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GUIDO DELLE COLONNE

Storia della guerra di Troia


Prologo
Le vicende della guerra di Troia furono narrate da diversi autori greci e latini ma spesso furono arricchite con elementi fantastici come per esempio gli interventi degli dei.
I racconti che l'autore ritiene più attendibili perché composti da testimoni oculari sono quelli di Ditti Cretese e Darete Frigio che saranno la principale fonte di Guido delle Colonne. Le due opere citate furono tradotte in latino da Cornelio Nepote il quale per amore di brevità commise troppe omissioni.
L'opera presente parlerà dello scandalo che provocò la guerra tra Greci e Troiani, elencherà i comandanti greci e le loro risorse, i comandanti troiani, le battaglie, i caduti e renderà conto di tutte le cose omesse da Cornelio.

Libro Primo - Capitolo Primo
Nel regno di Tessaglia abitato dai Mirmidoni viveva il re Peleo con la sua sposa Tetide, da questa coppia nacque Achille.
Coloro che ritengono che fu la "Grande Grecia" a distruggere Troia affermano che questi Mirmidoni furono gli Abruzzini gente che abita ai confini del regno di Sicilia nella provincia detta Abruzzo dove si trova la città di Tetinia. Questi tuttavia errano, i Mirmidoni abitavano la Tessaglia, Achille ne divenne signore alla morte di Peleo e compì imprese meravigliose. Nelle Metamorfosi Ovidio racconta che quando il regno di Tessaglia rimase deserto per una grave epidemia, il re pregò gli dei che trasformarono le formiche in uomini e ne nacquero i Mirmidoni.
Esone era il fratello maggiore di Peleo che per la vecchiaia aveva lasciato a questi il governo del regno. Di lui Ovidio scrisse che Medea gli rese per un anno il vigore giovanile.
Esone aveva un figlio di nome Giasone, uomo forte, valemte e dotatao di molte virtù. Giasone era fedele a Peleo ma questi ne era geloso e temeva che lo volesse privare del trono. Peleo cercò a lungo un pretesto per allontanare Giasone finché on si sparse la voce di un'isola detta Colcos, oltre il regno di Troia, nella quale era un montone dal vello d'oro. In quest'isola regnava Oete, potente e ricco ma molto vecchio.
Il vello d'oro era custodito da alcuni buoi che emettevano fiamme dalla bocca, chi voleva impadronirsi del vello doveva domare i nuoi e imporre loro il gioco. Inoltre doveva uccidere un animale dragone e seminare i suoi denti, ne sarebbero nati altrettanti cavalieri che avrebbero combattuto tra loro fino allo sterminio.
Quando Peleo venne a conoscenza di tutto ciò decise di convincere il nipote a tentare la conquista del vello, certo che in questo modo se ne sarebbe liberato. Durante una festa Peleo propose a Giasone di compiere l'impresa promettendoli davanti a molti ospiti di farlo suo unico erede. Giasone accettò con entusiasmo e Peleo incaricò un artiiano di nome Argo di costruire una grande nave adatta alla missione.

Libro Primo - Capitolo Secondo
Quando la nave fu pronta molti nobili della Tessaglia si imbarcarono con Giasone. Era con loro Ercole, figlio di Giove e di Alcmena, molto famoso per le sue avventure: aveva ucciso il gigante Anteo, Catturato il cane infernale Cerbero e compiuto innumerevoli imprese che non è qui il caso di narrare, basti dire che e colonne di Ercole segnano ancora oggi il limite raggiunto dall'eroe.
Giasone e Ercole, dunque, partirono con i loro compagni e navigarono con la guida del nocchiero Filottete, conoscitore esperto delle stelle, e giunsero in Frigia al porto del regno di Troia.

Libro Secondo - Capitolo Primo
Gli Argonauti sostarono alcuni giorni in quella spiaggia dissetandosi e ristorandosi senza alcuna intenzione di nuocere agli abitanti di Troia dai quali restavano a prudente distanza, ma il disegno del destino era diverso e Laomedonte re di Troia, informato sui Greci che si trattenevano nel suo dominio, credette trattarsi di nemici e di spie e mandò alcuni ambasciatori dai Greci per ordinare loro di partire immediatamente. Giasone fu profondamente offeso da una simile accoglienza, accettò comunque di riprendere subito il mare, ma Ercole nel prendere commiato dagli ambasciatori promise di tornare entro un anno per vendicare l'offesa subita.
Giasone ed Ercole, senza alcun indugio, ordinarono di salpare e in pochi giorni giunsero all'isola di Colcos, meta della loro spedizione.

Libro Secondo - Capitolo Secondo
Nell'isola di Colcos sorgeva la bella e ricca capitale detta Iaconite, circondata da splendidi giardini, nella quale viveva il re Oete. Giasone e i suoi compagni attraversarono la città destando la curiosit degli abitanti e giunti al palazzo reale furono accolti da Oete con molto onore. Giasone espose le ragioni del suo viaggio e chiese di poter affrontare le prove stabilite per il Vello d'Oro. Oete acconsentì.

Libro Secondo - Capitolo Terzo
Oete ordinò che si preparasse un banchetto per onorare gli ospiti e fece chiamare la sua unica figlia, la bellissima Medea, donna di vasta cultura, specialmente abile nella magia. Era in grado di evocare le tenebre e la tempesta, poteva costringere gli alberi a fiorire d'inverno, far invecchiare i giovani e ringiovanire i vecchi. Esperta di astronomia prevedeva le eclissi e faceva credere di averle provocate.
Medea indossò per il banchetto i suoi migliori abiti e ornamenti e quando giunse alla tavola imbandita il padre le ordinò di sedere accanto a Giasone, gesto che avrà fatali conseguenze.
Guardando Giasone e sedendogli accanto, Medea si innamorò immediatamente di lui e trascurò cibo e bevande come alcuni commensali notarono. Dopo il banchetto Medea si ritirò nella sua camera segreta, desiderava usare le sue arti magiche per conquistare Giasone ma il suo pudore glielo impediva e in questi dubbi trascorse la notte.
Il mattino seguente fu di nuovo chiamata dal padre che le chiese di far compagnia agli ospiti. Medea colse l'occasione per parlare con Giasone senza essere udita da altri per offrirgli il suo aiuto nella pericolosa impresa che intendeva affrontare. Giasone si disse pronto a seguire i consigli di Medea e la maga gli propose di sposarla e portarla con se, in cambio gli avrebbe fatto ottenere il Vello d'Oro. Giasone accettò con entusiasmo e Medea gli chiese di raggiungerla si notte nella sua camera segreta.

Libro Terzo - Capitolo Primo
Tormentata dall'impazienza, Medea attese nella sua camera che scendesse la notte e che tutti nel palazzo si fossero ritirati, quindi mandò una sua domestica a chiamare Giasone. Medea fece giurare a Giasone di sposarla e rimanerle fedele con la mano su una sacra immagine di Giove.
quango Giasone ebbe pronunciato il giuramento i due si amarono per il resto della notte. All'alba Medea consegnò a Giasone un'immagine in argento che proteggeva dagli incantesimi, un unguento che proteggeva dal calore, un anello con una pietra magica che annullava gli effetti dei veleni e inoltre rendeva invisibile chi lo portava. La maga consegnò ancora a Giasone un testo da leggere tre volte di fronte al vello d'oro, prima di toccarlo, e infine una caraffa di un liquore da far bere ai buoi per renderli inoffensivi.

Libro Terzo - Capitolo Secondo
Il re Oete fece un ultimo tentativo di dissuadere Giasone dal compiere una così pericolosa impresa ma di fronte alla determinazione del giovane eroe gli accordò il suo consenso. Giasone raggiunse con una barca la piccola isola dove si custodiva il vello d'oro, dall'altro di una torre Medea lo vide sbarcare e pregò gli dei per la sua salvezza. Giasone si cosparse con l'unguento avuto da Medea e si pose al collo l'immagine che lei gli aveva dato, quindi affrontò i buoi fiammeggianti. L'alito infuocato delle bestie ridusse rapidamente in fumo il suo scudo e la sua lancia. Giasone aspere abbondantemente le bocche dei buoi con il liquore preparato dalla maga e le bocche rimasero sigillate, incapaci di emettere fiamme.
Ormai mansueti i buoi si lasciarono aggiogare e Giasone li usò per arare il campo. Un drago si destò e si mosse verso Giasone sputando fiamme e veleno ma Giasone gli mostrò l'anello con la pietra verde avuto da Medea e il mostro, terrorizzato, prese a contorcersi per evitare lo splendore della gemma mentre Giasone lo attaccava colpendolo con il coltello fino a farlo morire. Sempre seguendo le indicazioni avute da Medea, Giasone decapitò il dragon estrasse i suoi denti e li sparse sul campo appena arato, Dai denti seminati nacquero altrettanti cavaliericompletamente armati che combatterono tra di loro finché non ne rimase alcuno in vita. Superate le imprese che Medea aveva predetto, Giasone trovò il montone dal vello d'oro che si lasciò sacrificare senza opporre resistenza.
Giasone scuoiò l'animale e con il vello d'oro raggiunse i suoi compagni che lo accolsero con infinito sollievo, quindi si presentò al re Oete che si mostrò felice di rivederlo e celò l'invidia che provava nei suoi riguardi. Medea evitò di baciarlo ma lo invitò sottovoce a raggiungerla quella sera nella sua stanza. Trascorso un mese Giasone ripartì con i suoi compagni portando con se Medea che lo seguì senza prendere commiato dal padre. Giunsero in Tessagliae Peleo, pur controvoglia, mantenne la promessa di rendere Giasone signore del suo regno.
Ma Giasone non aveva dimenticato come Laomedonte re di Troia lo aveva offeso e concordò con Eracle le azioni da compiere per vendicare l'affronto. I due eroi esposero a Peleo le proprie intenzioni e convocarono molti principi greci che aderirono al progetto contro il re troiano.

Libro Quarto - Capitolo Primo
Il regno di Sparta era governato dai fratelli Castore e Polluce che secondo i Poeti erano figli di Giove generati da Leda che fu madre anche di Elena, ma secondo alcuni era figlia di Tindaro.
Castore e Polluce accolsero la proposta di Ercole e promisero di partecipare alla guerra contro il re troiano, Ercole passò a Salamina dove ottenne analogo promessa dal re Telamone, poi a Pilo dove anche Nestore aderì al suo piano. Tornato da Peleo lo trovò pronto a partire con venti navi cariche di cavalieri armati.
> Si era sotto il segno dell'ariete quando Ercole con Giasone e con gli altri comandanti partì per la nuova missione e la loro serenanavigazione si concluse nel porto troiano chiamato Sigeo, dove i Greci sbarcarono e piantarono il loro campo. Peleo convocò tutti i capi nella sua tenda per stabilire la strategia da adottare nell'imminente battaglia.

Libro Quarto - Capitolo Secondo
L'intero capitolo è occupato dalla descrizione della battaglia che si svolge di fronte alle mura di Troia con solti alterne finché la forza dei Greci prevale e i superstiti troiani fuggono abbandonando il campo di battaglia.
Particolare rilievo viene dato alle gesta di Laomedonte per i Troiani e a quelle di Ercole per i Greci.

Libro Quarto - Capitolo Terzo
Vinta la battaglia, i Greci passarono a saccheggiare la città portando terrore e morte tra gli anziani, le donne e i bambini che cercavano scampo nei templi degli dei. Il saccheggio durò un mese, i Greci uccisero tutti tranne le donne che furono catturate e fatte schiave.
Quando trovarono la bellissima Exiona figlia di Laomedonte, Ercole la assegnò come preda a Telamone che era stato il primo a entrare in città e Telamone ne fece una concubina.
Dopo aver distrutto Troia, i Greci tornarono in patria carichi di ricchezze, furono accolti con gioia e la loro vittoria fu celebrata con molti sacrifici.

Libro Quinto - Capitolo Primo
Alla distruzione di Troia non aveva assistito Priamo figlio del re Laomedonte che era impegnato nell'assedio di un castello ribelle in altra parte del regno.
Moglie di Priamo era Ecuba, la coppia aveva cinque figli (Ettore, Paride o Alessandro, Deifobo, Eleno, Troilo) e tre figlie (Creusa, Cassandra, Polissena), Virgilio attribuisce a Priamo ed Ecuba altri due figli: Polidoro che fu affidato a un re amico che lo uccise a tradimento per impadronirsi del suo denaro, e Ganimede che fu rapito da Giove e divenne coppiere degli dei. Oltre a questi, Priamo aveva avuto trenta figli naturali da donne diverse: Udubal, Antonio, Esdron, Oelio, Sinsileno, Quintileno, Modemo, Bassibilano, Diadocon, Dorastato, Pittagora, Gitilanor, Eliastor, Menelao, Isidoro, Graris, Gelidonio, Einargoras, Madian, Sardo, Margariton, Achille, Fantel, Bruno, Matan, Almadian, Diole, Godelaio, Duglas, Candor.
Libro Quinto - Capitolo Secondo
Priamo pianse per molti giorni la morte di Laomedonte e la distruzione della città, poi decise di ricostruire Troia più grande e più forte, capace di resistere a qualsiasi attacco nemico. Reclutate maestranze, carpentieri ed altri artefici, si raccolsero molti marmi pregiati di tutti i colori, si eliminarono le macerie e si cominciò la costruzione della più grande città che si fosse mai vista. La si circondò con una cinta di mura con molte torri, con sei porte (Dardania, Cimbria, Elia, Schea, Troiana, Anterida) ed un profondo fossato.
Furono costruiti bellissimi edifici, piazze, strade, quartieri. Ovunque si aprivano botteghe di artisti e artigiani. La città era attraversata dal fiume Xanto che alimentava vari canali, riceveva fognature e muoveva mulini.
La nuova Troia fu densamente popolata, spesso vi si tenevano giochi, feste e spettacoli.
Nel luogo più alto Priamo fece costruire il proprio palazzo e la rocca detta Ilion. Nel palazzo si trovava un salone con il trono, i sedili per le grandi riunioni e un altare consacrato a Giove rivestito di marmi pregiati e di pietre preziose.
Quando la città fu completata, Priamo decise che fosse giunto il momento di vendicare le offese e le violenze dei Greci e convocò tutti i cittadini, Dimostrandosi cauto e moderato, Priamo propose di mandare ambasciatori ai Greci per chiedere la restituzione di Exiona e di evitare una guerra dall'esito incerto. L'ambasciata fu affidata a Antenore il quale raggiunse il re Peleo nella sua sede in Tessaglia ma fu cacciato con "parole minaccevoli" e con il più secco rifiuto di ogni trattativa. Antenore raggiunse Salamina dove rinnovò a Telamone la richiesta della restituzione di Exiona, ottenendo un nuovo rifiuto. Si recò quindi in Acaia presso Castore e Polluce i quali risposero che le offese lamentate da Priamo erano state causate dal comportamento di Laomedonte, quindi ordinarono all'ambasciatore di ripartire immediatamente, pena la morte.
Analoghe minacce fece Nestore, visitato da Antenore in Pilo. Durante il viaggio di ritorno, la nave di Antenore fu colta dalla tempesta che durò per tre giorni con eccezionale violenza. Superato anche questo pericolo, Antenore rientrò in patria e, prima di ogni altra azione, volle offrire sacrifici agli dei per lo scampato pericolo.
Ascoltando da Antenore il resoconto della spedizione, Priamo ne fu addolorato e perse la speranza di rivedere la sorella.

Libro Sesto - Capitolo Primo
Ascoltate le risposte date dai Greci a Antenore, Priamo decise di armare una flotta per vendicare in Grecia le offese subite. Convocò tutti i nobili del regno e, riferendo l'esito della missione di Antenore, li convinse ad armarsi contro i Greci.
Priamo riunì a consiglio tutti i suoi figli e pianse ancora per la morte di Laomedonte e per la servitù di Exiona, facendo leva sui rapporti familiari li incitò alla guerra chiedendo a Ettore di assumere il comando supremo.
Prudentemente Ettore consigliò al padre di valutare bene la potenza dei Greci e l'imprevedibilità della fortuna prima di affrontare la guerra. Ad Ettore replicò Paride insistendo per affrontare la guerra e chiedendo di poter comandare la spedizione. Per spiegare il proprio ottimismo narrò di aver sognato, durante una pausa nella caccia sul Monte Ida, il dio Mercurio che gli appariva accompagnato da Venere, Pallade e Giunone. Le tre dee, aveva spiegato Mercurio, erano in gara per aggiudicarsi un pomo prezioso destinato alla più bella ed avevano eletto Paride per scegliere la vincitrice. Ciascuna gli offriva un dono: Giunone gli offriva il potere sui grandi del mondo, Pallade gli offriva la conoscenza e Venere gli prometteva la più bella donna della Grecia. Dopo aver esaminato le tre dee nude, Paride aveva scelto Venere e questa gli aveva confermato la promessa di Mercurio.
In base a questo sogno, Paride insisteva per andare in Grecia a prelevare la donna più bella, che in seguito si sarebbe potuta scambiare con Exiona.
Parlò quindi Deifobo, terzo figlio di Priamo, appoggiando la proposta di Paride, ma Eleno, quarto figlio notoriamente dotato di capacità divinatorie, avvertì che l'impresa di Paride avrebbe provocato la distruzione di Troia e l'eccidio dei suoi cittadini. L'ultimo a parlare fu Troilo che negò la possibilità di Eleno di predire il futuro e lo accusò di vigliaccheria, invitando il padre a ordinare la partenza della flotta.
Priamo ordinò a Paride e Deifobo di reclutare molti cavalieri in Pannonia e con quelli imbarcarsi per la Grecia.
Il giorno seguente, Priamo sottopose la questione all'assemblea della cittadinanza chiedendo di confermare con il voto la sua decisione. Intervenne Porteo figlio di Euforbo che predisse la rovina come aveva fatto Eleno, ma fu tacitato dalla folla e la partenza venne confermata.
L'ultima ad opporsi alla guerra presagendo la sventura fu Cassandra, figlia di Priamo, che si lasciò andare alla disperazione, ma non servì a nulla perché il destino di Troia era segnato.

Libro Settimo - Capitolo Primo
In primavera Paride e Deifobo imbarcarono tremila cavalieri su ventuno navi. Partecipavano alla spedizione anche Antenore, Enea e Polidamante.
Durante il viaggio incontrarono la nave di Menelao diretta a Pilo su invito di Nestore. Menelao era fratello di Agamennone e marito di Elena a sua volta sorella di Castore e Polluce e madre di Ermione. La nave di Menelao compì una deviazione evitando di incrociare la nave dei Troiani.
I Troiani approdarono all'isola di Citerea (Citera - Cerigo), che apparteneva alla Grecia, dove si trovava un importante tempio di Venere. Proprio in quel periodo si festeggiava la festa annuale della dea che attirava in quell'isola gente di ogni provenienza.
Paride si recò al tempio e offrì in abbondanza oro e argento alla dea. La bellezza di Paride e la ricchezza dei doni colpirono i presenti e molti tentarono di conoscere il visitatore. Paride e i suoi compagni spiegarono di essere Troiani in missione in Grecia per recuperare la principessa Exiona, fatta schiava ai tempi del re Laomedonte. Ben presto a Elena giunse la notizia del bel principe troiano arrivato a Citera e la donna volle intervenire alla festa per conoscerlo.
Già dai primi sguardi nacque nei due giovani fortissima attrazione reciproca. Paride riunì i suoi compagni con i quali concordò di assalire il tempio per catturare quanti vi si trovavano (soprattutto Elena) e per depredare il tesoro. Il piano fu attuato quella stessa sera e i Troiani riuscirono a ripartire con molti prigionieri, molti preziosi e soprattutto con la regina Elena, la donna più bella della Grecia che non oppose alcuna resistenza al suo rapitore.
Compiuto il viaggio di ritorno, i Troiani approdarono a Tenedo, una località distante sei miglia da Troia.
Priamo esultò alla notizia del ritorno di Paride e dei suoi successi e si tenne una grande festa ma Elena, ora che era giunta in terra straniera, piangeva continuamente di paura e di nostalgia. Con pazienza e gentilezza Paride riuscì a consolarla, le assicurò che sarebbe stata trattata con ogni onore e con sollecitudine, le fece avere splendidi doni, vestiti, un bellissimo cavallo.
Da Tenedo, Elena fu accompagnata a Troia dove Priamo la accolse con i massimi onori tra la cittadinanza esultante. Il giorno seguente, nel tempio di Pallade, fu celebrato il matrimonio di Paride e Elena.
Mentre tutta la città era in festa, Cassandra si disperava annunciando la disgrazia e l'eccidio, la caduta di Troia e pregando i concittadini di restituire Elena per evitare la totale distruzione. Non riuscendo a farla tacere, Priamo ordinò di rinchiuderla in un chiostro dove rimase per molto tempo, ignorata dai Troiani.

Libro Ottavo - Capitolo Primo
Menelao si trovava ancora presso Nestore quando fu informato dell'attacco dei Troiani a Citerea e del rapimento di Elena. Fu preso dalla disperazione pensando ai suoi sudditi rapiti o uccisi e, soprattutto, a sua moglie nelle mani del nemico. Nestore fece del suo meglio per consolarlo. Ripresosi dalla crisi Menelao ripartì per la sua città e quando vi fu giunto mandò a chiamare suo fratello Aamennone e i fratelli Castore e Polluce.
Agamennone incoraggiò il fratello promettendogli vendetta e prese in mano la situazione. Scrisse lettere a tutti i nobili greci per coinvolgerli in una grande spedizione contro Troia. Tra i primi ad accorrere furono Achille, Patroclo e Diomede, presto seguiti da molti altri. Formarono una grande esercito e concoremente affidarono a Agamennone il comando supremo.
Castore e Polluce non vollero attendere gli altri e si imbarcarono immediatamente sperando di liberare Elena raggiungendo le nati troiane prima che arrivassero a destinazione, tuttavia fecero naufragio a causa di una tremenda tempesta e perirono in mare con tutto il loro seguito. Si dice che furono trasportati in cielo e che divennero dei aggiungendo allo Zodiaco il segno dei Gemelli.
A questo punto l'autore inserisce una descrizione dei principali personaggi ricavandola da Darete Frigio. Elena risplendeva per grandissima bellezza; Agamennone era di bassa statura ma molto robusto, era inoltre buon oratore. Il fratello Menelao era meno raffinato ma molto coraggioso. Achille era bellissimo con capelli biondi e crespi, occhi grandi e azzurri, era molto alto con larghe spalle e membra fortissime. Alto e robusto era anche Aiace d'Oileo. Aiace Telamonio era di carnagione chiara con capelli neri e crespi, amava cantare e suonare.
Ulisse era tra i più belli ma pieno di malizia, bugiardo ed imbattibile come oratore.
Diomede era grande con ampio petto e forti spalle, forte e coraggioso nei combattimenti, ma molto lussurioso.
Anche Nestore era alto e robusto, parlava molto bene e dispensava saggi consigli.
Protesila fu valente uomo "di bella e convenevole statura", Palamede figlio di Naulo era molto bello, coraggioso e generoso.
Podalirio e Macaone erano fieri e coraggiosi, ma molto superbi.
Briseide figlia di Calcante, con i capelli biondi e la pelle candida, attraeva molti uomini ed ebbe molti amanti.
Il re Priamo era alto e asciutto, dotato di voce profonda, amava la verità e odiava gli adulatori. Suo figlio Ettore era forte e valoroso, gentile e amato dai concittadini.
Deifobo e Eleno, figli di Priamo, erano molto simili tra loro e somigliavano molto al padre. Troilo era forte e magnanimo, aveva molto successo con le damigelle.
Paride fu famoso per la bellezza e per la chioma bionda che sembrava d'oro, era ambizioso e audace.
Enea era "grosso nel petto e non grande nel corpo", molto saggio e colto, abile nel parlare, dispensava savi consigli.
Antenore era alto e magro, grande parlatore, molto amato da Priamo. Suo figlio Polidamante era alto come il padre, forte nei combattimenti e dotato di grande controllo.
Ecuba era di aspetto mascolino, molto forte e saggia.
Andromaca moglie di Ettore era molto bella ed era la più onesta tra le donne.
Cassandra desiderava conservare la propria verginità, fu capace di predire molti eventi ed era dotata di grandi conoscenze.
Polissena, "vergine tenerissima, fue di molta beltade dilicata", fu virtuosa e modesta.

Libro Nono - Capitolo Primo
Il catalogo delle navi greche:
- Agamennone re di Miceve, capo della spedizione, con 100 navi
- Menelao re di Sparta, marito di Elena, con 60 navi
- Arcesilao e Protenore, signori della Beozia, con 50 navi
- Ascalafo e Elimne dalla provincia di Orcomeno, con 3 navi
- Epistrofo e Tedio, dalla Focide, con 50 navi
- Aiace Telamonio da Salamina, con 50 navi
- Teutranio, Anfimaco, Dorione, Polisseno, Teseo compagni di Aiace Telamonio
- Nestore da Pilo con 50 navi
- Toante re di Etolia con 50 navi
- Defimos con 50 navi
- Aiace d'Oileo da Locri con 37 navi
- Polibeo e Anfimaco dalla provincia di Calcedonia con 30 navi
- Idomeneo e Merione da Creta con 80 navi
- Ulisse da Itaca con 50 navi
- Meleo da Pigris con 10 navi
- Prototaco e Protesilao dalla Filoca con 50 navi
- Macaone e Podalirio dal regno di Trica con 22 navi
- Achille da Ftia con 50 navi
- Telapolo da Rodon con 20 navi
- Euripilo da Orcomeno con 50 navi
- Antipo e Anfimaco dall'Elide con 11 navi
- Polibete e Logio da Trica con 60 navi
- Diomede, Teleno, Eurialo da Argo con 80 navi
- Polifemo da Melibea con 7 navi
- Protolio da Demarasa con 50 navi
- Capino di Cappadocia con 50 navi
- Travio re di Pea con 22 navi
- Menesteo da Atene con 69 navi

Libro Decimo - Capitolo Primo
Agamennone riunì tutti i capi e rivolse loro un discorso di incoraggiamento quindi propose di mandare ambasciatori a Delfi per consultare l'oracolo di Apollo in merito all'impresa che stavano per affrontare. La missione fu affidata ad Achille e Patroclo, i quali giunsero nell'isola di Delfi dopo breve e agevole navigazione. Nell'isola si trovava il tempio di Apollo con una grandissima immagine d'oro del dio. Qui la Pitonessa pronunciava i suoi oracoli.
Da questo punto in avanti l'autore divaga parlando della divinazione presso cli antichi che ottenevano risposte oscure e spesso errate perché si rivolgevano ai falsi dei. Da ciò si passa a una sintetica teogonia e all'elenco dei principali dei pagani. L'errore - scrive Guido - era certamente indotto da Satana, l'angelo abbattuto dai molteplici nomi, autore dell'inganno che indusse Adamo e Eva al peccato. Con la lunga digressione si conclue che Apollo dava i suoi responsi oracolari per inganno diabolico.
Achille e Patroclo offrirono molti doni al tempio e formularono il loro quesito in merito alla guerra che i Greci stavano preparando. L'oracolo rispose che dopo dieci anni Troia sarebbe caduta e il suo re Priamo sarebbe morto come la gran parte dei suoi sudditi.
Mentre Achille e Patroclo si trovano ancora nel tempio, sopraggiunge il sacerdote troiano Calcante il quale si recava a sua volta ad interrogare l'oracolo. Il dio ordinò a Calcante di non tornare a Troia e seguire Achille mettendo la sua arte divinatoria al servizio dei Greci. Calcante ubbidì e Achille rientrò portando ai Greci l'incoraggiante responso.

Libro Undicesimo - Capitolo Primo
Accompagnato da Achille e Patroclo, Calcante si recò nella tenda di Agamennone dove erano riuniti molti comandanti e si rivolse loro per sollecitare la partenza. Si doveva partire - disse - per non mostrarsi indulgenti o negligenti, per approfittare dei responsi oracolari favorevoli e della bella stagione propizia alla navigazione. Convinti dalle parole di Calcante, tutti concordarono di partire immediatamente ma quando si furono imbarcati ed ebbero percorso un breve tratto di mare il tempo improvvisamente cambiò e fortissima pioggia prese a cadere mentre i venti provocavano onde mostruose.
Calcante spiegò che la dea Diana era adirata perché i Greci non le avevano offerto sacrifici prima di partire, era quindi necessario raggiungere il tempio della dea in Aulide e placare con le offerte la collera divina.
Agamennone si affrettò ad eseguire le disposizioni di Calcante e subito la tempesta si placò e in Greci ripresero il mare in sicurezza arrivando rapidamente alle rive del regno di Troia. Gli abitanti del posto accorsero per impedire ai nuovi arrivati di sbarcare ma furono sopraffatti dai Greci che ne uccisero la maggior parte, saccheggiarono il castello che si trovava su quella riva e ripresero le navi per raggiungere il porto di Tenedo a sei miglia da Troia. Qui si trovava un altro castello ben armato i cui difensori affrontarono i Greci in battaglia. Il combattimento durò a lungo con molte perdite da ambo le parti. I Troiani che riuscirono a fuggire raggiunsero le mura della città e qui si svolsero altri durissimi combattimenti. Al termine degli scontri il castello di Tenedo era distrutto, i Greci tornarono alle navi dopo aver compiuto una prima strage di Troiani e aver depredato i loro beni.

Libro Dodicesimo - Capitolo Primo
Agamennone fece riunire quanto era stato saccheggiato ed operò una giusta spartizione della preda, il mattino successivo riunì in assemblea tutti i comandanti. Agamennone propose di agire con moderazione e tentare ancora una soluzione pacifica mandando ambasciatori a chiedere al re Priamo la restituzione di Elena e dei preziosi trafugati. La proposta fu accettata e la missione fu affidata a Diomede e Ulisse.
Gli ambasciatori furono ricevuti nello splendido palazzo reale del quale ammirarono gli arredi. Di fronte a Priamo non tributarono omaggi ma vennero subito all'oggetto della loro visita. Ulisse con poche parone chiese la restituzione di Elena offrendo in cambio la pace e minacciando la morte e lo sterminio in caso di rifiuto.
Senza lasciarsi impressionare, Priamo ricordò che i Greci gli avevano ucciso il padre ed i fratelli e avevano rapito sua sorella Exiona, avevano inoltre respinto la sua richiesta di liberare Exiona maltrattando il suo ambasciatore. Ribadendo che non poteva esserci pace tra i loro popoli, Priamo ordinò ai due visitatori di andarsene, Seguì uno scambio di minacce e battute provocatorie tra Enea e Diomede, saggiamente Ulisse vi pose fine prendendo commiato da Priamo e i due tornarono al campo greco dove la risposta di Priamo fu ascoltata con stupore mentre tutti si rendevano conto di come sarebbero andati i rapporti con i Troiani.
A questo punto la narrazione viene interrotta per lasciare spazio a un rapido ritratto di Enea. Dopo la prima caduta di Troia, Anchise con i superstiti navigò nel Tirreno e dopo molti eventi divenne principe e iniziatore della schiatta a cui apparteneva Cesare Augusto. Come fu ricordato nel libro delle leggi di Giustiniano, Enea figlio di Anchise e i suoi discendenti originarono e per primi governarono la repubblica romana. Le gesta di Enea sono descritte nell'Eneide di Virgilio.

Libro Tedicesimo - Capitolo Primo
Su proposta di Agamennone, i Greci inciarono Achille e Telefo figlio di Ercole all'isola di Messa con l'incarico di procurare approvvigionamenti adeguati per il loro esercito. A Messa regnava pacificamente il re Teutrano, molti ritengono che l'isola di Messa corrisponda alla Sicilia e che il nome derivi da quello di Messina.
Quando i Greci sbarcarono sull'isola si scontrarono con il re Teutrano e la sua gente, fu una battaglia cruenta che i Greci vinsero grazie al valore di Achille. Questi duellò con Teutrano e lo avrebbe ucciso se Telefo non fosse intervenuto in suo favore. Telefo spiegò di aver contratto in passato un debito di ospitalità con Teutrano e Achille rinunciò ad ucciderlo.
Dopo la battaglia, Telefo e Achille furono ricevuti nel palazzo reale e alcuni giorni dopo Teutrante, morendo per le ferite subite, nominò Telefo suo erede in memoria dell'aiuto ricevuto molto tempo prima da suo padre Ercole.

Libro Tredicesimo - Capitolo Secondo
Achille riprese il mare e tornò a Tenedo mentre Telefo rimase nel suo nuovo regno promettendo di inviare regolarmente vettovaglie all'esercito. I Greci accolsero con grande letizia Achille e le notizie che recava.
A questo punto l'autore, seguendo la struttura dell'opera di Darete Frigio, inserisce il catalogo degli alleati di Troia:
- Re Pandaro, Re Gapor, Re Andastro con 3.000 cavalieri - Re Carras, Re Imasio, Re Nestor, Re Anfimaco dalla provincia di Colofon con 5.000 cavalieri - Re Glaucone con il figlio Sarpedone, dalla Licia con 1.000 cavalieri - Re Eufemo dalla Licaonia con 1.000 cavalieri - Re Neupor e Re Cupeo da Larissa con 1.500 cavalieri - Re Remo da Tabaria con 3.000 cavalieri - Re Files dalla Tracia con 1.100 cavalieri - Re Pretermisti e Duce Stupes dalla Pannonia con 1.000 cavalieri - Anfino, Fortunio, Sommo dalla Beozia con 1.200 cavalieri - Re Boetis e Re Epistino dal Regno Brotino con 1.000 cavalieri - Re Filimenio dal regno di Paflagonia con 2.000 cavalieri - Re Perseo e Re Mennone e Sigamone dall'Etiopia con 3.000 cavalieri - Re Tesio e Archiloco dal regno di Troia con 1.000 cavalieri - Due re dell'isola di Agresta con 1.200 cavalieri - Re Epitrofo del regno di Delesina con 1.000 cavalieri e un centauro.
Libro Quattordicesimo - Capitolo Primo
Mentre i Greci erano ancora a Tenedo giunse Palamides figlio del re Naulo che si scusò per il ritardo dovuto a una sua malattia. Palamides era un personaggio prestigioso per competenza ed esperienza e fu subito nominato consigliere di Agamennone.
Diomede parlò agli altri capi deprecando la loro indecipione per la quale già da un anno sostavano a Tenedo. Le sue parole scossero chi le ascoltò e il mattino seguente la flotta greca salpò alla volta di Troia.

Libro Quattordicesimo - Capitolo Secondo
I Troiani accorsero al lido in gran numero e in modo disordinato. I Greci non avrebbero potuto sbarcare se non scontrandosi con loro. I venti spinsero violentemente a terra le navi, alcune delle quali si infransero facendo perire gli occupanti, altri greci scesero a terra dove li attendeva la morte per mano dei nemici.
Via via che le navi greche arrivavano alla spiaggia, i Greci prendevano coraggio e respingevano sempre più efficacemente gli assalti troiani. La lunga descrizione della battaglia comprende vari duelli individuali come quello tra Ulisse e Filimeno e quello in cui Palamede uccise Segamone.
Protesialo che fu il primo a sbarcare sul lido di Troia uccise numerosissimi nemici battendosi con grande coraggio ma infine fu ucciso da Ettore. Quest'ultimo respinse il nemico verso le navi e combatté contro molti avversari finché la stanchezza non lo costrinse a rientrare in città. Nello stesso momento scendeva dalla sua nave il possente Achille con i suoi Mirmidoni. L'intervento di Achille volse la battaglia in favore dei Greci mentre i Troiani rientrarono in città lasciando molti caduti sul campo. Quella sera i Greci per ordine di Agamennone piantarono il loro compo sulla riva ed ebbe così inizio l'assedio di Troia.