consentire loro di navigare indisturbate Cleomene di
Sparta
guidò azioni diversive ai danni dell'
Attica
. Ma le navi tardarono e i
Mitilenesi
trattarono con gli
Ateniesi
e stabilirono una tregua per poter mandare ambasciatori a
Atene
.
Arrivato tardi a
Mitilene
,
Alcida
decise di tornare indietro nonostante il parere contrario di quanti erano con lui.
L'ateniese
Pachete
occupò
Mitilene
e mandò ad
Atene
i capi della diserzione. Nel giudicarli gli
Ateniesi
si lasciarono in un primo momento vincere dall'ira e decisero di sopprimere non solo quei prigionieri ma tutti i
Mitilenesi
in età adulta, tuttavia il giorno successivo tornarono sulla decisione.
Parlò all'assemblea
Cleone
insistendo per la condanna dell'intera popolazione di
Mitilene
. Dopo di lui parlò Diodoto esprimendo il parere contrario e sostenendo che la distruzione di
Mitilene
avrebbe recato danno anche ad
Atene
che non avrebbe più riscosso i tributi della città.
Infine vinse la linea moderata e si riuscì ad evitare all'ultimo momento che gli
Ateniesi
a
Lesbo
distruggessero
Mitilene
in base all'ordine partito il giorno precedente.
Nella stessa estate l'ateniese
Nicia
conquistò l'isola di
Minoa
dove si trovavano fortificazioni di
Megara
. Scacciati i nemici,
Nicia
stabilì sull'isola un presidio ateniese.
Nel frattempo i
Plateesi
stremati dall'assedio si consegnarono agli
Spartani
ed ottennero di poter parlare davanti ai giudici che dovevano decidere il loro destino.
Nel loro discorso i portavoce di
Platea
, oltre a ribadire gli antichi vincoli di amicizia fra i loro antenati e quelli dei
Lacedemoni
, chiesero di essere risparmiati e liberati oppure, se questo non sarà concesso, di essere rimandati a combattere perché mai si sarebbero arresi ai
Tebani
.
Intanto le quaranta navi dei
Peloponnesi
che erano andate in soccorso di
Lesbo
dopo varie vicissitudini tornarono al
Peloponneso
e si unirono ad altre navi sotto il comando di
Brasida
e
Alcida
che preparavano una spedizione a
Corcira
. In quest'isola erano tornati i prigionieri catturati dai
Corinzi
a
Epidauro
che erano stati corrotti per consegnare l'ìsola ai
Corinzi
.
Costoro con i loro tentativi di convincere i concittadini a rompere gli accordi con
Atene
creavano tensioni con citazioni giudiziarie e anche con atti di violenza.
Uccisero il consigliere Pitia, prosseno di
Atene
, che si opponeva ai loro piani e presero il potere imponendo una legge antiateniese.
Si combattè a
Corcira
fra gli oligarchi, partigiani dei
Corinzi
, e il popolo che cercava di deporli. Gli oligarchi incendiarono molti edifici per impedire ai popolari di impadronirsi degli arsenali. Dopo due giorni di combattimenti urbani arrivarono aiuti ateniesi comandati dallo stratego
Nicostrato
.
Nicostrato
aprì trattative e ristabilì la pace ma poiché gli oligarchi non ispiravano fiducia i popolari ne confinarono circa quattrocento su un'altra isola. Alcuni giorni dopo giunsero
Alcida
e
Brasida
con cinquantatre navi. I
Corciresi
li affrontarono in modo disordinato e poco efficace mentre
Nicostrato
con le sue dodici navi si sforzava di rallentare l'attacco nemico per permettere ai
Corciresi
di mettersi in salvo.
I
Peloponnesi
riportarono nella battaglia una incerta vittoria ma non ebbero il coraggio di assalire
Corcira
e rientrarono in patria con tredici navi catturate navigando con molta fretta perché si era saputo dell'imminente arrivo di oltre sessanta navi ateniesi.
Eurimedonte, comandante delle navi ateniesi, si trattenne a
Corcira
sette giorni durante i quali i popolari giustiziarono quanti avevano fatto cadere la democrazia ma molti approfittarono dell'occasione anche per eliminare nemici personali e creditori.
Quella di
Corcira
, secondo
Tucidide
, fu la prima delle numerose guerre civili locali combattute nel contesto del
Peloponneso
e fu molto sanguinosa. Anche dopo la partenza di Eurimedonte gli esuli si riorganizzarono e dalla terraferma tentarono azioni per riprendere possesso dell'isola e gli scontri continuarono.
Durante quell'estate in
Sicilia
era scoppiata la guerra fra
Siracusa
e
Leontini
. Con
Siracusa
erano schierate le città siciliane doriche e filospartane ad eccezione di
Camarina
. Con
Leontini
le città calcidesi e
Camarina
. Tra le città italiote Locri era alleata di
Siracusa
e
Reggio
di
Leontini
.
I
Leontini
erano di stirpe ionica e in forza di antiche amicizie si rivolsero agli
Ateniesi
che accettarono di aiutarli sperando di sottomettere la
Sicilia
.
Sul finire dell'estate l'ateniese Lachete con venti navi si portò a
Reggio
per intervenire in favore dei
Leontini
. Durante l'inverno, mentre la peste tornava a massacrare la popolazione di
Atene
, i
Reggini
insieme agli
Ateniesi
distaccati in
Sicilia
attaccarono e saccheggiarono le
Isole Eolie
(
Lipari
,
Didime
,
Strongile
,
Iera
) abitate da coloni di
Cnido
alleati dei
Siracusani
Con l'inverno finì il quinto anno di guerra. In estate gli
Spartani
, al comando del re
Agide
, prepararono una nuova invasione dell'
Attica
ma desistettero a causa di forti terremoti e maremoti che distrussero varie località.
Gli
Ateniesi
attaccarono
Melo
costringendo gli abitanti, che si erano mantenuti neutrali, a diventare loro alleati.
I
Lacedemoni
fondarono la colonia di Eraclea Trachinia in posizione favorevole per attaccare l'
Eubea
e per marciare in
Tracia
, tuttavia i vicini
tessali
, sentendosi minacciati, attaccarono più volte la nuova città fino a ridurla in condizioni di poter più nuocere a loro, all'
Eubea
o agli
Ateniesi
.
Nella stessa estate le navi ateniesi che sostavano intorno al
Peloponneso
attaccarono
Leucade
insieme agli alleati acarnani che avrebbero voluto espugnare definitivamente quella città, ma lo stratego
Demostene
, persuaso dai
Messene
, preferì muovere contro gli
Etoli
con trecento soldati ateniesi e molti alleati messeni,
cefalleni
e
zacinti
mentre gli
Acarnani
rifiutarono di seguirlo.
Giunto in
Etolia
,
Demostene
conquistò alcuni villaggi ma quando gli
Etoli
si riunirono e reagirono subì una grossa sconfitta perdendo molti uomini. Poco dopo gli
Etoli
mandarono ambasciatori a
Sparta
e
Corinto
chiedendo forze per assalire
Naupatto
e vendicare la spedizione ateniese.
Gli
Spartani
inviarono tremila
opliti
comandati da Euriloco, Macario e Menedeo. A
Delfi
le schiere spartane si unirono con molti alleati e a
Naupatto
con l'esercito degli
Etoli
.
Demostene
, che dopo la sconfitta non aveva osato tornare a
Atene
ed era rimasto a
Naupatto
, riuscì a persuadere gli
Acarnani
a mandare aiuti e quelli fornirono mille uomini per difendere
Naupatto
. Alla notizia di questi rinforzi Euriloco sospese l'attacco rimanendo in quei luoghi per appoggiare gli
Ambracioti
contro
Argo Anfilochico
.
Durante l'inverno, infatti, si verificò un'importante battaglia fra l'esercito di Euriloco e quello composto da
Ateniesi
,
Acarnani
ed alleati il cui comando era stato affidato a
Demostene
. I
Peloponnesi
furono sconfitti, Euriloco e Macario persero la vita e a Menedeo non rimase che scendere a patti con
Demostene
.
L'indomani nacquero nuovi scontri con nuove milizie provenienti da
Ambracia
che furono a loro volta massacrate.
Dopo la partenza di
Demostene
gli
Acarnani
e gli
Anfilochi
conclusero un patto che li impegnava per cento anni a non compiere azioni militari contro il
Peloponneso
o contro
Atene
.
Quell'inverno gli
Ateniesi
purificarono
Delo
per obbedire ad un antico oracolo e portarono via dall'isola tutte le sepolture.
In
Sicilia
gli
Ateniesi
sbarcarono nel territorio di
Imera
e assalirono le
Isole Eolie
. Giunsero da
Atene
altre quaranta navi comandate da Pitodoro per bilanciare le nuove navi che i
Siracusani
stavano costruendo.
Pitodoro attaccò Locri ma fu sconfitto.
Con la notizia di un'eruzione dell'
Etna
si concludono il sesto anno di guerra e il terzo libro dell'opera.
LIBRO IV
Nell'estate successiva
Messina
defezionò da
Atene
e chiamò
Siracusani
e Locresi. I Locresi attaccarono e saccheggiarono anche
Reggio
che non era in grado di reagire a causa di lotte interne.
Gli
Spartani
invasero ancora l'
Attica
mentre
Atene
inviava altre navi in
Sicilia
.
Demostene
si fece promotore dell'occupazione di
Pilo
, località alla quale attribuiva grande importanza strategica. L'iniziativa non trovava d'accordo gli strateghi ma, essendo la flotta bloccata da una bonaccia, gli
Ateniesi
costruirono delle fortificazioni presso
Pilo
prima di ripartire alla volta della
Sicilia
, lasciando in quei luoghi
Demostene
con cinque navi.
Informati sulle attività ateniesi, gli
Spartani
abbandonarono l'occupazione dell'
Attica
e inviarono aiuti agli abitanti di
Pilo
. Un contingente di
opliti
del
Peloponneso
fu sbarcato sull'isola di Sfacteria antistante il porto di
Pilo
e gli
Ateniesi
furono attaccati contemporaneamente dalla terra e dal mare ma
Demostene
aveva abilmente posizionato i suoi uomini nei luoghi più facili da difendere e sapeva bene come approfittare delle difficoltà che il nemico incontrava nello sbarco.
Gli scontri proseguirono per tre giorni, nel quarto giunsero molte navi da
Zacinto
e
Naupatto
in aiuto a
Demostene
e sconfissero gravemente gli
Spartani
.
Una parte dei
Peloponnesi
rimase bloccata nel porto che era sorvegliato dalle navi ateniesi e per liberarli a
Sparta
si decise di chiedere una tregua e di inviare ambasciatori ad
Atene
.
Gli
Ateniesi
accettarono la proposta e fu stabilito di non combattere fino al ritorno degli ambasciatori. L'offerta di pace che la delegazione spartana propose all'assemblea ateniese non venne accettata soprattutto per l'opposizione di
Cleone
, che in quel momento godeva di grande prestigio e credibilità e che pose come condizione per ogni trattativa la consegna degli assediati di
Pilo
e la restituzione di molti territori che
Sparta
deteneva in forza di trattati precedenti alla guerra.
Gli ambasciatori giudicarono inaccettabili queste condizioni e rientrarono con un nulla di fatto, subito la tregua fu sciolta e a
Pilo
si riprese a combattere.
Si combatteva anche in
Sicilia
dove
Siracusani
e Locresi sferrarono diversi attacchi approfittando del fatto che molte navi ateniesi erano impegnate a
Pilo
. Qui, con l'avvicinarsi dell'inverno e il perdurare dell'assedio, gli
Ateniesi
erano in difficoltà per carenza di viveri e di acqua mentre gli assediati, nonostante la sorveglianza, riuscivano comunque a ricevere approvvigionamenti dal
Peloponneso
grazie a iloti che per ottenere la libertà sfidavano il pericolo di penetrare in città di notte e a quanti lo facevano per ottenere compensi in denaro.
Intanto a
Atene
si cominciava a cambiare opinione sulla linea di condotta promossa da
Cleone
.
Dal canto suo
Cleone
accusava lo stratega
Nicia
perché non aveva deciso un intervento a
Pilo
, inaspettatamente
Nicia
cedette il comando a
Cleone
il quale, colto di sorpresa, cercò di declinare ma alla fine fu costretto dalla pressione popolare a farsi carico dell'organizzazione e della dichiarazione dell'impresa e dichiarò che avrebbe espugnato
Pilo
utilizzando soltanto truppe ausiliarie, senza impegnare soldati ateniesi.
Giunto a
Pilo
,
Cleone
unì le sue forze agli assedianti che erano comandati dallo stratego
Demostene
e l'esercito risultante sbarcò sull'isola di
Sfacteria
.
Dopo una lunga battaglia i
Peloponnesi
, esauriti dal lungo assedio e svantaggiati per le loro armature pesanti che li rallentavano, finirono con l'arrendersi. Avevano perso centinaia di uomini mentre gli attaccanti, che avevano usato soprattutto frecce, giavellotti e altre armi leggere avevano subito perdite contenute.
Dopo settantadue giorni di assedio i superstiti furono fatti prigionieri e portati ad
Atene
dove furono incarcerati e considerati ostaggi per evitare nuove invasioni dell'
Attica
.
Agli eventi di
Pilo
seguì poco dopo una spedizione ateniese in territorio corinzio comandata da
Nicia
. La spedizione minacciava il villaggio di Soligea e a difenderlo accorsero due strateghi corinzi fu una battaglia lunga e molto dura, alla fine prevalsero gli
Ateniesi
e durante la ritirata i
Corinzi
persero molti soldati e uno stratego. Gli
Ateniesi
, temendo l'arrivo di altre milizie da
Corinto
o dal
Peloponneso
lasciarono rapidamente il campo e navigarono fino a Crommione, quindi a
Epidauro
, Metone e
Trezene
saccheggiando queste località prima di tornare a casa.
Gli
Ateniesi
Eurimedonte e Sofocle, diretti in
Sicilia
, sostarono a
Corcira
dove gli oligarchi ribelli avevano occupato un forte. I ribelli si arresero e i due strateghi li lasciarono in consegna ai
Corciresi
in attesa del trasferimento a
Atene
ma i democratici indussero i prigionieri a violare la tregua quindi ne approfittarono per farne strage.
Alla fine dell'estate
Ateniesi
e
Acarnani
conquistarono
Anattorio
sul golfo di
Ambracia
.
L'inverno trascorse senza eventi di rilievo e all'inizio dell'estate successiva (
424
-
423 a.C.
- ottavo anno di guerra) gli esuli di
Lesbo
occuparono la città di
Antandro
ai piedi del
monte Ida
ed avviarono preparativi per bloccare
Lesbo
.
Intanto gli
Ateniesi
Nicia
e
Nicostrato
guidavano una spedizione all'isola di
Citera>, importante approdo dei
Lacedemoni
, e la occuparono. Questo episodio, insieme agli altri eventi di
Pilo
, ebbe pessimo effetto sul morale degli
Spartani
. Gli
Ateniesi
navigarono oltre
Epidauro
e occuparono
Tirea
, località che gli
Spartani
avevano in precedenza conquistato e concesso agli
Egineti
fuggiaschi.
Si tenne a
Gela
un incontro fra gli ambasciatori dei
Sicelioti
per avviare trattative. Il siracusano
Ermocrate
pronunciò un discorso persuasivo sulla necessità delle città della
Sicilia
di fare pace fra di loro per respingere insieme il comune nemico ateniese che intendeva approfittare delle loro discordie per sottometterle.
La tesi di
Ermocrate
fu accolta e le città della
Sicilia
trovarono soluzioni pacifiche alle loro controversie stabilendo una tregua che fu accettata dagli strateghi ateniesi Pitodoro, Sofocle e Eurimedonte i quali tornarono in patria, ma giunti ad
Atene
furono puniti per non aver sottomesso la
Sicilia
quando ne avevano l'opportunità.
Gli esuli di
Megara
premevano per poter rientrare in città e una parte della popolazione, stanca di combattere su più fronti, era favorevole. I capi democratici, preoccupati dall'eventuale ritorno dei loro avversari, decisero di consegnare la città agli
Ateniesi
e si accordarono in tal senso con gli strateghi Ippocrate e
Demostene
. Il piano prevedeva una rapida azione notturna che avrebbe permesso agli
opliti
inviati da
Atene
di entrare in
Megara
, ma non tutto andò come previsto e gli
Ateniesi
dovettero limitarsi a occupare il sobborgo di Nisea, lo fortificarono e vi si stabilirono per preparare nuove azioni.
Quando fu informato di questi eventi lo spartano
Brasida
, che si trovava presso
Corinto
, accorse sul luogo con molte milizie per liberare Nisea o, almeno, difendere
Megara
, ma i
Megaresi
diffidarono delle sue intenzioni e non lo lasciarono entrare in città.
All'alba successiva arrivò anche un esercito di
Beoti
che si scontrò con quello ateniese in una lunga battaglia che non cambiò la situazione.
Quando
Spartani
, Beoti e
Ateniesi
si furono tutti allontanati da
Megara
i fuoriusciti tornarono in città sotto giuramento di non serbare rancore ma poco dopo ripresero il potere e fecero uccidere i loro avversari.
Gli strateghi ateniesi Ippocrate e
Demostene
entrarono in contatto con un movimento di dissenzienti beoti che intendeva istituire nella città della
Beozia
costituzioni democratiche sul modello di quelle ateniesi. I due strateghi appoggiarono le iniziative dei ribelli ed avviarono preparativi.
Intanto
Brasida
con millesettecento
opliti
intraprese l'attraversamento della
Tessaglia
con guide locali per recarsi in
Macedonia
. La marcia non fu senza ostacoli perché i
Tessali
erano per lo più favorevoli agli
Ateniesi
e un gruppo di loro tentò di fermare gli
Spartani
ma rinunciò alle assicurazioni di
Brasida
di essere venuto in pace.
Brasida
si recava in
Macedonia
per portare aiuto a
Perdicca
, timoroso di essere attaccato dagli
Ateniesi
, e anche per distogliere i nemici dal
Peloponneso
.
Insieme a
Brasida
,
Perdicca
fece subito una spedizione contro
Arrabeo
re dei Lincesti, ma
Brasida
trattò con
Arrabeo
risolvendo la controversia pacificamente, cosa che non fu gradita a
Perdicca
.
Successivamente
Brasida
mosse contro
Acanto
, colonia di
Andro
, e poiché nella città due fazioni discutevano se accoglierlo come alleato o respingerlo,
Brasida
ottenne di entrare da solo e tenne un discorso nel quale dosò abilmente lusinghe e minacce convincendo il popolo di
Acanto
ad allearsi con
Sparta
defezionando da
Atene
.
All'inizio dell'inverno gli strateghi ateniesi
Demostene
e Ippocrate intrapresero spedizioni in
Beozia
.
Demostene
tornò indietro senza aver ottenuto risultati perché la notizia della spedizione era trapelata e non fu possibile interagire come previsto con i dissidenti locali.
Ippocrate occupò
Delo
, sede di un santuario di
Apollo
, e vi costruì una fortezza, quindi trasferì il grosso del suo esercito a una certa distanza in attesa della reazione dei
Beoti
.
I capi beoti non erano concordi sul da farsi perché Ippocrate, allontanandosi da
Delo
, aveva oltrepassato il confine, ma prevalse il parere del tebano Pagonda che sostenne che si dovevano attaccare gli
Ateniesi
indipendentemente dalla loro posizione.
La battaglia fu vinta dai
Beoti
e non poca parte nella vittoria ebbe l'abilità strategica di Pagonda, tuttavia il tempio di
Delo
rimase in mano agli
Ateniesi
con le fortificazioni da loro costruite. Nei giorni successivi le parti inviarono reciprocamente araldi per discutere la restituzione dei caduti e lo sgombero di
Delo
ma non trovarono un accordo.
I
Beoti
, quindi, attaccarono di nuovo
Delo
con l'aiuto dei
Megaresi
e questa volta la presero incendiando le fortificazioni. Fra i caduti in questa battaglia fu anche lo stratego Ippocrate.
Negli stessi giorni morì
Sitalce
re degli
Odrisi
combattendo contro i
Triballi
. Gli successe Seute.
Brasida
, con gli alleati della
Tracia
, intraprese una spedizione contro la colonia ateniese di
Anfipoli
. In
Anfipoli
erano in corso forti ostilità fra la fazione filospartana e quella filoateniese. Quando
Brasida
raggiunse la città l'avrebbe forse conquistata facilmente ma vide che gli
Anfipoli
filospartani non prendevano iniziative quindi decise di attendere.
Intanto l'altra fazione mandava ambasciatori agli
Ateniesi
che affidavano la questione a
Tucidide
, l'autore di quest'opera.
Tucidide
aveva influenti relazioni in
Tracia
ed era facoltoso, quindi temendo che potesse conquistare la città per gli
Ateniesi
,
Brasida
si affrettò a trattare con gli
Anfipoli
proponendo condizioni molto miti e riuscì a farsi consegnare la città.
Dal canto suo
Tucidide
sbarcò a Eione dove poco dopo respinse un attacco di
Brasida
. La conquista spartana di
Anfipoli
costituiva per
Atene
un duro colpo in termini di perdita di tributi e di legname, inoltre la politica di
Brasida
che si dichiarava liberatore della
Grecia
indusse molte città a defezionare dall'alleanza con
Atene
.
Nello stesso inverno
Brasida
operò nella regione di
Megara
, quindi passò nella
Calcidica
per conquistare la città di Torone che era in mano agli
Ateniesi
.
Brasida
riuscì facilmente in questa impresa con l'aiuto dei cittadini che gli erano favorevoli mentre i militari ateniesi che si trovavano in città si rifugiarono in un vicino forte detto Lecito. Dopo due giorni di tregua ed uno di assedio
Brasida
conquistò anche il Lecito e con questi eventi si concluse l'ottavo anno di guerra.
Seguì un anno di tregua nel quale tutti i contendenti sperarono di trovare una soluzione al conflitto.
Durante la tregua la città di
Scione
nella
Pallene
defezionò da
Atene
ed accolse
Brasida
che offriva l'amicizia ed il sostegno di
Sparta
come aveva già fatto con
Acanto
e Torone.
Mentre partiva da
Scione
,
Brasida
fu informato della tregua e seppe che gli
Ateniesi
minacciavano di attaccare gli
Scione
i perché risultava che la defezione di
Scione
fosse avvenuta dopo la stipula della tregua stessa. Ma anche Mende, altra città della
Pallene
, defezionò e
Brasida
la accolse preoccupandosi di portare al sicuro donne e bambini scionei e mendesi e di preparare difese contro un probabile attacco ateniese.
Brasida
partecipò con
Perdicca
ad una spedizione contro i Lincesti, popolazione suddita della
Macedonia
il cui re
Arrabeo
si era ribellato.
Brasida
e
Perdicca
sconfissero duramente i Lincesti e
Brasida
, che aveva chiamato mercenari illirici, intendeva avanzare nel loro territorio per sottometterli definitivamente ma
Brasida
, che aveva fretta di tornare a proteggere Mende, non era disposto a continuare la campagna. Gli
Illiri
assoldati da
Perdicca
tradirono e passarono a
Arrabeo
.
Trovandosi lontano dall'accampamento di
Brasida
,
Perdicca
si allontanò dal paese dei Lincesti senza riunirsi agli alleati e l'esercito di
Brasida
fu costretto ad affrontare da solo gli
Illiri
e i Lincesti. Gli
Spartani
vinsero la battaglia grazie alle superiori capacità strategiche di
Brasida
ma da allora i rapporti con la
Macedonia
cominciarono a guastarsi.
Mentre
Brasida
era assente, gli
Ateniesi
avevano organizzato una spedizione comandata da
Nicia
e
Nicostrato
contro Mende e
Scione
. Il primo giorno gli abitanti di queste città si difesero validamente e gli
Ateniesi
furono respinti.
Il giorno seguente assediarono
Scione
e saccheggiarono i dintorni, ma i cittadini non erano concordi e una parte di loro si ribellò contro Polidamida che comandava le difese. Ne approfittò
Nicia
per occupare rapidamente la città e porvi un presidio prima di occuparsi di
Scione
.
A
Scione
gli
Ateniesi
assediarono la città dopo aver vinto quanti erano usciti incontro a loro.
Perdicca
, ormai avversario dichiarato di
Brasida
, trattò con gli
Ateniesi
offrendo loro il suo aiuto.
Durante l'estate i
Tebani
abbatterono le mura di
Tespie
. Nell'inverno, grazie alla tregua, si ebbero eventi poco rilevanti come uno scontro dall'esito incerto fra
Mantineesi
e
Tegeati
o un tentativo senza successo di
Brasida
contro
Potidea
.
Con l'inverno finì il nono anno di guerra.
LIBRO V
L'estate successiva (
422
-
421 a.C.
= decimo anno di guerra) la tregua fu sciolta ma ne fu conclusa un'altra fino ai
Giochi Pitici
.
Gli
Ateniesi
deportarono in
Asia
tutti gli abitanti di
Delo
per completare la purificazione dell'isola (vedi libro III).
Cleone
attaccò la città di Torone che era occupata dai
Peloponnesi
e se ne impadronì facendo prigioniero fra gli altri Pasitelida comandante del presidio spartano.
Poiché in
Leontini
gli oligarchi avevano cacciato i democratici e si erano accordati con i
Siracusani
creando tensioni, l'ambasciatore di
Atene
Feace svolse una campagna in
Sicilia
per cercare alleati contro
Siracusa
che stava acquisendo eccessiva potenza. Ottenne solo il consenso di
Camarina
e
Agrigento
e, durante il viaggio di ritorno, quello dei coloni locresi cacciati da
Messina
.
Proseguendo nella sua spedizione,
Cleone
si portò presso
Anfipoli
e qui pose il campo in attesa di ricevere rinforzi dalla
Macedonia
e dalla
Tracia
.
Brasida
si accampò di fronte a lui spiandone i movimenti, certo che
Cleone
si sarebbe allontanato. Infatti i soldati di
Cleone
erano impazienti, l'attesa creava tensione e per non perdere il controllo
Cleone
decise di muovere il campo. Intanto vedendo che
Anfipoli
era sguarnita progettava di appropriarsene ma appena si fu allontanato
Brasida
entrò in città e la occupò.
Quando ritenne giunto il momento opportuno,
Brasida
comandò una sortita cogliendo gli
Ateniesi
di sorpresa, poco dopo una seconda sortita comandata da
Clearida
portò lo scompiglio generale fra le file ateniesi. Nella battaglia che seguì cadde
Cleone
e
Brasida
, gravemente ferito, fu portato in salvo ma spirò poco dopo.
In seguito alla battaglia di
Anfipoli
e alla morte di
Brasida
e
Cleone
che erano i due più accesi sostenitori della guerra,
Sparta
e
Atene
erano fortemente propense a concludere un conflitto che stava durando molto più a lungo del previsto con altissimi costi di vite e di risorse.
Il principale fautore della pace nel
Peloponneso
era
Plistoanatte re di Sparta
, mentre a
Atene
era
Nicia
. Ciascuno aveva i suoi motivi:
Plistoanatte
, che era rientrato dall'esilio, voleva far cessare le calunnie nei suoi confronti recuperando i prigionieri,
Nicia
voleva conservare la grande stima di cui godeva governando nella serenità che solo la pace poteva garantire.
Fu indetta una nuova tregua per svolgere trattative che portarono alla firma della cosiddetta Pace di
Nicia
alla quale non aderirono
Beoti
,
Corinzi
,
Elei
e
Megaresi
.
Il trattato prevedeva: la restituzione agli
Ateniesi
di
Anfipoli
,
Acanto
,
Olinto
e altre località minori; la restituzione ai
Lacedemoni
di
Citera>, Metana e altre; la cessazione dell'assedio di
Scione
da parte ateniese; la reciproca restituzione dei prigionieri.
Questo trattato fu firmato alla fine dell'inverno, esattamente dieci anni dopo l'inizio della guerra.
Non tutti gli alleati di
Sparta
lo accettarono. I
Calcidesi
impedirono la restituzione di
Anfipoli
e altre città presero atteggiamenti minacciosi perciò
Spartani
e
Ateniesi
oltre alla pace firmarono un'alleanza di mutuo soccorso.
La pace durò sei anni e dieci mesi. A questo punto dell'opera si legge un brano che sembra avere funzione di prologo per la parte successiva, cioè per la narrazione del secondo periodo di guerra. Critici moderni hanno ipotizzato un'interpolazione e vari interventi da qui in avanti per rifinire il materiale probabilmente non perfezionato da
Tucidide
. Si è pensato che il curatore possa essere stato
Senofonte
.
Il periodo intermedio fra le due guerre non fu di pace perfetta perché non tutti i patti vennero rispettati, si verificarono vari episodi di discordia e conflitti minori, quindi
Tucidide
sostiene che sia lecito parlare di un'unica guerra durata in tutto ventisette anni.
L'autore, che da questo punto parla in prima persona, racconta di aver vissuto tutte le fasi della guerra, di essere stato esiliato dopo i fatti di
Anfipoli
e di aver avuto modo di osservare gli eventi da diversi punti di vista.
Dopo la pace di
Nicia
gli ambasciatori di
Corinto
proposero a
Argo
un'alleanza alla quale avrebbe potuto aderire qualsiasi altra città greca ad eccezione di
Sparta
e
Atene
. Gli
Argivi
accettarono.
Mantinea
fu la prima a defezionare da
Sparta
per avvicinarsi ad
Argo
e in tutto il
Peloponneso
la tensione era alta per il timore che
Sparta
volesse conquistare la supremazia con l'aiuto di
Atene
.
Gli
Spartani
si sforzarono di mantenere gli equilibri con la diplomazia,
Corinto
,
Argo
, le città della
Calcidica
ed altre si unirono staccandosi da
Sparta
, non così
Beoti
e
Megaresi
perché avevano costituzioni affini a quella lacedemone.
In quell'estate, mentre si cercava di mantenere la difficile pace, gli
Ateniesi
espugnarono
Scione
e i
Focesi
e i
Locresi
iniziarono una guerra.
Plistoanatte re di Sparta
guidò una spedizione in
Arcadia
e dalla
Tracia
tornarono in patria i soldati di
Brasida
guidati da
Clearida
.
I rapporti amichevoli fra
Sparta
e
Atene
cominciarono a guastarsi alla fine dell'estate perché i
Lacedemoni
che per sorteggio avrebbero dovuto restituire per primi le località occupate non lo avevano fatto e non avevano convinto i loro alleati ad accettare i trattati.
L'inverno successivo furono nominati a
Sparta
nuovi efori e due di loro, Senare e Cleobulo, che erano contrari alla pace con
Atene
, presero contatti con
Corinzi
,
Beoti
e
Argivi
per formare nuove alleanze. L'iniziativa si arenò perché le parti non erano concordi e la situazione non era chiara. Gli
Ateniesi
non avevano ancora riconsegnato
Pilo
perché protestavano per i loro concittadini prigionieri dei
Beoti
al forte di Panacto. Gli
Spartani
per ottenere Panacto e restituire i prigionieri ad
Atene
si allearono con i
Beoti
ma il forte, prima di essere riconsegnato, venne distrutto.
Rivalutando la situazione gli
Argivi
temettero di rimanere isolati e decisero di allearsi con
Sparta
.
Ambasciatori spartani condussero ad
Atene
i prigionieri liberati dai
Beoti
ma quando gli
Ateniesi
seppero della distruzione di Panacto la considerarono una violazione degli accordi. Di questa situazione approfittò
Alcibiade
che era stato escluso dal trattato di pace perché troppo giovane e faceva parte di color che avrebbero voluto riaprire le ostilità contro
Sparta
.
Alcibiade
contattò gli
Argivi
sollecitandoli a cercare l'alleanza con
Atene
e gli
Argivi
, nonostante le trattative già avviate con gli
Spartani
, accettarono l'invito e inviarono ambasciatori.
Contemporaneamente si trovavano in
Atene
ambasciatori di
Sparta
che avevano il compito di risolvere i problemi nati dalla distruzione di Panacto e ottenere la restituzione di
Pilo
.
Alcibiade
si oppose loro favorendo l'alleanza con
Argo
ma prevalse
Nicia
che propose di sospendere ogni decisione ed inviare una nuova ambasceria a
Sparta
per approfondire gli elementi del contendere. Questa ambasceria, guidata dallo stesso
Nicia
, doveva chiedere agli
Spartani
la ricostruzione di Panacto, la restituzione di
Anfipoli
e l'annullamento degli accordi con i
Beoti
a meno che tali accordi non venissero estesi anche ad
Atene
.
Il trattato vigente fra
Sparta
e
Atene
, infatti, prevedeva che alleanze con altre città fossero ammesse solo se stipulate da entrambe le parti. Per questo motivo, dunque, la decisione riguardo agli
Argivi
avrebbe dovuto attendere l'esito di questa missione.
Gli
Spartani
, pur rinnovando i giuramenti, rifiutarono di rompere l'alleanza con i
Beoti
e al rientro degli ambasciatori a
Atene
si decise di concludere l'accordo con
Argo
,
Mantinea
ed
Elea
. Non vi aderirono i
Corinzi
che si dissero soddisfatti dell'esistente alleanza difensiva e ricominciarono a avvicinarsi a
Sparta
. Del resto nonostante i nuovi eventi i trattati fra
Spartani
e
Ateniesi
non furono denunciati da una delle due parti.
A causa della conquista di Lepreo gli
Elei
esclusero gli
Spartani
dai
Giochi Olimpici
e furono inamovibili nella decisione. Ciò creò molta tensione ma non ebbe in pratica conseguenze.
Durante l'inverno
Tucidide
registra soltanto che popolazioni della
Tessaglia
attaccarono Eraclea Trachinia che era stata costruita contro la loro volontà. In questi scontri morì lo spartano Senare. Di Eraclea si impadronirono i
Beoti
all'inizio dell'estate successiva.
Alcibiade
tentò di fortificare il porto di
Patre
per controllare l'accesso al Golfo di
Naupatto
, ma rinunciò per l'opposizione di
Corinto
e
Sicione
.
Gli
Argivi
organizzarono una spedizione per conquistare
Epidauro
e ne saccheggiarono il territorio. Anche gli
Spartani
pianificarono alcune azioni ma vi rinunciarono perché i responsi dei sacrifici non erano favorevoli, così trascorse un'altra estate.
Anche l'inverno passò senza eventi di rilievo, si verificarono solo imboscate e scorrerie fra
Argivi
e
Epidauri
e con l'inverno finì il tredicesimo anno di guerra.
In estate gli
Spartani
riunirono un grande esercito per combattere contro
Argo
e risolvere definitivamente la questione
Epidauro
, gli
Argivi
fecero altrettanti preparativi ed entrambi gli eserciti erano potenziati da numerosi alleati ma quando stava per iniziare una battaglia sotto le mura di
Argo
i comandanti argivi
Trasillo
e
Alcifrone
trattarono con il re
Agide
che comandava gli
Spartani
e lo scontro fu evitato.
I due eserciti si ritirarono ma la situazione provocò molte critiche nei confronti dei comandanti delle due parti che avevano agito senza il consenso delle rispettive maggioranze. Poco dopo, infatti, anche per le pressioni degli
Ateniesi
gli
Argivi
e i loro alleati scesero di nuovo in campo e conquistarono
Orcomeno
.
La mancata battaglia con gli
Argivi
e la perdita di
Orcomeno
crearono in
Sparta
grande malumore contro
Agide
che rischiò di essere severamente punito ma riuscì ad ottenere un'altra possibilità, tuttavia fu imposta al re la collaborazione di dieci consiglieri per condurre azioni militari.
Giunse a
Sparta
la notizia che se
Tegea
, minacciata dagli
Argivi
, non avesse ricevuto subito aiuti sarebbe passata al nemico. I
Lacedemoni
si mossero con insolita rapidità facendosi raggiungere da molti alleati ma nei pressi di
Tegea
Agide
decise di rimandare di nuovo il combattimento.
Agide
impegnò i suoi uomini per deviare un corso d'acqua sapendo che questo avrebbe spinto i nemici a spostarsi in una posizione a lui più favorevole, ma il giorno successivo presso
Mantinea
avvenne lo scontro che vedeva contro i
Lacedemoni
gli
Argivi
con i loro alleati mantineesi e ateniesi.
La battaglia, per il numero dei combattenti e per l'importanza delle città che parteciparono, fu la più grande in questa fase della guerra. Gli
Spartani
incontrarono varie difficoltà e non tutte le decisioni di
Agide
ebbero successo ma alla fine risultarono vittoriosi e
Tucidide
valuta che le perdite spartane siano state di circa trecento uomini mentre i nemici ne persero oltre mille.
Durante l'inverno i
Lacedemoni
proposero un accordo agli
Argivi
e, per le pressioni politiche degli oligarchi di
Argo
, l'accordo venne stipulato. In forza di questo accordo gli
Spartani
si ritirarono da
Tegea
. I
Mantineesi
, non avendo le forze per opporsi agli
Argivi
, si adeguarono e si unirono alla nuova alleanza.
Poco dopo venne abbattuto il governo popolare di
Argo
e instaurata l'oligarchia.
In estate (quindicesimo anno di guerra) tuttavia il popolo di
Argo
si sollevò e cacciò gli oligarchi prima che gli
Spartani
potessero intervenire. Gli
Argivi
quindi cercarono di nuovo l'alleanza di
Atene
e costruirono delle lunghe mura fino al mare per poter ricevere approvvigionamenti con l'aiuto degli
Ateniesi
nel caso fossero stati assediati dagli
Spartani
, ma le mura non ancora completate furono distrutte durante l'inverno da una spedizione guidata da
Agide
. La stessa spedizione occupò la località di
Isie
nel territorio di
Argo
uccidendo molte persone.
Alcibiade
raggiunse
Argo
con venti navi e catturò trecento cittadini favorevoli a
Sparta
che furono esiliati, intanto gli strateghi ateniesi
Cleomede
e
Tisia
invadevano l'isola di
Melo
, colonia spartana, e prima di attaccare intavolarono trattative.
Gli
Ateniesi
insistevano perché i
Meli
si sottomettessero loro accettando di pagare un tributo ma conservando le loro terre e i loro averi ma i
Meli
rifiutarono e gli
Ateniesi
passarono senza indugio ad assediare le città dell'isola.
L'intervento spartano sul quale i
Meli
avevano fatto affidamento non ci fu e alla fine dell'inverno successivo dovettero arrendersi agli
Ateniesi
che uccisero tutti gli uomini adulti e resero schiavi le donne e i bambini.
LIBRO VI
Gli
Ateniesi
coltivavano l'ambizione di conquistare la
Sicilia
sottovalutando le dimensioni dell'isola e della sua popolazione.
I primi ad abitare la
Sicilia
furono
Lestrigoni
e
Ciclopi
la cui origine e il cui destino si perdono nel mito. Seguirono i
Sicani
che sostenevano di essere autoctoni ma in realtà erano
Iberi
scacciati dai
Liguri
. Si stanziarono nella parte occidentale dell'isola.
Dopo la caduta di
Troia
un gruppo di profughi si stabilì presso il confine dei
Sicani
. Furono detti
Elimi
e fondarono
Erice
e
Segesta
.
Giunse quindi un gruppo di
Focesi
e poi i
Siculi
provenienti dall'
Italia
scacciati dagli
Opici
(identificati con gli
Ausoni
). Un re dei
Siculi
che si chiamava
Italo
aveva dato il nome all'
Italia
. I
Siculi
, molto numerosi, giunsero circa trecento anni prima dei
Greci
, combatterono contro i
Sicani
ridimensionandone il territorio e occuparono gran parte dell'isola alla quale dettero il nome di
Sicilia
.
I
Fenici
si stabilirono in molte località costiere e in piccole isole adiacenti per commerciare con i
Siculi
ma all'arrivo dei
Greci
si concetrarono sulla costa sudoccidentale (più vicina a
Cartagine
) ai confini degli
Elimi
con i quali si allearono.
Giunsero finalmente i
Greci
: i primi furono
Calcidesi
guidati da Tucle fondatori di
Nasso
e più tardi di
Leontini
e
Catania
.
Archia
venne da
Corinto
e fondò
Siracusa
sull'isola che liberò scacciandone i
Siculi
.
Coloni di
Megara
guidati da Lamide fondarono una località di nome Trotilo, quindi
Tapso
. Dopo la morte di Lamide gli stessi coloni fondarono Megara Iblea su terreno concesso dal re dei
Siculi
Iblone. Centro anni dopo inviarono Pamillo a fondare
Selinunte
, ma duecentoquarantacinque anni dopo la fondazione di Megara Iblea ne furono cacciati da
Gelone di Siracusa
.
Antifemo da Rodi
e
Entimo da Creta
fondarono
Gela
, circa un secolo dopo
Aristonoo e Pistilo
di
Gela
fondarono
Agrigento
.
Un gruppo di predoni di
Cuma
fondò
Zancle
ma più tardi si unirono coloni calcidesi. Gli abitanti di
Zancle
furono allontanati da profughi di
Samo
in fuga dai
Persiani
che a loro volta vennero cacciati da
Anassilao
tiranno di
Reggio
che cambiò il nome della città in
Messene
come quello della sua patria.
Coloni di
Zancle
fondarono
Imera
, mentre i
Siracusani
fondarono
Akrai
,
Casmene
e
Camarina
.
Quando i
Segestani
entrarono in guerra con
Selinunte
per questioni territoriali si rivolsero a
Atene
per chiedere aiuto facendo presente che
Selinunte
era sostenuta da
Siracusa
la quale, se non ostacolata, sarebbe presto divenuta padrona dell'intera
Sicilia
e a quel punto avrebbe potuto minacciare anche la potenza ateniese.
Attratti anche dai finanziamenti offerti dai
Segestani
, nell'estate del diciassettesimo anno di guerra (
415
-
414 a.C.
) gli
Ateniesi
decretarono di mandare in
Sicilia
sessanta navi comandate da
Alcibiade
,
Nicia
e Lamaco.
Nicia
si oppose alla decisione:
Tucidide
riporta un discorso nel quale attaccò
Alcibiade
accusandolo di mirare al vantaggio personale più che al bene della città e propose all'assemblea di riaprire la discussione sull'intervento in
Sicilia
che, a suo giudizio. avrebbe comportato molti rischi e nessun beneficio per
Atene
.
Nella sua risposta
Alcibiade
, oltre a respingere le critiche di
Nicia
sulla sua età e sui suoi modi esibizionistici, sostenne la necessità di aiutare gli alleati per evitare che i loro nemici, acquistando potenza, diventassero più pericolosi ed auspicò la concordia fra i cittadini di tutte le età.
Alcibiade
e gli ambasciatori di
Segesta
e
Leontini
riuscirono a convincere la maggioranza,
Nicia
fece un altro tentativo parlando di mezzi militari e logistici che erano necessari per la spedizione sperando che l'enormità della spese facesse mutare il parere dell'assemblea ma anche questa volta non riuscì nel suo intento e furono decretrati pieni poteri per gli strateghi con l'incarico di curare tutti i preparativi.
Mentre si svolgevano gli arruolamenti, una notte, tutte le erme (i busti di
Ermes
) di
Atene
vennero mutilate.
Gli avversari di
Alcibiade
ne approfittarono per accusarlo di essere coinvolto in questo e in altri atti sacrileghi che si erano verificati in precedenza.
Alcibiade
chiese di essere processato prima di partire per la
Sicilia
ma i suoi avversare, per avere il tempo di costruire meglio le loro accuse, insistettero per la partenza immediata.
L'apparato dell'esercito che prese il mare diretto in
Sicilia
era grandioso per il numero dei soldati e dei marinai, per le dotazioni delle navi e per i grandi capitali che
Atene
e le città alleate avevano devoluto nell'impresa.
Intanto a
Siracusa
erano giunte notizie più o meno precise riguardo alla spedizione greca e
Ermocrate
, che riteneva affidabili le sue fonti, ne parlò alla cittadinanza.
Ermocrate
propose di organizzare adeguate difese chiedendo di partecipare a tutte le città della
Sicilia
e cercando l'alleanza dei
Cartaginesi
, degli
Spartani
e dei
Corinzi
. Proponeva inoltre di andare incontro alla flotta ateniese per affrontarla nel mare di
Taranto
dove, a suo parere, i nemici sarebbero stati in grave difficoltà combattendo senza punti di appoggio sulla terraferma, mentre i
Siracusani
potevavno contare sull'aiuto di
Taranto
loro alleata.
I
Siracusani
erano scettici sugli argomenti di
Ermocrate
e contro di lui parlò
Atenagora
accusandolo di fare dell'allarmismo per il suo tornaconto personale e dicendosi convinto che gli
Ateniesi
fossero troppo esperti delle cose di guerra per affrontare una spedizione tanto pericolosa.
Infine gli strateghi si fecero carico di preparare le difese per un eventuale attacco e di tenere sotto controllo la situazione, sedando sul nascere le tensioni che la minaccia esterna e le rivalità interne potevano provocare.
La flotta greca partì e raggiunse il
Promontorio Iapigio
e
Taranto
senza mai trovare una città disposta ad accogliere i naviganti e commerciare con loro. Solo a
Reggio
fu concesso ai
Greci
di sbarcare, piantare un campo fuori dalla città e acquistare rifornimenti. I
Reggini
dichiararono che sarebbero rimasti neutrali, intanto in
Sicilia
, eliminati i dubbi sull'arrivo degli
Ateniesi
, si lavorava alacremente alle difese.
Navi inviate a
Segesta
in avanscoperta tornarono con la notizia che le ricchezze vantate dai
Segestani
non esistevano e che gli ambasciatori erano stati ingannati.
A questo punto
Nicia
propose di ridimensionare gli obiettivi della spedizione per evitare di andare incontro a costi eccessivi e di limitarsi a risolvere la questione fra
Segesta
e
Selinunte
.
Alcibiade
, invece, era dell'avviso che tornare in patria con così modesti risultati sarebbe stato vergognoso e proponeva di cercare alleanze e finanziamenti presso altre città siciliane, a cominciare da
Messina
.
Dal canto suo Lamaco proponeva di attaccare a sorpresa
Siracusa
per isolarla e stabilire una base a
Megara
che non era difesa ed era vicina a
Siracusa
.
Gli strateghi, tranne uno, partirono con sessanta navi costeggiando l'isola. Furono accolti a
Nasso
ma non a
Catania
. Gli
Ateniesi
inviarono alcune navi a
Siracusa
per esortare i
Leontini
che vi si trovavano a unirsi a loro e
Alcibiade
veniva inviato a trattare con
Catania
. Mentre
Alcibiade
parlava all'assemblea l'esercito greco penetrò in città e i
Catanesi
filosiracusani fuggirono mentre gli altri accettarono subito l'alleanza con gli
Ateniesi
.
Arrivò una nave da
Atene
che recava a
Alcibiade
l'ordine di tornare per essere processato a proposito degli episodi di sacrilegio. La vicenda aveva avuto in
Atene
molto risalto e provocando molte delazioni spesso malevole aveva creato un clima di grande sospetto.
Tucidide
trae spunto da questa situazione per introdurre una digressione sull'episodio di
Armodio
e
Aristogitone
.
Alla morte di
Pisistrato
il potere era passato al figlio maggiore
Ippia
. Il popolo non era scontento del governo dei Pisistratidi che, pur essendo tiranni, avevano pretese moderate e governavano con capacità.
Un cittadino di media condizione di nome
Aristogitone
era l'amante del giovane
Armodio
del quale
Ippia
si era innamorato.
Armodio
respinse le advances di
Ippia
il quale lo offese in vari modi provocando l'odio dei due amanti che, con altro congiurati, organizzarono un attentato per le feste Panatenee, ma al momento dell'azione fu ucciso
Ipparco
.
Aristogitone
in un primo momento sfuggì all'arresto mentre
Armodio
venne ucciso sul posto.
Da quel giorno
Ippia
divenne sospettoso e crudele e le condizioni di vita degli
Ateniesi
peggiorarono drammaticamente.
Ippia
fu deposto tre anni dopo e si trasferì a
Lampsaco
presso
Eantida
, figlio del tiranno
Ippoclo
, al quale aveva fatto sposare la figlia
Archedice
, in seguito si recò presso il re
Dario
e venti anni dopo prese parte alla spedizione persiana contro la
Grecia
.
A quanto si diceva
Armodio
e
Aristogitone
avevano perso il controllo quando avevano visto un altro congiurato parlare con
Ippia
e avevano creduto che li stesse denunciando.
Il periodo di
Pisistrato
e dei suoi figli era ancora vivo nella memoria degli
Ateniesi
che erano molto sospettosi verso qualsiasi episodio inusuale e a aggravare i sospetti fu un delatore che, in cambio dell'impunità, indicò gli autori del sacrilegio delle erme.
Alcibiade
era seriamente sospettato di aver profanato i riti misterici e di aver complottato con
Spartani
e
Argivi
per occupare
Atene
e prendere il potere, cosa che si credeva sarebbe certamente accaduta se i suoi congiurati in città non fossero stati catturati grazie al delatore.
Alcibiade
ricevette dunque l'ordine di rientrare a
Atene
per il processo ma fuggì nel
Peloponneso
e durante il viaggio fu condannato a morte in contumacia con i suoi compagni.
I due strateghi rimasti in
Sicilia
ridivisero l'esercito fra loro.
Nicia
ottenne trenta talenti da
Segesta
e altri fondi furono raccolti con la vendita degli schiavi. Alla fine dell'estate l'esercito greco si trovava a
Catania
.
Durante l'inverno i
Siracusani
attesero a lungo senza agire e i
Siracusani
, preso coraggio, stavano organizzandosi per attaccarli. In realtà anche gli
Ateniesi
si stavano preparando ma cercavano l'occasione per trovare una posizione loro favorevole vicino a
Siracusa
. Se la procurarono con uno stratagemma: fecero credere ai
Siracusani
che se li avessero attaccati dove si trovavano la popolazione di
Catania
avrebbe collaborato.
Ciò bastò per attirare il grosso dell'esercito siracusano molto lontano e dare il tempo agli
Ateniesi
che si erano intanto avvicinati a
Siracusa
navigando di notte, di scegliere il luogo più adatto e piantarvi un campo fortificato.
Il giorno successivo ebbe luogo la battaglia. I
Siracusani
e i loro alleati erano molto numerosi e non mancava loro il coraggio ma le loro capacità militari erano molto inferiori a quelle dei nemici. La lunga battaglia alla fine fu vinta dagli
Ateniesi
che non tentarono altre azioni contro
Siracusa
e tornarono via mare a
Catania
rimandando un nuovo attacco alla primavera mentre progettavano di far arrivare da
Atene
una cavalleria in grado di fronteggiare quella nemica.
A
Siracusa
Ermocrate
parlò in assemblea per infondere coraggio ai cittadini e proporre che fossero nominati nuovi strateghi, in numero minore dei quindici che in quel periodo comandavano l'esercito, e con maggiori esperienze e capacità.
La proposta fu approvata e furono eletti tre strateghi: Eraclide, Sicano e lo stesso
Ermocrate
.
Durante l'inverno gli
Ateniesi
tentarono senza successo la conquista di
Messene
con l'aiuto dei cittadini dissidenti, ma
Alcibiade
prima di partire aveva avvertito gli abitanti filospartani di
Messene
e ciò fece fallire il progetto.
Siracusani
e
Ateniesi
inviarono ambasciatori a
Camarina
per ottenerne l'alleanza. Per
Siracusa
andò personalmente
Ermocrate
che pronunciò un discorso non privo di minacce esortando i
Camarinesi
ad aiutare i
Siracusani
senza preoccuparsi di un vecchio trattato di alleanza che avevano con
Atene
a scopo difensivo e non riguardava le presenti circostanze in cui erano gli
Ateniesi
ad attaccare.
Per gli
Ateniesi
parlò l'ambasciatore Eufemo il quale ovviamente respinse le accuse di
Ermocrate
e spiegò che gli
Ateniesi
cercavano alleati in
Sicilia
per combattere le mire espansionistiche dei
Siracusani
nell'isola ma anche per impedire il loro intervento in
Grecia
in favore degli
Spartani
.
I cittadini di
Camarina
avevano timore della rappresaglia del vincitore se fosse capitato loro di accettare l'alleanza dello sconfitto, quindi risposero che per rispetto di tutti gli accordi esistenti si sarebbero mantenuti neutrali e congedarono gli ambasciatori.
Gli
Ateniesi
continuarono a cercare alleati in
Sicilia
, in
Italia
e anche a
Cartagine
, i
Siracusani
continuarono a inviare ambasciatori nel
Peloponneso
per suscitare azioni contro
Atene
.
A
Sparta
si trovava
Alcibiade
in esilio che prese ad appoggiare le proposte dei
Siracusani
. Parlò in assemblea dei veri obiettivi della spedizione Ateniese in
Sicilia
che solo in apparenza aveva lo scopo di aiutare
Segestani
e
Leontini
, in realtà si voleva sottomettere l'intera isola e, se possibile, l'
Italia Meridionale
e
Cartagine
, quindi raccogliere enormi risorse militari e finanziarie e concentrarle contro il
Peloponneso
: se gli
Spartani
non fossero intervenuti subito in
Sicilia
si sarebbero trovati a fronteggiare un nemico che mai, in tutta la guerra, era stato così forte.
Alcibiade
esortò quindi gli
Spartani
ad inviare truppe in
Sicilia
e in
e a intensificare le azioni in
Attica
. Giustificò il suo comportamento dicendo che non intendeva tradire la sua patria ma liberarla da quanti l'avevano tradito ed esiliato e, sperava con l'aiuto degli
Spartani
di poter tornare in
Atene
per ripristinarvi la libertà.
Gli
Spartani
approvarono le proposte di
Alcibiade
e affidarono a
Gilippo
il compito di preparare una spedizione e di prendere contatti con i
Siracusani
e con gli alleati di
Corinto
.
Si era alla fine del diciassettesimo anno di guerra.
All'inizio della primavera del diciottesimo anno di guerra (
414
-
413 a.C.
), gli
Ateniesi
occuparono il territorio di Megara di
Sicilia
. I
Siracusani
decisero di sorvegliare un luogo elevato detto
Epipoli
che, se occupato dal nemico, avrebbe costituito un vero pericolo per le loro difese ed affidarono questa sorveglianza ad un esule di
Andro
di nome Diomilo.
Furono tuttavia preceduti dagli
Ateniesi
che durante la notte erano sbarcati a
Tapso
, non lontano da
Siracusa
, e con un'azione molto rapida occuparono le
Epipoli
sbaragliando la guardia ed uccidendo Diomilo.
Il giorno successivo gli
Ateniesi
costruirono un forte sul Labdalo all'estremità delle
Epipoli
e con i contributi degli alleati riunirono seicentocinquanta cavalieri.
Accampatisi fuori
Siracusa
, gli
Ateniesi
protessero il loro campo con un muro circolare. Anche i
Siracusani
costruirono un muro e una palizzata ma li custodirono con negligenza e una rapida azione ateniese bastò a distruggere le loro nuove fortificazioni.
Finalmente gli
Ateniesi
attaccarono e colpirono duramente le difese
Siracusa
ne.
Tucidide
racconta anche momenti della battaglia in cui una o l'altra ala dell'esercito attaccante si trovò in difficoltà, ma alla fine lo scontro fu vinto dagli
Ateniesi
mentre le loro navi, costeggiando da
Tapso
, raggiungevano il porto grande di
Siracusa
.
Dopo di ciò gli
Ateniesi
, avendo riunito esercito e flotta e ricevuto rinforzi da nuovi alleati siculi, bloccarono i
Siracusani
con un doppio muro dalle
Epipoli
al mare.
Nicia
era ormai l'unico comandante perché Lamaco era caduto nell'ultima battaglia. I
Siracusani
avviarono trattative con lui e intanto destituirono i loro strateghi sostituendoli con Eraclide, Eucle e Tellia.
Gilippo
di
Sparta
e Pitane di
Corinto
attraversarono lo
Ionio
con poche navi fino a
Taranto
ma qui rimasero bloccati dalle condizioni del mare.
Nella stessa estate gli
Argivi
furono attaccati dai
Lacedemoni
e gli
Ateniesi
, per difenderli, ruppero scopertamente la tregua.
LIBRO VII
Gilippo
e Pitane costeggiarono da
Taranto
fino a Locri Epizefiri quindi decisero di approdare a
Imera
e da lì raggiungere
Siracusa
da terra per attaccare all'altezza delle
Epipoli
. Alle loro forze si unirono truppe di
Siculi
e altre giunte da
Corinto
, oltre ovviamente ai
Siracusani
. Prima di combattere
Gilippo
offrì una tregua agli
Ateniesi
per lasciare l'isola entro cinque giorni,
Nicia
rifiutò ma schierò il suo esercito ed attese senza attaccare. Anche
Gilippo
si accampò su un'altura mandando soldati a conquistare il forte di Labdalo.
In sostanza i due eserciti presero tempo per rinforzare le rispettive fortificazioni finché
Gilippo
decise di attaccare ma commise un errore scegliendo di combattere in uno spazio troppo ristretto per la cavalleria.
Gli
Ateniesi
vinsero la battaglia ma furono sconfitti nello scontro successivo e i
Siracusani
ne approfittarono per completare la loro muraglia che andava dalla città al mare ed impediva al nemico di bloccare il passaggio.
Arrivarono altre navi da
Corinto
e da
Leucade
e
Nicia
, preoccupato per la situazione, scrisse ad
Atene
chiedendo di rinunciare all'impresa o di ricevere nuovi cospicui rinforzi. Nella lettera lamentava le difficoltà con gli approvvigionamenti, con la manutenzione delle navi, con le diserzioni dei mercenari. Chiedeva inoltre di essere esonerato per motivi di salute.
L'assemblea decise di inviare un altro esercito di terra e di mare e
Nicia
non fu destituito ma per alleviare le sue fatiche e le sue responsabilità gli vennero affiancati due colleghi, Menandro ed Eutidemo, che si trovavano già in
Sicilia
in attesa che giungessero i comandanti del nuovo esercito:
Demostene
e Eurimedonte. Quest'ultimo partì subito per informare
Nicia
sulle decisioni prese ad
Atene
e portare i primi soccorsi.
Finiva il diciottesimo anno di guerra.
All'inizio della primavera successiva (19mo anno,
413
-
412 a.C.
) gli
Spartani
invasero l'
Attica
guidati dal re
Agide
e costruirono un forte a
Decelea
in posizione strategica rispetto ad
Atene
.
Contemporaneamente dal
Peloponneso
furono inviate in
Sicilia
navi mercantili cariche di
opliti
e da
Atene
partì
Demostene
con il nuovo esercito.
Gilippo
tornò con forze reclutate in diversi luoghi della
Sicilia
e con l'aiuto di
Ermocrate
convinse i
Siracusani
a sferrare un attacco a sorpresa sul mare ingaggiando una battaglia navale con gli
Ateniesi
. L'esperienza marittima dei
Siracusani
non era all'altezza di quella degli
Ateniesi
che vinsero la battaglia ma mentre le navi erano impegnate nel combattimento
Gilippo
conquistò facilmente tre forti nemici lungo la costa, recando gravissimo danno agli
Ateniesi
che venivano così privati degli approvvigionamenti dal mare.
Anche in
Attica
gli
Ateniesi
subivano gravi danni e pericoli a causa del forte di
Decelea
dal quale gli
Spartani
facevano continue incursioni impedendo il lavoro dei campi e depredando il territorio. Migliaia di schiavi approfittando della situazione erano fuggiti da
Atene
, molto bestiame era perduto, molti cavalli erano feriti o morti nei combattimenti contro gli
Spartani
.
Le finanze
Ateniesi
risentivano pesantemente delle due guerre in corso e del maggior costo degli approvvigionamenti dovuti al blocco dei trasporti stradali a
Decelea
(si doveva infatti trasportare ogni merce via mare aggirando il promontorio del
Sunion
), perciò un contingente di milletrecento mercenari traci fu rimandato indietro per evitare le spese del loro compenso.
Diitrefe
ebbe l'incarico di ricondurli indietro utilizzandoli lungo la marcia per recare danni al nemico. Assalì la città di
Micalesso
dove i
Traci
, lasciandosi andare al saccheggio, fecero una strage di violenza inaudita. Allontanandosi da
Micalesso
i mercenari furono attaccati dalla cavalleria tebana che ne uccise circa duecentocinquanta.
Demostene
e Eurimedonte continuavano ad arruolare
opliti
per la guerra in
Sicilia
mentre
Conone
a
Naupatto
si preparava ad affrontare la battaglia navale contro i
Corinzi
. Anche a
Siracusa
si concentravano nuove risorse militari, contingenti inviati da
Gela
, da
Camarina
e da altre città che fino ad allora non erano intervenute.
Demostene
e Eurimedonte partirono da
Corcira
con l'esercito, fecero sosta a
Metaponto
dove raccolsero altri rinforzi e quindi a Turi dove aveva preso il potere la fazione filoateniese.
Le navi
Ateniesi
di
Naupatto
si scontrarono con quelle di
Corinto
nelle acque dell'
Acaia
all'altezza di Erineo ma l'esito della battaglia non fu chiaro perchè entrambe le parti subirono soltanto danni alle navi, quindi sia gli
Ateniesi
, sia i
Corinzi
, alzarono trofei considerando di aver vinto.
Una più grande battaglia fu combattuta in due giornate nel porto grande di
Siracusa
. I
Siracusani
che avevano imparate dalle precedenti sconfitte, avevano modificato le loro navi rendendole più robuste a prora e in grado di fronteggiare meglio il modo di combattere degli
Ateniesi
. La scelta risultò opportuna e gli
Ateniesi
persero in questo scontro molte navi e molti uomini.
. Nondimeno l'arrivo del nuovo esercito comandato da
Demostene
sbigottì i
Siracusani
che lo considerarono una dimostrazione dell'inesauribile potenza ateniese.
Demostene
decise di sfruttare la situazione e di attaccare subito per impadronirsi delle
Epipoli
e abbattere il muro di protezione di
Siracusa
.
Attaccando di notte,
Demostene
riuscì ad eludere le sentinelle e a impadronirsi delle
Epipoli
ma nei combattimenti che seguirono a causa dell'oscurità si creò grande confusione e i
Siracusani
che conoscevano meglio i luoghi vinsero la battaglia respingendo gli
Ateniesi
e uccidendone molti.
Dopo la sconfitta
Demostene
propose di abbandonare la
Sicilia
mettendo subito fine ad un'impresa che si stava rivelando inutile e senza speranza di successo. Il suo collega Eurimedonte appoggiò questa opinione ma
Nicia
, che aveva ricevuto in segreto un messo della fazione siracusana favorevole alla resa, si oppose alla partenza sostenendo che continuando l'assedio i
Siracusani
, che si servivano prevalentemente di milizie mercenarie, avrebbero dovuto capitolare per mancanza di denaro.
Quando i
Siracusani
ricevettero una nuova armata dal
Peloponneso
, tuttavia, anche
Nicia
cambiò opinione e non si oppose più alla partenza, ma mentre l'esercito
Ateniesi
si stava imbarcando si verificò un'eclissi di luna e gli indovini affermarono che non si sarebbe potuta lasciare l'isola prima di ventisette giorni.
Gilippo
, informato di questi eventi, decise di agire subito e dopo una rapida azione terrestre i
Siracusani
ingaggiarono una battaglia navale che vinsero gloriosamente affondando diciotto nati
Ateniesi
. L'esito della battaglia fu determinante per il morale dei contendenti: gli
Ateniesi
erano ormai del tutto scoraggiati e si rendevano conto che l'avversario li eguagliava in tutto e non potevano sconfiggerlo, i
Siracusa
li erano orgogliesi della vittoria e progettavano di bloccare e distruggere le navi e l'esercito nemico in modo da compiere un'azione di enorme rilievo davanti a tutto il mondo greco. In questa guerra, infatti, erano state coinvolte numerose città della
Grecia
e della
Sicilia
e, lungi dall'essere un conflitto locale, era stata una grande guerra fra
Ioni
e
Dori
.
Tucidide
fornisce qui un catalogo dettagliato degli alleati di
Atene
(§57) e di quelli di
Siracusa
(§58).
Dal canto loro gli
Ateniesi
, ben consapevoli del pericolo che correvano, decisero di affrontare un'ultima battaglia navale nel porto di
Siracusa
per poterne uscire in sicurezza. Più che di una battaglia navale doveva trattarsi di un combattimento di fanteria perché le imbarcazioni
Ateniesi
sarebbero state cariche di soldati ben oltre la consuetudine.
Avendo subito molti danni nelle occasioni precedenti per gli "orecchioni" e le varie attrezzature da combattimento che i
Siracusani
avevano montato sulle loro navi, si attrezzarono con le "mani di ferro" che dovevano servire a bloccare i natanti nemici e i
Siracusani
, avendolo notato, rivestirono parti delle loro navi di cuoio per rendere più difficile la presa delle mani di ferro.
Gli strateghi
Demostene
, Menandro e Eutidemo salparono con la flotta e si diressero verso lo sbarramento del porto per forzarlo e uscire mentre
Nicia
schierava a terra gli
opliti
non imbarcati per incoraggiare e aiutare come poteva quanti erano sulle navi.
Tucidide
descriveva la battaglia con grande tensione, circa duecento navi che si scontravano nello spazio ristretto del porto dove i piloti spesso non avevano possibilità di manovrare liberamente. Le navi si scontravano e subito i soldati che erano a bordo cominciavano a battersi tentando di conquistare la nave avversaria. Ovunque grida, clamore, orribile confusione.
Infine i
Siracusani
, pur subendo grandi perdite, vinsero la battaglia e si videro gli
Ateniesi
precipitarsi verso la riva per cercare soccorso fra i compagni. Pochi tentarono di proteggere ancora il muro di cinta del campo ateniese, i più tentarono di darsi a una fuga disperata e senza meta.
Demostene
e
Nicia
decisero di caricare tutti i loro soldati sulle navi rimaste e tentare di forzare il blocco del porto all'alba per prendere il mare e fuggire ma i soldati si rifiutarono di imbarcarsi per paura di essere nuovamente battuti e pensavano di ritirarsi per via di terra.
Ermocrate
, che lo aveva previsto, sollecitò i
Siracusani
perché impedissero ai nemici di disperdersi nell'isola dove in seguito avrebbero potuto riorganizzarsi e costituire di nuovo un pericolo. Non era facile, tuttavia, organizzare subito la sorveglianza perché i
Siracusani
vincitori si erano dati ai festeggiamenti e al bere, così
Ermocrate
inviò alcuni informatori dagli strateghi
Ateniesi
con il malevolo consiglio di rimandare la partenza perché le strade erano presidiate. Lo stratagemma riuscì e gli
Ateniesi
attesero due giorni prima di muoversi.
Fu una partenza drammatica: quattromila uomini fra
Ateniesi
e alleati che si muovevano lasciando dietro di se i malati, i feriti e i cadaveri insepolti. Ognuno aveva preso con se il minimo indispensabile sapendo che non sarebbe bastato perché nel campo era finito il grano. Partivano mestamente a piedi, tutte le navi perdute, in parte bruciate dagli stessi
Ateniesi
, in parte requisite dagli uomini di
Gilippo
che le avevano trovate abbandonate.
I
Greci
marciavano schierati in quadrato, con gli
opliti
lungo i lati e gli altri al centro. Giunti al fiume
Anapo
trovarono sentinelle di
Siracusa
, le misero in fuga e superarono il guado ma poco dopo furono molestati dalla cavalleria e dalla cavalleria nemiche.
Dopo alcuni giorni di tentativi falliti,
Demostene
e
Nicia
decisero di lasciare la via per
Catania
e deviare verso
Gela
e
Camarina
. Partirono di notte e guadagnarono un certo vantaggio ma quando i
Siracusani
raggiunsero la retroguardia ateniese che era formata dall'esercito di
Demostene
, la dispersero rapidamente.
Gilippo
offrì l'incolumità in cambio della resa e seimila
Ateniesi
gettarono le armi e furono condotti a
Siracusa
.
L'esercito di
Nicia
riuscì a superare il fiume Erineo e quando fu raggiunto dai
Siracusani
oppose alle offerte di
Gilippo
la proposta di un riscatto in denaro. I
Siracusani
rifiutarono e ripresero i combattimenti.
Raggiunto il fiume
Assinaro
gli
Ateniesi
si gettarono freneticamente sulla riva stremati dalla sete ma subirono un nuovo massacro perché i
Peloponnesiaci
di
Gilippo
, che si trovavano in posizione elevata, li colpirono agevolmente con frecce e giavellotti. Infine
Nicia
, per salvare i superstiti, si arrese a
Gilippo
che ordinò di catturare tutti gli
Ateniesi
ancora vivi.
Una parte riuscì a fuggire subito, altri fuggirono o furono liberati dopo un periodo di schiavitù e si rifugiarono a
Catania
.
I prigionieri furono gettati nelle latomie dove furono tenuti in condizioni disumane per mesi prima di essere venduti come schiavi.
Demostene
e
Nicia
furono uccisi contro il volere di
Gilippo
che avrebbe preferito portarli con se a
Sparta
come prigionieri di guerra.
LIBRO VIII
La notizia della disfatta in
Sicilia
gettò gli
Ateniesi
nella più cupa disperazione e suscitò in loro la paura di essere attaccati da ogni direzione ora che non avevano più uomini e mezzi per difendersi.
In effetti tutte le città soggette ad
Atene
erano pronte a ribellarsi e quelle che si erano fin qui mantenute neutrali progettavano di attaccare gli
Ateniesi
per avere la loro parte di benefici.
Tuttavia gli
Ateniesi
trovarono la forza per reagire, nominarono nuovi magistrati ed avviarono la costruzione di una nuova flotta preparandosi ad affrontare qualunque sacrificio e riducendo ogni possibile spesa.
Dal canto loro gli
Spartani
, entusiasti per la situazione e fidando nell'alleanza di
Siracusa
, affidarono al re
Agide
l'incarico di raccogliere insieme agli alleati un poderoso esercito ed allestire una nuova flotta per sferrare l'attacco decisivo.
Per svolgere queste mansioni
Agide
si stabilì a
Decelea
e qui ricevette ambasciatori degli
Eubeesi
che erano pronti a defezionare da
Atene
. Analoghe notizie ebbe da
Lesbo
mentre i
Chii
e gli Eritrei si rivolsero direttamente a
Sparta
chiedendo sostegno per la loro ribellione. Anche i
Persiani
erano interessati ad un accordo con
Sparta
perché volevano ripristrinare il versamento dei tributi delle città greche un tempo soggette al controllo persiano e poi entrate nell'influenza ateniese.
Due legazioni persiane giunsero contemporaneamente a
Sparta
: quella di
Tissaferne
satrapo
delle regioni costiere dell'
Asia Minore
e quella di
Farnabazo
satrapo
della
Frigia
. Entrambi i
satrapi
pretendevano la precedenza nelle azioni da svolgersi in alleanza con
Sparta
contro
Atene
, ma gli
Spartani
decisero di favorire
Tissaferne
.
Con la primavera successiva, inizio del ventesimo anno di guerra (
412
-
411 a.C.
) a
Sparta
si decise di intervenire a
Chio
e a questo fine furono preparate a
Corinto
trentanove navi fra quelle persiane e quelle alleate.
La flotta era comandata da
Calcideo
, dopo
Chio
avrebbe proseguito per
Lesbo
al comando di
Alcamene
e poi per l'
Ellesponto
dove avrebbe preso il comando
Clearco
.
La partenza fu rimandata a causa della tregua per i
Giochi Istmici
e quando
Alcamene
partì da
Corinto
con metà delle navi preparate dirigendosi a
Chio
, gli
Ateniesi
avevano ormai conosciuto i piani di ribellione dei
Chii
e intercettarono le navi dei
Peloponnesiaci
, ne affondarono molte ed uccisero molti uomini fra cui
Alcamene
nei pressi del porto dove le superstiti imbarcazioni spartane rimasero bloccate e sorvegliate dagli
Ateniesi
.
Gli
Spartani
, demoralizzati da questo primo insuccesso in quella fase del conflitto che sarà poi detta "guerra della
Ionia
", stavano per abbandonare la spedizione a
Chio
ma
Alcibiade
convinse Endio e gli altri Efori a perseverare e partì egli stesso per
Chio
insieme a
Calcideo
con cinque navi. Rapidamente indussero alla defezione
Chio
, Eritra e
Clazomene
.
La notizia spinse gli
Ateniesi
a servirsi delle riserve finanziarie che in precedenza si erano proposti di non usare mai per la guerra ed allestirono nuove navi per intervenire sulle città ribelli prima che il loro esempio si diffondesse fra gli alleati.
L'ateniese
Strombichide
con otto navi visitò
Samo
e
Teo
per assicurarsi che rimanessero fedeli a
Atene
, ma anche
Calcideo
raggiunse
Teo
e distrusse il forte costruito dagli
Ateniesi
.
Calcideo
e
Alcibiade
fecero defezionare anche
Mileto
e poco dopo
Sparta
firmò un'alleanza contro
Atene
con
Tissaferne
e con il re di
Persia
.
Divenne navarco della flotta spartana
Astioco
. A lui si unirono le navi che erano riuscite a forzare il blocco ateniese a
Chio
.
Intanto a
Samo
il partito democratico, con aiuto
Ateniesi
, si ribellò al governo oligarchico e prese il potere.
Gli
Ateniesi
Leonte
e
Diomedonte
con venticinque navi, agendo con grande rapidità, riuscirono a occupare
Mitilene
e a reprimere la defezione di
Clazomene
senza che
Astioco
potesse opporre significativa resistenza.
Intanto altre navi ateniesi attaccarono
Lesbo
(negli scontri fu ucciso
Calcideo
), poi si unirono a quelle di
Leonte
e
Diomedonte
e fecero rotta verso
Chio
.
Vinti i
Chii
in tre battaglie consecutive, gli
Ateniesi
saccheggiarono l'isola che era molto ricca perché aveva sempre evitato danni di guerra e la defezione da
Atene
era il primo errore politico che i
Chii
commettevano dopo molto tempo.
Gli strateghi ateniesi
Frinico
,
Onomacle
e
Scironide
attaccarono
Mileto
e sconfissero i
Peloponnesiaci
che vi si erano recati con
Calcideo
e un contingente di
Tissaferne
, ma i
Milesi
vinsero gli
Argivi
che combattevano con gli
Ateniesi
. Gli strateghi considerarono comunque vinta la battaglia ed iniziarono l'assedio di
Mileto
ma presto arrivò una flotta di
Lacedemoni
e di
Siracusani
proveniente dalla
Sicilia
. Su consiglio di
Frinico
gli
Ateniesi
decisero di non affrontare in quel momento un pericoloso scontro con il nemico e si spostarono a
Samo
provocando l'indignazione degli
Argivi
che tornarono alla loro città.
Anche i
Peloponnesiaci
non sostarono a
Mileto
e, accogliendo una richiesta di
Tissaferne
, andarono a conquistare la città di
Iaso
che era occupata dal ribelle persiano
Amorge
figlio di
Pissutne
.
Amorge
fu catturato e consegnato a
Tissaferne
,
Iaso
venne saccheggiata.
L'inverno successivo (ventunesimo anno di guerra,
412
-
411 a.C.
) le forze ateniesi si concentrarono a
Samo
con l'aggiunta di trentacinque navi comandate dagli strateghi
Carmino
,
Strombichide
e
Euctemone
, quindi una parte di questa flotta mosse contro
Chio
mentre gli altri rimasero a
Samo
compiendo incursioni contro
Mileto
.
In questo frangente,
Astioco
tentò senza successo di prendere in mano la situazione cercando inutilmente di occupare
Clazomene
e di sollevare altre ribellioni antiateniesi in varie località. Lo spartano Ippocrate recò aiuti alla città di
Cnido
che si era ribellata e respinse gli
Ateniesi
quando tentarono di espugnarla.
Astioco
rifiutò aiuto agli abitanti di
Chio
assediati dagli
Ateniesi
e fu segnalato a
Sparta
da
Pedarito
comandante delle forze spartane a
Chio
.
Lo spartiata
Antistene
al comando di ventisette navi si diresse verso la
Ionia
, era con lui una commissione incaricata di indagare sull'operato di
Astioco
e, se necessario, di deporlo dal comando sostituendolo con
Antistene
.
Quando
Astioco
, che stava finalmente per recarsi a
Chio
, seppe dell'arrivo degli ispettori, decise di andare loro incontro e facendolo si scontrò con le navi dello stratego ateniese
Carmino
in una battaglia che riuscì a vincere pur perdendo alcune sue navi.
La commissione spartana si incontrò con
Tissaferne
e invalidò i trattati di alleanza affermando che
Sparta
non avrebbe tolto la libertà a città greche per sottometterle ai
Persiani
.
Procedendo il viaggio i
Lacedemoni
giunsero a
Rodi
e riuscirono a provocarne la defezione da
Atene
. Intanto i rapporti di
Alcibiade
con gli
Spartani
si erano guastati per vari motivi fra cui la sua ostilità verso
Agide
, perciò l'ateniese si procurò l'amicizia di
Tissaferne
e prese a dargli consigli per nuocere ai
Peloponnesiaci
, in particolare in materia finanziaria.
Alcibiade
suggeriva inoltre a
Tissaferne
di non tentare di affrettare la fine della guerra evitando che uno dei contendenti, vincendo, diventasse troppo forte e rifiutasse di cooperare con i
Persiani
.
Accogliendo i consigli di
Alcibiade
,
Tissaferne
distribuiva i compensi concordati con i
Peloponnesiaci
in modo irregolare e non li lasciava combattere in mare in modo che la loro flotta, divenuta molto potente, rimanesse inutilizzata.
Intanto
Alcibiade
scriveva ai comandanti degli
Ateniesi
di stanza a
Samo
lettere che fecero nascere l'idea di una restaurazione oligarchica. Abbandonare la costituzione democratica era infatti condizione indispensabile per ottenere l'amicizia di
Tissaferne
e del re.
Mentre le proposte di
Alcibiade
andavano riscuotendo attenzione e favore, il solo
Frinico
si opponeva denunciando le vere intenzioni di
Alcibiade
e evidenziando come un cambiamento di regime in
Atene
non avrebbe cambiato le sorti della guerra.
In breve si formò intorno ad
Alcibiade
una congiura per abbattere la democrazia e i congiurati inviarono
Pisandro
da
Samo
a
Atene
per proporre il rientro di
Alcibiade
e l'alleanza con
Tissaferne
.
Pur di rovinare i piani di
Alcibiade
,
Frinico
prese a tramare con
Astioco
ma questi (pare per interesse personale) lo denunciò a
Alcibiade
e a
Tissaferne
.
Alcibiade
scrisse agli
Ateniesi
di
Samo
che
Frinico
si accordava con il nemico ma non venne creduto.
Pisandro
svolse con abilità la sua missione a
Atene
e convinse il popolo che l'oligarchia e l'amicizia dei
Persiani
erano indispensabili per evitare che la città venisse distrutta dai
Peloponnesiaci
. Ebbe quindi l'incarico di ripartire e condurre le necessarie trattative con
Alcibiade
e
Tissaferne
; riuscì inoltre a far destituire dal comando
Frinico
e il suo collega
Scironide
che furono sostituiti da
Diomedonte
e
Leonte
. Questi ultimi compirono un'azione vittoriosa contro i
Peloponnesiaci
a
Rodi
mentre a
Chio
Pedarito
perse la vita tentando di forzare l'assedio ateniese.
Alcibiade
fece in modo che le richieste di
Tissaferne
a
Pisandro
fossero troppo esose per evitare che la delegazione ateniese concludesse l'accordo e per screditare gli ambasciatori e
Tissaferne
rinnovò il trattato con gli
Spartani
pagando il mantenimento delle loro milizie.
Nel ventunesimo anno di guerra (
411
-
410 a.C.
), gli
Spartani
spinsero alla defezione
Abido
e
Lampsaco
ma l'ateniese
Strombichide
, che si trovava a
Chio
, intervenne prontamente e fece rientrare le ribellioni, inoltre stabilì un presidio sull'
Ellesponto
.
Intanto ad
Atene
veniva abbattuta la democrazia e
Pisandro
e
Diitrefe
ricevevano l'incarico di visitare le città soggette ad
Atene
per arrecare lo stesso cambiamento politico.
Il nuovo regime, come tutti i regimi, fu affermato con la violenta eliminazione degli avversari e con un clima di paura e diffidenza.
Furono scelte cento persone che a loro volta ne scelsero tre a testa costituendo così il
Consiglio dei Quattrocento
che aveva pieni poteri e poteva consultare, quando lo riteneva opportuno, l'assemblea che non poteva superare i cinquemila cittadini.
Questa organizzazione fu proposta da
Pisandro
ma il vero autore della formula era
Antifonte
. Uomo di grande oratoria e capacità, preferì lavorare nell'ombra influenzando con le sue opinioni e i suoi consigli le vicende politiche di quegli anni. Altri esponenti di spicco della fazione oligarchica che riuscì ad abbattere la democrazia ateniese che ormai governava da cento anni furono
Frinico
e
Teramene
.
I
Quattrocento
si insediarono presentandosi alla prima riunione ciascuno con un pugnale nascosto, particolare significativo, e liquidarono i precedenti magistrati pagando loro i compensi stabiliti.
Inviarono ambasciatori a
Decelea
presso
Agide
proponendo la pace a nome del nuovo governo ma
Agide
diffidò della novità e si portò davanti alle mura di
Atene
con tutto l'esercito, non notando reazioni da parte ateniese tornò indietro ed attese. Quando i
Quattrocento
inviarono un'altra ambasceria
Agide
si mostrò più disponibile e furono avviate trattative.
Furono inoltre inviati messi anche a
Samo
per assicurare l'esercito e i marinai sulla situazione. Intanto a
Samo
erano accadute novità fra gli
Ateniesi
che vi si trovavano: una fazione oligarchica di cui faceva parte lo stratego
Carmino
si preparava ad assalire gli avversari democratici che a loro volta si rivolsero a
Leonte
,
Diomedonte
,
Trasibulo
e
Trasillo
, tutti personaggi fortemente avversi all'oligarchia.
Un certo
Cherea
andò in missione ad
Atene
e tornato a
Samo
raccontò quanto aveva visto esagerando e mentendo sul comportamento dei
Quattrocento
per esacerbare l'animo dei soldati. Gli
Ateniesi
a
Samo
, insieme con gli abitanti dell'isola, finirono col costituire una repubblica retta democraticamente. Tutti i comandanti favorevoli all'oligarchia furono destituiti e sostituiti con altri fra i quali furono
Trasibulo
e
Trasillo
. Il possesso della flotta garantiva la possibilità di chiudere il porto bloccando i rifornimenti e i commerci degli oligarchici e ciò li incoraggiava a prepararsi a combattere per ripristinare la democrazia in
Atene
.
I
Peloponnesiaci
erano scontenti per l'immobilismo di
Astioco
e per l'irregolarità dei pagamenti di
Tissaferne
. Per mettere riparo alla tensione
Astioco
e i suoi ufficiali decisero un attacco navale contro
Samo
ma durante la navigazione seppero che
Strombichide
stava rientrando all'
Ellesponto
accrescendo la flotta stanziata a
Samo
e tornarono indietro.
Allora i
Peloponnesiaci
si rivolsero a
Farnabazo
al quale inviarono
Clearco
con quaranta navi ma questa missione fu annullata a causa di una tempesta che disperse la flotta.
Trasibulo
convinse gli
Ateniesi
di
Samo
a far rientrare
Alcibiade
e
Alcibiade
portò ai concittadini la promessa di
Tissaferne
di aiutarli abbandonando gli
Spartani
. Subito nominato stratego,
Alcibiade
ripartì senza indugio e tornò da
Tissaferne
per concordare il da farsi.
La tensione nei confronti di
Astioco
continuò ad aumentare finché da
Sparta
non fu mandato Mindaro per sostituirlo.
Intanto da
Atene
giunsero ambasciatori a
Samo
ma i soldati non accolsero le loro parole rassicuranti e sarebbero subito partiti per attaccare il
Pireo
se
Alcibiade
, con il suo grande ascendente, non fosse riuscito a trattenerli.
Alcibiade
era consapevole che se fosse scoppiata una guerra fra le opposte fazioni ateniesi i nemici ne avrebbero approfittato e rimandò gli ambasciatori raccomandando agli oligarchici di proteggere la città.
Tissaferne
, sempre incalzato dai
Peloponnesiaci
che lo sospettavano dichiaratamente per la sua amicizia con
Alcibiade
, prese tempo andando ad
Aspendo
dove una flotta fenicia ordinata dal re di
Persia
aspettava di essere consegnata ai
Lacedemoni
.
Tissaferne
non voleva favorire nè l'uno nè l'altro contendente quindi rimandò ancora con un pretesto la consegna delle navi.
Alcibiade
, che aveva saputo della sua partenza, si affrettò a raggiungerlo.
Gli oligarchici ateniesi più radicali (
Frinico
,
Aristarco
,
Pisandro
e
Antifonte
) avevano già inviato ambasciatori a
Sparta
ma quando vennero a conoscenza della posizione di
Alcibiade
e di quanti si trovavano a
Samo
decisero di bruciare le tappe e
Antifonte
e
Frinico
si recarono personalmente a
Sparta
per concludere la pace ad ogni costo, intanto si costruivano fortificazioni al
Pireo
per tenere il porto sotto controllo per ogni eventualità.
Al ritorno da
Sparta
Frinico
venne ucciso da un soldato in seguito a una congiura, catturato e torturato l'esecutore non rivelò chi fosse il suo mandante ma dagli interrogatori si comprese che i congiurati erano molti e appartenevano a diversi ambienti.
Poco dopo
Teramene
e
Aristocrate
suscitarono la ribellione degli
opliti
che stavano fortificando il
Pireo
. Lo stratego degli oligarchici
Alessicle
fu imprigionato e rilasciato il giorno successivo ma le fortificazioni vennero demolite.
I
Quattrocento
inviarono delegati che riuscirono a sedare momentaneamente la rivolta e fu fissato un giorno per discutere la situazione in un'assemblea generale, ma il giorno dell'assemblea si seppe che quarantadue navi nemiche comandate da
Agesandrida
costeggiavano
Salamina
.
A causa dei disordini interni gli
Ateniesi
non riuscirono a organizzare rapidamente le difese e furono battuti in mare presso
Eretria
. Quanti cercarono scampo a
Eretria
credendola amica furono trucidati dai cittadini improvvisamente ribellatisi ad
Atene
. Rapidamente i
Peloponnesiaci
occuparono l'
Eubea
.
L'evento era gravissimo per gli
Ateniesi
che si riunirono e destituirono i
Quattrocento
affidando il potere ai
Cinquemila
.
Alcibiade
venne richiamato in città e furono inviati messi a
Samo
ad esortare l'esercito a difendere lo stato.
Pisandro
,
Alessicle
e altri oligarchici fuggirono,
Aristarco
riuscì ad occupare con un inganno la fortezza di
Enoe
.
Intanto gli
Spartani
decisero di abbandonare
Tissaferne
che continuava a non pagare il sostentamento delle milizie e di passare a
Farnabazo
che li aveva invitati. Le navi peloponnesiache al comando di Mindaro salparono da
Mileto
per l'
Ellesponto
ma furono trattenute a
Chio
da una tempesta, gli
Ateniesi
di
Samo
decisero di prevenire Mindaro all'
Ellesponto
ed inviarono cinquantacinque navi al comando di
Trasillo
.
Si svolsero vari combattimenti a Ereso, Imbro,
Lemno
e Eleunte, ma la battaglia più importante vide schierate nelle acque dell'
Ellesponto
settantasei navi ateniesi comandate da
Trasibulo
e
Trasillo
contro ottantasei navi peloponnesiache e siracusane.
Lo scontro volgeva decisamente a favore dei
Peloponnesiaci
quando questi commisero l'errore di allentare il proprio schieramento mentre inseguivano il nemico. Gli
Ateniesi
non persero l'occasione per capovolgere la situazione e riportarono un'importante vittoria.
Pochi giorni dopo gli
Ateniesi
sconfissero altre navi nemiche e conquistarono
Cizico
che si era ribellata.
Alcibiade
annunciò di aver convinto
Tissaferne
a non consegnare le navi fenicie ai
Peloponnesiaci
.
Sul guastarsi dei rapporti fra
Tissaferne
e i
Peloponnesiaci
termina, incompiuta, l'opera di
Tucidide
.