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DITTI CRETESE

STORIA DELLA GUERRA TROIANA


LIBRO PRIMO


I. Tutti gli eredi di Catreo figlio di Minosse e re di Creta si riunirono in Creta per dividere l'eredità. Il testamento prevedeva un'equa spartizione ma disponeva che la corona andasse a Idomeneo.
Furono presenti Palamede, Eace, Menelao che rappresentava anche sua sorella Anassibia ed il fratello Agamennone.
Menelao ed i suoi fratelli erano detti Atridi dal nome del nonno Atreo che li aveva allevati dopo la morte prematura del padre Plistene.

II. Ad onorare gli eredi di Catreo vennero i parenti di Europa che offrirono un grandioso banchetto.
I principi greci erano colpiti dalla magnificenza del tempio che era stato ornato con i doni del padre di Europa e delle matrone di Sidone.

III. In quel tempo visitò Sparta Alessandro (Paride) in compagnia di Enea ed altri. Nella casa di Menelao conobbe Elena, se ne innamorò e la portò con se insieme a Etra e Climene (cugina di Menelao). La notizia, amplificata e distorta, raggiunse rapidamente Menelao a Creta.

IV. Vedendo Menelao fuori di se, Palamede organizzò immediatamente il rientro a Sparta. Intorno ad Agamennone e Nestore si erano già riuniti tutti i principi della Grecia.

Fu stabilito che Palamede, Ulisse e Menelao si recassero a Troia a chiedere la restituzione di Elena e di quanto era stato portato via.

V. Gli ambasciatori non trovarono Paride a Troia perché si era trattenuto a Cipro poi a Sidone dove uccise il re dei Fenici per depredare il palazzo di arredi e ricchezze.

Scontrandosi con i Fenici Paride perse due navi ma riuscì a fuggire.

VI, Il re Priamo ascoltò il discorso di Palamede ma decise di rimandare la questione al ritorno di Paride non essendo giusto giudicare un assente.
Gli ambasciatori rimasero quindi a Troia ospiti di Antenore.

VII. Quando Paride arrivò a Troia con Elena la popolazione si mostrò sdegnata per il rapimento ma i figli di Priamo, convocati dal padre, decisero di non restituire Elena, attratti dalle sue ricchezze e dall'avvenenza delle donne che erano con lei.

VIII. Priamo consultò anche gli anziani ma questi furono minacciati dai figli del re i quali repressero con la violenza anche le proteste popolari.

IX. Priamo parlò con Elena che gli dimostrò come la sua famiglia fosse imparentata con quella dei regnanti Troiani risalendo a Belo ed Agenore.

X. Priamo ed i figli (ad eccezione di Paride e Deifobo) cominciarono a valutare l'ipotesi di restituire Elena, ma Ecuba prese le difese di lei. Infine Priamo decise di lasciare la scelta alla stessa Elena che davanti al consiglio ed al popolo dichiarò di non voler tornare a Sparta.

XI. Informati della decisione, Ulisse e Menelao minacciarono la guerra. I principi Troiani cospirarono per ucciderli ma Antenore sventò la congiura e si occupò di far partire gli ambasciatori in sicurezza.

XII. Tutti i principi del casato di Pelope decisero di fare guerra a Priamo e stabilirono che la base per i preparativi fosse Argo.

XIII. I primi ad arrivare furono Aiace e Teucro figlio di Telamone. Seguirono Idomeneo e Merione, Nestore, Antiloco e Trasimede, Peneleo, Clonio, Archesilao, Protenore e Leito (Beozia), Schedio e Epistrofo (Focide), Ascalafo e Ialmeno, Diore e Mege, Toante di Andremone, Euripilo, Ormeno e Leonteo.

XIV. Achille figlio di Peleo e di Tetide, con Patroclo e Fenice. Tlepolemo, Eutrafate, Fidippo, Antifo. Protesilao figlio di Ificlo con il fratello Podarce; Eumelo figlio di Admeto; Podalirio e Macaone (medici, figli di Asclepio), Filottete, Nireo da Simi, Menesteo di Atene, Aiace d'Oileo da Locri, Amfiloco di Amfiarao; Stenelo di Capaneo; Eurialo di Mecisteo, Tessandro di Polinice dall'Etolia, Demofonte, Acamante.

XV. Si riunirono tutti ad Argo ospiti di Diomede. Agamennone distribuì oro a tutti. Giurarono di distruggere Troia con un rituale presieduto dall'indovino Calcante.

XVI. Agamennone, che oltre ad essere il fratello dell'offeso era il più ricco e potente, fu nominato comandante supremo. Achille, Aiace e Fenice ebbero la carica di prefetti della flotta, Palamede, Diomede e Ulisse il comando dell'esercito.
I principi tornarono alle loro città e per i due anni successivi si dedicarono a reclutare uomini e costruire navi.

XVII. Si riunirono quindi in Aulide in Beozia.
Agamennone conferì centosessanta navi comandate da Agapenore,
Nestore novanta,
Menelao sessanta,
Menesteo cinquanta,
Elefenore trenta
Aiace Telamonio dodici,
Diomede ottanta,
Ascalafo e Ialmeno trenta,
Aiace d'Oileo quaranta,
Archesilao, Protenore, Peneleo, Leito, Clonio cinquanta,
Schedio e Epistrofo quaranta,
Talpio, Diore, Amfimaco e Polisseno quaranta,
Toante quaranta,
Mege quaranta,
Idomeneo e Merione ottanta,
Ulisse dodici,
Protoo di Magnesia quaranta,
Tlepolemo otto,
Eumelo undici,
Achille cinquanta,
Nireo tre,
Podarce e Protesilao undici,
Podalirio e Macaone trenta,
Filottete sette,
Euripilo quaranta,
Guneo ventidue,
Perebi e Polipete quaranta,
Eutrafate, Antifo e Fidippo, Scarpanto, Coo, Caso e Calidna trenta,
Tessandro cinquanta,
Calcante venti,
Mopso venti,
Epeo trenta.

XVIII. Ogni partecipante conferì anche cavalli e carri da guerra ma il grosso dell'esercito era la fanteria perché la Grecia, povera di pascoli, faceva scarso uso della cavalleria.
I Greci cercarono anche l'allenza di Sarpedonte re di Sidone ma Priamo li aveva preceduti.

XIX. Agamennone uccise una capra non sapendo di trovarsi in un bosco sacro a Artemide. A causa di questo sacrilegio la dea scatenò una pestilenza. Una donna ispirata spiegò l'origine dell'epidemia ed affermò che la dea si sarebbe placata solo con i sacrificio della figlia maggiore del colpevole.
Poiché Agamennone rifiutava di sacrificare la figlia, i Greci gli tolsero il comando affidandolo a quattro capi: Palamede, Diomede, Aiace Telamonio e a Idomeneo.

XX. Ulisse si presentò a Clitemnestra con una lettera con la firma contraffatta di Agamennone, facendole credere che il re avesse combinato il matrimonio fra Achille e Ifigenia e sollecitandola a consegnargli la figlia.

XXI. Il giorno stabilito Ulisse, Menelao e Calcante si apprestarono a compiere il sacrificio di Ifigenia ma il cielo fu sconvolto da un violento temporale, mentre fra i Greci scoppiava una pestilenza. Una misteriosa voce ordinò di annullare il sacrificio ed assicurò che Agamennone avrebbe avuto la sua punizione una volta rientrato da Troia.

XXII. Intanto Achille, grazie ad una lettera di Clitemnestra, scopriva l'inganno di Ulisse e si precipitava ad interrompere il sacrificio. In quel momento comparve nel bosco una cerva ed i presenti, comprendendo che si trattava di una vittima inviata dalla stessa dea, la sacrificarono.
Achille affidò Ifigenia agli Sciti.

XXIII. Temporale e pestilenza cessarono, si alzò un vento favorevole alla partenza.
Agamennone fu reintegrato nel comando e la navi salparono a Aulide.

LIBRO SECONDO


I. Arrivati alle coste della Misia, i Greci furono ostacolati dalle guardie del re Telefo che erano incaricate di evitare lo sbarco dei pirati. I Greci si considerarono offesi ed attaccarono le guardie.

II. Informato dell'attacco Telefo accorse con tutti gli uomini che riuscì a radunare rapidamente. Nella battaglia che seguì perì Tessandro, ucciso da Telefo. Diomede raccolse il suo cadavere e si occupò di cremarlo.

III. Achille e Aiace Telamonio presero il comando e fecero grande strage di nemici. Aiace uccise Teutranio, fratello di Telefo, ed Achille ferì Telefo.

IV. La battaglia continuò fino a sera. L'indomani fu stabilita una tregua per seppellire i morti.

V. Durante la tregua Tlepolemo, Fidippo ed Antifo che, come membri della stirpe di Eracle, erano parenti di Telefo, andarono a fargli visita.
Telefo rimproverò gli ospiti per non aver mandato messaggeri ad avvisarlo del loro arrivo ed essere sbarcati all'improvviso. Ordinò comunque al suo popolo di cessare le ostilità e di permettere ai Greci di sbarcare.
Rifiutò di fornire soldati perché Astioche, moglie sua e madre di Euripilo, era figlia di Priamo e ciò gli impediva di combattere contro Troia.

VI. Anche Achille ed Aiace resero visita a Telefo che volle conoscere anche tutti i Pelopidi che militavano nell'esercito greco. Invitò anche Agamennone e Menelao i quali fecero chiamare i medici Macaone e Podalirio figli di Asclepio per curare la ferita di Telefo.

VII. Sopraggiunse la cattiva stagione e non potendo proseguire per Troia i Greci andarono a svernare in Beozia e di qui molti tornarono alle loro case.

VIII. Alcuni mercanti sciti informarono i Troiani sulla spedizione greca. Alessandro ed i suoi consiglieri mandarono ambasciatori presso i popoli confinanti per cercare rinforzi.

IX. Il progetto troiano era di prevenire il nemico attaccando la Grecia, comprendendolo Diomede sollecitò tutti gli altri capi per affrettare la partenza.
Ulisse confessò il suo inganno ad Agamennone che credeva ancora che Ifigenia fosse morta e ad Achille riconciliandolo con il re. Si era nel nono anno dal ratto di Elena.

X. Mentre i Greci si riunivano ad Argo per riprendere l'impresa, giunse Telefo che aveva saputo dall'oracolo che la sua ferita sarebbe guarita solo con l'aiuto di Achille, Macaone e Podalirio. Venne fatto quanto l'oracolo aveva prescritto, la ferita guarì e Telefo riconoscente guidò i Greci fino a Troia.

XI. Nel luogo dove sbarcarono stava arrivando con la sua armata Sarpedonte alleato di Priamo. I Greci, presi alla sprovvista durante lo sbarco, affrontarono la lotta con difficoltà. Nel combattimento morì Protesilao che era sulla nave che aveva attraccato per prima, ucciso da una freccia di Enea.

XII. Telefo aveva accompagnato la flotta per indicare la rotta ma non potendo combattere per i motivi già esposti ripartì per la sua terra.
Durante le esequie di Protesilao i Greci furono attaccati da Cicno, alleato dei Troiani, ma intervenne Achille e lo uccise.

XIII. I Greci decisero di impadronirsi delle città vicine per evitare che aiutassero Troia. Iniziarono dalla città di Cicno ma non la distrussero perché si impietosirono alle preghiere degli abitanti. Si fecero consegnare Cobimo, Coziano e Glauce, figli di Cicno.

XIV. Per disposizione di un oracolo Palamede offrì ad Apollo Sminteo il sacrificio di cento buoi. Il rito era presieduto dal sacerdote Crise, Alessandro tentò di disturbarlo ma fu respinto da Aiace Telamonio ed Aiace d'Oileo.

XV. Diomede ed Ulisse, spinti dall'invidia, decisero di eliminare Palamede. Lo indussero a calarsi in un pozzo facendogli credere che contenesse un tesoro, ma una volta disceso lo ricoprirono i pietre.
Alcuni sospettarono che Agamennone fosse coinvolto nel complotto perché Palamede era molto amato dall'esercito e molti avevano proposto di affidargli il comando.

XVI. Achille attaccò Lesbo, amica dei Troiani, ne uccise il re Forbante e fece prigioniera la figlia Diomedea, quindi diroccò Sciro e Jerapoli.
Un re degli Sciti, per evitare problemi, recò molti doni ai Greci.

XVII. Achille attaccò quindi i Cilici a Lirnesso, uccise il re Eezione e fece prigioniera la moglie Astinome (Criseide) figlia di Crise.
Rivoltosi contro i Lelegi, conquistò Pedaso e catturò Ippodamia (Briseide) il cui padre Brise, re dei Lelegi, si impiccò.

XVIII. Aiace Telamonio invase il Chersoneso Tracico. Gli si arrese Polimestore che gli consegnò Polidoro figlio di Priamo, che gli era stato affidato.
Quindi Aiace uccise il re dei Frigi Teutrante e catturò la figlia Tecmessa.
XIX. Achille ed Aiace tornarono al campo dove furono accolti con grandi onori. Nestore ed a Idomeneo furono incaricati di dividere la preda. Ad Achille andarono Ippodamia e Diomedea mentre Astinome fu data ad Agamennone, Tecmessa ad Aiace. Il resto del bottino fu distribuito fra gli altri combattenti.

XX. Menelao con Ulisse e Diomede si presentò al consiglio degli anziani di Troia per scambiare Polidoro con Elena, avvertendo che se la proposta fosse stata respinta i Greci avrebbero combattuto fino alla completa distruzione dell'una o dell'altra parte.

XXI. Risposero per primi Panto e Antenore attribuendo la responsabilità alla famiglia regnante (Priamo ed i figli erano assenti). Vennero quindi convocati gli alleati di Priamo ai quali Ulisse tenne un secondo discorso analogo al primo.
Il consiglio riconobbe che Menelao era stato offeso e si mandò ad informare Priamo della proposta riguardante Polidoro.

XXII. Priamo fu sconvolto dalla notizia che Polidoro era in mano al nemico ma i figli gli impedirono di raggiungere il consiglio.

XXIV. Preso in disparte Ettore, Panto tentò di convincerlo a sostenere quanti volevano restituire Elena, ma questa aveva in precedenza invocato la protezione di Ettore che aveva promesso, quindi propose di restituire quanto Alessandro aveva preso a Sparta insieme alla donna e di dare a Menelao, invece di Elena, una figlia di Priamo: Cassandra o Polissena.

XXV. Intervenne Enea, decisamente ostile a Menelao. Nel suo discorso ricordò come i Greci avessero compiuto spesso rapimenti: Europa, Ganimede, Medea, Io; quindi intimò minacciosamente agli ambasciatori di far sgomberare la spiaggia dalle navi greche.
Ulisse prese le parole di Enea come una definitiva dichiarazione di guerra, che ricambiò. Gli ambasciatori si allontanarono mentre il popolo troiano deprecava il comportamento di Enea.

XXVI. Quando gli ambasciatori riferirono l'esito della missione si decise di uccidere Polidoro che venne trucidato sotto le mura di Troia, quindi il cadavere fu riconsegnato ai familiari.
Aiace riprese le spedizioni contro le città vicine.

XXVII. Crise, sacerdote di Apollo, si presentò al campo greco per riscattare la figlia Astinome.

XXVIII. Molti Greci commossi proponevano di restituire Astinome senza accettare riscatto ma Agamennone cacciò brutalmente il sacerdote, esecrato da tutti e in particolare da Achille.

XXIX Pochi giorni dopo una grave epidemia colpì l'esercito greco. L'indovino Calcante fu consultato ma esitava a parlare per timore di Agamennone. Solo quando Achille gli garantì protezione Calcante rivelò che l'epidemia dipendeva dallo sdegno di Apollo per l'offesa arrecata al suo sacerdote e disse che soltanto la restituzione di Astinome avrebbe placato il dio.

XXX. Prevedendo la reazione di Achille, Agamennone fece armare le persone che erano con lui, ma Achille fece raccogliere in un'unica catasta tutte le vittime della pestilenza e le mostrò al congresso dei capi minacciando di uccidere Agamennone se non avesse acconsentito a restituire la schiava. Ma Agamennone persisteva nel suo rifiuto.

XXXI. Avuta la notizia dell'epidemia che colpiva il nemico, i Troiani ne approfittarono per attaccare. Ne seguì una lunga e cruenta battaglia.

XXXII. Molti proposero di passare il comando supremo ad Achille ma Agamennone acconsentì finalmente a restituire Astinome purché gli fosse data in cambio Ippodamia (Briseide) che era stata assegnata ad Achille.
Achille non si oppose, i littori prelevarono Briseide dalla sua tenda mentre Ulisse e Diomede accompagnavano Criseide dal padre e subito l'epidemia cessò di tormentare l'esercito.

XXXIII. Offeso dalle pretese di Agamennone e dal fatto che nessuno si fosse opposto, Achille si ritirò nella su tenda rifiutando di partecipare alle assemblee e di ricevere visite dagli altri capi. Erano con lui solo Patroclo, Fenice e l'auriga Automedonte.

XXXIV. Poiché gli alleati, stanchi dell'inazione, mostravano di voler tornare alle loro case, Ettore decise di attaccare battaglia.
A questo punto l'autore fornisce un catalogo degli alleati dei Troiani:
Pandaro di Licia, figlio di Licaone;
Ippotoo e Pileo di Larissa;
Acamante e Piro di Tracia;
Eufemo di Trezene;
Pilemene figlio di Melio;
Odio e Epistrofo figli di Minosse re degli Alizoni;
Sarpedonte figlio di Xanto, comandante dei Licii ;
Naste e Amfimaco di Caria;
Antifo e Mestle di Meonia figli di Pilemene;
Glauco figlio di Ippoloco;
Forci e Ascanio di Frigia;
Gromi di Midone di Misia;
Pirecme peonio;
Amfio e Adrasto figli di Merope;
Asio d'Irtaco da Sesto;
Asio figlio di Dimante e fratello di Ecuba.

XXXV. Visti i preparativi del nemico anche i Greci si disposero per combattere, tranne Achille che, offeso, si teneva in disparte.
I due eserciti si fronteggiarono per qualche tempo ma infine sia Greci sia Troiani furono richiamati senza aver combattuto.

XXXVI. Mentre i Greci si spogliavano delle armi, Achille tentò di attaccarli all'improvviso per vendicare le offese subite ma Ulisse se ne accorse ed avvertì tutti gli altri comandanti. Achille trovò tutti in armi e pronti alla difesa ed abbandonò il progetto.
Dal suo campo Ettore notò la confusione nel campo nemico ed inviò a controllare Dolone figlio di Eumede ma l'esploratore fu catturato e ucciso da Ulisse e Diomede.

XXXVII. Dopo alcuni giorni di ozio gli avversari scesero di nuovo in campo e questa volta combatterono.

XXXVIII. Molti perirono nel combattimento, molti furono feriti e costretti a lasciare il campo. Menelao tentò di duellare con Paride che fuggì. Indignati Ettore e Deifobo lo costrinsero a tornare in campo per affrontare Menelao.
XXXIX. Dopo alcuni colpi andati a vuoto, Paride rimase ferito ad una gamba ma mentre Menelao avanzava per finirlo, Pandaro lo ferì con una freccia. I Greci deprecarono questo intervento che interrompeva un duello che avrebbe potuto concludere la guerra.
XL. Pandaro colpì altri nemici con le sue frecce ma infine fu ucciso da Diomede.
Il combattimento continuò fino a notte. Seguì una sospensione delle ostilità dovuta alla cattiva stagione.
Durante la tregua Ettore organizzò un'improvvisa sortita e riuscì ad incendiare molte navi nemiche. I Greci implorarono Achille di intervenire, ma Achille rifiutò.
XLI. Mentre i Greci rimanevano quieti nel loro campo per l'inverno, Ettore guidò un'improvvisa sortita cogliendo il nemico impreparato e facendo molte vittime.
Ettore si spinse fino alle navi greche e cominciò ad appiccare il fuoco, alcuni Greci corsero a pregare Achille di intervenire.
XLII. Prese l'iniziativa Aiace Telamonio che riuscì ad allontanare i Troiani dalle navi e a ferire Ettore con un grande sasso.
I suoi compagni portarono in salvo Ettore ma Aiace fece una strage. Riuscirono a resistergli per qualche tempo Glauco di Ippoloco, Sarpedonte e Asteropeo ma quando questi cedettero Aiace uccise Antifo, Polite, Pammone e Mestore figli di Priamo e Eufemo comandante dei Ciconii.
XLIII. A sera Agamennone offrì un banchetto per onorare l'impresa di Aiace.
In pochi giorni i Greci ripararono i modesti danni che i Troiani avevano arrecato alle navi.
XLIV. Reso figlio di Eione, alleato di Priamo, giunse nei pressi di Troia con un esercito di Traci e si accampò per la notte.
Ulisse e Diomede penetrarono nel campo dei Traci, soppressero le guardie addormentate e lo stesso Reso quindi tornarono alle navi portando via i cavalli di Reso.
I Greci si prepararono a fronteggiare un attacco dei Traci.
XLV. Infatti al mattino i Traci attaccarono disordinatamente ma furono duramente sconfitti dai due Aiaci e da altri comandanti. Quindi i Greci saccheggiarono il loro campo facendo fuggire i superstiti.
XLVI. I Troiani non avevano fornito alcun aiuto ai loro alleati, perciò i Traci sopravvissuti alla battaglia passarono nelle file dei Greci.
In quei giorni il sacerdote Crise venne a ringraziare i Greci che gli avevano restituito la figlia e, considerando il trattamento che Criseide aveva ricevuto, la lasciò ad Agamennone.
Giunse al campo greco anche Filottete, recuperato da Lemno da alcuni compagni, ancora debole e malfermo.
XLVII. Aiace Telamonio propose ad Agamennone di tentare una riconciliazione con Achille, Agamennone accettò ed incaricò Aiace e Ulisse di parlare con Achille. Diomede si unì spontaneamente alla missione.
XVLIII. Compiuto un sacrificio, Agamennone giurò di non aver violato Ippodamia. Per riconciliarsi con Achille, oltre alla prigioniera, gli offriva di sposare una delle sue figlie con una ricca dote.
Patroclo corse a riferire ad Achille le parole di Agamennone.
XLIX. Achille accolse cortesemente gli inviati di Agamennone. Aiace lo rimproverò benevolmente per la sua ostinazione mentre Ulisse gli riferì le offerte e le promesse di Agamennone.
L. Achille insisteva nella sua posizione ricordando le sue gesta e la sua abnegazione e accusando Agamennone di averlo offeso e tutti i Greci di aver tollerato il comportamento del re.
LI. Infine Achille si lasciò convincere dalle preghiere degli amici ed accettò di partecipare al banchetto offerto da Agamennone, dove fu accolto con grande onore fra le gioia di tutti.
Agamennone incaricò Patroclo di accompagnare Ippodamia alla tenda di Achille.
Con l'inverno i Greci e i Troiani si concessero tacitamente una tregua.

LIBRO TERZO


I. Durante la tregua i Greci si mantenevano in costante esercizio mentre i Troiani si lasciarono andare all'ozio. Intanto quasi tutti gli alleati di Priamo abbandonarono la causa di Troia, molti perché indignati dalla vicenda di Paride e del rapimento di Elena.
II. Un giorno Achille volle assistere ad una cerimonia dei Troiani nel tempio di Apollo fuori dalla città, approfittando della tregua infatti assediati ed assedianti vi si recavano senza pericolo.
In quell'occasione Achille vide Polissena, figlia di Ecuba e Priamo, e se ne innamorò.
Dopo alcuni giorni Achille mandò Automedonte da Ettore per chiedere la mano di Polissena e Ettore rispose che per avere la sorella Achille gli avrebbe dovuto consegnare l'intero esercito greco.
III. Achille ricusò la richiesta offrendo in cambio di fare da mediatore della pace, ma Ettore avanzò altre proposte inaccettabili e la trattativa nuziale naufragò. Esacerbato Achille giurò di uccidere Ettore. Quando raccontò del suo innamoramento a Agamennone e Menelao quelli lo confortarono promettendo che presto sarebbe stato padrone di quanto non aveva potuto ottenere.
Intanto gli ex-alleati di Troia offrivano aiuto ai Greci ma questi rifiutarono diffidando di interlocutori tanto volubili.
IV. A primavera ripresero i combattimenti. Diomede uccise Pirecme re dei Peoni, Idomeneo uccise Acamante re dei Traci. Ettore con Glauco, Deifobo e Polidamante accorse in aiuto della parte più debole dello schieramento troiano riequilibrando le sorti dello scontro.
V. Ettore si comportò molto valorosamente e ferì Diore, Polisseno e Epio, gli andò contro Achille uccidendo Pilemene re dei Paflagoni discendente di Fineo che tentava di ostacolarlo.
VI. Ettore si sottrasse all'attacco e Achille tentò di abbatterlo con una freccia e colpì l'auriga. Furioso per la fuga di Ettore, Achille si accanì nella lotta uccidendo molti nemici ma Eleno lo ferì ad una mano con una freccia costringendolo a ritirarsi (per Ditti Cretese, dunque, Achille non era invulnerabile).
VII. Agamennone e i due Aiaci fecero strage dei nemici e di molti figli di Priamo: Agamennone uccise Deiopite, Archemaco, Laomaco e Filemone; Aiace d'Oileo e Aiace Telamonio abbatterono Melio, Astigono, Doriclo, Ippotoo e Ippodamante.
Patroclo e Sarpedonte ingaggiarono un lungo duello nel quale Sarpedonte rimase ucciso.
VIII. Vedendo cadere Sarpedonte molti Troiani si volsero contro Patroclo che resistette all'attacco uccidendo Gorgizione e ferendo Deifobo. La battaglia durò fino alla sera con molti caduti e nessun vincitore.
IX. Nel campo troiano si pianse amaramente la morte di Sarpedonte, i Greci invece si rallegravano nel constatare che la ferita di Achille non era grave.
Nel giorni seguenti ciascuna parte in guerra si dedicò ad onorare e seppellire i propri caduti, quindi si tornò a combattere.
X. Attaccando per primi i Troiani sfruttarono la sorpresa per fare molte vittime fra i nemici. Morirono fra i Greci Arcesilao e Schedio, Mege e Agapenore furono feriti. Euforbo uccise Patroclo e Ettore si gettò sul cadavere per farne scempio, Euforbo fu a sua volta ucciso da Menelao.
XI. I capi greci si riunirono intorno ad Achille disperato per la morte di Patroclo. Tutti erano sconvolti dalla vista delle atroci ferite sul corpo del giovane eroe caduto.
XII. Si costruì un grande rogo e si tributarono solenni esequie a Patroclo.
XIII. Alcuni giorni dopo i Troiani portarono un nuovo improvviso attacco al campo greco ma furono messi in fuga.
XIV. Fra i Troiani caduti in quell'occasione furono Asio, Pileo e Ippotoo. Iso e Evandro figli di Priamo furono fatti prigionieri e Achille li fece scannare sul rogo ormai spento di Patroclo giurando di vendicare la morte dell'amico.
XV. Pentesilea regina delle Amazzoni si alleò con i Troiani e mentre Ettore andava ad incontrarla cadde ucciso in un'imboscata tesagli da Achille.
Achille spogliò delle armi il cadavere di Ettore e lo legò al suo carro per straziarlo davanti agli occhi di tutti.
XVI. Alla notizia della morte del loro campione i Troiani furono presi dalla disperazione.
XVII. I Greci festeggiarono la morte del loro più temibile avversario e Achille indisse giochi funebri in onore di Patroclo. Eumelo vinse nelle corse con la quadriga, Diomede e Menelao ebbero rispettivamente il primo e il secondo premio della corsa delle bighe.
XVIII. Per la gara di tiro con l'arco una colomba fu legata ad un sottilissimo filo e solo Ulisse e Merione riuscirono a colpirla, ma Filottete dichiarò di poter colpire addirittura il filo e riuscì nell'impresa ottenendo da Achille un premio straordinario.
XIX. Aiace d'Oileo fu primo nella corsa, Polipete secondo. Altri premi furono vinti da Macaone, Euripilo, Tlepolemo, Antiloco. Il premio per la lotta non fu assegnato perché l'incontro fra Ulisse e Aiace si concluse in pareggio.
XX. All'alba del giorno seguente Priamo, con vesti ed atteggiamenti da supplice, si presentò ad Achille per chiedere le spoglie di Ettore. Lo accompagnava Andromaca con i figli Astianatte e Laodamante (in Omero Ettore e Andromaca hanno un solo figlio, Astianatte).
La vista di Priamo devastato dal dolore commosse Nestore ma non Ulisse che rivolse contumelie al vecchio re. Achille mandò Automedonte a ricevere Priamo e il suo seguito.
XXI. Priamo rivolse ad Achille una supplica accorata, umiliandosi di fronte all'eroe.
XXII. Sfinito Priamo tacque, mentre Andromaca prendeva a implorare a sua volta Achille. Fenice impietosito cercò di fare coraggio a Priamo.
XXIII. Achille rispose che Priamo avrebbe dovuto fermare gli errori dei suoi figli e non lasciarsi tentare dalle ricchezze degli Atridi. Quanto ad Ettore era giusto che pagasse l'aver orribilmente fatto scempio del corpo di Patroclo.
La guerra, nata dall'adulterio di Elena con Paride, è servita secondo Achille a dimostrare la barbarie dei Troiani.
XXIV. Achille consultò gli altri capi greci e tutti furono dell'opinione di accettare i doni di Priamo e consegnargli il cadavere, ma a convincere Achille fu l'addolorata supplica di Polissena che abbracciò le sue ginocchia piangendo.
Achille volle che fosse dato a Priamo un abito degno e che sedesse alla sua tavola.
XXV. Durante il pasto Achille chiese a Priamo perché i Troiani avessero affrontato una guerra così disastrosa invece di consegnare Elena.
XXVI. Priamo raccontò del presagio fatale, quando Ecuba incinta di Alessandro aveva sognato di partorire una fiaccola che incendiava Troia. Molti avevano proposto di eliminare il neonato ma Ecuba lo aveva affidato ai pastori.
Quando si era scoperto che era ancora vivo, Alessandro ormai adulto era apparso così bello che invece di ucciderlo gli avevano dato in sposa Enone.
Fu certamente una divinità ad indurre Alessandro a rapire Elena che infatti fu accolta con gioia dai Troiani. Si era opposto soltanto Antenore che aveva cacciato il figlio Glauco perché amico di Alessandro.
XXVII. Achille accettò i doni di Priamo lasciandone una parte a Polissena e consegnò il cadavere di Ettore.
Riconoscente, Priamo offrì ad Achille di tenere con se Polissena ma Achille non accettò.

LIBRO QUARTO


I. I Troiani si stupirono nel veder tornare Priamo incolume e con il corpo del figlio. Tutti piansero la morte di Ettore. Le esequie solenni durarono dieci giorni, quanto la tregua appositamente concordata con i Greci.
II. Giunse Pentesilea regina delle Amazzoni con il suo esercito e dopo qualche giorno attaccò i Greci. Il combattimento fu molto duro ed alla fine della giornata molti erano i caduti. In particolare Aiace aveva fatto strage della fanteria nemica.
III. Quando Pentesilea venne disarcionata e gravemente ferita da Achille, le sue truppe fuggirono ma i Greci ne trucidarono la maggior parte risparmiando solo le donne. Achille voleva dare a Pentesilea degna sepoltura ma i Greci si opposero e Diomede la fece gettare ancora viva nelle acque dello Scamandro.
IV. Il giorno seguente giunse Memnone figlio di Titone ed Aurora alla guida di un esercito di Etiopi.
Intanto Fala di Sidone, a sua volta in viaggio per portare aiuto a Priamo, era approdato a Rodi ma gli abitanti dell'isola lo avevano accusato di aiutare chi aveva recato danno alla sua patria (in una versione del mito, infatti, durante il viaggio da Sparta a Troia Paride aveva espugnato Sidone). Eccitati per le parole dei Rodiensi, i Fenici dell'esercito di Fala lo lapidarono e divisero fra loro le ricchezze del comandante.
V. Quando Memnone attaccò i Greci non riuscirono a fronteggiare un così grande numero di nemici e furono costretti a fuggire.
VI. I Greci estrassero a sorte chi avrebbe comandato in una nuova battaglia contro Memnone e il comando toccò ad Aiace Telamonio. Il giorno successivo i due eserciti tornarono a scontrarsi e Antiloco figlio di Nestore fu ucciso da Memnone.
Aiace provocò Memnone che accettò il duello. Quando Aiace riuscì a privare l'avversario dello scudo, Achille lo uccise con un colpo di lancia.
VII. Caduto il loro capo i soldati di Memnone persero coraggio e i Greci ne uccisero molti.
Il troiano Polidamante fu ucciso da Aiace, Glauco figlio di Antenore fu ucciso da Agamennone e caddero anche molti figli di Priamo: Areto e Echemone per mano di Ulisse, Driope, Biante e Coritone uccisi da Idomeneo, Ilioneo da Aiace d'Oileo, Tieste e Telesia da Diomede, Antifo, Agavo, Agatone e Glauco da Aiace Telamonio, Asteropeo da Achille.
VIII. Fu indetta una tregua per seppellire i caduti. Le reliquie di Memnone poste in un'urna furono consegnate ai parenti, quelle di Antiloco a Nestore.
I Greci trascorsero la notte festeggiando la vittoria mentre i Troiani erano in preda alla disperazione avendo ormai perduti tutti i loro uomini migliori.
IX. Alcuni giorni dopo i Greci attaccarono di nuovo. I guerrieri troiani uscirono dalle mura ma fuggirono prima di iniziare a combattere. Molti furono uccisi ed altri fatti prigionieri come Licaone e Troilo figli di Priamo che furono scannati per ordine di Achille.
X. Si ebbe una tregua per la festa di Apollo Timbreo e Priamo mandò Ideo a parlare con Achille per offrirgli di nuovo Polissena. I Greci notarono l'incontro e sospettarono che Achille volesse tradirli. Ulisse e Diomede si incaricarono di appurare la verità.
XI. Alessandro e Deifobo, fingendo di recare un nuovo messaggio da parte di Priamo, incontrarono Achille nel tempio di Apollo. Mentre Deifobo distraeva Achille, Alessandro lo pugnalò a morte nel fianco. I due Troiani fuggirono e Ulisse e Aiace trovarono Achille moribondo che ebbe soltanto il tempo i pronunciare i nomi dei suoi uccisori.
XII. Mentre Aiace trasportava il corpo senza vita di Achille fu attaccato dai Troiani che intendevano fare scempio del cadavere.
Subito soccorso dai suoi compagni, Aiace affidò loro il corpo di Achille ed uccise Asio figlio di Dimante e fratello di Ecuba, quindi ferì Naste e Amfimaco signori della Caria.
I Troiani furono messi in fuga ma i caduti furono numerosi per entrambe le parti.
XIII. I comandanti piansero Achille con grande dolore, non così gli altri Greci perché si era sparsa la voce che Achille intendesse tradire.
Fu eretto un grande rogo nello stesso luogo dove erano state cremate le spoglie di Patroclo, Aiace Telamonio si occupò personalmente di raccogliere le ceneri dell'eroe che gli era stato carissimo.
XIV. I Troiani, dal canto loro, festeggiarono la fine del più temibile dei loro avversari, lodando l'astuzia di Alessandro.
Si seppe che stava per giungere in aiuto ai Troiani Euripilo figlio di Telefo che Priamo aveva chiamato promettendogli la mano di Cassandra. Con Euripilo giungevano legioni di soldati dalla Misia e da altri paesi.
XV. I Greci chiusero i resti di Achille con quelli di Patroclo in un'urna e Aiace fece costruire un sepolcro a sue spese.
Giunse Pirro o Neottolemo, figlio di Achille e Deidamia, e conosciuti i modi della morte del padre giurò di vendicarlo unendosi agli altri per distruggere Troia.
XVI. Si stabilì di attaccare il giorno seguente, quindi Neottolemo banchettò alla tavola di Agamennone con Aiace, Ulisse e Menelao.
L'indomani Diomede e Ulisse avvertirono Neottolemo che i combattimenti sarebbero stati rimandati per permettere a lui e ai suoi uomini di riposare.
XVII. Due giorni dopo Euripilo incitò a combattere i Troiani che erano spaventati dall'arrivo di Neottolemo e riuscì a farli schierare contro il nemico che attaccava, tutti tranne Enea indignato per il sacrilegio commesso da Alessandro nel tempio di Apollo di cui era custode.
Si combattè violentemente, Euripilo uccise Peneleo e Nireo ma fu a sua volta ucciso da Neottolemo. A questo punto i Troiani, che consideravano Euripilo come loro ultima speranza, fuggirono in preda allo sconforto.
I Greci bruciarono il cadavere di Euripilo e ne mandarono i resti al padre. Crise informò i Greci che Eleno, per l'orrore del sacrilegio di Alessandro, si era rifugiato presso il tempio di Apollo. Catturato da Ulisse e Diomede, Eleno rivelò che anche Enea aveva lasciato Troia recandosi presso Antenore con il vecchio padre Anchise.
Crise seppe da Eleno, che era indovino, che la rovina di Troia era ormai prossima.
XIX. Greci e Troiani decisero di concludere la guerra con un duello e Filottete sfidò Alessandro con l'arco. Alessandro tirò per primo ma la sua freccia andò a vuoto, Filottete lo colpì in rapida successione a una mano, un occhio, i piedi e quindi lo finì. Le sue frecce erano state bagnate con il sangue dell'Idra.
XX. I Troiani riuscirono a recuperare il cadavere di Alessandro e lo portarono in città, inseguendoli Aiace Telamonio si trovò sotto le mura, bersaglio di una pioggia di pietre scagliate dai nemici, ma resistette riparandosi con lo scudo mentre Filottete con le sue frecce uccideva molti Troiani. Il giorno seguente i Greci attaccarono di nuovo ma i Troiani non uscirono dalle mura.
XXI. Neottolemo vegliò sulla tomba del padre con tutto l'esercito dei Mirmidoni.
I figli di Antimaco si recarono presso Eleno e tentarono senza successo di riconciliarlo con i concittadini. Sulla via del ritorno furono catturati da Diomede e da Aiace d'Oileo, recati al campo greco vennero lapidati.
Enone, già moglie di Alessandro, morì di dolore per la perdita del marito e fu sepolta con lui.
XXIII. Mentre molti Troiani disertavano, Priamo e i suoi consiglieri decisero di riconsegnare Elena per porre fine alla guerra, ma Deifobo si oppose e prese Elena per moglie.
Antenore fu incaricato di trattare con i Greci ma giunto al campo greco accusò Priamo di essere avido e ingiusto, mostrandosi pronto al tradimento.
Trattando privatamente con Agamennone, Idomeneo, Ulisse e Diomede, Antenore si accordò per tradire Troia ottenendo la promessa di metà dei beni di Priamo e il trono per uno dei suoi figli. Fu stabilito che anche Enea avrebbe avuto un compenso se avesse accettato di collaborare al tradimento.
Tornato a Troia, Antenore ingannò i concittadini riferendo che i Greci erano disposti a partire se avessero avuto Elena ed una certa quantità d'oro.

LIBRO QUINTO


I. Antenore parlò ai suoi figli lodando i Greci ed incitandoli a cercarne l'amicizia. Il mattino seguente il consiglio si riunì per ascoltare la testimonianza di Antenore.
II. Antenore tenne un discorso deprecando la guerra e le sue origini ricordando l'antica amicizia fra i Greci e i Troiani. Accusò Priamo e i suoi figli di essere responsabile di tante disgrazie ed affermò che Elena doveva essere immediatamente riconsegnata.
III. Tutti i presenti furono commossi dalle parole di Antenore e chiesero a gran voce che si trovasse una soluzione per concludere la guerra. Priamo, consapevole di aver perduto il consenso della cittadinanza, dichiarò di ritirarsi affidando il potere a Antenore.
IV. Durante la notte Elena incontrò segretamente Antenore per pregarlo di ottenere dai Greci garanzie per la sua incolumità, temeva infatti la punizione di Menelao per l'adulterio compiuto.
Al mattino Antenore e Enea si recarono al campo greco e perfezionarono gli accordi per il tradimento, quindi tornarono a Troia con Ulisse e Diomede.
Il consiglio dei Troiani, riunitosi pieno di speranza, deliberò innanzi tutto di bandire Antimaco dalla Frigia.
V. La riunione fu turbata da un grande clamore proveniente dalla reggia di Priamo. Si seppe che era crollata una parte dell'edificio uccidendo Bunomo, Corito e Ideo, figli di Alessandro ed Elena.
Più tardi Ulisse e Diomede vennero a sapere che un oracolo aveva previsto che Troia sarebbe caduta quando fosse stata privata del Palladio, un'antica statua che si diceva venuta dal cielo e si custodiva nel tempio di Atena. Antenore accettò di aiutarli a prendere la statua.
VI. Il giorno successivo si tenne un nuovo consiglio e il troiano Lampo chiese ai Greci clemenza per se e per gli altri consiglieri che erano stati costretti a combattere dai figli di Priamo.
Diomede avanzò esose richieste di denaro che Antenore giudicò impossibili da soddisfare. La discussione rischiò di degenerare ma il consigliere Panto convinse tutti a rimandare la decisione.
VII. Si verificarono presagi nefasti durante i sacrifici ed i Troiani ne furono molto spaventati. Nel campo greco, invece, Calcante annunciava che la vittoria era ormai prossima.
VIII. Ecuba offrì nuovi sacrifici ma di nuovo il fuoco non consumò le carni della vittima. Cassandra fece trasportare le offerte sul sepolcro di Ettore e soltanto qui si riuscì a completare il rituale.
Antenore costrinse la sacerdotessa Teano a consegnargli il Palladio e lo portò ad Ulisse.
Il mattino seguente si giunse ad un accordo che al ritorno di Ulisse e Diomede alle navi venne ratificato dai Greci.
IX. Eleno confermò che la perdita del Palladio avrebbe permesso la caduta di Troia e suggerì di offrire ad Atena un gigantesco cavallo di legno le cui dimensioni avrebbero costretto i Troiani a demolire parte delle mura della città. Preso dal rimorso, Eleno ebbe un mancamento e fu soccorso da Pirro che lo fece mettere sotto sorveglianza per timore che intendesse tornare dalla parte dei Troiani.
X. La delegazione che andò a Troia per firmare la pace era composta da Ulisse, Diomede, Idomeneo, Aiace Telamonio, Nestore, Merione, Toante, Filottete, Neottolemo, Eumelo.
Furono accolti ed onorati con allegria, quindi incontrarono gli anziani e si accordarono per la cerimonia di stipula del trattato di pace.
Gli alleati dei Troiani presero congedo e tornarono ai loro paesi.
XI. Intanto Epeo stava costruendo il cavallo di legno, immensa struttura montata su ruote, mentre a Troia Antenore e Enea raccoglievano l'oro per pagare ai Greci quanto stabilito.
Tutti si comportarono nel rispetto degli accordi, in particolare i Greci che volevano evitare ogni sospetto.
Una volta completato il cavallo fu portato presso le mura di Troia e la popolazione uscì festante per accoglierlo. Una parte delle mura secolari venne abbattuta dagli stessi cittadini ma i Greci non permisero che il cavallo fosse introdotto in città prima di aver incassato il denaro ed aver occupato gli artigiani Troiani nella manutenzione delle loro navi.
XII. I Greci si imbarcarono e giunti al Sigeo attesero la notte. Con il buio penetrarono in città e presero a far strage degli abitanti che, confusi dalle libagioni della festa, non erano in grado di difendersi. Tutte la case vennero incendiate, risparmiando solo quelle di Antenore e di Enea.
Priamo e molti Troiani cercarono rifugio nei Templi. Menelao scovò Deifobo, che aveva sposato Elena dopo la morte di Paride, e lo uccise dopo averlo mutilato barbaramente.
Neottolemo trovò Priamo e lo scannò senza pietà mentre Aiace d'Oileo faceva prigioniera Cassandra strappandola dal tempio di Atena.
XIII. Tutti i superstiti che avevano cercato la salvezza nei templi furono uccisi e Troia venne saccheggiata. I Greci passarono a dividere fra loro il bottino e le donne. Elena fu consegnata a Menelao, Polissena fu immolata da Neottolemo in onore di Achille.
Agamennone ebbe Cassandra, Demofonte Etra, Acamante Climene, Neottolemo Andromaca, Ulisse Ecuba.
Tutti gli altri combattenti greci ottennero preda e schiavi.
XIV. Aiace chiese per se il Palladio come premio per le sue molte imprese, gli si opposero solo Ulisse e Diomede ma quest'ultimo per rispetto di Aiace poco dopo si ritirò dalla contesa.
Ulisse, che aveva salvato Elena quando Aiace aveva proposto di ucciderla, era sostenuto da Menelao e da Agamennone. Infine il Palladio fu assegnato a Ulisse.
XV. La situazione divise i Greci in due partiti e mentre Aiace meditava vendetta i suoi sostenitori insultavano e minacciavano Ulisse, Menelao ed Agamennone. Il mattino successivo Aiace fu trovato morto, ucciso con la spada (negli altri autori Aiace si suicida). La sua morte provocò una sollevazione dell'esercito che costrinse i due re a nascondersi.
Neottolemo rese gli onori funebri a Aiace e fece innalzare un monumento in suo onore.
Ulisse, sentendosi in pericolo, fuggì a Ismaro e il Palladio rimase a Diomede.
XVI. Desiderando morire Ecuba prese a urlare ingiurie e maledizioni contro l'esercito greco finché non venne lapidata.
Cassandra vaticinò che Agamennone sarebbe morto nella sua casa per mano dei parenti.
Antenore sollecitò i Greci a partire ed offrì loro molti doni. Enea fu invitato a trasferirsi in Grecia con premesse di ricchezza e di potere.
Eleno ricevette da Neottolemo i figli di Ettore e molti doni dagli altri capitani.
Furono stabiliti tre giorni di lutto per Aiace e tutti continuarono a coprire Agamennone e Menelao di contumelie fino a costringerli a partire per primi.
Furono consegnati a Teucro i figli di Aiace: Eantide avuto da Glauca e Eurisace nato da Tecmessa.
XVII. I Greci finalmente si imbarcarono. Enea rimase nei pressi di Troia e tentò di convincere i concittadini superstiti a non lasciare il regno ad Antenore. Non ebbe successo e dovette partire. Giunto all'Adriatico fondò in un'isola una città di nome Corcira Melena.

LIBRO SESTO


I. In pochi giorni la flotta greca giunse nell'Egeo ma qui fu colpita dalla tempesta.
Particolarmente danneggiate furono le navi locresi, molte delle quali colpite dai fulmini. Aiace di Locri cercò di raggiungere le coste dell'Eubea ma perì miseramente a causa di Nauplio che per vendicare la morte di Palamede accese dei fuochi sulla costa attirando la sua nave contro gli scogli.
II. Eace figlio di Nauplio e fratello di Palamede si recò ad Argo per istigare Egialea e Clitemnestra contro i rispettivi mariti parlando loro di comportamenti infedeli e di nuove mogli.
III. Egialea mise i concittadini contro il marito Diomede impedendogli di sbarcare, Clitemnestra ed il suo amante Egisto uccisero Agamennone, quindi si sposarono e generarono Erigone.
Taltibio salvò da Egisto il figlio di Agamennone Oreste e lo portò a Corinto presso Idomeneo.
Diomede si unì a Teucro, cacciato dal padre Telamone per non aver salvato la vita del fratello. Menesteo si recò ad Atene con Etra e Climene.

IV. Menelao giunse a Creta dove fu informato della fine di Agamennone e raccontò di Teucro che cacciato dal padre aveva fondato Salamina di Cipro e della sua visita all'Egitto dove aveva eretto un sepolcro a Canopo suo compagno ucciso dal veleno di un serpente.
Si recò quindi a Micene dove cercò di contrastare Oreste ma desistette per l'opposizione popolare.
Dal canto suo Oreste si sottopose al giudizio dell'Areopago di Atene e venne assolto ma Erigone, figlia di Clitemnestra e di Egisto, sconvolta dalla sentenza si impiccò.
Oreste e Menelao furono riconciliati da Idomeneo e Oreste sposò Ermione figlia di Menelao.

V. In quel periodo approdò a Creta anche Ulisse dopo aver evitato che Telamone (che lo riteneva responsabile della morte di Aiace) lo uccidesse.
Raccontò ad Idomeneo della sue avventure nel paese dei Lotofagi e in Sicilia, dei Ciclopi e dei Lestrigoni, di Circe, di Calipso e delle Sirene e di come aveva perduto molti compagni e molte navi nello stretto fra Scilla e Cariddi.
Idomeneo gli donò due navi con le quali Ulisse si recò presso Alcinoo re dei Feaci.
VI. Ben accolto dai Feaci, Ulisse venne a sapere dei Proci che insidiavano Penelope e chiese ad Alcinoo di aiutarlo a vendicare l'ingiuria. Con l'aiuto dei Feaci raggiunse Itaca e ritrovò Telemaco. Si introdussero nella casa e massacrarono i Proci, quindi il ritorno di Ulisse fu festeggiato dal popolo di Itaca e Telemaco sposò Nausicaa figlia di Alcinoo.
In quei giorni morì Idomeneo lasciando il trono di Creta a Merione e tre anni dopo morì Laerte. Nausicaa e Telemaco ebbero un figlio che fu chiamato Ptoliporto.
Intanto Neottolemo venne a sapere che il suo avo Peleo era stato spodestato da Acasto e mandò gli amici Crisippo e Arato in Tessaglia per indagare in merito. I due inviati incontrarono Assandro, amico di Peleo che confermò quanto Neottolemo aveva saputo.
Assandro raccontò inoltre un'insolita versione della nascita di Achille dicendo che Tetide era figlia di Chirone e che durante le nozze fra Tetide e Peleo i convitati per ammirazione avevano chiamato Chirone con il nome di Nereo e definita Nereide la sposa.
Avuta la conferma, Neottolemo si imbarcò immediatamente per raggiungere Peleo ma durante il viaggio perse quasi tutte le navi a causa delle condizioni del mare. Trovò Peleo che si nascondeva in una grotta per scampare alle insidie di Acasto ed attendeva con ansia notizie del nipote.
Neottolemo travestendosi riuscì ad unirsi nella caccia a Melanippo e ai figli di Acasto e colse l'occasione per eliminarli.
IX. Si presentò quindi ad Acasto fingendo di essere Mestore figlio di Priamo e di essere sfuggito a Neottolemo che lo aveva fatto prigioniero, quindi lo attirò in una spelonca per ucciderlo ma lo risparmiò per intercessione di Tetide che lo esortava a non spargere altro sangue.
Vistosi salvo, Acasto si affrettò a rinunciare al regno e Neottolemo accompagnato da Peleo e Tetide si mostrò al popolo che lo accolse con gioia.
X. Ditti afferma di aver conosciuto personalmente Neottolemo ed essere stato invitato al suo matrimonio. In quell'occasione Neottolemo gli narrò anche come le reliquie di Memnone furono portate a Rodi e consegnate alla sorella che le seppellì in un luogo chiamato Pallioca (non identificato).
XI. L'anno seguente Creta fu colpita dalle locuste che distrussero i raccolti. Ditti e altri due Cretesi furono inviati a consultare l'oracolo di Apollo.
L'oracolo pronunciò un vaticinio rassicurante ma avvertì i postulanti di non ripartire perché il viaggio sarebbe stato pericoloso. I compagni di Ditti non vollero ascoltare l'avvertimento e perirono in mare, intanto i fulmini distrussero le locuste come l'oracolo aveva preannunciato.
XII. Ermione era gelosa di Andromaca, schiava prediletta di Neottolemo, e pregò il padre di uccidere il piccolo Laodamante, figlio superstite di Ettore. Menelao accettò ma fu dissuaso dalle contumelie del popolo che difese il bambino.
XIII. Oreste, che avrebbe voluto sposare Ermione, tentò di convincere Menelao ad uccidere Neottolemo ma Menelao per non essere coinvolto tornò a Sparta. Oreste si mise in cerca di Neottolemo che era in viaggio e pochi giorni dopo si seppe che Neottolemo era morto. Oreste sposò Ermione e tornò a Micene.
Peleo e Tetide curarono i funerali del nipote quindi mandarono Andromaca incinta nella casa che Neottolemo aveva fra i Molossi per metterla al sicuro da Oreste e Ermione.
XIV Ulisse fece interpretare agli indovini un sogno che lo aveva spaventato e quelli predissero che sarebbe stato ucciso dal figlio. Per questo motivo Telemaco fu confinato in Cefalonia e lo stesso Ulisse si ritirò in un luogo remoto.
XV Telegono, figlio che Circe aveva avuto da Ulisse, divenuto giovinetto partì in cerca del padre. Giunto ad Itaca fu fermato dai custodi dei campi che gli impedivano di recarsi alla reggia, indignato Telegono ne uccise e ferì molti. Udito l'accaduto Ulisse accorse e credendo che si trattasse di un sicario mandato da Telemaco scagliò la sua lancia contro lo sconosciuto visitatore che la schivò.
Telegono ricambiò il colpo ferendo a morte Ulisse. Prima di spirare l'eroe chiese al suo successore chi fosse. Telegono lo riconobbe e preso dalla disperazione rivelò al moribondo di essere suo figlio.
Così morì Ulisse, ucciso da un figlio come gli indovini avevano preconizzato.