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APPIANO DI ALESSANDRIA
STORIA ROMANA - DELLE GUERRE CIVILI DEI ROMANI
LIBRO I
Nei tempi antichi le discordie fra senato e popolo non erano mai sfociate nella guerra civile, ma al massimo in episodi come la secessione della plebe sul
Monte Sacro
.
Più avanti si verificò la vicenda di
Coriolano
che esiliato ingiustamente si alleò con i
Volsci
contro
Roma
.
Fu dall'uccisione di
Tiberio Gracco
che gli episodi di violenza fra concittadini divennero eventi comuni. Gli avversari politici divennero veri e propri nemici e le loro guerre divennero guerre contro la patria e provocarono stragi spietate.
Circa cinquanta anni dopo la morte di
Gracco
,
Silla
si proclamò
dittatore
a vita. In apparenza era stato eletto ma di fatto si era impadronito del potere con la violenza. Quando inaspettatamente depose la dittatura e si ritirò a vita privata tutti erano stupefatti e nessuno gli arrecò offesa, forse per timore, forse per ammirazione.
Morto
Silla
,
Cesare
governò a lungo le
Gallie
che aveva conquistato ma quando il senato gli ordinò di congedare le sue legioni
Cesare
pose come condizione che anche
Pompeo
venisse disarmato. Non ottenendolo scese in
Italia
per attaccare
Pompeo
il quale fuggì, fu raggiunto in
Tessaglia
e sconfitto nella grande battaglia di
Farsalo
.
Cesare
inseguì
Pompeo
in
Egitto
ma qui trovò che era già stato ucciso e, dopo aver regolato le questioni di quel paese, tornò a
Roma
dove ebbe la dittatura a vita come
Silla
.
Sotto il suo governo cessarono tutte le contese finché una congiura guidata da
Bruto
e
Cassio
non eliminò il
dittatore
.
Ripresero le discordie e tre uomini divisero fra loro il potere:
Antonio
,
Lepido
e
Ottaviano
figlio adottivo di
Cesare
. Presto
Ottaviano
eliminò
Lepido
, quindi
Antonio
nella battaglia di
Azio
e assunse il potere assoluto con l'appellativo di
Augusto
.
Dopo questo breve riepilogo,
Appiano
specifica che dividerà le guerre civili in tre periodi: da
Tiberio Gracco
alla morte di
Silla
il primo, la guerra fra
Cesare
e
Pompeo
il secondo, ascesa di
Augusto
il terzo. Ed inizia la narrazione in dettaglio delle iniziative di
Tiberio Sempronio Gracco
il quale, come
tribuno della plebe
, proponeva che si riportasse in vigore con alcuni emendamenti l'antica legge di
Gaio Licinio Stolone
che limitava la quantità di terreno che era consentito possedere ed imponeva che una parte della manodopera fosse di condizione libera. Questi provvedimenti andavano soprattutto in favore degli
Italici
che alla lunga si erano visti privare della loro terra dagli investitori romani e del loro lavoro a causa della grande disponibilità di schiavi conseguente alle molte guerre esterne.
Gracco
era quasi riuscito a far approvare la legge proposta quando il tribuno
Marco Ottavio
, che aveva grandi possedimenti da perdere, oppose il suo veto. La disputa fra i due tribuni suscitò disordini.
Gracco
accettò di discutere di fronte al senato ma poiché molti senatori, essendo possidenti, gli erano ostili deferì
Ottavio
ai comizi sostenendo che un
tribuno della plebe
che si oppone alla plebe non può mantenere la carica.
Il voto che seguì tolse il tribunato a
Marco Ottavio
il quale uscì di scena e venne sostituito da
Memmio
. La legge fu approvata ed il compito di metterla in pratica fu affidato a
Tiberio
, a suo fratello
Caio
e a suo suocero
Appio Claudio
.
Quando fu prossima la scadenza del suo tribunato,
Tiberio Gracco
che era consapevole dei rischi che avrebbe corso tornando ad essere un privato cittadino fece di tutto per farsi rieleggere e di nuovo scoppiarono tumulti fra i suoi sostenitori e i suoi avversari.
Scipione Nasica
si pose alla testa degli avversari di
Gracco
che affrontarono i seguaci del tribuno sul
Campidoglio
. Negli scontri che seguirono persero la vita molte persone fra cui lo stesso
Tiberio Gracco
. La sua morte, avvenuta mentre era ancora tribuno, fu l'inizio di una lunga serie di omicidi politici.
Morì anche
Appio Claudio
e il compito di assegnare le terre fu affidato a
Fulvio Flacco
,
Papirio Carbone
e ancora
Caio Gracco
. Ma l'applicazione della legge era difficile e provocava molte dispute, si ricorse perciò a
Scipione Emiliano
pregandolo di dirimere la difficile situazione.
Scipione
non voleva abrogare la legge di
Gracco
, quindi propose che il console
Tuditano
fosse incaricato di giudicare nei processi provocati dalla ripartizione dei terreni.
Tuditano
non gradì l'incarico e se ne liberò con il pretesto di una spedizione militare.
Mentre cercava un'altra soluzione,
Scipione
fu trovato morto senza ferite, forse suicida, forse avvelenato da parenti, forse soffocato da ignoti. Dopo la morte di
Scipione
,
Caio Gracco
si presentò come candidato al tribunato e riscosse tantissimi consensi, al punto che poco dopo la nomina la sua carica venne confermata anche per l'anno successivo.
Un importante successo del tribuno
Caio Gracco
fu il trasferimento dei tribunali dall'ordine senatorio a quello equestre per arginare l'enorme corruzione delle attività forensi. Il senato, tuttavia, con opportune concessioni alla plebe riuscì a far diminuire il favore popolare di cui
Gracco
godeva, quindi affidò allo stesso
Gracco
e al collega
Fulvio Flacco
il compito di dedurre una nuova colonia in
Africa
sul sito di
Cartagine
.
I due tribuni avviarono la fondazione ma quando rientrarono a
Roma
il senato fermò il progetto con il pretesto di cattivi presagi provocando gravi disordini.
Gracco
e
Flacco
occuparono il
Tempio di Diana sull'Aventino
ma quando il console
Opimio
mandò i soldati contro di loro
Gracco
si fece uccidere da un servo. Poco dopo anche
Flacco
perse la vita ucciso dai soldati del console, le case dei due tribuni furono saccheggiate e i loro seguaci furono arrestati e strangolati.
In quel periodo
Lucio Apuleio Saturnino
e
Gaio Servilio Glaucia
tentarono di farsi eleggere rispettivamente
tribuno della plebe
e console ma al tribunato fu eletto
Appio Nonio
che subito dopo venne ucciso dai sicari di
Apuleio
e
Glaucia
.
I sostenitori di
Apuleio
si riunirono all'alba per nominarlo tribuno al posto di
Nonio
prima che il popolo si riunisse.
Apuleio
propose che il bottino conquistato ai
Cimbri
fosse distribuito ai veterani di
Mario
aggiungendo una clausola che obbligava i senatori a giurare di applicare la legge stessa. La situazione si fece pericolosa, i senatori non volevano giurare ma
Mario
per evitare una rivolta li spinse a farlo contando di poter presto invalidare la legge in quanto imposta con la forza. I più accettarono ma il senatore
Quinto Cecilio Metello
persistette nel rifiuto e venne esiliato da
Glaucia
e
Apuleio
nonostante l'opposizione degli altri senatori.
Quanto a
Glaucia
, trovandosi a competere per il consolato del
99 a.C.
con
Gaio Memmio
, lo fece uccidere davanti alla folla. Scoppiarono nuovi tumulti e
Glaucia
e
Apuleio
ripararono sul
Campidoglio
ma
Mario
li catturò su ordine del senato e li rinchiuse nella curia dove poco dopo vennero trucidati dal popolo.
Il tribuno
Publio Furio
si oppose a quanti volevano richiamare dall'esilio
Metello
, insensibile anche alle preghiere del figlio dell'esule che per l'amore filiale dimostrato in quell'occasione ebbe il soprannome di
Pio
. L'anno successivo
Furio
fu ucciso dal popolo e
Metello
riammesso in città. Si concluse così la sedizione di
Metello
, la terza dopo quella dei
Gracchi
.
Appiano
passa a parlare della
guerra sociale
indicandone l'origine ai tempi del consolato di
Fulvio Flacco
(
125 a.C.
) il quale da console prima e da tribuno poi promosse la concessione della cittadinanza agli
Italici
. Dopo la morte di
Flacco
e di
Caio Gracco
prese a difendere la causa degli
Italici
Livio Druso
,
tribuno della plebe
nel
91 a.C.
, il quale propose di raddoppiare gli effettivi del senato aggiungendovi trecento cavalieri e di restituire ai senatori le funzioni di giudici che erano state recentemente trasferite all'ordine equestre. La proposta scontentò sia gli aristocratici, sia i cavalieri attirando su
Druso
l'odio di tutte le forze conservatrici.
Druso
venne assassinato, tutte le sue riforme furono abrogate e i suoi sostenitori furono processati. Alcuni integerrimi cittadini, indignati per le accuse che venivano rivolte loro, andarono volontariamente in esilio.
Quando la notizia della morte di
Druso
si diffuse in
Italia
le popolazioni che vedevano così svanire ogni speranza di ottenere la cittadinanza romana decisero di ribellarsi. La prima rivolta scoppiò a
Ascoli
, dove il
proconsole
romano (
Quinto Servilio
) e il suo legato (
Gaio Fonteio
) vennero uccisi, e presto dilagò fra i popoli vicini fino a interessare tutta l'
Italia
centro-meridionale.
Il senato rifiutò ogni trattativa se prima gli
Italici
non avessero deposto le armi ma i ribelli si erano consociati ed avevano allestito un esercito comune contro i quali marciarono i
consoli
Publio Rutilio Lupo
e
Lucio Giulio Cesare
(Nota:
Appiano
scrive Sesto e non Lucio ma si tratta di un errore,
Sesto Giulio Cesare
fu console l'anno precedente).
Tra gli ufficiali romani che presero parte alla
guerra sociale
Appiano
ricorda
Pompeo
(padre di
Pompeo Magno
),
Quinto Cepione
,
Caio Perpenna
,
Caio Mario
,
Valerio Messalla
,
Publio Lentulo
,
Tito Didio
,
Licinio Crasso
,
Cornelio Silla
.
Fra i comandanti
Italici
della milizia comune vengono citati
Tito Lafrenio
,
Caio Pontilio
,
Mario Egnazio
,
Quinto Pompedio
,
Caio Papio
,
Marco Lamponio
,
Caio Giudacilio
,
Erio Asinio
,
Vezzio Scatone
. Quest'ultimo assediò e conquistò
Isernia
che era rimasta fedele ai
Romani
,
Mario Egnazio
conquistò
Venafro
,
Publio Presenteio
sconfisse
Perpenna
uccidendo quattromila soldati romani;
Perpenna
fu sollevato dal comando e le sue milizie passarono a
Caio Mario
.
Marco
assediò
Licinio Crasso
a
Grumento
dopo avergli ucciso ottocento uomini.
Caio Papio
prese
Nola
per tradimento e convinse duemila romani che vi si trovavano a passare dalla sua parte. Quindi
Papio
conquistò altre località togliendole ai
Romani
e reclutando diecimila soldati nelle città che gli si arrendevano.
Papio
liberò
Osinta
figlio del re di
Numidia
Giugurta
che era prigioniero a
Venosa
e se ne servì per spingere alla diserzione i
Numidi
che militavano nell'esercito consolare. Dopo questi successi, tuttavia,
Papio
fu sconfitto presso
Acerra
dalla cavalleria romana.
Il console
Rutilio
morì in uno scontro con
Vezzio Scatone
, i cadaveri del console e di altri illustri caduti furono recuperati da
Caio Mario
ed ebbero onori funebri a
Roma
.
Mario
e
Cepione
ebbero il comando dell'armata di
Rutilio
per decreto del senato.
Quinto Pompedio
, fingendo di voler passare ai
Romani
, attirò in un'imboscata
Quinto Servilio Cepione
che vi perse la vita.
Intanto il console
Sesto [Lucio] Cesare
fu sconfitto da
Mario Egnazio
e subì molte perdite. Con le milizie superstiti si accampò presso
Acerra
di fronte a
Papio
ma i due capi nemici, entrambi molto provati, non si diedero battaglia.
Combattendo insieme
Silla
e
Mario
sconfissero i
Marsi
uccidendone oltre seimila ma ciò non bastò a far desistere dalla guerra quelle bellicosissime genti.
Pompeo
fu assediato a
Fermo
da
Lafrenio
ma riuscì a liberarsi e passò a sua volta a assediare
Ascoli
. Qui giunse il comandante ascolano
Giudacilio
per tentare di difendere la città ma non fu sostenuto dai concittadini a causa dell'opposizione dei suoi avversari politici quindi, uccisi questi ultimi, scelse di morire insieme ad alcuni compagni prima di essere sconfitto.
Nell'assedio di
Ascoli
fu ferito gravemente anche il console
Lucio Cesare
che cedette il comando a
Gaio Bebio
.
Per contenere il diffondersi della rivolta il senato decise di concedere la cittadinanza a quanti, come gli
Etruschi
, non si erano ribellati. Furono create con i nuovi cittadini dieci tribù che furono aggiunte alle trentacinque esistenti. In questo modo gli
Italici
non avevano possibilità di prevalere nelle votazioni ma questo fatto per il momento fu accettato e solo più tardi creò nuovi problemi.
I nuovi
consoli
furono
Pompeo
e
Lucio Porcio Catone
. Il primo intercettò un esercito nemico che valicava l'
Appennino
e ne fece strage, mentre il secondo cadde combattendo contro i
Marsi
.
Silla
subì una sconfitta presso
Pompei
ad opera del comandante nemico
Lucio Cluenzio
, ma fu vincitore in una successiva battaglia alle porte di
Nola
dove
Cluenzio
venne ucciso insieme a trentamila dei suoi uomini. A determinare la disfatta di
Cluenzio
fu la defezione del contingente di
Galli
che militava nella sua armata.
Conquistate con la forza o prese per resa spontanea diverse città dell'
Irpinia
,
Silla
passò nel
Sannio
dove vinse altre battaglie ed espugnò
Boviano
prima di tornare a
Roma
all'inizio dell'inverno per chiedere il consolato.
Mentre si svolgevano gli eventi della
guerra sociale
a
Roma
scoppiavano nuovi tumulti riguardanti le leggi contro l'usura che venivano sempre violate. Il pretore
Sempronio Asellione
che aveva rimesso la questione ai tribunali venne ucciso nel Foro mentre celebrava un sacrificio.
Alla
guerra sociale
seguì quella contro
Mitridate
il cui comando toccò in sorte a
Silla
ma
Mario
tramò per aggiudicarselo con l'aiuto del tribuno
Publio Sulpicio Rufo
.
Publio Sulpicio Rufo
propose di ridistribuire le tribù italiche e di votare per l'assegnazione del comando, ne nacquero nuovi scontri in cui perse la vita
Quinto Pompeo Rufo
figlio del console
Pompeo
.
Silla
si affrettò a raggiungere il suo esercito che si trovava a
Capua
e marciò verso
Roma
con sei legioni. Gli andò incontro
Pompeo
, suo collega nel consolato, offrendosi di aiutarlo mentre
Mario
e
Sulpicio
mandarono messaggeri per prendere tempo.
Silla
accettò di attendere che il senato si riunisse senza entrare in
Roma
ma, con l'aiuto di
Pompeo
, circondò la città con le sue legioni.
Silla
entrò in città e si scontrò con
Mario
e
Sulpicio
. Fu la prima battaglia vera e propria combattuta all'interno delle mura di
Roma
e
Silla
riuscì a far aggirare i nemici da una parte dei suoi soldati vincendo il combattimento.
Puniti immediatamente quanti fra i suoi uomini avevano cercato di darsi al saccheggio,
Silla
organizzò la guardia notturna e il mattino seguente convocò il popolo per annunciare una serie di provvedimenti con cui avrebbe ripristinato il potere dell'aristocrazia.
Furono esiliati dodici personaggi accusati di aver sobillato gli schiavi contro i
consoli
:
Sulpicio
,
Mario
,
Mario il Giovane
,
Publio Cetego
,
Giunio Bruto
,
Gneo e Quinto Granio
,
Publio Albinovano
,
Marco Letorio
e altri. Era concesso a chiunque ucciderli e infatti
Sulpicio
perse la vita. Con una fuga avventurosa
Mario
riuscì ad arrivare in
Africa
dove qualche tempo dopo fu raggiunto dal figlio e da altri esuli.
A
Roma
Silla
, rimandati i soldati a
Capua
, riprese le normali funzioni di console, rassicurato dalla protezione dell'esercito che gli era stato affidato per combattere
Mitridate
.
Per procurare analoga protezione all'altro console
Quinto Pompeo
fu decretato che assumesse il comando di un esercito precedentemente affidato a
Gneo Pompeo Strabone
ma questi provocò un'insurrezione dei soldati che uccisero il nuovo comandante.
Informato di questi avvenimenti,
Silla
si affrettò a recuperare il proprio esercito e a partire per l'Oriente mentre i nuovi
consoli
Cinna
e
Gneo Ottavio
assumevano la carica.
Cinna
riprese la proposta di
Mario
di perequare il diritto di voto dei nuovi cittadini ma
Ottavio
si oppose e ne nacquero nuovi disordini.
Ottavio
e i suoi uccisero molti avversari e
Cinna
, preoccupato, lasciò
Roma
per fare propaganda nelle città che avevano recentemente ottenuto la cittadinanza (
Tivoli
,
Preneste
e altre) cercando aiuti contro
Ottavio
. Questa azione fornì al senato le ragioni per accusarlo di comportamento sedizioso, destituirlo dal consolato e privarlo della cittadinanza. Ma
Cinna
proseguì la sua campagna presso le "città sociali" mentre
Ottavio
e il nuovo console
Lucio Merula
preparavano la difesa di
Roma
in caso di attacco e richiamavano il
proconsole
Gneo Pompeo
che comandava le milizie stanziate lungo l'
Adriatico
.
A queste notizie
Mario
rientrò in
Italia
con i suoi seguaci e si riunì a
Cinna
per circondare
Roma
. Gli assedianti divisero le proprie forze in tre corpi comandati da
Mario
,
Cinna
e
Sertorio
, bloccarono i rifornimenti che potevano giungere dal
Tevere
o dal Nord e conquistarono
Anzio
,
Ariccia
,
Lanuvio
e altre città nei dintorni.
Promettendo la libertà
Cinna
e
Mario
attirarono nelle loro file migliaia di schiavi mentre tutti i cittadini liberi di idee popolari uscivano dalle mura per unirsi agli assedianti. In breve il senato fu costretto a trattare e infine lasciò entrare i fuoriusciti in città. Fra i primi atti di
Mario
e
Cinna
fu l'uccisione del console
Ottavio
che fu pubblicamente decapitato dal loro incaricato
Censorino
. A questa prima esecuzione ne seguirono molte altre. Cavalieri e senatori dell'opposizione venivano trucidati, le loro teste venivano mozzate e esposte. Fra queste vittime
Appiano
cita
Caio Giulio
e
Lucio Giulio
,
Atilio Serrano
,
Publio Lentulo
,
Marco Antonio
e altri. Contro
Lucio Merula
e
Lutazio Catulo
si intentarono processi ma costoro si uccisero senza attendere la prevedibile sentenza.
L'anno successivo ebbero il consolato
Cinna
e
Mario
ma questi morì a sua volte e fu sostituito da
Valerio Flacco
. Anche
Flacco
fu ucciso e fu sostituito da
Carbone
.
Intanto
Silla
dopo tre anni di guerra aveva recuperato tutti i territori invasi da
Mitridate
e aveva respinto il nemico nel suo paese. Ora stava tornando in
Italia
con molte navi, molto denaro ed un esercito forte e fidelizzato. Preoccupati,
Cinna
e
Carbone
prepararono le difese nonostante il senato avesse loro ordinato di non fare leve contro
Silla
.
Mentre i
consoli
si portavano in
Liburnia
per fronteggiare
Silla
i loro soldati si ribellarono e uccisero
Cinna
.
Alla morte di
Cinna
,
Silla
interruppe le trattative in corso con il senato e mosse verso
Roma
. Dopo il suo sbarco a
Brindisi
si unirono a lui
Cecilio Metello Pio
con le milizia che aveva comandato nella
guerra sociale
e
Gneo Pompeo
(il futuro
Pompeo Magno
) che aveva raccolto una legione nel
Piceno
e presto ne procurò altre due.
Silla
ebbe in grande considerazione il giovane
Pompeo
al quale affidò la guerra contro
Carbone
, il compito di restaurare il trono di
Jempsale
destituito re dei
Numidi
e ancora le missioni contro
Sertorio
e contro
Mitridate
.
Anche
Cetego
, già sostenitore di
Mario
, si presentò a
Silla
per unirsi a lui. Contro
Silla
e i suoi alleati mossero i nuovi
consoli
Gaio Norbano
e
Lucio Scipione
ed ebbe inizio una guerra civile che provocò decine di migliaia di morti e terminò soltanto quando
Silla
fu padrone assoluto dei destini di
Roma
.
La prima battaglia importante di questa guerra si concluse con la vittoria di
Silla
su
Norbano
presso
Capua
. Dopo questo evento il console
Scipione
tentò di trattare la pace ma fu abbandonato dal suo esercito che passò in massa a
Silla
.
L'anno successivo (
82 a.C.
) ebbero il consolato
Gneo Papirio Carbone
e
Mario il Giovane
.
Carbone
subì una sconfitta ad opera di
Metello
e quando seppe che
Mario
era stato battuto presso
Preneste
si ritirò a
Rimini
.
Mentre
Metello
sconfiggeva ancora
Carbone
,
Silla
affidava a
Lucrezio Ofella
l'assedio di
Preneste
dove
Mario
si era rifugiato con i suoi uomini superstiti e si portò a
Roma
dove trovò che tutti i suoi avversari erano già fuggiti. Egli prese quindi possesso della città, tuttavia la guerra continuò in vari luoghi dell'
Italia
contro gli eserciti consolari.
Dopo altri combattimenti
Norbano
, ormai privo di esercito a causa delle perdite e delle defezioni, fuggì a
Rodi
e qui, quando seppe che
Silla
richiedeva la sua consegna, si uccise. Anche
Carbone
scelse la fuga e riparò in
Africa
.
Il capo sannita
Ponzio Telesino
ed altri alleati del partito mariano che erano accorsi per liberare
Preneste
dall'assedio tentarono l'audace impresa di attaccare direttamente
Roma
ma furono raggiunti da
Silla
che ne fece strage.
A questo punto gli abitanti di
Preneste
si arresero agli assedianti e
Mario il Giovane
si uccise e
Lucrezio
ne mandò la testa a
Silla
che la espose a
Roma
nel foro. Quando
Silla
giunse a
Preneste
fece uccidere gran parte degli abitanti che
Lucrezio
aveva risparmiato.
Fu conquistata anche la città di
Norba
ma molti abitanti scelsero di suicidarsi dopo aver incendiato gli edifici così che ben poco rimase per il saccheggio.
Pompeo
fu inviato in
Africa
e in
Sicilia
contro
Carbone
e
Silla
iniziò le sue proscrizioni condannando, per iniziare, quaranta senatori e milleseicento cavalieri. Stabilendo taglie sui proscritti e accogliendo delazioni,
Silla
sparse il terrore. La sua strage colpi anche molte città che avevano aiutato i suoi avversari, furono sottoposte a pesanti tributi e molti videro le loro mura e cittadelle spianate dai
Romani
.
Pompeo
catturò
Carbone
e i suoi seguaci, li uccise tutti e mandò a
Silla
la testa dell'ex console.
Silla
mandò
Metello
in
Africa
per combattere
Sertorio
e si occupò personalmente di governare
Roma
dove le proscrizioni e il terrore avevano tacitato tutti i suoi avversari, anzi il senato gli tributò una statua dorata e molte vergognose adulazioni.
Per legittimare il suo potere
Silla
fece in modo di essere nominato dittatore a vita con il pretesto della necessità di un uomo forte in grado di pacificare
Roma
e la Penisola. Per la prima volta un dittatore veniva eletto a tempo indeterminato, si trattava di una monarchia di fatto.
Per lasciare l'illusione che le leggi della Repubblica fossero ancora in vigore,
Silla
permise che si eleggessero i
consoli
. Furono scelti
Marco Tullio
e
Cornelio Dolabella
.
Silla
faceva e disfaceva le leggi a suo gradimento. Stabilì fra l'altro che chi era stato tribuno della plebe non potesse successivamente ricoprire altre cariche. Chiaramente chi aspirava a svolgere una completa carriera politica era così demotivato dal candidarsi al tribunato. Liberò circa diecimila schiavi, quasi tutti già servitori dei proscritti, scelti tra i più giovani e robusti, procurandosi in questo modo un corpo di diecimila suoi fedeli.
Fece scegliere trecento cavalieri alle tribù per ripopolare il senato che a causa delle guerre e delle sedizioni era ridotto al minimo. Distribuì terreni ai suoi veterani per ottenere gratitudine e fedeltà come dagli schiavi liberati.
Governava il popolo impressionandolo con atti di terrore come l'uccisione in pubblico di
Quinto Lucrezio Ofella
che per i suoi meriti militari chiedeva il consolato pur non essendo stato questore o pretore.
L'anno seguente
Silla
volle essere console, insieme a
Metello Pio
(
80 a.C.
), scaduto il mandato molti volevano rieleggerlo per piaggeria, ma
Silla
rifiutò e contro ogni aspettativa depose la dittatura tornando alla vita privata senza temere le vendette di tutte le persone a cui aveva fatto morire i congiunti, sequestrati i beni, rovinata l'esistenza.
Si ritirò presso
Cuma
per dedicarsi alla caccia e alla pesca, probabilmente stanco delle guerre e del comando. Presto i
Romani
furono di nuovo incitati alla sedizione: divennero
consoli
Quinto Catulo
, di parte sillana, e
Emilio Lepido
della fazione contraria, fra loro nemici, non tardarono a provocare molte discordie.
Silla
morì a
Cuma
per improvvisa malattia all'età di sessanta anni. Nonostante l'opposizione del console
Emilio Lepido
furono tributate all'ex-dittatore le esequie più solenni con la presenza di tutti i magistrati e senatori e di tutti i veterani delle sue campagne. Infine la salma fu arsa nel
Campo di Marte
.
Subito dopo il funerale i
consoli
ripresero a scontrarsi e nonostante il giuramento fatto al senato di non risolvere la questione con la guerra, arrivarono in seguito a darsi battaglia.
Lepido
, sconfitto, si ritirò in
Sardegna
dove poco dopo morì. Le sue milizie furono recate in
Spagna
da
Perpenna
per la guerra di
Sertorio
.
Ottenuto il governo della Spagna, Sertorio radunò un esercito di Celtiberi aggiungendolo a quello di Italiani di cui già disponeva. Espulse dalla Spagna i pretori precedenti e combattè contro Metello ufficiale di Silla. Formò un senato di trecento membri e minacciò di passare in Italia. Il senato gli mandò contro il giovane Pompeo il quale, giunto in Spagna, fu privato da Sertorio di una legione prima che l'inverno dividesse gli eserciti. A primavere Perpenna si scontrò con Metello e fu sconfitto mentre Sertorio vinceva su Pompeo che rimase ferito. Nel corso dell'estate gli eserciti si affrontarono ancora con altro esito: Perpenna battuto da Metello e Pompeo sconfitto da Sertorio. L'anno seguente i Romani ereditarono la Bitinia da Nicomede e Cirene da
Tolomeo Apione
.
Contemporaneamente alla guerra con Sertorio, i Romani combattevano contro Mitridate, contro i pirati, contro gli abitanti di Creta e, in Italia, contro i gladiatori ribelli.
Molti soldati di Sertorio passarono a Metello, ciò rese Sertorio molto inquieto e sospettoso e i suoi seguaci presero a diffidare di lui. Pompeo assediò Pallenzia ma fu respinto da Sertorio il quale uccise in quell'occasione tremila nemici.
L'anno successivo Sertorio si mostrò apatico, si dedicava al piacere e veniva continuamente sconfitto. Infine fu ucciso a tradimento da Perpenna. Dopo la morte di Sertorio i suoi soldati si sollevarono contro Perpenna che con grande fatica riuscì a calmare gli animi in parte con doni e promesse e in parte con minacce e punizioni.
Per alcuni giorni si verificarono solo brevi scontri tra i soldati di Perpenna e quelli di Pompeo, ma il decimo giorno scoppiò una grande battaglia in cui Pompeo prevalse. Perpenna fu catturato e ucciso per ordine di Pompeo.
In quei giorni scoppiò a Capua la ribellione dei gladiatori suscitata da uno di loro di nome Spartaco che fuggì con settanta compagni e presto raccolse intorno a se una moltitudine di uomini.
Varinio Glabro
e Publio Valerio furono mandati contro i ribelli con eserciti raccolti con molta fretta e scarsa preparazione. Queste forze si dimostrarono presto inadeguate contro i ribelli che erano ormai settantamila.
Da Roma furono inviate due legioni comandate dai consoli che sconfissero un esercito ribelle presso il monte
Gargano
. Spartaco fuggì percorrendo gli
Appennini
e poi le
Alpi
, tentando di riparare in Gallia e vinse gli eserciti consolari che tentavano di fermarlo. Cambiata destinazione puntò verso Roma con centoventimila seguaci. Vinta una battaglia nel Piceno, i ribelli conquistarono Turi dove sostarono dedicandosi a potenziare i loro armamenti.
Dopo tre anni di guerra pochi a Roma si mostravano disposti ad assumere il comando contro un nemico che, inizialmente sottovalutato, si era dimostrato formidabile. Infine prese il comando dell'esercito Licinio Crasso che, patite alcune sconfitte, punì le sue truppe con le decimazioni, quindi riportò su Spartaco una vittoria schiacciante. Da allora Spartaco evitò lo scontro campale e per un periodo tentò di logorare il nemico con azioni di guerriglia. Per concludere la guerra, a Roma si decise di inviare in aiuto a Crasso anche Pompeo recentemente rientrato dalla Spagna.
Spartaco prese tempo e tentò di fuggire verso Brindisi ma fu informato dell'arrivo di Lucullo reduce della guerra contro Mitridate, dotato di altre milizie. A questo punto Spartaco affrontò Crasso in battaglia ma fu sopraffatto. Il suo corpo non fu ritrovato, le sue truppe furono massacrate e i seimila superstiti furono impiccati lungo la via Appia.
Crasso e Pompeo trovarono pretesti per non congedare le legioni ma durante un'assemblea furono pregati dal popolo di evitare il ripetersi delle tragedie provocate da Mario e Silla e, infine, si rassegnarono a congedare le milizie.
LIBRO II
Dopo aver ripulito il mare dai pirati ed eliminato Mitridate re del Ponto, Pompeo riordinò i popoli d'Oriente. In quel periodo il giovane Cesare conquistava il consenso popolare spendendo molto e riempiendosi di debiti. Anche Caio Catilina godeva di grande credito per la sua liberalità, ma quando si presentò alle elezioni per il consolato non vinse perché sospettato di tendere alla tirannide. Fu invece eletto Cicerone, famoso oratore, che Catilina chiamava con disprezzo uomo nuovo e inquilino.
Da allora Catilina congiurò con molti senatori e cavalieri mentre raccoglieva denaro e reclutava segretamente i veterani di Silla. Cicerone ne fu informato da Fulvia, amante del congiurato ed ex senatore Quinto Curio. Mentre Cicerone indagava per verificare le accuse, i congiurati concentravano le loro forze a Fiesole e due di loro, Lentulo e Cetego, venivano incaricati di assassinare l'oratore. Lentulo tentò di coinvolgere nella congiura alcuni ambasciatore degli
Allobrogi
che si trovavano a Roma. Scoperti, furono segnalati a Cicerone che li sorprese mentre partivano per raggiungere Catilina.
Lentulo fu rimosso dalle sue cariche e Cicerone fece catturare molti congiurati.
Si discusse in senato del trattamento da riservare ai congiurati e prevalse l'opinione di
Catone
e di Cicerone che li volevano condannare senza attendere la sconfitta e il processo di Catilina. Fatti portare i congiurato scoperti in carcere, vennero giustiziati mentre il senato era ancora riunito.
Catilina marciava verso la Gallia con ventimila uomini quando fu attaccato da Gaio Antonio Ibrida, collega di Cicerone nel consolato. Nello scontro molti dei congiurati perirono insieme a Catilina, l'insurrezione fu sventata e Cicerone fu considerato salvatore della patria.
Nominato pretore per la Spagna, Cesare trovò il modo di placare i suoi numerosi creditori e raggiunse la provincia dove si dedicò a sottomettere i popoli ancora indipendenti.
Pompeo, vincitore su Mitridate, chiese al senato di ratificare i trattati da lui sottoscritti in Oriente ma gli si oppose Lucullo che, avendo combattuto prima di lui contro Mitridate, si attribuiva la gloria della vittoria con il sostegno di Crasso. Pompeo si rivolse a Cesare e questi lo riconciliò con Crasso. Ne derivò il sodalizio detto triumvirato, il senato, indispettito, sostenne l'elezione di
Marco Bibulo
come collega di Cesare e suo avversario.
Eletto console, Cesare promosse l'assegnazione di terreni alla plebe evitando di convocare il senato e confrontandosi dai rostri direttamente con il popolo.
Incaricato dai senatori,
Bibulo
si oppose a Cesare mentre parlava in pubblico, ne nacquero disordini e
Bibulo
fu ridotto al silenzio. Cesare fece approvare le sue leggi e fece decretare dal popolo la condanna a morte per chi non avesse giurato di rispettarle.
Un certo plebeo di nome Vezzio attentò alla vita di Cesare e fu eliminato la notte seguente. Quanto a
Bibulo
non uscì più di casa fino al termine del suo consolato.
Cesare guadagnò il favore del ceto dei cavalieri con forti agevolazioni fiscali e quello del popolo con spettacoli e cacce. Ebbe per cinque anni il governo delle Gallie e il comando di quattro legioni.
Per consolidare i rapporti, Cesare fece sposare la propria figlia a Pompeo, fece designare per il consolato il suo amico
Aulo Gabinio
e sposò Calpurnia figlia dell'altro console Lucio Pisone. Fece nominare tribuni Veturio e Clodio detto "il bello" che aveva forte ascendente sul popolo e quando si seppe dell'adulterio compiuto dalla moglie di Cesare con Clodio, Cesare ripudiò la moglie ma non agì contro l'amante.
Clodio accusò Cicerone di aver abusato del suo potere condannando a morte Lentulo e Cetego. Cicerone si ridusse a mendicare l'aiuto altrui mentre Clodio lo derideva pubblicamente, e infine partì volontariamente per l'esilio.
Pompeo convinse il tribuno Milone a battersi per il ritorno di Cicerone il quale fu riammesso a Roma dopo sedici mesi di esilio e fu accolto festosamente da gente di ogni condizione.
Dopo aver compiuto le sue famose imprese tra Celti e Britanni, Cesare si portò alle rive del Po e da qui mandò ingenti somme di denaro a Roma. In molti vennero a rendergli onore, a ringraziarlo, a chiedere altro denaro e ormai Cesare aveva pienamente il potere nelle sue mani. Crasso e Pompeo, fu deciso, avrebbero avuto un nuovo consolato mentre il comando di Cesare fu prorogato per altri cinque anni. Come consoli, Pompeo e Crasso divisero il comando delle province. Pompeo ebbe la Spagna e l'
Africa
che governò per mezzo di amici senza muoversi da Roma, Crasso prese la Siria e le legioni limitrofe sperando di fare contro i Parti una guerra facile, utile e gloriosa.
Molti segni nefasti precedettero la partenza di Crasso e i tribuni lo sconsigliarono di attaccare i Parti che non avevano alcuna colpa; Crasso non ne tenne conto e morì tra i Parti insieme al figlio e a gran parte dell'esercito.
A Roma Pompeo organizzò con successo gli approvvigionamenti di viveri scongiurando una carestia. La figlia di Cesare moglie di Pompeo morì e molti si preoccuparono per la rivalità dei due uomini ora non più frenata dal vincolo di parentela. Si diffuse molta corruzione, si vendevano le cariche pubbliche e il consolato rimase vacante per molti mesi. Molti erano dell'opinione che per mettere ordine nelle cose della Repubblica fosse opportuno affidare il potere a un solo uomo di specchiate qualità e Pompeo cercava in ogni modo di comparire come il più adatto alla dittatura.
Milone si candidò al consolato ma rimase deluso dal mancato aiuto di Pompeo. Mentre si recava a Lanuvio incontrò casualmente Clodio. I due si ignorarono ma un servo di Milone inseguì Clodio e lo trafisse nella schiena. Milone e gli altri che erano con lui raggiunsero Clodio e lo finirono. Il cadavere fu portato a Roma dove fu esposto davanti ai rostri ma alcuni tribuni e amici di Clodio lo portarono nella curia dove lo arsero su un rogo improvvisato con gli scanni dei senatori, incendiando la curia stessa e le abitazioni circostanti.
Milone si procurò per denaro il sostegno del tribuno Marco Celio, quindi parlò al popolo affermando che l'uccisione di Clodio non era premeditata, quindi arringò a lungo contro il defunto, ma quando giunsero nel foro altri tribuni e cittadini non corrotti, Celio e Milone si dileguarono. Si verificarono comunque degli scontri e molti persero la vita.
Catone
dissuase i senatori dal conferire la dittatura a Pompeo che fu nominato console senza collega. In questo modo egli aveva la più piena podestà e, per evitare molestie da parte di
Catone
, lo mandò a recuperare l'isola di Cipro occupata da Tolomeo. Tolomeo si uccise e
Catone
riordinò Cipro senza contrasto.
Pompeo emanò una legge che consentiva a chiunque di chiedere conto ai magistrati degli ultimi venti anni del loro operato. I giudici appositamente nominati e protetti dalle guardie di Pompeo giudicarono Milone per la morte di Clodio,
Gabinio
per abusi compiuti in Egitto ed altri, colpevoli di brogli elettorali.
L'iniziativa fu molto lodata dai senatori che assegnarono a Pompeo altre due legioni e prorogarono il suo comando sulle province.
Cesare chiese una proroga del comando sulle Gallie per evitare di congedare l'armata prima di rientrare a Roma. Si oppose Marcello, successore di Pompeo nel consolato, il quale prese varie iniziative contro Cesare tentando di togliergli il comando. Per l'anno seguente furono scelti Emilio Paolo e Claudio Marcello, entrambi avversari di Cesare.
Claudio propose di mandare un sostituto a Cesare, il tributo Curione approvò a condizione che anche Pompeo lasciasse le province e l'esercito. Pompeo scrisse in senato di essere disposto a lasciare il comando, ma era un espediente per mettere in cattiva luce Cesare che non avrebbe fatto altrettanto. Curione tuttavia, ribadì che entrambi i comandanti dovevano dimettersi, accusò Pompeo di volere la tirannide e propose di destituire entrambi con la forza.
Mentre ancora si discuteva in senato se richiamare o meno Cesare e Pompeo, si sparse la voce che Cesare stava passando le
Alpi
in armi. I consoli ordinarono a Pompeo di affrontare Cesare per fermare la sua avanzata. Curione, essendo il suo tribunato prossimo alla scadenza, partì per andare a unirsi a Cesare.
Superate le
Alpi
, Cesare era giunto con cinquemila fanti e trecento cavalieri nei pressi di Ravenna, prossima al confine dell'Italia e del suo dominio. Curione gli suggerì di marciare a Roma con l'intero esercito.
A Roma i nuovi tribuni, Antonio e Cassio, vennero allontanati dal senato e provocarono grande tensione, mentre le milizie di Pompeo circondavano la curia i tribuni fuggirono per raggiungere Cesare.
Il senato autorizzò Pompeo a reclutare un esercito con molti veterani e stanziò ingenti cifre per la guerra.
Per non perdere il vantaggio della sorpresa, Cesare decise di affrontare la guerra con soli cinquemila uomini. Cavalcò di sera fino al Rubicone seguito dalla sua cavalleria quindi, senza esitare, superò il fiume che segnava il confine dell'Italia. Senza fermarsi continuò fino a Rimini e la occupò, continuò ad avanzare occupando vari luoghi.
I consoli ordinarono a Pompeo di affrettare il reclutamento, molti senatori erano terrorizzati e il popolo chiedeva a gran voce che si disarmasse Pompeo per evitare una guerra. Cicerone propose di mandare a Cesare dei conciliatori.
Cesare trovò a Corfinio Lucio Domizio che avrebbe dovuto succedergli nel comando, lo assediò e quando lo ebbe in pugno lo lasciò andare ma le milizie di Domizio si unirono a Cesare. Intanto Pompeo aveva raggiunto l'esercito a Capua e lo stava conducendo a Brindisi per imbarcarlo alla volta dell'Epiro nel luogo da lui scelto come quartiere generale.
Cesare divise le sue milizie in cinque corpi, uno dei quali con Quinto Valerio andò a occupare la Sardegna, regione ricca di grano.
Asinio Pollione
fu inviato in
Sicilia
,
Catone
che ne era governatore evitò di combattere e partì per raggiungere Pompeo.
Giunto a Roma, Cesare si mostrò benevolo per tranquillizzare il popolo che ricordava la guerra tra Mario e Silla. Prelevò una somma di denaro che il pubblico erario teneva vincolata perché destinata a combattere i Galli in caso di pericolo. Cesare prese quel denaro affermando che i Galli, ormai, non erano più pericolosi. Affidò a Emilio Lepido il governo di Roma e a Marco Antonio quello dell'Italia, la
Sicilia
a Curione, a Quinto Valerio la Sardegna, l'Illiria a Gaio Antonio, la Gallia Cisalpina a Licinio Crasso. Ordinò la costruzione di due flotte nominandone capi Ortensio e Dolabella.
Organizzata così la difesa dell'Italia, Cesare passò in Spagna dove dovette affrontare
Petreio
e
Afranio
, generali di Pompeo, dai quali subì due sconfitte prima di riuscire a prevalere.
Afranio
si rassegnò a lasciare la Spagna a Cesare ma
Petreio
si oppose. Infine si svolsero delle trattative e Cesare permise che i due generali con le rispettive milizie, lasciassero la Spagna per raggiungere Pompeo. Partiti gli avversari, Cesare assegnò a
Quinto Cassio
il comando in Spagna.
In
Africa
comandava
Attio Varo
del partito di Pompeo, alleato di Giuba re di Numidia. Vi si recò Curione dalla
Sicilia
con due legioni e vinse un modesto scontro con alcuni Numidi a cavallo. Per questa vittoria avrebbe preteso di essere chiamato imperatore. I pompeiani riuscirono ad avvelenare l'acqua dell'accampamento romano e i soldati patirono una grave intossicazione, riuscirono comunque a sconfiggere in battaglia le forze nemiche. In una successiva battaglia, tuttavia, i Romani affrontarono le forze di Giuba e furono sterminati. La testa troncata di Curione fu consegnata a Giuba. Il giorno seguente i Numidi uccisero i Romani superstiti e i prigionieri eliminando completamente due legioni e con esse anche i soldati a cavallo, le milizie leggere e gli addetti ai servizi.
In quei giorni Antonio fu sconfitto nell'Illirico da Ottavio generale di Pompeo.
Una ribellione dei soldati a Piacenza indusse Cesare a minacciare la decimazione anche se infine si limitò a giustiziare i dodici più sediziosi. Giunto a Roma, Cesare rifiutò la dittatura che gli veniva offerta dalla plebe e designò se stesso e
Publio Isaurico
consoli per l'anno seguente, riassegnò il governo delle province e richiamò i fuoriusciti ad eccezione di Milone.
In dicembre Cesare raggiunse le milizie concentrate a Brindisi, intanto Pompeo aveva costruito navi, arruolato altri soldati e raccolto fondi.
Cesare disponeva di dieci legioni e diecimila cavalieri. Pompeo aveva undici legioni e settemila cavalli oltre a molti aiuti alleati raccolti in oriente. Aveva inoltre seicento navi da guerra e molte navi da carico.
Pompeo credeva che Cesare avrebbe atteso la bella stagione per attaccare e distribuì le sue milizie in Tessaglia e Macedonia per svernare, ma Cesare, che intendeva coglierlo di sorpresa, si preparava a Brindisi per salpare, tuttavia le condizioni del mare lo costrinsero ad attendere fino al primo giorno dell'anno.
Raggiunti i Monti Cerauni con una prima parte delle legioni, Cesare raggiunse la città di
Orico
mentre le navi ripartivano per un secondo carico di soldati. Il prefetto di
Orico
gli consegnò le chiavi della città mentre gli uomini di Pompeo che si trovavano sul posto fuggivano a Durazzo. Cesare passò da
Orico
a
Apollonia
e da qui si avviò a Durazzo a tappe forzate. Anche Pompeo mosse dalla Macedonia verso Durazzo cercando di raggiungerla prima del nemico ed ebbe successo, si accampò e spedì la flotta a riprendere
Orico
. Cesare pose il suo campo non molto lontano e le cavallerie dei due avversari si scontrarono più volte senza che si giungesse mai a battaglia campale.
Per sollecitare l'arrivo delle altre legioni Cesare mandò Postumio ad ordinare l'immediata partenza a
Gabinio
, Antonio e Caleno.
Gabinio
affrontò il viaggio via terra passando per l'Illirico ma perse molti uomini scontrandosi con le popolazioni locali. Antonio si imbarcò con altre milizie e navigò oltre
Apollonia
riuscendo a sfuggire a venti navi pompeiane che lo attaccarono.
I pompeiani vinsero alcuni scontri e i cesariani, demoralizzati, fuggirono davanti al nemico subendo una grave sconfitta. Pentiti, i soldati di Cesare attesero la punizione ma Cesare fu clemente e preferì spostare il proprio campo avvicinandosi a
Apollonia
, poi a Farsalo.
Pompeo si mosse a sua volta per accamparsi presso Farsalo a quattro miglia da Cesare. Decise di approfittare della penuria di viveri che affliggeva i cesariani prolungando la guerra per ridurre il nemico alla fame. Di diverso avviso, tuttavia, erano i suoi alleati e molti suoi ufficiali che, preferendo una rapida conclusione della guerra incitavano i soldati a chiedere di combattere. Pompeo infine cedette e ordinò di prepararsi alla battaglia.
I due generali schierarono le rispettive milizie italiane lasciando Pompeo le forze orientali alleate ai margini del campo di battaglia pronte a circondare o inseguire il nemico.
Le milizie italiane di Pompeo erano comandate da suo suocero Scipione al centro, da Lucio Domizio Enobarbo a sinistra e da Lentulo a destra. Comandavano i cesariani Silla (nipote del dittatore), Antonio e Gneo Domizio Calvino.
Prima di iniziare a combattere, i soldati dei due fronti esitarono a lungo rendendosi conto che stavano per battersi con i loro connazionali. Si dice che anche i due generali fossero profondamente commossi. Fu Pompeo, notando che tra i suoi alleati stavano nascendo disordini, a dare per primo il segnale.
Quando la cavalleria di Pompeo si fece avanti, Cesare l'accolse con tremila uomini armati di lancia che aveva appositamente preparato: avevano l'ordine di colpire i nemici puntando al viso e agli occhi e in breve misero in fuga gli avversari. La fanteria di Pompeo, rimasta sguarnita, fu circondata dalla cavalleria di Cesare che in breve sopraffece l'ala sinistra dello schieramento pompeiano.
Mentre l'armata di Pompeo si ritirava, i soldati di Cesare correvano tra i nemici senza nuocere agli italiani e uccidendo un gran numero di soldati stranieri alleati di Pompeo. Con un ultimo sforzo i Cesariani occuparono gli alloggiamenti dei pompeiani. Pompeo fuggì con pochi compagni verso Larissa.
Varie e contraddittorie le informazioni tramandate sul numero dei caduti.
Appiano
riprende la stima di seimila pompeiani caduti riferita da
Asinio Pollione
che partecipò alla battaglia come ufficiale di Cesare.
Pompeo passò da Larissa al mare e si imbarcò per Mitilene, si diresse a est per incontrare il re dei Parti ma, dissuaso dagli amici che erano con lui, navigò verso l'Egitto.
Il vento sospinse Pompeo nel luogo in cui il giovane re
Tolomeo
aveva schierato il suo esercito per prevenire le incursioni di sua sorella Cleopatra che era stata cacciata dall'Egitto. Pompeo inviò messaggeri per chiedere di essere accolto in virtù della sua amicizia con il padre del re.
Tolomeo
consultò i suoi consiglieri
Achilla
e
Potino
e il suo precettore
Teodoto
, quest'ultimo gli consigliò di eliminare Pompeo per guadagnare l'amicizia di Cesare.
Un gruppo di ministri del re, accompagnati da un romano e tribuno di Pompeo, si recò con una piccola imbarcazione a prelevare Pompeo il quale, trascurando i propri sospetti, salì sulla barca e durante il trasporto venne pugnalato a morte.
Potino
fece recidere la testa di Pompeo per presentarla a Cesare ma questi punì la sua perfidia. Il corpo venne tumulato in un piccolo monumento che, sepolto dalla sabbia, fu ritrovato e restaurato sotto l'imperatore
Adriano
.
Metello Pio Scipione, suocero di Pompeo, con gli altri reduci della battaglia di Farsalo si unì in Corcira a
Catone
che comandava un altro esercito e una flotta di trecento triremi. La flotta fu ripartita: una parte fece vela verso il Ponto con Cassio per convincere Farnace a combattere contro Cesare, Scipione e
Catone
si diressero in Spagna dove raccolsero un esercito di Iberi e Celtiberi. In
Africa
Catone
rifiutò il comando militare che fu affidato a Scipione ed anche qui si riunì un grande esercito.
Due giorni dopo la battaglia, Cesare si mise in movimento e traversò l'Ellesponto con piccole imbarcazioni perché privo di triremi. Durante la traversata incontrò le navi di Cassio il quale, non considerando il vantaggio che gli davano le sue settanta triremi, non osò attaccare Cesare e si arrese senza combattere. Informato che Pompeo si stava recando in Egitto, Cesare decise di seguirlo dopo una breve sosta a Rodi per prendere altre navi.
Giunto in
Alessandria
, Cesare fu accolto dai dignitari di Tolomeo e mostrò di avere intenzioni pacifiche, ma quando giustiziò gli uccisori di Pompeo dovette affrontare le milizie del re.
Cesare combattè più volte contro gli Egiziani e in un'occasione fu costretto a fuggire a nuoto. Dopo nove mesi di scontri sconfisse definitivamente Tolomeo in una battaglia sul Nilo e dichiarò Cleopatra regina d'Egitto al posto del fratello.
Per seppellire la testa di Pompeo costruì in
Alessandria
un piccolo tempio dedicato a Nemesi.
Cesare passò in Siria dove Farnace aveva occupato diversi territori dopo aver sconfitto Domizio legato di Cesare. Avvertito dell'arrivo di Cesare Farnace gli mandò incontro ambasciatori con doni e proposte di pace ma Cesare, pur avendo con se limitate risorse, lo sconfisse rapidamente e scrisse a Roma la famosa frase
Veni, Vidi, VIci
.
Dopo questa vittoria Cesare tornò rapidamente a Roma dove si stavano verificando disordini, anche i suoi soldati erano inquieti per non aver ancora ricevuto i premi promessi prima di Farsalo. La promessa di ulteriori premi servì soltanto ad aumentare la tensione e mentre gli amici gli suggerivano di mettersi in salvo, Cesare, con estremo coraggio, si presentò sulla tribuna di Campo Marzio ai soldati che tumultuavano. Colpiti dall'intervento inattesi, i soldati si limitarono a chiedere di essere congedati sperando che Cesare per non perdere il suo esercito distribuisse i doni promessi ma il generale, con grande stupore di tutti, rispose che li congedava. Quando si rivolse agli spettatori chiamandoli "cittadini" e non "soldati", quelli lo pregarono di perdonarli e di punirli a sua discrezione.
Cesare, soddisfatto per l'effetto ottenuto, dichiarò che al termine delle guerre in corso intendeva distribuire terreni a tutti.
Superata la
Sicilia
, Cesare puntò verso
Adrumeto
dove sapeva trovarsi Scipione al comando di un'armata. Schierò le sue forze davanti al campo di Scipione e in assenza di quest'ultimo lo attaccarono i legati Labieno e Petreio e prevalsero su di lui, ma smisero di combattere prima di aver definitivamente sconfitto i cesariani.
Scipione fu raggiunto da altre truppe e da trenta elefanti forniti da Giuba, tuttavia nella successiva battaglia il suo esercito fu disfatto e fuggì per mare insieme ad
Afranio
.
Giunta la notizia di questa battaglia in
Utica
, molti fuggirono ma
Catone
rimase nella sua casa dove cenò tranquillamente e, dopo aver letto un brano di Platone, si colpì con la spada all'addome. I servitori della casa lo soccorsero e i medici ricucirono la sua ferita ma più tardi
Catone
la riaprì con e mani, la dilatò e lacerò le sue viscere fino a morirne. Aveva cinquanta anni ed era considerato giusto, onesto e coerente. Sposò Marzia e dopo aver avuto dei figli da lei la cedette all'amico Ortensio per riprenderla più tardi quando ebbe partorito altri figli.
Catone
ebbe a
Utica
splendide esequie. Cicerone scrisse il suo encomio al quale Cesare ribattè con l'
Anticato
.
Giuba e Petreio, perduta ogni speranza, si uccisero reciprocamente e Cesare nominò Crispo Sallustio governatore dell'e regno di Giuba. Fece giustiziare i seguaci di Pompeo rimasti in
Utica
risparmiando il figlio di
Catone
e la nuora di Pompeo. Lucio Scipione si scontrò con navi nemiche e, sconfitto, si uccise.
Tornato a Roma, Cesare celebrò quattro trionfi consecutivi: sui Galli, su Farnace, sugli Africani alleati di Scipione e sugli Egiziani. Non volle invece trionfare per le battaglie vinte contro altri romani.
Nominato console per la quarta volta, Cesare si recò in Spagna per la guerra contro Pompeo il Giovane con il quale si erano riuniti tutti i superstiti delle battaglie in
Africa
e a Farsalo. I più anziani compagni di Pompeo gli consigliarono di non affrontare direttamente Cesare e di lasciare che subisse gli effetti del tempo e della fame.
Cesare passò da Roma alla Spagna con ventisette giorni di marce forzate e le sue truppe erano demoralizzate per la stanchezza e per il timore de grande numero dei nemici. Incontrò Pompeo presso Cordova (altri autori scrivono Munda) e quando vide i suoi soldati rimanere incerti e spaventati di fronte al nemico si slanciò da solo contro le schiere di Pompeo, schivando o parando con lo scudo centinaia di frecce. A questa vista tutti i suoi soldati accorsero e combatterono con impeto per tutto il giorno.
Il giorno seguente i cesarieni presero la città di Cordova. Varo, Labieno e altri comandanti pompeiani erano caduti nella battaglia ma Gneo Pompeo era riuscito a fuggiore. Dopo alcune disavventure fu preso e giustiziato. Le sue milizie superstiti si raccolsero intorno al fratello minore Sesto Pompeo.
Cesare tornò a Roma pieno di gloria e gli furono tributati onori divini. Fu salutato padre della patria, dittatore a vita, console per dieci anni. Furono decretati spettacoli, sacrifici annuali e voti quinquennali per la sua salvezza, gli furono dedicati templi, statue e monumenti.
Cesare accettò gli onori ad eccezione del consolato decennale, nominò se stesso e Antonio consoli per l'anno successivo, richiamò gli esuli, perdonò ai nemici. Si oppose decisamente a quanti proponevano di nominarlo re.
Marullo tribuno della plebe portò in tribunale un ammiratore di Cesare che lo aveva chiamato re. Cesare non lo tollerò e fece rimuovere i tribuni dalla carica, fu un errore del quale si pentì e richiamò la guardia del corpo che aveva congedato.
Anche Antonio tentò più volte di incoronarlo in pubblico con un diadema che egli ogni volta gettò via.
Stanco delle critiche e dei sospetti, Cesare decise di intraprendere una nuova impresa militare contro i Parti per vendicare la sconfitta di Crasso. Inviò sedici legioni e diecimila cavalieri ma pochi giorni prima della partenza fu ucciso dai suoi avversari.
120§105