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PLUTARCO DI CHERONEA
VITE DI
LISANDRO
E
SILLA
VITA DI
LISANDRO
Lisandro
apparteneva ad una famiglia nobile ma fu allevato in povertà, educato al rispetto delle tradizioni, si mostrò presto molto ambizioso. Non amò il denaro e, pur se procurò a
Sparta
grandi ricchezze con la guerra contro
Atene
, non ne approfittò mai personalmente.
La guerra fra
Sparta
e
Atene
si prolungava, gli Ateniesi, dopo la sconfitta subita in
Sicilia
, si stavano riprendendo grazie alla riorganizzazione della flotta curata da
Alcibiade
. Gli
Spartani
decisero a loro volta di potenziare il proprio apparato navale e militare ed affidarono il comando della flotta a
Lisandro
. Questi si stabilì ad
Efeso
dove aprì molti cantieri e rianimò i traffici del porto, con grande beneficio per la città. Instaurò rapporti amichevoli con
Ciro il Giovane
, figlio del re di
Persia
Dario II
e
satrapo
di
Sardi
, dal quale ottenne aiuti finanziari per la sua flotta.
Il primo scontro fra
Lisandro
e gli Ateniesi si verificò quando una nave ateniese, per provocazione, penetrò nel porto di
Efeso
. La battaglia, che fu vinta dagli
Spartani
, non fu un episodio rilevante se non per il discredito che ne derivò per
Alcibiade
, il quale venne destituito dal comando.
Lisandro
si procurò numerosi sostenitori dei quali favoriva, spesso senza scrupoli, l'avidità e le ambizioni. Quando scadde la sua carica di navarco (406 a.C.) venne sostituito dal giovane
Callicratida
.
Lisandro
si adoperò per denigrare e mettere in difficoltà il successore, questi dovette a sua volta cercare l'aiuto di
Ciro il Giovane
ma senza ottenerlo e morì poco dopo nella battaglia delle
Arginuse
. Una legge vietava a chiunque di ricoprire per due volte la carica di navarco ma gli
Spartani
, per compiacere i loro alleati e
Ciro il Giovane
, trovarono un espediente per reintegrare
Lisandro
nel comando.
Qui
Plutarco
da un primo ritratto negativo di
Lisandro
: disonesto e opportunista esaltava la giustizia solo quando ne traeva vantaggio, privilegiando sempre il proprio tornaconto. Anche nelle cose militari si serviva dell'inganno usando dire "dove non arriva la pelle di leone bisogna cucirvi sopra quella di volpe".
A
Mileto
, dove
Callicratida
aveva trasferito il quartier generale della navarchia,
Lisandro
sostenne gli aristocratici mentre tramava per provocare un'insurrezione popolare che poi egli stesso represse nel sangue.
Ciro il Giovane
rinnovò i suoi aiuti a
Lisandro
e gli promise, prima di partire per incontrare il padre
Dario II
, di procurargli molte navi per ingrandire la flotta. In attesa di questi rinforzi
Lisandro
si dedicò alla conquista di alcune isole, quindi attaccò e conquisto
Lampsaco
.
Ad
Egospotami
, non lontano da
Lampsaco
, la flotta spartana fu raggiunta da quella ateniese ma
Lisandro
rifiutò il combattimento per cinque giorni dando l'impressione di non sentirsi preparato per lo scontro. Gli Ateniesi acquistarono coraggio e finirono per diminuire l'attenzione. Il quinto giorno
Lisandro
attaccò improvvisamente catturando molte navi mentre le sue truppe di terra, lungo la costa, massacravano gli Ateniesi che erano sbarcati. Dopo una cruenta ma brevissima battaglia la flotta ateniese era distrutta (si salvarono solo poche navi sotto la guida dello stratego
Conone
) e la
guerra del Peloponneso
, così lunga e complessa, era finalmente terminata.
La rapidità della vittoria fece pensare a molti ad un intervento degli dei, non mancò chi disse di aver visto i
Dioscuri
presso la nave di
Lisandro
e chi speculò sul prodigio di una grande pietra caduta dal cielo presso i luoghi della battaglia.
Lisandro
affermò l'egemonia spartana sulle città sottomesse e su quelle alleate comportandosi da tiranno, conferendo cariche e primati ai suoi amici e rendendosi complice di stragi, ingiustizie e proscrizioni. Infine
Lisandro
assediò
Atene
costringendo i cittadini alla resa. Le condizioni imposte dagli efori furono dure: la distruzione del
Pireo
e delle Lunghe Mura, lo sgombero di tutte la città già nella sfera ateniese con il rientro in patria di tutti gli Ateniesi che vi si trovavano, il sequestro di tutte le navi.
In un clima di terrore,
Lisandro
modificò la costituzione ateniese sopprimendo la democrazia ed istituendo il consiglio dei Trenta al quale affidò il governo della città. Consegnò le grandi ricchezze che aveva accumulato durante la guerra a
Gilippo
perché le portasse a
Sparta
.
Gilippo
si impadronì di una parte del bottino e, scoperto, venne esiliato.
Molti
Spartani
furono contrari all'introduzione delle monete in argento e oro ed in generale al lusso ed alla ricchezza così lontani dal loro tradizionale stile di vita.
Nonostante la sua smisurata ambizione
Lisandro
disprezzava il denaro e non ne tenne per se destinando tutti i ricchi doni che riceveva alla città ed alle offerte votive. La dittatura di
Lisandro
corse un grave rischio quando fu denunciato dal
satrapo
della
Frigia Ellespontica
Farnabazo
, alleato degli
Spartani
, nella cui provincia
Lisandro
aveva compiuto numerosi saccheggi.
Gli efori richiamarono
Lisandro
a
Sparta
per giudicare il suo comportamento. Preoccupato
Lisandro
fece visita a
Farnabazo
pregandolo di ritirare la denuncia ed ottenere dal
satrapo
una lettera sigillata da presentare agli efori. Ma
Farnabazo
aveva ingannato
Lisandro
e sostituito all'ultimo momento la lettera con una nuova denuncia, aggravando notevolmente la situazione.
A fatica
Lisandro
ottenne il permesso di allontanarsi da
Sparta
con il pretesto di recarsi in
Africa
per sciogliere una promessa votiva fatta al dio
Ammone
prima delle sue battaglie ma durante la sua assenza i due re scacciarono da
Sparta
molti sostenitori di
Lisandro
.
Nel frattempo, in
Atene
, i trenta tiranni erano stati deposti da una rivolta democratica. A questa notizia
Lisandro
tornò rapidamente a
Sparta
e convinse i cittadini ad intervenire e a rendergli il comando, tuttavia uno dei due re -
Pausania
- lo accompagnò per impedire che si impadronisse del potere.
Pausania
sedò la rivolta e, riconciliando gli Ateniesi, stroncò i progetti tirannici di
Lisandro
ma presto una nuova ribellione capovolse la situazione e la responsabilità ricadde su
Pausania
.
Alla morte di
Agide II
Lisandro
convinse il fratello di questi
Agesilao
a pretendere il trono opponendosi a
Leotichida
, figlio di
Agide
, la cui paternità era dubbia, correva infatti voce che fosse figlio di
Alcibiade
che aveva avuto una relazione con la moglie di
Agide
.
Dopo l'elezione di
Agesilao
,
Lisandro
convinse il nuovo re ad intraprendere una spedizione in
Asia
Minore contro i
Persiani
(spedizione che durò dal 396 al 394 a.C.).
Agesilao
prese con se
Lisandro
come suo consigliere ma presto divenne geloso del prestigio personale del generale e prese ad umiliarlo e ad allontanarlo.
Lisandro
fu per qualche tempo ambasciatore nell'
Ellesponto
ma non ebbe più incarichi militari. Allo scadere del mandato, pieno di rancore, tornò a
Sparta
deciso a destituire le due famiglie regnanti e a far riconoscere la possibilità di ascendere al trono a tutti gli
Spartiati
confidando che, se questa riforma fosse stata approvata, nessuno avrebbe potuto competere con lui.
Per raggiungere il suo scopo
Lisandro
si servì di tutto il suo prestigio e potere personali, ma anche di inganni e corruzione. Consapevole che oratoria e politica non sarebbero bastati a promuovere una riforma tanto radicale, cercò di corrompere le sacerdotesse degli oracoli ed i sacerdoti del dio
Ammone
in
Africa
perché convincessero la popolazione che il grande cambiamento era voluto dagli dei.
Arrivò ad inscenare una complicata storia approfittando della diceria che nel
Ponto
da una ragazza sedotta da
Apollo
fosse nato un figlio del dio.
Lisandro
rintracciò il ragazzo e corruppe alcuni sacerdoti perché consegnassero pubblicamente al giovanotto certi scritti oracolari segreti che, ovviamente, erano stati compilati ad arte per dimostrare le sue tesi.
La finzione non ebbe successo perché uno dei sacerdoti corrotti, vinto dalla paura all'ultimo momento la fece fallire.
Lisandro
morì prima del ritorno di
Agesilao
, nel corso della guerra beotica.
Plutarco
presenta varie concause di questa guerra che fu combattuta fra
Sparta
e
Tebe
fra il
395
ed il
386 a.C.
, fra cui l'opera di corruzione dei
Persiani
che avrebbero finanziato le città della
Beozia
contro
Sparta
per costringere
Agesilao
a tornare in patria ed abbandonare l'offensiva in
Asia
.
I
Tebani
, inoltre, avevano contribuito ad abbattere i Trenta Tiranni in
Atene
e, in generale, avevano contrastato l'egemonia spartana.
Lisandro
fu fra i principali promotori della guerra ed ottenne il comando di una parte dell'esercito per attaccare la
Beozia
attraverso la
Focide
mentre
Pausania
ed il resto delle forze, dopo un lungo giro, dovevano giungere dalla direzione opposta.
I
Tebani
riuscirono a prevenire il tentativo di occupare la città di
Aliarto
e
Lisandro
, che non si era ancora ricongiunto con
Pausania
, morì in combattimento e le sue truppe persero molti uomini.
A
Pausania
non rimase che chiedere una tregua per recuperare i corpi dei caduti.
Lisandro
fu sepolto in territorio non ostile agli
Spartani
, lungo la strada fra
Delfi
e
Cheronea
. Dopo la sua morte venne in evidenza l'estrema povertà in cui era vissuto non appropriandosi mai delle ricchezze che aveva procurato alla patria.
VITA DI
SILLA
Silla
era di famiglia patrizia. Un suo antenato,
Publio Cornelio Rufino
, raggiunse il consolato nel
290 a.C.
ma subì anche il disonore di essere espulso dal
Senato
quando si seppe che possedeva, contro la legge, oltre dieci libre d'argento. La famiglia non era ricca e lo stesso
Silla
condusse in gioventù un tenore di vita dimesso tanto da suscitare sospetti di disonestà con la successiva agiatezza.
Aveva gli occhi chiari ed un colorito rossiccio punteggiato dall'eritema. Amava mangiare, bere e circondarsi di mimi, comici e ballerine. Da giovane si invaghì di un attore e continuò ad amarlo per tutta la vita. Ebbe anche una lunga relazione con una prostituta che alla fine lo lasciò erede delle sue sostanze. Con questa eredità e con quella della matrigna raggiunse una discreta situazione economica.
Divenuto questore nel
107 a.C.
,
Silla
partì con
Mario
per la guerra contro
Giugurta
. In
Africa
entrò in buone relazioni con
Bocco
, re di
Mauretania
, alleato e suocero di
Giugurta
del quale accolse e protesse alcuni ambasciatori.
Bocco
, che detestava
Giugurta
, decise di tradirlo e lo consegnò a
Silla
. In questo modo la guerra fu vinta e
Mario
celebrò il trionfo, non senza gelosia per il prestigio improvvisamente acquisito dal suo questore.
Silla
continuò a militare sotto
Mario
, come legato riuscì a catturare Copillo, capo dei Tectosagi, come tribuno militare convinse i
Marsi
ad allearsi con i
Romani
.
Consapevole della gelosia di
Mario
,
Silla
si avvicinò a
Quinto Lutazio Catulo
che gli affidò volentieri importanti incarichi. Combattè contro i barbari che vivevano sulle
Alpi
reprimendo alcune insurrezioni. Al suo ritorno a
Roma
decise di intraprendere la carriera politica: ebbe l'
edilità
, la
pretura
, quindi venne inviato in
Cappadocia
.
Molto controversa è la datazione delle cariche rivestite da
Silla
in questo periodo: vengono collocate dagli autori antichi e dagli studiosi moderni in anni diversi fra il
99
ed il
91 a.C.
In
Cappadocia
(ma probabilmente la sua vera carica fu quella di
propretore
in
Cilicia
con giurisdizione anche sulla
Cappadocia
)
Silla
doveva reinsediare sul trono
Ariobarzane
che era stato scacciato da un usurpatore, ma la missione aveva anche lo scopo di contenere le mire di
Mitridate VI Eupatore re del Ponto
che in quel periodo aveva iniziato i suoi tentativi di espansione.
Silla
svolse con successo il suo compito ed intavolò trattative diplomatiche con i
Parti
.
La rivalità fra
Mario
e
Silla
aumentava ed incendiava gli animi, tuttavia lo scontro fu rimandato a causa dello scoppio della
guerra sociale
. Durante questa guerra
Mario
non riuscì a compiere imprese di rilievo mentre
Silla
ottenne grandi successi. Cominciò a nascere la sua fama di uomo fortunato, cioè di prediletto dalla dea
Fortuna
(Felix).
Silla
accettava volentieri questa fama, anzi si sforzava di accrescerla e nelle sue memorie sostenne di essere nato più per la fortuna che per la guerra e di essere un "figlio del destino".
Il suo comportamento era spesso incoerente e contraddittorio, adulava chi poteva essergli utile e mostrava di disprezzare chi aveva bisogno di lui, puniva i suoi soldati con pene mai proporzionate alla colpa. Indifferente al giudizio altrui, si preoccupava soltanto di annientare
Mario
e di ottenere il comando della
guerra mitridatica
.
Dopo la
guerra sociale
,
Silla
ottenne il consolato con
Quinto Pompeo
(
88 a.C.
) e sposò
Cecilia Metella
, figlia del
pontefice massimo
Metello Dalmatico
.
In precedenza
Silla
aveva avuto tre mogli:
Ilia
[
Iulia o Giulia
, cognata di
Mario
] ,
Elia
e
Clelia
, quest'ultima ripudiata con il pretesto della sterilità poco prima del matrimonio con
Metella
.
Il consolato non bastava a
Silla
che nutriva ben altre ambizioni ma i suoi progetti erano ostacolati da
Mario
che, nonostante la vecchiaia, aspirava ancora alla gloria ed al successo e che cominciava ad ordire la "sedizione funestissima" che tanti danni procurò ai
Romani
. Si riteneva che questa sedizione fosse stata preannunciata da una serie di infausti prodigi dei quali
Plutarco
fornisce un rapido resoconto.
Il
tribuno
Sulpicio Rufo
, del quale
Plutarco
presenta un ritratto estremamente negativo, propose che il comando nella
guerra mitridatica
fosse assegnato a
Mario
che era riuscito a farlo passare dalla sua parte.
I
consoli
in carica (
Quinto Pompeo
e lo stesso
Silla
) reagirono dichiarando la sospensione degli affari pubblici per impedire l'approvazione della proposta, tuttavia
Sulpicio
riuscì a scatenare disordini gravissimi nei quali perse la vita il figlio di
Pompeo
e costrinse
Silla
a revocare la sospensione.
Silla
fuggì e raggiunse le sue
legioni
prima dei tribuni militari che erano stati incaricati di prenderle in consegna: i soldati lapidarono i tribuni mentre a
Roma
i seguaci di
Mario
massacravano gli amici di
Silla
.
Consultati gli
aruspici
,
Silla
decise di marciare sulla città. Quando giunse a
Roma
con le
legioni
si fece strada con il fuoco incendiando le case. "Accecato dalla passione, scrive
Plutarco
, non ragionava più, ma lasciava che fosse l'ira a guidare le sue azioni."
Silla
riunì il
Senato
e fece condannare a morte
Mario
e
Sulpicio
, quest'ultimo venne immediatamente sgozzato.
Plutarco
depreca la condanna di
Mario
come atto sleale ed ingeneroso considerando che durante i disordini
Mario
aveva salvato la vita di
Silla
nascondendolo nella sua casa.
Senato
e popolo mostravano odio e risentimento verso
Silla
il quale, per migliorare la situazione, fece eleggere
console
Lucio Cinna
, del partito avversario facendogli comunque prestare giuramento di lealtà.
In quel periodo
Mitridate
aveva esteso il suo dominio in
Asia
e continuava la sua campagna di conquista. Il generale
Archelao
, a capo della flotta, operava in
Grecia
ed aveva incontrato un serio ostacolo solo nel romano
Bruzio Sura
, legato del
pretore
di
Macedonia
Caio Senzio
. Tuttavia
Bruzio
venne rimosso da
Lucullo
, legato di
Silla
, e fece rientro in
Macedonia
.
Tutte le città greche aprirono le porte a
Silla
tranne
Atene
che venne cinta d'assedio. Per finanziare l'assedio di
Atene
Silla
operò senza scrupoli sequestrando l'intero tesoro di
Delfi
.
Fra le ragioni dell'accanimento di
Silla
nell'assedio
Plutarco
considera il comportamento del tiranno di
Atene
Aristone
(un uomo probabilmente imposto da
Mitridate
) che dalle mura insultava spesso lo stesso
Silla
e sua moglie
Cecilia Metella
che lo aveva accompagnato nell'impresa.
Silla
conquistò
Atene
e fece strage dei suoi abitanti e se non li eliminò tutti fu per l'intercessione dei senatori romani che erano con loro. Presa
Atene
si portò in
Beozia
perchè temeva che l'
Attica
non fosse in grado di fornire risorse adeguate per il sostentamento del suo esercito. Qui ricevette rinforzi, probabilmente provenienti dalla
Macedonia
.
Nonostante la netta superiorità del nemico, la strategia di
Silla
ed il valore dei suoi ufficiali
Gabinio
,
Murena
ed
Ortensio
portarono alla vittoria di
Cheronea
nella quale le truppe di
Archelao
vennero duramente sconfitte dai
Romani
(
86 a.C.
).
Plutarco
fornisce una dettagliata descrizione della battaglia, delle manovre dei due eserciti e dei luoghi in cui si svolsero, luoghi che doveva conoscere per esperienza diretta essendo
Cheronea
la sua città natale.
Giunse notizia che da
Roma
un esercito comandato da
Valerio Flacco
(mariano, successore di
Mario
nel consolato) si stava portando in
Grecia
per partecipare alla guerra.
Silla
comprese che
Flacco
avrebbe agito contro di lui e si spostò in
Tessaglia
per affrontarlo ma giunto ad
Orcomeno
si scontrò con un nuovo esercito di
Mitridate VI
comandato da Dorilao che giungeva a soccorrere
Archelao
ed i superstiti di
Cheronea
. Ad
Orcomeno
Silla
riportò una seconda grande vittoria compiendo una tale strage di nemici che duecento anni dopo, ai tempi di
Plutarco
, era ancora possibile rinvenire nella palude vicina ai luoghi della battaglia archi barbarici, elmi ed altre armi.
Le notizie che provenivano da
Roma
, dove
Lucio Cinna
stava spargendo il terrore, spinsero
Silla
a ricercare una rapida soluzione della guerra. Egli quindi accettò di buon grado di incontrare
Archelao
per trattare le condizioni di resa.
Durante le trattative
Silla
non fece alcuna concessione davanti alle resistenze ed alle esitazioni di
Mitridate
il quale era interessato alla pace perché preoccupato dall'avanzare contro di lui dell'esercito romano, quello che
Valerio Flacco
aveva guidato in Oriente.
Valerio Flacco
era stato ucciso dal suo legato
Fimbria
che aveva assunto il comando ed ora stava marciando direttamente verso il
Ponto
. Infine
Archelao
organizzò a Dardano un incontro fra
Silla
e
Mitridate VI Eupatore
. Quest'ultimo accettò le condizioni poste da
Silla
e la pace fu conclusa.
Davanti ai suoi soldati che avrebbero voluto vedere
Mitridate
più duramente punito,
Silla
si giustificò spiegando che non avrebbe potuto resistere a
Mitridate
e
Fimbria
insieme se si fossero alleati.
Prima di rientrare in
Italia
,
Silla
si preparò ad affrontare
Fimbria
ma i soldati dei due eserciti fraternizzarono senza combattere e
Fimbria
si suicidò. Al suo rientro in
Italia
Silla
si trovò ad affrontare le forze schierate dai suoi avversari guidate da
Caio Mario il Giovane
e dal
console
Norbano
, ed inferse loro una prima sconfitta nei pressi di
Capua
.
In una serie di scontri successivi sconfisse o disperse i suoi oppositori.
Mario il Giovane
fu costretto a rifugiare a
Preneste
, il
console
Scipione
vide gran parte del suo esercito disertare per unirsi agli uomini di
Silla
; il più importante dei suoi avversari,
Gneo Papirio Carbone
, fuggì dal proprio esercito e si imbarcò per l'
Africa
.
L'ultimo scontro fu con
Ponzio Telesino
, capo dei
Sanniti
. Costui stava accorrendo a
Preneste
quando si rese conto di rischiare di rimanere intrappolato dalle truppe di
Silla
. Con grande audacia decise di attaccare direttamente
Roma
, che in effetti era poco difesa in quel momento, e riuscì a fare molte vittime prima dell'arrivo di
Silla
.
Anche
Silla
, i cui soldati erano stremati dalle molte battaglie combattute, ebbe grandi difficoltà e subì gravi perdite. Soltanto il giorno successivo riuscì ad avere la meglio sui
Sanniti
e fece giustiziare in piazza seimila prigionieri mentre, per la prima volta dal suo ritorno, rientrava in
Senato
.
Hanno così inizio le proscrizioni: l'eliminazione sistematica di tutti i rivali di
Silla
ma anche di molti cittadini estranei alla politica che cadevano vittime di vendette personali come sempre accade in clima di terrore. Migliaia e migliaia furono gli assassinati, anche a causa delle ricche taglie che
Silla
pagava a chi uccideva un proscritto.
In quel periodo
Mario il Giovane
si suicidò per evitare di essere catturato.
Silla
punì i dodicimila abitanti di
Preneste
, colpevoli di aver ospitato e protetto
Mario
, uccidendoli tutti.
Autoproclamatosi
dittatore
,
Silla
si arrogò i pieni poteri e la completa impunità. Operò ogni genere di abuso. Costrinse
Pompeo Magno
, con il quale voleva imparentarsi a ripudiare la moglie e a sposare
Emilia
, figlia di primo letto di
Cecilia Metella
, la quale era incinta e morì poco dopo di parto.
Fece sgozzare
Lucrezio Ofella
, suo luogotenente e conquistatore di
Preneste
perché aveva osato candidarsi al consolato senza il suo consenso.
Celebrò il trionfo per la vittoria su
Mitridate
(27 e 28 gennaio
81 a.C.
) e si fece attribuire l'appellativo di
Felix
per sottolineare come la fortuna lo avesse sempre assistito, e quando
Cecilia Metella
partorì due gemelli li volle chiamare
Fausto
e
Fausta
.
Infine depose la dittatura consentendo libere elezioni consolari e si ritirò a vita privata.
Contravvenendo alle leggi che egli stesso aveva emanato si diede uno stile di vita lussuoso e molto dispendioso, offrendo banchetti che si protraevano per più giorni.
Cecilia Metella
si ammalò e per evitare che la morte contaminasse la sua casa la ripudiò mentre era ancora viva e la fece trasportare altrove.
Rimasto vedovo,
Silla
si sposò per la quinta volta con
Valeria
, figlia di
Marco Valerio Messalla
, che aveva casualmente conosciuto durante uno spettacolo di gladiatori e che lo aveva sedotto con la sua civetteria.
Nonostante il nuovo matrimonio
Silla
continuò a vivere con i suoi costumi dissoluti, circondandosi di attrici e mimi e bevendo smodatamente. Tutto ciò acuì una malattia che aveva contratto da qualche tempo, malattia che
Plutarco
definisce "verminosi".
Da un ascesso intestinale i parassiti si diffusero rapidamente in tutto il corpo provocando orrendi sintomi di decomposizione e portando
Silla
ben presto alla morte.
Molti chiesero che gli fossero negati gli onori funebri ma per intercessione di
Pompeo
il cadavere fu trasportato a
Roma
dove ricevette le più solenni esequie.
Sulla sua tomba nel
Campo Marzio
si leggeva un epitaffio composto dallo stesso
Silla
che diceva che nessun amico lo superò nel fare il bene e nessun nemico nel fare il male.
CONFRONTO FRA
LISANDRO
E
SILLA
L'analogia fra i due personaggi per
Plutarco
consiste nel fatto che raggiunsero il potere solo grazie alla proprie forze e qualità, la prima differenza nel consenso dei cittadini che mancò a
Silla
e non a
Lisandro
.
Operando in uno stato sano,
Lisandro
si servì di mezzi sostanzialmente legali e pur rimanendo al potere assoluto non stravolse le leggi di
Sparta
.
Silla
invece visse in un'epoca di scelleratezza e corruzione e ne approfittò in ogni modo per il proprio personale tornaconto.
Lisandro
ebbe la colpa di favorire tutti gli amici,
Silla
quella di nuocere a chiunque pur di tenere saldamente il potere.
Lisandro
danneggiò la sua città portandovi troppe ricchezze e spingendo i concittadini al lusso ed a vizi dai quali egli stesso si asteneva scrupolosamente, mentre
Silla
per tutta la vita coltivò le proprie depravazioni e danneggiò
Roma
impoverendola con i suoi abusi.
Sul piano militare
Silla
non teme alcun confronto e le vittorie di
Lisandro
sono poca cosa rispetto alle campagne di
Silla
che ottenne successi molto più numerosi contro nemici ben più temibili.
Plutarco
considera la vittoria su
Mitridate
come la più gloriosa impresa di
Silla
che in quel caso seppe anteporre il bene comune all'interesse personale rifiutando le offerte del nemico e rimanendo fermo sulle sue posizioni.
In conclusione
Plutarco
assegna a
Silla
(che ebbe più successi) il primato come comandante militare mentre
Lisandro
(che commise meno errori) viene riconosciuto superiore nella padronanza di se e nella temperanza.