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DIONE CASSIO
STORIA ROMANA
(Sintesi parziale)
LIBRO XXXVI
Il periodo al quale si riferisce l'inizio del libro XXXVI è quello della
seconda guerra mitridatica
(
69
-
66 a.C.
).
Il
console
Quinto Ortensio Ortalo
, famoso avvocato, rinunciò a comandare la guerra contro i pirati cretesi a causa dei suoi impegni forensi e la missione passò al collega
Quinto Cecilio Metello
(che acquisterà più avanti il soprannome di
Cretico
).
Intanto in
Armenia
Lucullo
assediava
Tigranocerta
subendo gravi perdite a causa della preponderanza numerica degli assediati, dell'abilità degli arcieri, della tecnica del nemico di incendiare con la nafta le torri di legno e le altre macchine da guerra romane. Comunque
Lucullo
riuscì ad espugnare la città costringendo alla fuga il re
Tigrane
.
Tigrane
e
Mitridate
decisero di combattere insieme e cercarono l'alleanza del re dei
Parti
(
Dione
lo chiama Arsace, titolo onorifico che si attribuiva a tutti i re dei
Parti
dal nome del fondatore della loro dinastia, ma si tratta di
Fraate III
). Per ottenere l'appoggio dei
Parti
,
Tigrane
cedette loro un territorio da tempo conteso. Anche
Lucullo
, che nel frattempo continuava ad estendere l'occupazione dell'
Armenia
, mandò a
Fraate
ambasciatori che furono accolti benevolmente, tuttavia i
Parti
in quell'occasione si mantennero neutrali.
L'anno successivo fu
console
Quinto Marcio
, senza collega perché l'altro
console
Lucio Cecilio Metello
morì all'inizio della carica (
68 a.C.
),
Lucullo
penetrò in
Mesopotamia
ed attaccò la città di Nisibi, una roccaforte di
Tigrane
ben protetta da una doppia cerchia di mura. Con difficoltà
Lucullo
riuscì ad espugnare anche questa città ma intanto
Tigrane
e
Mitridate
attaccavano i presidi romani in
Armenia
e riprendevano parte dei territori conquistati da
Lucullo
.
L'anno successivo (
67 a.C.
) furono
consoli
Manio Acilio Glabrione
e
Gaio Calpurnio Pisone
. Si continuava a combattere in
Armenia
e
Mitridate
riuscì in qualche occasione ad infliggere ai Romani gravi perdite. Le truppe romane, che non avevano particolare stima per
Lucullo
, erano indisciplinate ed il loro comportamento minacciava un'insurrezione fomentata, secondo
Dione
, dal
tribuno della plebe
Publio Clodio
.
Questa situazione portò alla defezione in massa delle truppe quando
Lucullo
decise di tentare un attacco decisivo contro
Tigrane
. In un inciso
Dione
tiene a chiarire che
Lucullo
era un abile generale che perse la fiducia dei suoi soldati per aver imposto troppo duramente la disciplina, non sapeva usare persuasione, clemenza o lusinghe. La prova di ciò, secondo l'autore, è nel fatto che le truppe seguirono poi Pompeo senza alcuna ribellione.
Di questi eventi approfittò
Mitridate
per riguadagnare terreno. Intanto il
console
Acilio Glabrione
era stato inviato a sollevare
Lucullo
dal comando ma, venuto a conoscenza della defezione delle
legioni
si fermò in
Bitinia
.
Nello stesso periodo Metello conquistava l'isola di
Creta
ottenendo il trionfo ed il soprannome di Cretico. Le imprese di Metello, tuttavia, furono macchiate da diversi abusi commessi ai danni della popolazione e spesso ostacolate da
Pompeo
che, al comando di tutte le operazioni contro i pirati dell'Egeo, sosteneva che Metello stesse invadendo le competenze del suo incarico.
Qui
Dione
si accinge a narrare le vicende di
Pompeo
alla quali premette una breve descrizione della diffusa pirateria dell'epoca, precisando che i pirati arrivavano ormai a spingere le loro navi fino ad
Ostia
. Erano molto numerosi ed uniti fra loro da fortissimi vincoli di solidarietà che li rendevano ancora più pericolosi.
Aulo Gabinio
propose di organizzare una campagna contro i pirati affidandone il comando a
Pompeo
. La proposta entusiasmò la popolazione ma non trovò l'assenso dei senatori preoccupati che
Pompeo
ottenesse troppo potere. Si verificarono dei disordini e, per evitare una popolazione popolare i senatori furono costretti a riconsiderare le proprie posizioni.
Da parte sua
Pompeo
era ansioso di ottenere l'incarico ma, da buon politico, finse di respingerlo.
Dione
inserisce a questo punto due "discorsi", il primo di
Pompeo
per rifiutare il mandato, il secondo di
Gabinio
per convincerlo ad accettare.
Qualcuno tentò di opporsi alla nomina di
Pompeo
ma la moltitudine gli impedì di parlare. Alla fine intervenne l'autorevole
Quinto Lutazio Catulo
,
princeps senatus
, dichiarandosi contrario alla proposta: le leggi - disse
Catulo
- prevedevano che missioni di questo tipo fossero condotte dai
consoli
, non era necessario nominare un generale. Inoltre, data l'ampiezza del territorio nel quale la guerra alla pirateria avrebbe dovuto svolgersi, era preferibile organizzare non uno ma diversi eserciti nominando i rispettivi comandanti i quali, eletti dal popolo e non designati da un unico capo, si sarebbero certamente comportati con maggiore impegno.
Tuttavia il dibattito si concluse con la vittoria di
Pompeo
che ottenne il comando. Gli furono affidate grandi risorse e cominciò a navigare nel
Mediterraneo
combattendo i pirati. Mostrandosi clemente con quanti gli si arrendevano riuscì a demolire molte bande senza combattere.
A
Roma
, intanto, si promulgavano nuove leggi contro i brogli elettorali e la corruzione dei giudici.
Il
tribuno delle plebe
Gaio Manilio
propose di affidare a
Pompeo
il comando della guerra contro
Tigrane
e
Mitridate
(
Lex Manilia
). La proposta fu appoggiata da
Cesare
e da
Cicerone
mossi entrambi, secondo
Dione
, da considerazioni opportunistiche.
Cicerone
assunse la difesa di
Manilio
in un processo per concussione intentatogli dagli ottimati.
L'elezione dei
consoli
di quell'anno (
65 a.C.
) venne invalidata per sospetto di brogli, si trattava di
Publio Antonio Peto
e di
Publio Cornelio Silla
. Al loro posto vennero nominati
Lucio Manlio Torquato
e
Lucio Aurelio Cotta
. Fu ordita una congiura alla quale prese parte
Lucio Catilina
, congiura che venne scoperta e neutralizzata con l'assegnazione di una guardia del corpo ai nuovi
consoli
.
Ottenuto il comando della guerra in Oriente,
Pompeo
inviò ambasciatori a
Mitridate
per saggiarne le intenzioni.
Mitridate
, che sapeva
Pompeo
in contatto con il re dei
Parti
Fraate
, accettò di cercare un accordo ma i suoi soldati si ribellarono e fu chiaro che una nuova guerra non era evitabile.
Pompeo
penetrò in
Armenia
con le sue
legioni
e
Mitridate
iniziò una logorante guerriglia nella speranza che il nemico esaurisse le vettovaglie.
Pompeo
tuttavia riuscì ad impossessarsi di una regione dell'
Armenia
assicurandosi rifornimenti e rinforzi. Infine
Pompeo
riuscì a tendere un'imboscata notturna alle truppe di
Mitridate
in marcia verso i territori di Tigrane e a farne grande strage.
Sfuggito all'agguato,
Mitridate
cercò rifugio ed aiuto presso Tigrane ma questi, che lo sospettava di aver tramato contro di lui, non volle riceverlo.
Mitridate
quindi si spostò nella
Meotide (Mar Nero)
dove fece uccidere il figlio Macare che era passato ai Romani.
Il figlio di Tigrane, anche egli di nome Tigrane, intanto aveva abbandonato il padre e si era trasferito presso
Fraate
al quale consigliò di invadere l'
Armenia
. L'invasione ebbe luogo ma quando
Fraate
tornò indietro affidando l'assedio di Artaxata al giovane Tigrane questi fu sconfitto e finì per arrendersi a
Pompeo
che lo prese come guida.
Quando
Pompeo
marciò contro Artaxata il vecchio Tigrane decise di arrendersi e si presentò spontaneamente al campo romano in atteggiamento di supplice.
Pompeo
ne ebbe pietà e lo accolse benevolmente. Tigrane padre fu confermato sul trono con l'imposizione di un tributo mentre al figlio, che aveva mantenuto un atteggiamento ostile, fu assegnata solo la regione della Sofanene con l'ordine di consegnare al padre il tesoro del regno che vi era custodito in una fortezza. Poiché il giovane rifiutò la consegna,
Pompeo
lo fece arrestare e trasferire a
Roma
sotto scorta mentre ascrisse fra gli alleati il vecchio Tigrane dal quale aveva ricevuto molti donativi.
Durante l'inverno le
legioni
di
Pompeo
furono aggredite da Orose, re degli Albani (un popolo che abitava sulle coste occidentali del Mar Caspio). La reazione delle forze romane ebbe facilmente ragione degli aggressori ed Orose fu costretto alla fuga.
Tornato dall'
Armenia
,
Pompeo
si dedicò a sistemare varie questioni delle province orientali, esaminò le richieste dei governanti locali e riorganizzò la
Celesiria
e la
Fenicia
.
A questo punto una lacuna nel testo, parzialmente compensata da un riassunto di Xifilino, interrompe il racconto delle vicende di
Pompeo
e si passa bruscamente a
Giulio Cesare
.
Si parla degli splendidi Ludi Romani e Megalesi celebrati e finanziati da
Cesare
durante la sua edilità e degli spettacoli gladiatorii da lui offerti al popolo in occasione dei funerali del padre.
LIBRO XXXVII
L'anno seguente,
consoli
Lucio Aurelio Cotta
e
Lucio Manlio Torquato
,
Pompeo
combattè contro gli Albani e contro gli
Iberi
.
Artoce, re degli
Iberi
, si preparava secondo
Dione
ad assalire i Romani nel timore che invadessero il suo regno ma
Pompeo
lo prevenne cogliendolo di sorpresa ed aprendo una rapida guerra che si concluse con la resa degli
Iberi
e la consegna in ostaggio dei figli di Artoce. Anche gli Albani furono rapidamente sottomessi e
Pompeo
si trovò a controllare tutto il Caucaso fino ai confini del Ponto.
Intanto
Fraate
, re dei
Parti
, continuava a contendere all'
Armenia
la regione detta Conduene. La questione fu risolta con l'arbitrato di tre ambasciatori inviati da
Pompeo
ma di fatto, osserva
Dione
,
Fraate
e Tigrane compresero l'importanza di trovare un accordo fra loro in modo da poter fronteggiare insieme la minacciosa presenza delle
legioni
romane.
In Oriente Pompeo riorganizzò la
Celesiria
, la
Fenicia
ed altri stati negandoli ad Antioco e sottoponendoli alle leggi romane.
A
Roma
Cesare
ricoprendo l'edilità celebrò i Ludi Romani e i Megalesi acquisendo grande popolarità. Prodigi nefasti preoccuparono la popolazione, i censori non trovarono accordo fra loro riguardo alla concessione della cittadinanza alla
Gallia Transpadana
e si dimisero, su proposta del tribuno Gaio Papio gli stranieri non italiani vennero espulsi da
Roma
.
Durante il consolato di Figulo e Lucio Cesare (
64 a.C.
) per iniziativa di
Cesare
furono processati molti sicari di
Silla
.
Consoli Cicerone e
Gaio Antonio Ibrida
(
63 a.C.
),
Mitridate
si uccise e
Catilina
tentò di sconvolgere lo stato.
Non volendo rassegnarsi alla sconfitta,
Mitridate
aveva progettato di passare il
Danubio
ed attaccare l'Italia, ma gli alleati lo stavano abbandonando ed egli sempre più sospettoso faceva giustiziare tutti coloro di cui non si fidava compresi alcuni suoi figli.
Il figlio Farnace cospirò contro id lui, venne scoperto ma ormai i soldati erano passati dalla sua parte e marciarono contro
Mitridate
. Questi fece morire le mogli ed i figli con il veleno ma non riuscì a suicidarsi e fu finito da Farnace. Per molto tempo infatti aveva assunto controveleni e non ebbe sufficiente forma per uccidersi con la spada.
Farnace inviò a
Pompeo
il cadavere imbalsamato del padre ed ottenne il regno del
Bosforo
.
Pompeo
mosse quindi contro Areta re degli Arabi che nonostante fosse già stato sconfitto continuava ad arrecare danni alla
Siria
, sconfitto Areta il generale si rivolse contro la Palestina i cui abitanti avevano compiuto scorrerie in
Fenicia
.
Si contendevano il trono dei Giudei i fratelli Ircano e Aristobulo. Senza difficoltà
Pompeo
costrinse i due ad arrendersi ed i partigiani di Ircano lo aiutarono nella presa di
Gerusalemme
che era occupata da Aristobulo. Più difficile fu la conquista del Tempio che
Pompeo
riuscì a prendere soltanto attaccando di sabato quando gli Ebrei, per motivi religiosi, si astengono dal combattere.
Pompeo
restituì il regno a Ircano e Aristobulo fu mandato a
Roma
.
Dione Cassio
divaga brevemente sulla diffusione degli Ebrei anche fuori dal loro paese (tanto che a
Roma
aveva ottenuto il diritto di celebrare i propri riti) e sul loro culto monoteista che considera molto particolare.
Segue un'altra divagazione sull'uso di assegnare ai giorni della settimana i nomi dei pianeti o delle divinità che ad essi presiedono
L'autore riprende quindi la narrazione delle gesta di
Pompeo
che dopo le imprese suddette tornò in Italia.
Giunto a
Brindisi
Pompeo
congedò immediatamente l'esercito e
Dione
loda questo gesto da parte del generale che grazie alle ricchezze, alle alleanze ed al prestigio conseguiti avrebbe potuto facilmente impadronirsi del potere.
Pompeo
accettò di celebrare un solo trionfo per tutte le sue imprese e non volle nomi onorifici se non quello di "Magno" che aveva già ottenuto in precedenza.
Dei molti onori che gli furono offerti accettò soltanto quello di poter indossare la corona d'alloro ed il mantello del trionfo in occasioni speciali, onore che gli fu riconosciuto grazie all'appoggio di
Cesare
e contro il parere di
Catone
.
Da parte sua
Catone
, di cui
Dione
tratteggia in poche righe il carattere democratico e libertario, non aveva motivo di odio verso
Pompeo
ma riteneva quei privilegi contrari alle tradizioni.
In quei giorni fu possibile celebrare "l'augurio della salute", un rito propiziatorio che poteva aver luogo solo quando non vi erano guerre in corso o in preparazione. Tuttavia si verificarono prodigi nefasti (fulmini a ciel sereno, scosse telluriche, ecc.) che certamente annunciavano eventi negativi.
Tito Labieno per attaccare il prestigio del Senato, volle riaprire una vecchia questione giudiziaria citando in giudizio il senatore
Gaio Rabirio
che trentasei anni prima (ai tempi di Mario) era stato processato per l'uccisione del tribuno
Lucio Saturnino
ed era stato assolto.
L'assoluzione era stata promossa dal senato che ora recepiva come un'offesa alla propria autorità la riapertura del processo.
L'iniziativa di Labieno suscitò molte polemiche ma con l'intervento di
Cesare
si giunse al processo. Furono nominati giudici (con procedura non regolare secondo
Dione Cassio
) lo stesso
Giulio Cesare
e suo cugino Lucio Cesare.
Rabirio
venne condannato ma prima che la sentenza fosse formalizzata il pretore
Quinto Metello Celere
interruppe il procedimento con un espediente.
Rabirio
evitò così la condanna e Labieno rinunciò a citarlo di nuovo.
Nello stesso periodo iniziarono le vicende di
Catilina
che tramò per uccidere Cicerone che lo ostacolava nella sua aspirazione al consolato proponendo una legge contro i brogli elettorali.
Il complotto venne scoperto e Cicerone prese a girare sempre scortato indossando una corazza. Per qualche tempo
Catilina
e i suoi seguaci rimasero tranquilli ma dopo l'elezione dei nuovi consoli presero a cospirare apertamente attirando a
Roma
molti individui facinorosi.
Catilina
arrivò a sacrificare un bambino e a mangiarne le carni con i compagni a titolo di giuramento vincolante.
Fra i più stretti collaboratori di
Catilina
erano
Publio Lentulo
, consolare già espulso dal Senato, e Gaio Manlio, ex centurione di
Silla
che aveva dilapidato i propri averi.
I cospiratori avevano base in Etruria mentre a
Roma
il Senato decretava lo stato di emergenza con la formula tradizionale che conferiva pieni poteri ai consoli.
Catilina
, posto sotto processo, si costituì e tornò a
Roma
dove fu affidato al pretore Metello. Qui cercò di organizzare un nuovo attentato a Cicerone con i seguaci che aveva in città ma anche questa volta fu scoperto ed espulso.
Tornato a
Fiesole
intraprese apertamente la guerra con le bande reclutate da Manlio. Contro di lui il Senato inviò il console Antonio (che in precedenza aveva segretamente appoggiato
Catilina
) mentre Cicerone rimase a
Roma
e sventò un tentativo di incendiare la città organizzato da
Lentulo
con l'aiuto di certi ambasciatori
allobrogi
.
I congiurati arrestati tentarono di attribuire responsabilità anche a Cassio ma non furono creduti. Per evitare che venissero liberati, Cicerone occupò con un drappello il
Campidoglio
ed il Foro ed il mattino seguente persuase i senatori a condannare a morte i cospiratori. Si era opposto
Cesare
proponendo l'esilio ma l'intervento di
Catone
fu decisivo e i prigionieri furono giustiziati.
Si cercarono altri sostenitori di
Catilina
ed alcune persone furono colpite da giustizia privata come il senatore Aulo Fulvio che fu ucciso dal proprio padre.
Su proposta di Labieno venne abrogata una legge di
Silla
in modo che l'elezione dei sacerdoti tornasse al popolo. La proposta fu appoggiata da
Cesare
che, come aveva sperato, fu nominato pontefice massimo.
Mentre
Cesare
godeva di un periodo di grande favore popolare, Cicerone era malvisto per aver fatto condannare dei cittadini romani.
Quando Lentulo fu giustiziato
Catilina
fu abbandonato da molti seguaci e, assediato a
Fiesole
da
Antonio
e
Metello Celere
, rinunciò a temporeggiare. Decise di attaccare lo schieramento di
Antonio
ma questi, che in precedenza aveva aderito alla congiura, per evitare di essere scoperto si finse malato cedendo il comando a
Marco Petreio
che vinse la battaglia uccidendo tremila nemici fra i quali lo stesso
Catilina
.
A
Roma
tornò la tranquillità, i ribelli superstiti furono affrontati e rapidamente eliminati o condannati in contumacia anche grazie alle delazioni del "pentito" Lucio Vezio.
La polemica per l'operato di Cicerone e dei senatori tuttavia non si placò e
Metello Nepote
arringò al popolo denunciando la morte di Lentulo come un gravissimo abuso ma il senato protesse Cicerone garantendogli l'impunità.
Nepote
non ebbe successo neanche con la proposta di richiamare a
Roma
Pompeo
dall'Asia per fargli mettere ordine nella situazione politica. Gli si opposero
Catone
e Quinto Minucio e la discussione degenerò in rissa.
Nepote
abbandonò la città e raggiunse
Pompeo
.
In quei giorni
Cesare
ottenne la pretura e propose che il completamento del tempio di Giove fosse affidato a
Pompeo
.
Pompeo
aveva molto potere per il suo prestigio e perché era temuto non essendo chiaro se al suo ritorno a
Roma
avrebbe congedato l'esercito.
Publio Clodio
sedusse la moglie di
Cesare
(
Pompeia
) introducendosi nella sua casa mentre si celebrava un rito precluso agli uomini e
Cesare
ripudiò la donna affermando che sua moglie non doveva essere neanche sfiorata dal sospetto di adulterio.
Fu costruito il Ponte Fabrizio all'Isola Tiberina.
L'anno successivo (
61 a.C.
, consolato di
Marco Pupio Pisone
e
Messalla Corvino
),
Clodio
fu processato per sacrilegio, per adulterio (su denuncia di alcuni senatori, non di
Cesare
) e per sospetto incesto con la sorella
Clodia
.
Clodio
ottenne l'assoluzione, forse corrompendo i giudici.
Intanto la
Gallia Narbonese
, attaccata dai
Galli Allobrogi
guidati dal loro re Catugnato, veniva difesa dal governatore Gaio Pomptino e dai suoi luogotenenti Lucio Mario e
Servio Galba
.
Pompeo
rientrò in Italia e fece eleggere consoli
Lucio Afranio
e
Metello Celere
sperando che le sue proposte di legge e i suoi atti venissero approvati ma l'opposizione dei patrizi gli impedì di realizzare le sue aspirazioni. Anche il console
Afranio
lo ostacolò perché
Pompeo
aveva sposato e poi ripudiato sua sorella.
Gli si oppose anche Lucio Lucullo, suo avversario politico, che pretese che gli atti di
Pompeo
venissero esaminati criticamente ed approfonditamente e non ratificati in blocco.
Al tribuno della plebe Lucio Flavio che sosteneva l'assegnazione delle terre ai veterani di
Pompeo
si oppose Metello e la lita arrivò al punto che il tribuno fece arrestare Metello ma rischiò una sollevazione popolare.
Di fronte a queste difficoltà
Pompeo
accantonò molte sue richieste rendendosi conto che la sua potenza era ormai al tramonto.
Publio Clodio
, per odio verso i patrizi, ripudiò il proprio stato e passò alla plebe ma non ottenne il tribunato per l'opposizione di
Metello
.
Metello Nepote
promosse una legge per alleviare le imposte.
Fausto Silla
offrì giochi in onore del padre.
Dopo la pretura
Cesare
ottenne il governo della
Lusitania
, liberò facilmente la provincia dal brigantaggio ma per desiderio di farsi notare provocò egli stesso una popolazione che tendeva alla ribellione per poterla combattere e sconfiggere.
Tornato a
Roma
chiese il trionfo ed il consolato. Dovette rinunciare al primo per l'opposizione di
Catone
mentre ottenne il secondo essendo riuscito a procurarsi anche l'appoggio di
Pompeo
e di
Crasso
.
Con la mediazione di
Cesare
,
Pompeo
e
Crasso
che erano avversari si rappacificarono, ciascuno convinto di agire per il personale tornaconto. I tre si allearono per gestire il potere seguiti dai rispettivi partigiani mentre a
Roma
, dice
Dione
, rimanevano soltanto
Catone
e pochi altri a fare politica in modo disinteressato.
LIBRO XXXVIII
Cesare
presentò una legge per la distribuzione delle terre studiata con grande accortezza in modo da soddisfare le aspettative dei veterani e dei cittadini bisognosi ma senza in alcun modo nuocere agli interessi degli ottimati.
In realtà
Cesare
sapeva di far cosa gradita a
Crasso
e a
Pompeo
e di guadagnarsi il favore popolare ma il modo in cui aveva presentato la legge lo poneva al riparo da qualsiasi critica.
Non avendo motivi plausibili per respingere la proposta i senatori contrari a
Cesare
si limitarono a non approvarla. Davanti a questo comportamento
Cesare
reagì bruscamente, minacciò di incarcerare
Catone
ed altri senatori e da quel giorno presentò le sue proposte direttamente al popolo tralasciando di comunicarle al senato.
Davanti al popolo
Cesare
consultò
Bibulo
, suo collega nel consolato, il quale si dichiarò nettamente contrario alla proposta di legge, a quel punto chiamò in assemblea
Pompeo
e
Crasso
che, benché privati cittadini, valsero con la loro autorità a convincere il popolo ad approvare il progetto di
Cesare
.
Bibulo
mise in atto tutti i mezzi disponibili per impedire o almeno ritardare l'approvazione della proposta di
Cesare
ma il popolo occupò il Foro e quando il console cercò di intervenire venne cacciato con la violenza insieme a quanti lo accompagnavano.
Spaventati dagli umori popolari i senatori non prestarono alcun appoggio a
Bibulo
che si ritirò nella sua casa rinunciando alle attività politiche.
Alla fine anche gli oppositori più tenaci, come
Catone
e
Metello Celere
, furono costretti ad approvare la legge e i terreni furono distribuiti, fatto questo che procurò a
Cesare
la simpatia popolare.
Cesare
favorì anche i cavalieri con benefici fiscali e fece approvare tutti gli atti di
Pompeo
e molte delle sue proposte. Ottenne dal popolo il comando dell'Illiria e della
Gallia Cisalpina
con tre eserciti, il senato gli affidò anche la
Gallia Transalpina
con un ulteriore esercito.
Prima di partire per la
Gallia
consolidò i suoi rapporti con
Pompeo
facendogli sposare la propria figlia e sposò egli stesso la figlia del console designato per l'anno successivo Lucio Pisone.
Un certo Lucio Vezio tentò di uccidere
Cesare
e
Pompeo
ma scoperto e arrestato denunziò come mandanti Cicerone, Lucullo e
Bibulo
. Poiché
Bibulo
era proprio colui che aveva avvertito
Pompeo
del complotto si pensò che Vezio mentisse e, senza dar seguito alle sue denunce, lo si rinchiuse in prigione dove più tardi venne ucciso.
Le circostanze dell'attentato non furono mai chiarite ma
Cesare
e
Pompeo
presero a diffidare di
Cicerone
e quando l'oratore difese
Antonio Ibrida
accusato di aver partecipato alla congiura di
Catilina
venne alla lite con
Cesare
. Come governatore della
Macedonia
,
Ibrida
aveva vessato la popolazione e saccheggiato i territori confinanti provocando scontri e subendo rovesci. Fu condannato per queste azioni mentre venne assolto dall'accusa di cospirazione.
Clodio
era in debito verso
Cesare
che non lo aveva denunciato per adulterio, perciò
Cesare
fece in modo che venisse nominato tributo. Ottenuta la carica, infatti,
Clodio
non tardò ad attaccare
Cicerone
in senato.
Benché potente e molto stimato come oratore,
Cicerone
con il suo comportamento altezzoso e con la sua libertà di parola si era procurato l'odio di molti.
Clodio
quindi si sforzò di ottenere l'appoggio di tutte le classi e di sfruttare l'astio degli avversari per colpire l'oratore.
Fece eseguire una distribuzione gratuita di grano ai cittadini più bisognosi, promosse altre iniziative gradite alla cittadinanza ed una legge che sospendeva la consultazione degli "augurii del cielo" nei giorni in cui il popolo era chiamato a votare.
Tradizionalmente, infatti, il popolo sospendeva le votazioni se gli augurii lo indicavano e
Clodio
non voleva rischiare che le sue iniziative contro
Cicerone
si bloccassero per questo motivo.
Ingannò
Cicerone
fingendosi amichevole e quando si sentì più forte attaccò.
Presentò una legge contro chi aveva condannato a morte cittadini romani e, benché
Cicerone
non fosse espressamente nominato, il provvedimento mirava chiaramente a colpirlo per aver eliminato Lentulo e altri seguaci di
Catilina
.
Cesare
e
Pompeo
, ai quali l'oratore si rivolse chiedendo aiuto contro il tribuno, non fecero capire di essere gli istigatori di
Clodio
, anzi
Cesare
propose a
Cicerone
di partire come suo legato in modo di allontanarsi dal pericolo con un pretesto dignitoso.
Pompeo
al contrario consigliava a
Cicerone
di rimanere a
Roma
e di difendersi con la sua eloquenza e con il suo prestigio.
L'Arpinate finì per seguire il consiglio di
Pompeo
.
Gli avversari di
Cicerone
divennero rapidamente più numerosi dei suoi sostenitori e anche
Pompeo
, che gli aveva promesso il suo supporto se fosse rimasto in città, trovò tutti i pretesti per disinteressarsi alla cosa.
Amareggiato ed impaurito,
Cicerone
partì da
Roma
diretto in Sicilia, provincia della quale era stato governatore, dove sperava di ricevere una buona accoglienza, ma subito dopo la sua partenza la legge di
Clodio
fu approvata.
Cicerone
fu condannato all'esilio, i suoi beni vennero confiscati e la sua casa distrutta, gli fu proibito di soggiornare in Sicilia e gli fu imposto di rimanere ad una distanza di almeno 3750 stadi da
Roma
(circa 700 km.)
L'Arpinate si stabilì in
Macedonia
. A questo punto
Dione
immagina un lungo dialogo fra l'esule ed un greco che lo consola con argomenti filosofici tipici della retorica.
Intanto a
Roma
Clodio
costringeva
Catone
ad andare a governare l'isola di
Cipro
per allontanarlo da
Roma
, faceva fuggire Tigrane il Giovane che si trovava prigioniero in città, offendeva
Pompeo
e
Gabinio
. Sdegnato
Pompeo
operò per far rientrare rapidamente
Cicerone
.
In
Gallia
Cesare
aveva trovato pace assoluta ma quando gli
Elvezi
, comandati da Orchitorige e decisi a migrare per trovare un territorio migliore del loro, saccheggiarono il paese dei
Sequani
e degli
Edui
questi si rivolsero a
Cesare
per chiedere aiuto.
Cesare
aderì alla richiesta e partì all'inseguimento degli
Elvezi
. Distrusse la retroguardia nemica con tale rapidità che gli
Elvezi
chiesero subito di trattare ma la trattativa saltò e si riprese a combattere.
I Romani subirono una sconfitta ma poi le capacità strategiche di
Cesare
ebbero la meglio e i barbari furono battuti. Quanti accettarono di arrendersi furono lasciati tornare ai loro villaggi di origine, gli altri tentarono di proseguire la marcia verso il
Reno
ma furono rapidamente eliminati dagli alleati dei Romani dei quali attraversarono i territori.
Cesare
aveva vinto ma voleva ulteriori occasioni di gloria quindi accettò volentieri la richiesta dei
Sequani
che volevano aiuto per liberare i loro connazionali tenuti in ostaggio da
Ariovisto re dei Celti
.
Benché
Ariovisto
fosse alleato di
Roma
,
Cesare
gli impose la riconsegna dei prigionieri provocando, come desiderava, una reazione indignata e collerica che gli bastò per iniziare una guerra.
Dopo aver tenuto un lungo discorso ai suoi ufficiali per convincerli dell'opportunità di combattere contro i Celti,
Cesare
attaccò senza indugio
Ariovisto
.
I Celti avevano riunito forze considerevoli ed erano superiori per numero di uomini ai Romani ma anche questa volta l'esperienza dei legionari ed il genio militare di
Cesare
prevalsero. Osservando indicazioni oracolari,
Ariovisto
rifiutò fino a sera il combattimento e quando gli eserciti schierati stavano per ritirarsi attaccò improvvisamente riportando qualche vantaggio, ma il giorno succesivo i Romani non lasciarono al nemico il tempo di schierarsi e con un assalto immediato vinsero la battaglia e fecero strage dei Celti.
Ariovisto
riuscì a fuggire con una barca lungo il fiume.
LIBRO XXXIX
Sconfitto
Ariovisto
,
Cesare
affrontò i Belgi che nel timore di vedere il proprio paese invaso dai Romani si erano confederati ed armati.
La vittoria sui Belgi fu rapida e
Cesare
conquistò le loro città in qualche caso senza combattere. Anche i
Nervii
furono rapidamente sconfitti.
Gli
Aduatici
, una tribù dei
Cimbri
accorsi in aiuto dei
Nervii
, furono respinti dai Romani ma si barricarono in una fortezza e per molti giorni riuscirono a resistere. Infine i Romani allestendo delle macchine da guerra spaventarono gli assediati che in un primo momento cercarono di trattare poi tentarono una sortita notturna ma furono massacrati.
Dopo aver sottomesso queste ed altre popolazioni,
Cesare
si ritirò per l'inverno mentre a
Roma
venivano indetti grandi festeggiamenti per la sua vittoria.
Servio Galba
, un luogotenente di
Cesare
che si era accampato non lontano dai confini italiani fu attaccato di sorpresa mentre aveva molti uomini in licenza ma con grande coraggio lui e i suoi soldati sfondarono l'accerchiamento nemico e si misero in salvo.
Intanto a
Roma
Pompeo
, aiutato dal tribuno Tito Annio Milone e dal console
Lentulo Spintere
, si era attivato per far rientrare
Cicerone
. Contro l'iniziativa erano
Clodio
, suo fratello Appio Claudio e il console
Nepote
. Si verificarono scontri e al momento di votare la proposta di richiamo di
Cicerone
Clodio
scatenò dei gladiatori sull'assemblea impedendo la votazione.
Milone tentò di incriminare
Clodio
per violenza ma non riuscendo ad aprire un processo per le varie difficoltà burocratiche che gli venivano opposte si procurò a sua volta una squadra di gladiatori per fronteggiare quella di
Clodio
.
Quando il console Nepote cambiò atteggiamento divenendo favorevole al rientro di
Cicerone
,
Clodio
non riuscì più a opporsi e l'oratore venne richiamato.
Cicerone
dimostrò la propria gratitudine a
Pompeo
dimenticando i passati rancori e convincendo il Senato a nominarlo capo dell'annona per cinque anni, carica che in tempo di carestia conferiva un grande potere reale.
Rimasero invece difficili, anche se dissimulati, i rapporti dell'oratore con
Cesare
e
Crasso
.
Cicerone
fu reintegrato nel possesso dei suoi beni e risarcito per la distruzione della casa.
Il re egiziano
Tolomeo Aulete
fuggì dall'
Egitto
dove la popolazione gli era avversa per le imposizioni fiscali e per la sua politica filoromana e venne a
Roma
per chiedere al senato di essere reinsediato saldamente sul trono. Gli abitanti di
Alessandria
inviarono a
Roma
numerosi ambasciatori per chiarire la situazione ma
Tolomeo
riuscì a intercettarli per ucciderli o corromperli.
Una consultazione dei
Libri Sibillini
fornì indicazioni negative riguardo alla richiesta di
Tolomeo
ed il tribuno della plebe
Gaio Catone
fece di tutto per divulgare questa profezia, inoltre i senatori erano indignati per il comportamento di
Tolomeo
verso gli ambasciatori alessandrini e sospesero ogni decisione. Comprendendo che non avrebbe avuto aiuti dai Romani,
Tolomeo
si ritirò ad
Efeso
dove visse presso il tempio di Diana.
Ottenuta l'edilità,
Clodio
citò in giudizio Milone per il reato che egli stesso aveva commesso, cioè l'aver reclutato ed armato i gladiatori. Durante il processo
Clodio
trovò il modo di offendere ed irritare spesso
Pompeo
senza mai accusarlo direttamente.
Si verificarono alcuni prodigi nefasti e gli indovini ne dedussero che era stato violato un luogo sacro,
Clodio
ne incolpò
Cicerone
che aveva ricostruito la casa sul suo terreno che durante l'esilio era stato consacrato alla dea Libertà.
Catone
, che andava fiero del suo operato a
Cipro
, si schierò con
Clodio
che gli aveva fatto avere il governo di quell'isola; tuttavia quando
Clodio
tentò di attribuirsi onori e meriti che non gli spettavano
Catone
si oppose e i rapporti fra i due si guastarono.
Quanto a
Pompeo
era angustiato dalla sua terribile gelosia nei confronti di
Cesare
la cui popolarità aumentava rapidamente per effetto delle sue vittorie in
Gallia
. Per prevalere su
Cesare
,
Pompeo
rinnovò i suoi accordi con
Crasso
.
Pompeo
e
Crasso
si candidarono al consolato ma erano oltre i termini di tempo previsti, perciò fecero pressione su vari personaggi per rimandare le elezioni.
Clodio
tornò ad allearsi con
Pompeo
e il comportamento degli aspiranti consoli provocò lo sdegno del senato e disordini fra la popolazione; l'anno passò senza elezioni perché molti senatori per timore disertarono le riunioni.
Infine
Pompeo
e
Crasso
furono eletti consoli e subito fecero eleggere per le altre cariche uomini di loro fiducia. I soli oppositori investiti di una carica pubblica erano i tribuni Gaio Ateio Capitone e Publio Acilio Gallo.
Il tribuno Gaio Trebonio propose di affidare a
Pompeo
e
Crasso
il comando militare in
Siria
e
Spagna
per cinque anni con pieni poteri. I sostenitori di
Cesare
si opposero a questa proposta ma i consoli li convinsero facendo prolungare di tre anni anche il comando di
Cesare
. In senato si opposero
Catone
e Favonio ma i loro interventi non convisero i senatori. La legge proposta da Trebonio fu approvata in un clima di intimidazioni e disordini.
In quei giorni
Pompeo
dedicò il suo teatro e lo inaugurò con spettacoli, giochi ed uccisioni di belve
Pompeo
, con il pretesto dei suoi impegni come capo dell'annona, rimase a
Roma
e mandò in
Spagna
i suoi luogotenenti.
Crasso
invece, nonostante l'opposizione di alcuni tribuni, partì verso l'oriente per una spedizione che gli sarebbe stata fatale.
L'anno successivo (
56 a.C.
) sotto il consolato di Gneo Cornelio Lentulo Marcellino e Lucio Marcio Filippo,
Cesare
combattè contro i Veneti, una tribù della
Bretagna
che aveva catturato alcuni suoi uomini inviati in cerca di cibo.
Le città nemiche erano sulla costa ed erano difese da rupi scoscese e dalle maree e
Cesare
non ottenne risultati fino all'arrivo di
Decimo Bruto
con una flotta di navi veloci. Le navi dei Veneti, costruite per resistere alle maree e alle onde dell'Oceano, erano molto più grandi e massicce e quando attaccarono con il vento favorevole
Decimo Bruto
evitò lo scontro ma quando il vento calò le navi romane si dimostrarono molto più leffere da manovrare con i remi ed il comandante approfittò abilmente di questo vantaggio. I Romani fecero strage dei nemici e catturarono tutti i sopravvissuti. I capi furono messi a morte da
Cesare
, gli altri furono venduti come schiavi.
Cesare
attaccò quindi i Morini e i Menapii ma presto rinunciò perché queste genti si erano stabilite nella foresta ed era troppo rischioso combatterle in vista dell'inverno.
Esito positivo ebbe invece la spedizione del luogotenente Quinto Titurio Sabino contro i Venelli. Questi erano molto numerosi ma il legato li indusse con un espediente ad attaccare in situazione per loro sfavorevole e li massacrò senza pietà.
Publio Crasso, figlio di
Marco
, fece una spedizione in
Aquitania
e sconfisse i Soteati.
I Tencteri e gli
Usipeti
superarono il
Reno
ed invasero il territorio dei
Treveri
ma trovandovi i Romani li temettero e subito chiesero una tregua per rientrare nel loro paese. Tuttavia i più giovani, sottovalutando le risorse di
Cesare
, assalirono un gruppo di soldati romani violando la tregua.
Gli anziani di quelle genti chiesero la clemenza di
Cesare
ma
Cesare
fece strage dei soldati nemici e chiese la consegna di quanti avevano aggredito i suoi uomini, non ottenendola superò il
Reno
entrando nel territorio dei Celti, era un'impresa senza precedenti che
Cesare
era molto lieto di compiere.
Dopo il passaggio del
Reno
Cesare
sbarcò per la prima volta in
Britannia
dove incontrò l'ostilità della popolazione, tuttavia i Britanni erano preoccupati per la fama dei Romani e per il coraggio che questi avevano dimostrato nel compiere la traversata, quindi avviarono trattative. Quando una tempesta danneggiò le navi di
Cesare
, tuttavia, mutarono avviso e attaccarono il campo romano. Furono respinti ma poichè era inverno
Cesare
ritenne opportuno tornare in
Gallia
.
Nello stesso periodo scoppiò in
Spagna
la rivolta dei Vaccei che furono combattuti ma non del tutto sconfitti da Metello Nepote, luogotenente di
Pompeo
.
Pompeo
ordinò a
Gabinio
, allora governatore della
Siria
, di ricondurre in patria
Tolomeo
e
Gabinio
lo fece con una spedizione armata. Ciò era contrario alle decisioni del senato ed alla profezia ma, secondo
Dione
,
Pompeo
agì per amicizia e
Gabinio
per denaro. In seguito
Gabinio
fu processato e venne assolto per intervento di
Pompeo
.
Gabinio
aveva governato malissimo la
Siria
attento soltanto ad arricchirsi ed aveva progettato una spedizione contro i
Parti
in favore di Mitridate, figlio di
Fraate
, che era stato cacciato dal fratello
Orode
. Aveva però abbandonato questo progetto per incassare il ricco premio promesso da
Tolomeo
.
Durante la spedizione giunse in Palestina dove arrestò Aristobulo e lo inviò a
Pompeo
perché era fuggito da
Roma
, impose un tributo ai Giudei ed infine arrivò in
Egitto
. Qui la regina
Berenice
, figlia di
Tolomeo
, aveva sposato un certo Seleuco della stirpe reale siriana ma non essendosi lo sposo dimostrato all'altezza
Berenice
lo fece uccidere e sposò Archelao.
Gabinio
catturò Archelao ma si fece corrompere e lo lasciò andare simulando una fuga, anche per far apparire la sua impresa più ardua agli occhi di
Tolomeo
.
Gabinio
vinse rapidamente gli Egiziani uccidendone molti compreso Archelao, quindi consegnò l'
Egitto
a
Tolomeo
che a sua volta fece morire
Berenice
e tutti i notabili confiscandone i beni.
Il comportamento di
Gabinio
suscitò scandalo a
Roma
e
Cicerone
insistette per processarlo ma
Pompeo
e
Crasso
, che erano ancora consoli, bloccarono ogni iniziativa.
Quando però furono eletti i nuovi consoli (
Lucio Domizio Enobarbo
e
Appio Claudio Pulcro
-
54 a.C.
) il caso
Gabinio
tornò di attualità anche perché
Gabinio
non accettò di farsi sostituire nel governo della
Siria
.
Proprio in quei giorni si verificò a
Roma
una disastrosa alluvione che uccise molte persone e distrusse molte case. I Romani, attribuendo l'evento alla collera degli dei per la violazione della profezia, pretesero dal senato la condanna a morte in contumacia di
Gabinio
.
Con il denaro
Gabinio
riuscì a non subire danni e nonostante l'odio popolare fu assolto dalle accuse inerenti la vicenda egiziana, fu tuttavia condannato per le molte accuse riguardanti il governo della provincia e rimandato in esilio, rientrò a
Roma
più tardi richiamato da
Cesare
.
Morì la moglie di
Pompeo
dopo aver partorito una bambina, fu sepolta nel Campo Marzio senza che il senato emettesse il necessario decreto.
Gaio Pomptino celebrò il trionfo per la vittoria sui Galli.
LIBRO XL
Ancora nel
54 a.C.
Cesare
fece i suoi preparativi, costruì delle navi e con la stagione favorevole passò per la seconda volta in
Britannia
.
Vedendo arrivare numerose navi romane cariche di soldati, i Britanni si ritirarono nel campo trincerato che avevano preparato in un bosco vicino e da qui presero a compiere azioni di guerriglia
Dopo qualche tempo si unirono sotto gli ordini di Casuellano, il capo più potente dell'isola, ed attaccarono i Romani ma furono sconfitti,
Cesare
assediò il loro campo e li costrinse alla resa, quindi dovettero consegnare ostaggi ed assoggettarsi al pagamento di un tributo.
Cesare
non lasciò soldati a presidiare l'isola e preferì tornare rapidamente in
Gallia
per controllare la situazione, ma quando partì per l'Italia con l'intenzione di trascorrervi l'inverno diverse tribù galliche si ribellarono.
I primi furono di Eburoni che attaccarono il presidio comandato dai luogotenenti Sabino e Lucio Cotta. Furono respinti ma il loro capo
Ambiorige
, fingendosi pentito, attirò i Romani in un'imboscata in cui perirono molti uomini, compresi i due comandanti.
Anche i
Nervii
si unirono ad
Ambiorige
ed insieme assediarono il presidio comandato da
Quinto Cicerone
, fratello dell'oratore.
Gli assediati si trovarono in gravi difficoltà poichè erano in numero ridotto, avevano scarse provviste e il nemico impediva loro di contattare altri accampamenti romani per chiedere aiuto. Un
Nervio
amico dei Romani fornì a
Cicerone
un suo schiavo che facesse da messaggero passando inosservato fra gli assedianti, così
Cesare
ricevette la richiesta di aiuto. I
Nervii
lo intercettarono mentre correva in aiuto di
Cicerone
ma si lasciarono attirare in posizione sfavorevole e furono duramente sconfitti.
Insorsero quindi i
Treveri
comandati da Induziomaro che furono presto battuti da Tito Labieno.
In oriente
Crasso
, desideroso di procurarsi gloria e guadagni, decise di attaccare i
Parti
benché non ne avesse alcuna ragione. Passò l'Eufrate ed assediò la Mesopotamia. Dopo un vano tentativo di fermarlo il satrapo Silace corse ad avvertire il re
Orode
.
Crasso
conquistò rapidamente gran parte della Mesopotamia ma non vi si trattenne abbastanza a lungo per consolidare il controllo della regione.
I
Parti
vivevano oltre il Tigri ed avevano capitale in Ctesifonte. La loro importanza era cresciuta dalla caduta dell'impero persiano ad opera dei Macedoni, sotto il regno di
Arsace
capostipite degli Arsacidi. Conquistarono grandi territori e divennero molto potenti scontrandosi più volte anche con i Romani dei quali furono degni avversari.
Dione Cassio
si sofferma sul modo di combattere dei
Parti
le cui armate erano costituite per lo più da arcieri a cavallo e da soldati corazzati, armati di picche ma privi di scudi.
Erano particolarmente abituati a combattere nelle condizioni ambientali del loro paese (sole rovente e grande siccità) ma evitavano sempre di affrontare lunghe guerre oltre l'Eufrate dove il clima differente avrebbe creato loro difficoltà.
Orode
mandò messaggeri a
Crasso
per chiedere ragione dell'attacco ed armò un esercito per punire le regioni che avevano approfittato della situazione per insorgere e per controllare quelle che avrebbero potuto farlo.
Si verificarono presagi nefasti, come il crollo di un ponte, che spaventarono ed avvilirono i soldati di
Crasso
che pure continuarono a seguire passivamente il loro comandante come storditi dalla paura.
L'armeno Augaro, fingendo di onorare un accordo stretto in precedenza con
Pompeo
, si professava amico dei Romani e dovendo della fiducia di
Crasso
che gli confidava i suoi piani, puntualmente ne informava
Orode
.
Augaro convinse
Crasso
ad attaccare l'esercito parto di sorpresa ma avvisò il comandante Surena perché si preparasse adeguatamente per affrontare i Romani. Fingendo di fuggire, i
Parti
si lasciarono inseguire per un tratto da Crasso il Giovane ma poi lo accerchiarono e facilmente lo uccisero. I Romani tentarono di vendicarlo ma il metodo di combattimento con le frecce dei
Parti
creava loro grandi difficoltà.
La battaglia si protrasse a lungo e probabilmente i Romani sarebbero stati massacrati se i
Parti
, come era loro abitudine, non si fossero allontanati al calare della sera.
Crasso
ed altri fuggirono verso Carre ma non sentendosi sicuri attesero la prima notte senza luna per prendere la via delle montagne verso l'Armenia. Surena propose un incontro per trattare, ma era una trappola e
Crasso
fu catturato ed ucciso con i soldati che lo avevano accompagnato. Il resto dei Romani fuggì oltre confine o fu fatto prigioniero.
In
Siria
assunse il comando Cassio Longino che respinse un attacco dei
Parti
comandati da Osace per conto del giovane
Pacoro
figlio di
Orode
. Cassio riuscì anche ad uccidere il comandante nemico e
Pacoro
rinunciò ai suoi progetti sulla
Siria
.
Giunse da
Roma
Bibulo che assunse il governo della
Siria
e con la diplomazia riuscì a mettere il satrapo Ornadapte contro
Orode
.
Intanto in
Gallia
Ambiorige
riorganizzava le forze di Eburoni e
Treveri
e chiedeva mercenari ai Celti per combattere i Romani.
Labieno riportò una vittoria sui
Treveri
e
Cesare
, per inseguire
Ambiorige
, passò di nuovo il Reno ma, non ottenendo risultati, portò le truppe ai quartieri d'inverno e tornò in Italia.
Gli
Arverni
insorsero sotto la guida di
Vercingetorige
, invasero il paese dei
Biturigi
ed impegnarono a lungo i Romani che dovettero assediarli nella città di Avarico e poi in quella di Gergovia.
Si ribellarono anche gli
Edui
e mentre
Cesare
si occupava di loro
Vercingetorige
colpì il paese degli
Allobrogi
costringendolo a una nuova battaglia. Con l'aiuto di contingenti di Celti alleati
Cesare
sconfisse gli
Edui
che fuggirono ad
Alesia
dove furono definitivamente debellati in una nuova battaglia.
Vercingetorige
, che aveva avuto in passato rapporti di amicizia con
Cesare
, implorò la grazia ma fu condannato proprio per aver tradito l'amicizia, fu imprigionato e più tardi costretto a sfilare nel trionfo di
Cesare
prima di essere giustiziato.
La tribù belga degli
Atrebi
comandata da Commio resistette a lungo alla conquista romana finché non fu debellata da
Cesare
con una rapida azione di cavalleria. Commio riuscì a fuggire e in seguito tentò altre azioni contro i Romani finché, definitivamente sconfitto, non si arrese ed uscì dalla scena.
La Guerra Gallica ebbe fine (
50 a.C.
) ma
Cesare
non congedò l'esercito per timore di cadere nelle mani di
Pompeo
che aveva riacquistato potere e non era più in buoni rapporti con lui.
A
Roma
si verificavano frequenti tumulti che
Pompeo
ebbe l'incarico di sedare. I tribuni della plebe ritardavano con vari pretesti le elezioni consolari e proponevano di nominare
Pompeo
dittatore
.
Pompeo
rifiutò la carica ma i disordini continuarono, le magistrature non venivano assegnate anche i più semplici presagi contribuivano ad alimentare la tensione.
Milone incontrò
Clodio
sulla Via Appia e lo uccise. Quinto
Pompeo
Rufo e
Tito Munazio Planco
mostrarono nel foro la salma al popolo accrescendo l'ira della folla che allestì per
Clodio
una pira nel senato incendiando la curia e violando tutti i riti funebri allora in uso.
La cittadinanza si divise fra quanti sostenevano Milone e quanti erano stati sostenitori di
Clodio
e si verificarono molti disordini che indignarono i senatori i quali decretarono che Milone,
Pompeo
ed i tribuni ponessero sotto controllo la situazione. Fausto Silla fu incaricato di ricostruire la Curia Ostilia, la sede del senato che era stata incendiata.
Il popolo insisteva per eleggere
Cesare
console e
Pompeo
dittatore
ma i senatori, considerando
Cesare
era troppo favorevole alla plebe, decisero di nominare
Pompeo
console unico con un provvedimento straordinario.
Pompeo
fu molto orgoglioso delle nomina ma per evitare eccessive invidie chiese di avere un collega e scelse il suocero Quinto Scipione, già indagato per corruzione e prosciolto quando la figlia aveva sposato
Pompeo
.
Dione Cassio
sottolinea che in quel periodo le pene contro il reato di corruzione si erano inasprite proprio per effetto delle leggi di
Pompeo
.
Milone fu processato per l'uccisione di
Clodio
e condannato all'esilio nonostante fosse difeso da
Cicerone
. Sembra che la difesa di
Cicerone
non fu efficace perché l'oratore fu spaventato dalla presenza in tribunale di
Pompeo
con un presidio di armati.
Rufo e Planco furono condannati, insieme ad altre persone, per l'incendio del senato.
Cicerone
in questo caso aveva il ruolo di accusatore ma di nuovo le sue parole non furono efficaci per timore di
Pompeo
.
Pompeo
ripristinò una norma caduta in disuso che imponeva un intervallo di cinque anni fra una carica e l'altra ma subito la violò per se stesso, chiedendo il rinnovo del comando in
Spagna
, e per
Cesare
(per placarne gli amici) chiedendo che gli fosse concesso di candidarsi al consolato
Per contrastare
Pompeo
e
Cesare
,
Catone
si candidò al consolato ma non fu eletto. Vinsero
Marco Claudio Marcello
e
Servio Sulpicio Rufo
(
51 a.C.
.).
Marcello
era un convinto pompeiano e tentò di diminuire il potere di
Cesare
e assicurarsi che deponesse al più presto il comando, ma
Cesare
non intendeva tornare alla condizione di privato cittadino quindi si dedicò ad arruolare altre truppe e a procurarsi nuovi sostenitori fra cui Curione.
Pur agendo non apertamente e con molta cautela, Curione favorì politicamente
Cesare
e
Pompeo
fu costretto a cambiare comportamento scoprendo la propria ostilità verso
Cesare
.
I sostenitori di
Cesare
erano numerosi, fra loro erano Lucio Paolo e il censore Lucio Pisone, suocero di
Cesare
, mentre era suo avversario un altro censore, Appio Claudio.
Fra questi personaggi scoppiò una grossa lite in senato. Il console
Marcello
si oppose a Curione ma quando vide che molti senatori erano contro di lui andò da
Pompeo
e gli affidò la difesa della città.
Marcello
affidò a
Pompeo
due legioni che erano state preparate per combattere contro i
Parti
togliendole a
Cesare
con vari pretesti. La mossa si rivelò sbagliata perché
Pompeo
non ebbe di fatto modo di utilizzare le due legioni a suo vantaggio mentre
Cesare
ne ricavò ampia giustificazione per tenere presso di se il resto dell'esercito ed arruolare altri soldati.
LIBRO XLI
Il 1 gennaio del
49 a.C.
Curione recò al senato una lettera di
Giulio Cesare
. I nuovi consoli
Cornelio Lentulo
e Gaio Claudio tentarono di mantenere segreto il contenuto di quella lettera ma furono costretti a divulgarlo.
Cesare
si dichiarava disposto a congedare il suo esercito a condizione che
Pompeo
facesse altrettanto ma il senato espresse voto contrario.
I tribuni Quinto Cassio Longino e
Marco Antonio
impedirono per due giorni che la decisione venisse ratificata, poi vedendosi isolati partirono per raggiungere
Giulio Cesare
insieme a Curione e a Celio.
I Senatori affidarono a
Pompeo
il comando delle truppe e decretarono che
Cesare
sciogliesse il suo esercito se non voleva essere considerato nemico della patria.
Cesare
reagì superando il confine ed iniziando la sua marcia verso
Roma
che non trovava ostacoli di rilievo. Labieno, caduto in disgrazia presso
Cesare
, disertò e comunicò a
Pompeo
i piani segreti del suo avversario.
Pompeo
, non riuscendo a reclutare forze pari a quelle di
Cesare
e comprendendo che il popolo non voleva una nuova guerra civile, propose una trattativa e
Cesare
rispose che voleva incontrarlo personalmente.
Preoccupato per il prestigio di cui
Cesare
godeva presso il popolo,
Pompeo
decise che si sarebbe sentito più al sicuro lontano da
Roma
e si spostò in
Campania
seguito da molti ragguardevoli senatori.
Presto tutti coloro che avevano cariche o ricchezze lasciarono la città temendo gli umori di
Cesare
e dei suoi soldati e quanti restavano erano terrorizzati perché convinti di andare incontro agli orrori di una nuova dittatura.
Intanto
Cesare
non attaccava
Roma
ma inviava ovunque messaggeri per sfidare
Pompeo
e sottoporsi insieme ad un giudizio. Assediò
Corfinio
, in
Abruzzo
, difesa dal pompeiano
Lucio Domizio
. Valutata la situazione,
Pompeo
decise di partire per la Grecia dove contava di avere molti amici e ordinò a
Domizio
di seguirlo abbandonando
Corfinio
.
Domizio
ubbidì ma i suoi soldati considerando quel comportamento come una fuga non lo seguirono e passarono a
Cesare
.
Pompeo
, non avendo navi sufficienti per l'intero esercito, aveva fatto partire da
Brindisi
una parte dei soldati e i senatori che lo avevano seguito. Quando
Cesare
assediò
Brindisi
,
Pompeo
la difese soltanto fino al ritorno delle navi, poi salpò di notte lasciando la città e il porto nelle mani di
Cesare
.
Con questa partenza, secondo
Dione
,
Pompeo
perse tutto il suo prestigio e scambiò la propria salvezza personale con la gloria e i meriti conquistati in precedenza.
Si verificarono vari presagi ed anche la morte di
Perperna
, quasi centenario, fu interpretata come un segno di imminente cambiamento.
Cesare
, che non disponeva di navi e inoltre intendeva mantenere l'Italia sotto il suo controllo, non tentò di seguire
Pompeo
in
Macedonia
ma tornò a
Roma
dove parlò al Senato in tono rassicurante ed inviò messaggeri ai consoli e a
Pompeo
Pompeo
per trattare la pace. Tuttavia i Romani, memori di Mario e
Silla
, non si fidavano e infatti
Cesare
non esitò ad impadronirsi del tesoro pubblico per pagare i suoi soldati.
Mentre molti senatori, compreso
Cicerone
, sposavano la causa di
Pompeo
,
Cesare
regolava vari affari e, affidata l'Italia a
Antonio
, partiva per la
Spagna
. In
Gallia
tutte le popolazioni si unirono a
Cesare
ad eccezione dei Marsigliesi che si dichiararono neutrali.
Cesare
attaccò
Marsiglia
e fu respinto, quindi Trebonio e
Decimo Bruto
assediarono la città mentre
Cesare
proseguiva per la
Spagna
.
I pompeiani
Afranio
e
Petreio
avevano occupato la regione del
fiume Ebro
lasciando un presidio sui
Pirenei
. Gaio Fabio, legato di
Cesare
che lo aveva preceduto in
Spagna
, sbaragliò il presidio ma fu ostacolato dal crollo di un ponte sull'
Ebro
e perse molti uomini.
Al suo arrivo
Cesare
tentò di occupare una posizione favorevole ma fu preceduto dagli avversari e a sua volta sconfitto. Isolato dagli alleati e a corto di rifornimenti,
Cesare
era in grande difficoltà e queste notizie giungendo a
Roma
demoralizzavano i suoi sostenitori spingendone molti a cambiare partito.
A salvare la situazione fu una vittoria di
Decimo Bruto
sui Marsigliesi e sul pompeiano
Domizio
che, opportunamente riferita agli Spagnoli, risollevò il prestigio di
Cesare
.
Alcuni Spagnoli si unirono ai cesariani portando loro vettovaglie e aiutandoli a riparare i ponti.
Cesare
ne approfittò per portare a segno qualche colpo contro
Afranio
luogotenente di
Pompeo
il quale decise di lasciare la città di Ilerda per trovare un luogo più sicuro.
Cesare
raggiunse i nemici mentre si spostavano e li accerchiò rapidamente; vedendosi isolato
Afranio
si arrese e
Cesare
trattò i vinti con lealtà e clemenza.
Il generale avanzò quindi fino a Cadice, città alla quale concesse la cittadinanza romana, vi lasciò Cassio Longino e proseguì per Tarracona, quindi superò di nuovo i
Pirenei
. Giunto a
Marsiglia
ricevette la resa della città che aveva fino ad allora resistito e si fece consegnare le armi e molto denaro.
A Piacenza dovette affrontare la ribellione di una parte dei soldati che si opponeva al combattere in Italia e si dichiarava esausta per le lunghe campagne in
Gallia
e in
Britannia
.
Dione Cassio
in questa occasione fa pronunciare a
Cesare
un lungo discorso volto a legittimare la sua posizione nella guerra civile come azione di difesa della patria. Il comandante fece quindi giustiziare i più facinorosi e tanto bastò perché gli altri ribelli rientrassero nei ranghi.
Marco Emilio Lepido, il futuro triumviro, in qualità di pretore proclamò la dittatura di
Cesare
e questi assunse la carica appena entrato a
Roma
ma si guardò dall'emanare provvedimenti impopolari e dopo aver richiamato gli esuli ed eletto i nuovi magistrati rinunciò al titolo di
dittatore
.
Varò quindi una riforma delle norme riguardanti il credito per facilitare la circolazione del denaro e combattere l'usura. Incoraggiato da alcuni presagi favorevoli ripartì quindi per
Brindisi
.
Intanto
Marco Ottavio
e Lucio Scribonio Curione cacciavano dalla
Dalmazia
il cesariano
Publio Cornelio Dolabella
e catturavano
Gaio Antonio
con i suoi soldati.
Curione conquistò la Sicilia senza combattere perché
Catone
, consapevole di non poter difendere l'isola, era partito. Passato in
Africa
, Curione si lasciò ingannare da
Giuba
che gli fece credere di disporre di forze modeste ma quando prese coraggio e si spinse più avanti fu sopraffatto ed ucciso con tutti i suoi uomini.
L'anno seguente a
Roma
furono eletti consoli
Cesare
e Publio Servilio ma i senatori che si trovavano a Tessalonica con
Pompeo
continuarono a considerare in carica i magistrati dell'anno precedente in qualità di proconsoli e propretori creando così una situazione del tutto irregolare.
Pompeo
svernava a Tessalonica sicuro di non correre pericoli fino alla buona stagione ma
Cesare
salpò da
Brindisi
in pieno inverno e sbarcò in Epiro sulla punta Acroceraunia. Aveva trasportato solo parte dell'esercito per carenza di mezzi e durante il secondo viaggio alcune navi, attaccate da Bibulo, andarono perdute.
Cesare
conquistò
Orico
,
Apollonia
ed altre località, quindi si trovò a fronteggiare l'esercito di
Pompeo
presso il
fiume Apso
. I soldati di
Pompeo
erano molto più numerosi di quelli di
Cesare
anche perché questi era ancora in attesa dei rinforzi comandati da
Antonio
, comunque i due comandanti temporeggiarono a lungo senza scontri significativi.
Antonio
era stato bloccato a
Brindisi
dalle navi nemiche al comando di Bibulo ma quando questi era morto
Antonio
aveva respinto il successore Libone ed era riuscito a riprendere il mare.
Ricevuti i rinforzi
Cesare
era ora in superiorità numerica e quando
Pompeo
si mosse lo inseguì. Assediò il campo nemico presso
Durazzo
e lo cinse con una fortificazione, ma
Pompeo
con un'improvvisa azione notturna sconfisse l'esercito cesariano.
Consapevole di dover cambiare tattica,
Cesare
tolse l'assedio e si portò in Tessaglia dove conquistò la città di
Gonfi
e ricevette senza combattere la resa di
Metropoli
.
Pompeo
, ormai convinto di essere in forte vantaggio, seguì senza fretta
Cesare
in Tessaglia ma non tentò di riaffermare il suo nome in Italia per non far credere di aver combattuto per prendere il potere.
Quando infine si giunse allo scontro fu un evento memorabile a causa della forza dei due eserciti e dell'esperienza dei comandanti. La battaglia fu molto lunga e alla fine
Pompeo
fu sconfitto.
Cesare
aggregò i soldati nemici sopravvissuti al proprio esercito mentre mandò a morte senatori e cavalieri che avevano combattuto per
Pompeo
ad eccezione di quelli che godettero dell'intercessione dei suoi amici e di quelli non recidivi.
Non arrecò alcuna offesa ai popoli stranieri che si erano alleati con
Pompeo
riconoscendo che avevano agito correttamente per gratitudine.
LIBRO XLII
Essere sconfitto quando era certo di vincere gettò
Pompeo
nella disperazione e lo rese incapace di ragionare lucidamente. Nonostante avesse ancora molti soldati e molte risorse, fu preso dalla paura e fuggì con pochi uomini a Larissa.
Di qui partì subito dopo essersi rifornito di vettovaglie e passò dall'isola di
Lesbo
dove aveva lasciato la moglie Cornelia e il figlio Sesto, li prese con se e puntò sull'
Egitto
.
Giunto a Pelusio, sul delta del Nilo, vi trovò il re Tolomeo che era in guerra contro la sorella
Cleopatra
.
Pompeo
sperava di essere aiutato da Tolomeo il cui padre era stato ricollocato sul trono dallo stesso
Pompeo
tramite l'intervento di
Gabinio
, mandò quindi messaggeri a chiedere udienza al sovrano. Questi inviò il suo funzionario
Achilla
a prendere
Pompeo
insieme a Lucio Settimio, un romano rimasto in precedenza in
Egitto
.
Pompeo
li seguì fiduciosamente ma mentre attraversavano il fiume su una piccola imbarcazione fu ucciso a tradimento dai suoi accompagnatori.
Così
Pompeo
, che era stato l'uomo più potente di
Roma
, morì miseramente all'età di cinquantotto anni. La moglie e il figlio che erano con lui riuscirono a fuggire: Cornelia tornò a
Roma
dove ottenne l'impunità, Sesto raggiunse in
Africa
il fratello Gneo.
Cesare
inseguì
Pompeo
in
Egitto
e quando Tolomeo mandò ad accoglierlo suoi incaricati con la testa e l'anello del rivale mostrò di esserne dispiaciuto e deprecò gli assassini ma secondo
Dione
si trattò soltanto di un atto di grande ipocrisia.
Dopo
Farsalo
Catone
aveva raccolto a
Corcira
i pompeiani superstiti fra i quali Labieno e
Afranio
. In seguito si era unito a loro anche Ottavio, reduce dell'assedio di Salona i cui abitanti si erano difesi eroicamente.
Gneo
Pompeo
combattè presso Orico contro Marco Acilio, riuscì a distruggere molte navi nemiche ma fu ferito e rinunciò a conquistare la città; tentò quindi senza successo di prendere
Brindisi
ed infine si unì a
Catone
.
Il gruppo di
Catone
continuò a crescere, passò a Cirene in seguito ad uno scontro con Fufio Caleno ma quando giunse la notizia della morte di
Pompeo
si disperse. Molti passarono a
Cesare
ottenendo il perdono, altri si allontanarono facendo perdere le proprie tracce;
Catone
, con quanti non potevano sperare nel perdono di
Cesare
, si portò in
Africa
dove prese ad organizzare la resistenza.
Prima di
Farsalo
il cesariano Fufio Caleno aveva conquistato varie località della Grecia ma non era riuscito a prendere Atene. Solo dopo la sconfitta di
Pompeo
gli Ateniesi si arresero e furono perdonati da
Cesare
.
Non si arrese
Megara
che fu espugnata dopo molto tempo e molti cittadini persero la vita. I superstiti furono venduti ai parenti come schiavi da Caleno.
In
Spagna
i cittadini di Cordova si erano ribellati ai soprusi del governatore Quinto Longino e molti soldati romani aderirono alla rivolta eleggendo loro capo Marco Marcello Asernino il quale mantenne un atteggiamento di ambigua neutralità sperando di trarre vantaggio dagli eventi sia che vincesse
Cesare
, sia che vincesse
Pompeo
.
Dopo la vittoria di
Cesare
, Asernino cadde momentaneamente in disgrazia ma in seguito fu riabilitatoi mentre Longino fu destituito e perì mentre lasciava la
Spagna
.
A
Roma
la notizia di
Farsalo
e successivamente quella della morte di
Pompeo
furono accolte con sospetto ma quando vennero confermate scatenarono una gara di adulazione nei confronti di
Cesare
al quale vennero conferiti onori di ogni genere e cariche tali da porre nelle sue mani il potere supremo sullo stato.
Cesare
assunse la dittatura e scelse
Antonio
come capo della cavalleria.
Il pretore Marco Celio Rufo in contrasto con il collega Trebonio lo ostacolava in ogni modo nelle iniziative politiche quindi passò alle vie di fatto con un'aggressione alla quale Trebonio sfuggì a stento.
Celio Rufo, che era stato sostenitore di
Cesare
, aveva assunto questo atteggiamento perr rgelosia nei confronti del collega che era stato più favorito di lui dal
dittatore
. La situazione degenerò provocando tumulti e il console Servilio, su incarico del senato, sollevò Celio Rufo dalla carica. Rufo si ritirò in
Campania
presso Milone il quale, unico esule non richiamato da
Cesare
, aveva raccolto una banda e stava saccheggiando
Capua
.
Rufo arrivò quando Milone era già stato sconfitto e un tribuno che lo aveva accompagnato per ordine di Servilio lo ricondusse a
Roma
. Rufo fuggì per tornare da Milone ma nel frattempo questi era morto, si recò quindi in Calabria dove fu ucciso dai partigiani di
Cesare
.
Cesare
non si trovava a
Roma
ma i comportamenti di
Antonio
destavano molte preoccupazioni e non pochi Romani ritenevano di vivere gli inizi di una nuova monarchia.
Il tribuno
Publio Cornelio Dolabella
, oberato dai debiti, era passato dalla condizione di patrizio a quella di plebeo per poter ottenere il tribunato ed operare a favore dei debitori, i suoi contrasti con il tribuno
Trebellio
provocavano spesso disordini e scontri armati.
Ne approfittò
Antonio
per farsi autorizzare a tenere soldati entro le mura con il pretesto di mantenere l'ordine, quindi affidò la città a Lucio Cesare e partì per incontrare i soldati di
Cesare
che tornavano da
Farsalo
.
I due tribuni sospesero le ostilità soltanto per un breve periodo quando credettero che
Cesare
stesse rientrando a
Roma
. Tornato in città,
Antonio
cercò di risolvere la situazione prima schierandosi con
Dolabella
(che godeva del favore popolare) poi assumendo un comportamento neutrale ma favorendo segretamente
Trebellio
.
Gli scontri si fecero più duri e i sostenitori di
Dolabella
arrivarono ad erigere barricate contro
Antonio
ed i suoi soldati, ma tutti si placarono quando
Cesare
rientrò inaspettatamente a
Roma
.
Cesare
non castigò i facinorosi, anzi perdonò
Dolabella
verso il quale si considerava debitore per favori ricevuti.
Cesare
si trattenne in
Egitto
per un certo periodo dopo la morte di Pompeo a causa dei disordini provocati dal giovane Tolomeo. Il
dittatore
, infatti, affascinato dall'avvenenza di
Cleopatra
, ne aveva preso le difese nella contesa familiare provocando l'ira del fratello di lei Tolomeo che aveva a sua volta suscitato una ribellione.
Per placare gli animi,
Cesare
fece valere il testamento del defunto monarca che stabiliva che Tolomeo e
Cleopatra
regnassero insieme , inoltre donò l'isola di
Cipro
a Arsinoe e Tolomeo Minore, fratelli dei primi due.
La pace durò poco perché l'eunuco Potino, amministratore dei beni reali, per muovere guerra a
Cesare
e
Cleopatra
si accordò con
Achilla
il quale si trovava a Pelusio e raccolse forze militari maggiori di quelle dei Romani. Quando marciò verso Alessandria
Cesare
chiamò truppe dalla sira e fortificò la reggia.
Achilla
lo assediò provocando gravi danni in Alessandria fra cui l'incendio della biblioteca.
Cesare
fece uccidere Potino, intanto l'eunuco Ganimede riportava in
Egitto
Arsinoe e la proclamava regina convincendola a far sopprimere
Achilla
.
Assunto il comando Ganimede si scontrò con i Romani nel porto di Alessandria e stava per avere il sopravvento ma con un'azione improvvisa
Cesare
riprese il controllo della situazione.
Gli Egiziani inviarono a
Cesare
proposte di pace non sincere e quando ottennero la consegna del giovane Tolomeo attaccarono improvvisamente i Romani e il loro alleato Mitridate Pergameno, ma intanto erano giunti i rinforzi dalla
Siria
e
Cesare
combattè vittoriosamente conquistando l'
Egitto
.
Il vincitore consegnò l'
Egitto
a
Cleopatra
ma per evitare nuove ribellioni da parte degli Egiziani e condanne del suo comportamento da parte del senato romano fece sposare la regina con il fratello Tolomeo Mionore fingendo che la coppia avrebbe governato il paese mentre in realtà era la sola
Cleopatra
a regnare con l'appoggio del suo amante.
Cesare
rimase in
Egitto
finché non fu costretto ad intervenire contro
Farnace
re del
Bosforo Cimmerio
e figlio di Mitridate che approfittando della guerra civile romana aveva conquistato la Colchide, l'Armenia e alcune città della Bitinia.
La prima azione di
Cesare
consistette nel mandare contro
Farnace
il suo luogotenente Gneo Domizio Calvino, ma quesi fu sconfitto e costretto a ritirarsi in Asia.
Farnace
proseguì la sua avanzata in Bitinia finché non seppe che
Asandro
, che aveva lasciato a governare il
Bosforo
, si era ribellato. Tornò quindi indietro per affrontarlo ma durante il tragitto si scontrò con
Cesare
che aveva deciso di intervenire personalmente. Sconfitto, fuggì verso il
Bosforo
ma fu bloccato ed ucciso da
Asandro
.
Cesare
fu molto orgoglioso per la velocità con cui aveva sconfitto
Farnace
nello stesso giorno in cui era venuto in contatto con lui. Pacificò la regione e restituì i territori occupati da
Farnace
ai rispettivi sovrani.
Durante il viaggio di ritorno in Italia ed una volta giunto a
Roma
,
Cesare
raccolse enormi somme di denaro grazie a doni spontanei ma anche tramite esazioni, confische e prestiti forzati.
Guadagnò il favore popolare con opportuni provvedimenti sui prestiti e sugli interessi, premiò i suoi amici ed alleati con cariche, sodalizi e ricompense.
I soldati di
Cesare
stanziati in
Campania
, insoddisfatti dei premi ricevuti, minacciarono una ribellione e marciarono verso
Roma
. Sperando di intimorire il generale i soldati chiesero di essere congedati, certi che
Cesare
avrebbe accettato le loro richieste pur di non perdere le sue legioni, ma
Cesare
ricambiò astutamente dichiarando di concedere loro il congedo e promettendo di versare i compensi ancora dovuti.
Di fronte alla decisione di
Cesare
i soldati cambiarono atteggiamento e si dichiararono pronti a continuare a servire ai suoi ordini.
Cesare
allontanò i più facinorosi mandandoli in
Africa
, ad altri assegnò lotti di terreno ma tenne insieme il grosso delle sue truppe.
Sotto il consolato di Caleno e Vatinio (
47 a.C.
)
Cesare
passò in
Africa
sfruttando l'inverno per cogliere i nemici di sorpresa. In
Africa
Catone
e Scipione guidavano i preparativi dei pompeiani. Con incursioni in Sicilia e Sardegna si procuravano rifornimenti di ogni genere.
Scipione ebbe il supremo comando militare con l'appoggio di
Catone
.
Catone
garantì per la città di
Utica
, sospettata di simpatizzare per
Cesare
, salvanddola dall'ostilità degli altri comandanti e mantenne il controllo della città e del mare antistante.
Cesare
sbarcò nei pressi di
Adrumeto
e marciò sulla città ma fu respinto, mise quindi il campo presso un'altra località non distante di nome Ruspina.
LIBRO XLIII
L'anno seguente (
46 a.C.
)
Cesare
fu contemporaneamente
dittatore
e console mentre Emilio Lepido fu suo collega nel consolato e capo della cavalleria.
In
Africa
Petreio
e Labieno, pompeiani, attaccarono di sorpresa la cavalleria di
Cesare
riportando una vittoria. La situazione dei cesariani era difficile e probabilmente sarebbero stati sconfitti da Scipione se questi avesse ricevuto rinforzi da
Giuba
. Un evento inaspettato, tuttavia, giocò a favore di
Cesare
: un certo Publio Sizio, esule dall'Itallia che era diventato un generale di Bocco di Mauritania, approfittò dell'assenza di
Giuba
per saccheggiare il suo regno.
Giuba
fu così costretto a tornare indietro per difendere la
Numidia
mandando a Scipione solo modesti aiuti. Cesare comunque non attaccò subito Scipione ma prese tempo attendendo rinforzi dall'Italia mentre i Getuli ed altre popolazioni locali passavano dalla sua parte. Ricevuti i rinforzi attaccò infliggendo gravi perdite a Scipione.
I pompeiani si barricarono nella città di Uzzitta invocando il soccorso di
Giuba
al quale promisero tutti i possedimenti romani in
Africa
.
L'arrivo di
Giuba
capovolse la situazione e fu di nuovo
Cesare
a trincerarsi chiamando ulteriori rinforzi. Ricevutili marciò verso Tapso per conquistarla.
I nemici sostarono sull'istmo che collega la città di Tapso alla terraferma per scavare trincee ma
Cesare
attaccò improvvisamente i soldati intenti al lavoro e rapidamente conquistò l'accampamento di
Giuba
. Il re numida fuggì ma quando seppe che le sue truppe erano state sconfitte anche da Sizio si fece uccidere insieme a
Petreio
.
Conquistata la
Numidia
,
Cesare
ne affidò il governo a
Sallustio
che commise saccheggi e rapine in modo vergognosamente contrario alle tesi affermate nei suoi trattati storici.
Anche Scipione fuggì e tentò di recarsi in
Spagna
, non riuscendovi si uccise.
Catone
si rese conto che gli Uticensi non avrebbero combattuto contro
Cesare
, rifornì come poteva i suoi compagni che partivano ed esortò il figlio a consegnarsi a
Cesare
.
Cesare
lo avrebbe certamente risparmiato ma
Catone
disprezzò il suo perdono e durante la notte si uccise pugnalandosi al ventre. Gli Uticensi gli tributarono pubbliche esequie e
Cesare
mandò liberi il figlio di
Catone
e quanti gli si consegnarono spontaneamente.
Fra i suoi nemici che si arresero era anche Lucio Cesare, su parente. Per evitare di condannarlo personalmente
Cesare
rinviò il processo, poi lo fece uccidere in segreto come spesso faceva in questi casi.
Inviate truppe in
Spagna
per combattere contro il figlio di
Pompeo
,
Cesare
tornò a
Roma
dove il senato gli aveva decretato il trionfo, la dittatura per dieci anni ed altri onori che egli accettò solo in parte.
Dione
riporta, o immagina, un discorso pronunciato da
Cesare
in senato con cui il
dittatore
si sforzò di tranquillizzare tutti circa le sue intenzioni e dimostrò grande mitezza e tolleranza. Celebrò il trionfo per le sue vittorie ed offrì magnifici spettacoli, suscitando ammirazione per i suoi successi e timore per il potere raggiunto.
Cesare
celebrò il trionfo, quindi elargì ricchi donativi ed inaugurò il suo Foro, un tempio di
Venere
(che voleva indicare come progenitrice della sua famiglia tramite
Enea
ed
Ascanio detto Iulo
) ed altri edifici pubblici, offrì quindi un lauto banchetto e molte giornate di giochi e spettacoli fra cui una battaglia navale che si svolse in un'area del
Circo Massimo
appositamente allagata. Tuttavia tanta magnificenza suscitò malcontento fra la popolazione e fra i soldati che disapprovavano lo sperpero di tanto denaro per futili motivi.
Emanò leggi in campo giudiziario, regolò le spese e limitò il potere dei governatori provinciali, ma la sua iniziativa legale più famosa fu la riforma del calendario con cui furono aggiunti 67 giorni intercalari per adeguare la durata dell'anno precedentemente basato sui cicli lunari.
In
Spagna
i figli e i seguaci di Pompeo facevano progressi mentre alcune città erano insore e i soldati romani agli ordini di Longino e Marcello si erano ribellati scegliendo come capi i cavalieri Tito Quinzio Scapula e Quinto Aperio.
Al suo arrivo in
Spagna
Gneo Pompeo fu accolto con entusiasmo in molte città, molti soldati cesariani passarono dalla sua parte e fu raggiunto dal fratello Sesto, da Varo e Labieno con la flotta.
Cesare
inviò prima altri comandanti ma quando fu informato dei successi di Gneo Pompeo decise di intervenire personalmente. Gneo Pompeo non lo attese e fuggì verso la
Betica
mentre la sua flotta comandata da Varo veniva sconfitta dal cesariano Didio a Carteia presso lo stretto di Gibilterra.
Cesare
arrivò improvvisamente con pochi soldati ma Pompeo non abbandonò l'assedio della città di Ulia che aveva intrapreso.
Cesare
puntò su Cordova per costringere Pompeo a lasciare Ulia, quindi assediò la città di Attegua dove si custodivano grandi riserve di grano e la espugnò rapidamente.
Questo successo di
Cesare
alienò a Pompeo molte alleanze e il giovane comandante, rendendosi conto che avrebbe dovuto affrontare il proprio destino, nonostante i presagi funesti marciò verso
Munda
per combattere in campo aperto.
Ricevette aiuti dal re di Mauretania Bocco ma il figlio di questi Bogua militava per
Cesare
.
La battagllia fu durissima e per molto tempo l'esito fu incerto; quando Bogua attaccò l'accampamento di Pompeo, Labieno corse contro di lui e la sua azione fu scambiata per una fuga, ciò scoraggiò i pompeioani che persero la concentrazione permettendo a
Cesare
di vincere la battaglia. Entrambi gli schieramenti subirono ingenti perdite.
Dopo la vittoria
Cesare
conquistò Cordova,
Munda
e altre città premiandole e punendole a seconda della posizione assunta durante la guerra. Gneo Pompeo tentò la fuga verso il mare ma fu ferito e si diresse verso l'interno ma imbattendosi in altri cesariani fu di nuovo sconfitto e finì di vivere mentre cercava rifugio in una foresta.
Finì così l'ultima guerra di
Cesare
e quella di
Munda
fu la sua ultima vittoria. Il
dittatore
celebrò di nuovo il trionfo e furono di nuovo indetti giochi, spettacoli e giorni di ringraziamento agli dei.
Per la prima volta il senato conferì il titolo di
imperator
non nell'antico significato di comandante supremo ma come titolo personale riconosciuto a vita e tramandabile agli eredi.
Da allora tutti i sovrani romani hanno avuto il titolo di
imperator
e quello di
Cesare
.
Ma se tutti questi onori furono soltanto atti di adulazione altri provvedimenti conferirono a
Cesare
la monarchia di fatto come il diritto di assegnare magistrature, l'amministrazione del denaro pubblico, il consolato per dieci anni.
Cesare
accettò il consolato ma appena rientrato a
Roma
lo depose in favore di Quinto Fabio e Gaio Trebonio: era la prima volta che un console deponeva la carica di sua volontà. Rinunciò formalmente anche al diritto di nominare i magistrati ma in realtà fu lui a sceglierli e ad assegnare cariche e province.
Per mantenere le molte promesse fatte aumentò il numero dei pretori e dei questori e portò a novecento i membri del senato.
Ovviamente quanti furono beneficiati da
Cesare
ne furono soddisfatti ma la maggioranza provava indignazione e preoccupazione.
L'anno seguente
Cesare
fu
dittatore
per la quinta volta con Lepido come capo della cavalleria e console per la quinta volta con
Antonio
come collega. Fece ricollocare nel foro le statue di
Silla
e di Pompeo e iniziò la costruzione del teatro che in seguito fu completato da Augusto e dedicato a Marco Marcello.
Si mostrò molto generoso con i nemici vinti e con le loro famiglie mettendo in evidenza, per confronto, la crudeltà di
Silla
. Ricostruì Cartagine, Corinto e varie città italiane.
Si intrapresero grandi preparativi per una guerra contro i
Parti
e furono eletti magistrati per tre anni per evitare che in assenza di
Cesare
la città ne rimanesse prima.
Fra gli altri
Cesare
nominò pretore
Publio Ventidio
, già nemico di
Roma
, che era stato sconfitto da Pompeo Strabone ed aveva seguito il suo trionfo.
LIBRO XLIV
Nell'introdurre il libro in cui narrerà la morte di
Cesare
,
Dione
depreca l'azione di
Bruto
e
Cassio
e, da buon aristocratico, mostra posizioni fortemente antidemocratiche.
Cesare
fu disprezzato da molti per gli eccessivi onori che accettò ma secondo l'autore la responsabilità fu anche dei senatori che glieli tributarono. Si trattava per lo più di onori formali come il diritto di vestire sempre l'abito trionfale e quello di presentare le
spoglie opime
al tempio di Giove Feretrio come se avesse ucciso un capo nemico con la sue mani.
Tutta l'adulazione tributatagli rese
Cesare
sempre più superbo e sempre più inviso a molti favorendo gli intenti dei congiurati.
Quando veniva chiamato "re" era costretto a respingere il titolo ma lo faceva con evidente rammarico. I tribuni della plebe
Flavio Cesezio
e
Epidio Marullo
provocarono la sua collera facendo togliere un diadema che qualcuno aveva posto sulla sua statua e, anche se in un primo momento dissimulò l'offesa, qualche tempo dopo privò i due della carica tribunizia e li fece espellere dal senato. Quando ad offrirgli la corona fu
Antonio
,
Cesare
la inviò al tempio di Giove, "unico re dei Romani", facendo verbalizzare il gesto e destando forti sospetti che la scena fosse stata preparata per dimostrare la sua modestia.
Gli avversari di
Cesare
presero a raccogliersi intorno a
Marco Bruto
e a spronarlo all'azione. Da parte sua
Bruto
, che pure aveva ricevuto benefici da
Cesare
, era nemico del
dittatore
ed era nipote e genero di
Catone Uticense
.
Sua moglie
Porcia
, si diceva, si era volontariamente ferita per dimostrare a
Bruto
la sua capacità di resistere alla tortura ed essere quindi ammessa fra i congiurati. A
Bruto
si unì
Cassio
e poi molti altri fra i quali Trebonio e
Decimo Bruto
.
Quando
Cesare
stava per partire verso la terra dei
Parti
si diffuse la voce che un oracolo ne suggeriva l'incoronazione e ciò spinse i congiurati a rompere ogni indugio.
Il giorno concordato
Bruto
e i suoi invitarono
Cesare
in senato ma il
dittatore
, preoccupato per alcuni presagi nefasti, esitava. Così
Decimo Bruto
che era in ottimi rapporti con
Cesare
, si recò da lui e lo convinse a seguirlo. Un indovino tentò di avvertire
Cesare
del pericolo ma non venne ascoltato.
Trebonio si occupò di tenere
Antonio
fuori dal senato mentre gli altri congiurati circondavano
Cesare
fingendo di voler conversare o presentare suppliche. A un segnale convenuto tutti piombarono su
Cesare
pugnalandolo da ogni lato. Il
dittatore
cadde coprendosi con il mantello, secondo alcuni disse a
Bruto
le parole "Anche tu, figlio mio?".
All'uccisione seguì immediatamente grande confusione e solo più tardi, vedendo che nessuno veniva ferito o arrestato, il popolo si calmò. In ogni caso i congiurati passarono la notte sul
Campidoglio
dove avrebbero potuto difendersi meglio in caso di pericolo.
Dolabella
assunse il consolato di sua iniziativa, Lepido occupò il Foro e parlò contro i congiurati,
Antonio
(dopo aver passato la notte in un nascondiglio) convocò i senatori in un tempio e
Cicerone
pronunciò un importante discorso in senato sollecitando gli ascoltatori a cercare la concordia civile per garantire la pace e la sicurezza dello stato.
Dal
Campidoglio
i congiurati fecero discorsi rassicuranti impegnandosi a non revocare i decreti di
Cesare
per evitare agitazioni da parte di chi aveva ricevuto benefici dal
dittatore
.
Inizialmente anche
Antonio
si mostrò fautore della concordia per convincere Lepido (che disponeva di grandi risorse militari) ad adeguarsi ad un'evoluzione pacifica della situazione. A poco a poco la memoria di
Cesare
venne condannata mentre i suoi uccisori conquistavano il favore popolare, ma quando l'apertura del testamento dimostrò la generosità di
Cesare
verso la città e i suoi abitanti gli umori mutarono e si rischiò una rivolta.
Antonio
ne approfittò e, presentando nel foro la salma di
Cesare
ancora insanguinata, pronunciò un famoso discorso.
Il lungo encomio di
Antonio
sortì l'effetto desiderato dal suo autore: quello di sollevare il popolo che rabbiosamente corse in cerca degli uccisori del
dittatore
dando luogo ad una strage. Fra gli altri fu ucciso il tribuno
Elvio Cinna
per errore in quanto fu confuso con Cornelio Cinna che aveva in effetti preso parte alla congiura.
I consoli presero varie disposizioni per impedire o contenere i disordini, come il divieto di portare armi per chi non era un militare, e vietarono che in futuro si elegesse di nuovo un
dittatore
comminando pene a chi lo avesse proposto.
Antonio
ebbe l'incarico di prendere visione dei documenti di
Cesare
ed emise molte disposizioni a suo dire basate sulle volontà del defunto, si appropriò di grandi somme di denaro pubblico e dei privati facendo commercio anche di cittadinanza, libertà e favori.
Non si diede alcun pensiero di
Ottaviano
, che considerava troppo giovane ed inesperto per porsi come suo rivale e prese a comportarsi come se fosse stato l'erede materiale e spirituale di
Cesare
. Si preoccupò invece di Lepido che era ancora molto potente e volle far sposare la propria figlia Antonia con il figlio di Lepido al quale procurò anche il sommo sacerdozio. (In realtà si trattò solo di un fidanzamento, la notizia di
Dione Cassio
non è corretta).
LIBRO XLV
Gaio Ottaviano
era figlio di Ottavio e di
Azia
, nipote di
Cesare
. Nacque a
Velletri
e rimasto orfano di padre crebbe con la madre che si risposò con
Lucio Filippo
.
La sua nascita fu preceduta da fausti presagi e il senatore Publio Nigidio Figulo, noto erudito, vaticinò che avrebbe assunto il potere assoluto. Lo zio
Cesare
, che non aveva figli, lo amava molto e quando divenne adolescente lo prese con se. Altri uomini famosi come Lutazio Catulo e
Cicerone
fecero sogni premonitori sul destino di
Ottaviano
e
Giulio Cesare
nutriva su di lui speranze sempre più grandi, perciò curò la sua educazione facendogli studiare le discipline politiche e militari.
Il giorno della morte di
Cesare
,
Ottaviano
era a
Apollonia
per i preparativi della spedizione contro i
Parti
. Attese di conoscere l'evolversi della situazione ma quando seppe di essere stato nominato erede e figlio del defunto
dittatore
sbarcò a
Brindisi
con molti soldati e prese il nome di
Cesare
.
Giunto a
Roma
vi entrò con pochi uomini e inizialmente mostrò di voler solamente riscuotere l'eredità evitando di entrare in contrasto con chiunque, anche con
Antonio
che pure aveva atteggiamento ostile nei suoi confronti.
Deciso ad ottenere il favore e l'appoggio popolare,
Ottaviano
richiese la carica di tribuno della plebe rimasta vacante dalla morte di Elvio Cinna.
I sostenitori di
Antonio
si opposero ma
Ottaviano
convinse il tribuno Tiberio Cannunzio a lasciarlo parlare al popolo del testamento di
Cesare
e dei donativi che intendeva distribuire. Offrì feste e spettacoli e mentre nel popolo si diffondeva l'idea della divinizzazione di
Cesare
, anche la popolarità di
Ottaviano
cresceva di conseguenza.
Antonio
respinse un possibile accordo con
Ottaviano
, poi mutò pensiero e lo accolse ma in breve tempo i due, sempre reciprocamente sospettosi, litigarono ancora.
Antonio
e i suoi fratelli Lucio (tribuno) e Gaio (pretore) riuscirono a distribuire le province a loro piacere. Gaio ottenne la
Macedonia
mentre Marco pretese la
Gallia Cisalpina
che era già stata assegnata a
Decimo Bruto
.
Intanto Sesto Pompeo, rimasto in
Spagna
dopo la battaglia di
Munda
, aveva raccolto i soldati scampati alla battaglia e volontari locali e di era impadronito della
Betica
. Trattò con Lepido ed accettò un accordo a patto di rientrare in possesso delle ricchezze del padre e
Antonio
autorizzò la transazione così che Sesto lasciò finalmente la
Spagna
.
Ottaviano
si impegnò con tutti i suoi mezzi per reclutare un esercito assoldando a proprie spese molti veterani di
Cesare
ed altri soldati. Quando
Antonio
si schierò con
Decimo Bruto
che non voleva cedergli il governo della
Gallia Cisalpina
,
Ottaviano
si alleò con
Decimo Bruto
nonostante questi avesse partecipato alla congiura cesaricida.
A
Roma
erano in molti a parteggiare per
Ottaviano
, fra questi
Cicerone
che lo elogiò ripetutamente in senato per odio nei confronti di
Antonio
.
Gran parte del XLV libro di
Dione
è occupata da un lungo discorso con cui
Cicerone
denuncia al senato le numerose malefatte di
Antonio
e la sua evidente bramosia di prendere il potere per esercitarlo in modo tirannico. L'oratore respinge ogni proposta moderata ed insiste perché il senato dichiari subito
Antonio
nemico pubblico e muova guerra contro di lui.
Comparando questo discorso con le Orazioni Filippiche che
Cicerone
pronunciò fra il 2 settembre del 44 a.C. e il 21 marzo del 43 a.C., si nota che
Dione Cassio
ha raccolto in questo capitolo l'essenza di tali orazioni che costituiscono i momenti più drammatici dell'attività politica ciceroniana.
LIBRO XLVI
Il discorso di Caleno in risposta a
Cicerone
e in difesa di
Antonio
occupa esattamente la metà di questo libro (cap. 1 - 28). Si tratta di una lunga invettiva contro
Cicerone
con la quale Caleno, oltre a sfogare un evidente astio personale, tenta di togliere autorità e credibilità all'Oratore presentandolo come un riottoso sobillatore di disordini ed accusandolo di agire per interessi personali e non a vantaggio della cosa pubblica.
Stando a
Dione
,
Cicerone
non accettò le critiche e gli insulti di Caleno e rispose con altrettanta veemenza. Dopo due giorni di discussioni prevalsero i sostenitori di
Ottaviano
al quale vennero concessi onori e privilegi mentre ad
Antonio
fu ordinato di congedare le legioni e, rinunciando alla
Gallia
, partire per la provincia di
Macedonia
che gli era toccata per sorteggio.
Poco dopo il senato, dichiarato lo stato di pericolo, affidò ai consoli
Aulo Irzio
e
Vibio Pansa
, insieme ad
Ottaviano
che venne appositamente nominato pretore, il comando della guerra contro
Antonio
.
Per congedare le legioni
Antonio
chiese benefici per i suoi soldati e propose che
Bruto
e
Cassio
fossero nominati consoli. Il senato ovviamente respinse la proposta e dichiarò guerra ad
Antonio
.
Con il pretesto di punire un congiurato,
Antonio
assediava
Decimo Bruto
a Modena. In realtà voleva impadronirsi della
Gallia
e non si preoccupava della contraddizione di assediare
Decimo Bruto
mentre proponeva
Bruto
e
Cassio
per il consolato.
Ottaviano
era impaziente di combattere ma i senatori e i consoli temporeggiavano e così fu costretto a svernare a Imola (
Forum Cornelii
), fece comunque in modo fi informare
Decimo Bruto
della sua presenza per evitare che si accordasse con
Antonio
.
Si verificarono diversi scontri e
Antonio
si trovò in vantaggio ma un attacco inaspettato da parte di
Irzio
lo sopraffece. Nello stesso periodo
Ponzio Aquila
, luogotenente di
Decimo Bruto
, sconfisse
Lucio Munazio Planco
generale di
Antonio
e diversi antoniani cominciarono a cambiare bandiera.
Incoraggiato da questi eventi,
Ottaviano
cercò lo scontro frontale con
Antonio
e quando l'ottenne la strage fu grande. Anche il console
Irzio
cadde in battaglia mentre
Vibio
morì poco dopo per le ferite,
Antonio
fu sconfitto e la guerra di Modena ebbe termine, tuttavia il senato non conferì a
Ottaviano
la desiderata carica di console nè altra ricompensa mentre fu premiato
Decimo Bruto
a dui venne, fra l'altro, affidato il comando generale degli eserciti (compreso quello di
Vibio
) e decretato il trionfo.
In questo modo ed anche distribuendo compensi non uguali ai suoi soldati, i senatori provocarono l'ira di
Ottaviano
che strinse alleanza con
Antonio
e Lepido. Dopo un ultimo tentativo di trattative senza risultato, i tre marciarono verso
Roma
con le loro legioni e i senatori, pur affrettandosi ad inviare il denaro richiesta dai soldati e a decretare il consolato per
Ottaviano
, non riuscirono a fermare la loro avanzata.
Quando l'esercito arrivò alle porte di
Roma
le modeste difese che senatori e pretori avevano preparato si arresero e
Ottaviano
entrò in città senza combattere. Poco dopo venne nominato console con un rito semplificato ed ebbe come collega
Quinto Pedio
.
I senatori assunsero un comportamento adulatorio nei confronti di
Ottaviano
e gli conferirono vari onori e privilegi, ratificarono la sua adozione da parte di
Giulio Cesare
ed egli da quel momento si chiamò ufficialmente Gaio Giulio Cesare Ottavinao.
Pagò i soldati e distribuì al popolo i lasciti di
Cesare
, quindi decise di punire i congiurati e varando una legge apposita diede inizio ad una serie di processi facendo condannare molte persone, in parte del tutto estranee all'uccisione del
dittatore
.
Fra i candidati furono anche Sesto Pompeo e il tribuno Punlio Servilio Casca che aveva violato la legge lasciando
Roma
mentre era ancora in carica e con questa accusa fu deposto ed esiliato. Furono numerose le delazioni ed i giudici emisero molte condanne per compiacere
Ottaviano
. Il senatore Silicio Corona votò apertamente per l'assoluzione di
Bruto
e non subì alcun danno ma in seguito fu proscritto e giustiziato.
Per qualche tempo Lepido aveva mantenuto un atteggiamento ambiguo nei confronti di
Antonio
per evitare di prendere apertamente posizione ma si accordò con lui quando seppe che
Antonio
si era a sua volta riconciliato con
Ottaviano
. Per questa decisione fu dichiarato nemico pubblico e i senatori affidarono a
Ottaviano
il compito di combatterlo ignorando i loro accordi.
Ottaviano
finse di accettare l'incarico ma evitò di marciare contro Lepido ed
Antonio
(che erano più forti di lui) ed anzi cercò di farsi mediatore presso il senato.
Intanto
Decimo Bruto
lasciava la
Gallia
per raggiungere
Bruto
in
Macedonia
ma, abbandonato dai suoi soldati, fu catturato e si uccise.
In base ad una proposta presentata da
Quinto Pedio
(ma in realtà formulata da
Ottaviano
) il senato concesse ad
Antonio
e
Lepido
la possibilità di rientrare a
Roma
. I due incontrarono
Ottaviano
presso Bologna e, accantonando gli odi personali per essere più potenti, costituirono l'intesa che fu detta secondo triumvirato.
I triumviri si accordarono in modo da non evidenziare le loro mire al potere assoluto, si definirono curatori e correttori degli affari dello stato, si autonominarono per cinque anni e ripartirono fra loro le province: a
Ottaviano
la
Libia
, la Sardegna e la Sicilia, a
Lepido
la
Spagna
e la
Gallia Cisalpina
, a
Antonio
il resto delle Gallie.
A
Lepido
fu assegnata la difesa di
Roma
e dell'Italia, a
Ottaviano
e
Antonio
la guerra contro
Bruto
e
Cassio
. Per suggellare l'accordo
Ottaviano
sposò
Claudia (Clodia Pulcra)
, figliastra di
Antonio
.
LIBRO XLVII
I triumviri entrarono in
Roma
e vi portarono terrore e proscrizioni, senato e popolo mostravano per paura di approvare ed apprezzare le loro decisioni.
Riapparvero quelle stragi
- scrive
Dione
-
che si erano viste per le proscrizioni di
Silla
, e tutta la città si riempì di cadaveri.
Fra i tre esisteva un particolare accordo per cui
non potevano vendicarsi di un nemico che fosse amico di uno dei colleghi senza dare in cambio un altro uomo
, perciò furono condannate a morte anche molte persone che avevano legami personale con uno dei triumviri perché questi agivano sempre senza alcun riguard per parentele o amicizie. Quando il proscritto era una persona importante o era parente di uno dei triumviri, il suo "prezzo" aumentava e per ottenere la sua morte l'accusatore doveva permettere l'uccisione di più persone. Fra le vittime delle proscrizioni furono anche tutti gli uomini più ricchi che i triumviri condannavano per poter sequestrare le loro sostanze.
Sembra che
Ottaviano
partecipò a queste violenze solo quando vi fu costretto dai colleghi e non infierì sulle vittime, essendo molto giovane non aveva avuto modo di procurarsi molti nemici e del resto era di indole mite.
Anche
Lepido
non si comportò in modo eccessivamente malvagio ma il vero responsabile della strage fu
Antonio
che non si accanì solo contro gli iscritti alle liste di proscrizione ma anche contro chi tentava di aiutarli.
Aveva come compagna nelle sue azioni crudeli la moglie Fulvia e quando videro la testa mozzata di
Cicerone
i due coniugi sfogarono il loro odio scagliando ingiurie e Fulvia volle bucare la lingua dell'oratore con uno spillone.
Dione
racconta una serie di episodi relativi ai caduti di quel periodo o a coloro che si salvarono, a delazioni o a generosi gesti di coraggio come quello del figlio di Quinto Cicerone che aveva nascosto il padre e subì la tortura senza tradirlo finché il padre stesso non si consegnò spontaneamente ai suoi assassini.
Molti erano fuggiti presso
Bruto
e
Cassio
ma ancora più numerosi erano quelli che si erano rifugiati presso Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno, che aveva raccolto una flotta ed occupato la Sicilia e dava ogni possibile aiuto ai proscritti.
Oltre alle uccisioni i triumviri commisero ogni sorta di abuso impadronendosi delle ricchezze dei proscritti ma anche di molte persone non presenti nelle liste di proscrizione, eseguendo sequestri immotivati e distribuendo le cariche come preferivano.
Quinto Pedio
morì e
Ottaviano
rinunciò al consolato, al loro posto vennero nominati
Publio Ventidio
e Gaio Carrina. Quando entrarono in carica Marco Lepido e Lucio Planco furono esposte altre liste di proscrizione che non contenevano più condanne a morte ma molte confische per sostenere le spese militari. In sintesi la popolazione civile fu estremamente impoverita da questo periodo mentre i soldati si arricchirono con mezzi leciti ed illeciti-
Furono tributati onori inusitati alla memoria di
Cesare
promuovendone la divinizzazione, idea che ben si accordava con il regime monarchico che i triumviri (e
Ottaviano
in particolare) intendevano instaurare.
Bruto
e
Cassio
, con il pretesto di prendere possesso delle province loro assegnate (Creta e Bitinia) partirono per l'oriente ma giunti in Grecia
Cassio
si diresse in
Siria
e
Bruto
in
Macedonia
dopo essersi assicurato senza difficoltà il controllo della Grecia.
Quinto Ortensio
, governatore uscente della
Macedonia
, si unì a
Bruto
il quale affrontò e catturò
Gaio Antonio
che si trovava in
Apollonia
.
Gaio Antonio
non subì alcuna offesa ma fu allontanato in incognito dalla regione.
Il senato confermò a
Bruto
il governo della regione ma
Bruto
seppe che
Ottaviano
era sempre più potente ed intendeva attaccarlo, quindi si dedicò ad organizzare le difese. Passato in Asia
Bruto
si procurò vari alleati fra cui Deiotaro re della Galazia.
Antonio
tentò di liberare il fratello
Gaio
che in questo frangente venne ucciso, forse per ordine di
Bruto
.
Gellio Poplicola preparò insidie contro
Bruto
e
Cassio
e fu scoperto ma non fu punito perché fratello di Messalla Corvino che era molto amico di
Cassio
.
Tornato in Europa
Bruto
combattè contro i
Bessi
in
Tracia
e li sconfisse con l'aiuto di un principe locale di nome Rasciporide. Intanto anche
Cassio
in
Siria
e Cilicia raccoglieva alleanze e risorse.
La
Siria
era governata da Sesto Giulio, parente di
Cesare
. Il pompeiano Cecilio Basso che dopo
Farsalo
era fuggito a Tiro riuscì ad organizzare un esercito con molti suoi compagni di partito ed attaccò Sesto ma fu sconfitto, tuttavia in seguito Basso riuscì ad uccidere Sesto tramite sicari, si impadronì della provincia e si mise a capo dell'esercito. Basso fu a sua volta attaccato da Gaio Antistio che poteva contare su aiuti mandati da
Ottaviano
, dal principe Alcandonio l'Arabo e dai Parti.
Cassio
unì alle sue forze l'esercito di Basso e scrisse al senato che gli confermò il governo della
Siria
e gli affidò il comando della guerra contro
Dolabella
che, governatore della provincia d'Asia, aveva attirato Trebonio a Smirne e lo aveva ucciso a tradimento.
Dolabella
invase la
Siria
ma fu bloccato da
Cassio
e assediato a Laodicea, vistosi perduto si uccise insieme al suo luogotenente Marco Ottavio.
Bruto
dovette combattere contro la
Licia
, vinse e alcune città si unirono a lui più o meno spontaneamente. Intanto Gaio Norbano e
Decidio Saxa
, legati del triumvirato, avevano attraversato lo
Ionio
e stabilito il campo dell'esercito presso Filippi in
Tracia
.
I due legati occuparono un passo montano molto stretto ma
Bruto
e
Cassio
evitarono l'ostacolo scegliendo un altro percorso ed arrivarono ad occupare il Monte Simbolo togliendolo a Norbano e Saxa. Questi, disponendo di forze minori di quelle avversarie, non osarono attaccare battaglia ma si limitarono ad azioni difensive mentre sollecitavano l'intervento di
Ottaviano
e di
Antonio
che erano trattenuti in Italia dalla guerra contro Sesto Pompeo.
Ottaviano
si ammalò e sostò a
Durazzo
, ma poco dopo, per timore di perdere il controllo della situazione, si affrettò a raggiungere
Antonio
riunendo tutte le forze del triumvirato in un unico campo posto di fronte a quello di
Bruto
e
Cassio
.
Ottaviano
e
Antonio
erano ansiosi di combattere perché preoccupati da ciò che avrebbe potuto fare Sesto Pompeo in loro assenza mentre
Bruto
e
Cassio
che volevano evitare una strage fra connazionali cercavano di rimandare nella speranza di evitare uno scontro o di ridurne la violenza ma i loro soldati e i loro alleati insitevano per concludere rapidamente la guerra e li costrinsero a scendere in campo.
Secondo
Dione
quella di Filippi fu la battaglia più importante combattuta dai Romani nelle guerre civili perché in questa occasione i Romani non furono vincitori o vinti ma persero la libertà e la democrazia mentre l'unico vincitore era
Ottaviano
, del resto l'evento era inevitabile secondo l'autore perché
una vera democrazia non può mantenere il suo corso sereno e tranquillo quando è pervenuta ad un così alto grado di potenza
.
Senza aver preso accordi preliminari i due eserciti si schierarono all'alba e dopo i discorsi dei comandanti fu dato il segnale e la battaglia ebbe inizio.
Dione
non descrive le fasi della battaglia, le manove, le decisioni dei comandanti, ma insiste sull'impeto dei combattenti, sulla violenza dello scontro e sugli aspetti più tragici della guerra civile.
Il risultato della battaglia non fu chiaro e in linea di massima si può affermare che
Bruto
sconfisse
Ottaviano
e
Antonio
sconfisse
Cassio
ma al termine dei combattimenti tutti erano confusi e nessuno aveva un quadro preciso della situazione.
L'accampamento di
Ottaviano
e
Antonio
era stato conquistato ed anche
Cassio
aveva perso il suo. Disorientato e convinto che
Bruto
fosse morto,
Cassio
ordinò ad un liberto di ucciderlo.
Bruto
, rimasto solo al comando dei soldati superstiti decise di non cercare di nuovo il confronto con il nemico perché sapeva che anche
Ottaviano
e
Antonio
erano in difficoltà per carenza di rifornimenti ma di nuovo l'impazienza delle sue truppe lo costrinse a combattere. Questa volta
Ottaviano
e
Antonio
vinsero nettamente,
Bruto
cercò un rifugio ma vedendo che molti suoi soldati passavano al nemico si uccise.
Morto
Bruto
i vincitori concessero l'impunità ai suoi soldati e li unirono al loro esercito.
Porcia
, figlia di
Catone Uticense
e moglie di
Bruto
, si uccise ingoiando un carbone ardente. I cesaricidi superstiti e gli altri avversari del triumvirato si suicidarono o furono giustiziati come Favonio.
LIBRO XLVIII
Sconfitti
Bruto
e
Cassio
,
Ottaviano
e
Antonio
presero ad emarginare
Lepido
, ridivisero le province (a
Ottaviano
la
Spagna
e la
Numidia
, a
Antonio
la
Gallia
e l'
Africa
) e ridistribuirono fra loro legioni e incarichi.
Il senato decretò grandi onori per i vincitori di Filippi mentre a
Roma
dilagava la paura che al loro ritorno riprendessero le proscrizioni nonostante le rassicurazioni che
Ottaviano
scrisse ai senatori.
Vennero eletti consoli
Publio Servilio
e
Lucio Antonio
, ma dietro le quinte Fulvia, moglie di
Antonio
, esercitava una grande autorità.
Mentre
Antonio
si tratteneva in Asia,
Ottaviano
veniva rapidamente in contrasto con Lucio e Fulvia per divergenze sulla distribuzione dei terreni ai veterani. Il console e la cognata presero allora a difendere gli interessi dei proprietari terrieri che subivano gli espropri ordinati da
Ottaviano
il quale divenne impopolare e si trovò in difficoltà anche per la grande carenza di cibo che affliggeva la popolazione. Sesto Pompeo, infatti, dominando il mare di Sicilia, impediva i riferimenti e altrettanto faceva nello
Ionio
Gneo Domizio Enobarbo, un congiurato che si era procurato una flotta e ancora combatteva.
Il problema dell'assegnazione dei terreni creò vari disordini e contrasti fra popolo e militari con scontri, feriti ed uccisi da ambo le parti mentre
Ottaviano
, in difficile equilibrio, cercava di non farsi odiare da nessuno.
Dopo vari tentativi di trattare con Lucio e Fulvia personalmente, tramite i soldati o i senatori,
Ottaviano
decise di coinvolgere i veterani che vennero a
Roma
in gran numero e si proclamarono arbitri della situazione nel rispetto degli accordi stipulati fra
Ottaviano
e
Antonio
. I veterani convocarono le parti a Gabii ma Lucio e Fulvia non si presentarono e i veterani decisero di sostenere la causa di
Ottaviano
.
Aperte le ostilità,
Ottaviano
penetrò in Umbria e combattè a Nursia e Sentino contro i soldati di
Lucio Antonio
e contro la popolazione, mentre le due città venivano conquistate
Lucio Antonio
partiva da
Roma
diretto nella
Gallia Cisalpina
ma
Ottaviano
lo bloccava e lo assediava a
Perugia
.
L'assedio fu lungo ma alla fine gli antoniani si arresero per fame.
Lucio Antonio
riuscì a fuggire con una parte dei suoi mentre molti furono giustiziati,
Perugia
fu devastata e data alle fiamme ad eccezione di alcuni templi. Si era sotto il consolato di
Gneo Calvino
e
Asinio Pollione
.
Dopo la caduta di
Perugia
il potere di
Ottaviano
aumentò e molti decisero di lasciare
Roma
per andare presso
Marco Antonio
o Sesto Pompeo. Fra questi esuli volontari fu Tiberio Claudio Nerone con la sua famiglia: Livia Drusilla (futura moglie di
Ottaviano
) e il futuro imperatore Tiberio.
Ottaviano
temeva che le trattative di alleanza fra Sesto Pompeo e
Marco Antonio
che la madre del secondo, Giulia, stava curando andassero in port costringendolo ad affrontare insieme i due avversari, così decise di cercare l'amicizia di Sesto Pompeo mandando da lui la madre Mucia e sposando Scribonia cognata di Sesto.
Sesto Pompeo aveva lasciato la
Spagna
in base all'accordo raggiunto con Lepido ed aveva sperato di poter tornare pacificamente a
Roma
ma quando aveva saputo di essere stato inserito nelle liste di proscrizione aveva cominciato a preparare la guerra e, conquistata
Messina
, Siracusa ed altre città siciliane, aveva allestito una flotta molto potente.
Ottaviano
aveva tentato di attaccarlo in Sicilia ma il suo comandante Salvidieno Rufo era stato sconfitto durante il passaggio dello stretto.
Dopo Filippi molti seguaci di
Bruto
e
Cassio
passarono a Pompeo, fra cui l'ufficiale Lucio Stazio che comandava quanto rimaneva della flotta; Sesto lo accolse con entusiasmo, ma più tardi lo fece uccidere con l'accusa di tradimento.
Ottaviano
non riuscì a trattare con Sesto Pompeo ed affidò il comando della guerra contro di lui a Marco Vipsanio Agrippa.
La
Numidia
era governata da Tito Sestio sostenitore di
Antonio
mentre la provincia d'
Africa
(Tunisia +
Libia
) da
Cornificio
e da Decimo Lelio che erano dalla parte di Ottaviano. Tito Sestio, dopo varie azioni militari, riuscì ad occupare la provincia d'
Africa
ma quando con la nuova ripartizione questa provincia fu assegnata a
Ottaviano
, Sestio dovette cederla al nuovo governatore Gaio Fofio Fangone. Più tardi, tuttavia, per ordine di Fulvia attaccò Fangone che dopo una lunga guerra prevedendo la propria sconfitta si uccise. Così Sestio ebbe il controllo delle due province fino all'arrivo di Lepido che ne assunse il governo.
Intanto in
Asia Minore
Antonio
conobbe
Cleopatra
e se ne innamorò, affidò la provincia d'Asia a Planco, quella di
Siria
a Decimo Saxa e partì per l'
Egitto
.
Quinto Labieno, sostenitore di
Bruto
e
Cassio
, dopo Filippi era rimasto presso i
Parti
dove si era reccato per chiedere aiuto. Venuto a conoscenza del comportamento di
Antonio
persuase il re dei
Parti
Orode
a far guerra ai Romnani che in quel momento si presentavano più deboli ed ottenne, insieme a
Pacoro
figlio del re, il comando di un forte esercito con il quale invase la
Fenicia
, uccise Saxa e conquistò Apamea.
Pacoro
conquistò tutta la
Siria
, quindi invase la Palestina dove depose Irvano ed affidò il potere a Aristobulo, fratello di Ircano, che era notoriamente antiromano. Labieno ottenne rapidamente un vasto dominio e molte ricchezze frutto dei saccheggi e si proclamò
Imperator
e
Parthicus
.
Antonio
, pur consapevole di questi eventi e di quanto accadeva in Italia, continuava a dedicarsi ai piaceri dell'
Egitto
senza intervenire. Quando infine fu costretto ad agire si portò nei pressi di Tiro ma ne ripartì con il pretesto della guerra contro Pompeo mentre giustificava la sua passività verso quest'ultimo con la guerra contro i
Parti
Parti
e di fatto non agiva in alcun modo. Giunse infine in Grecia dove si riunì con la madre e la moglie e dichiarò guerra a
Ottaviano
.
Gli scontri si svolsero a Sicione dove
Antonio
sconfisse Publio Servilio Rullo inviato da
Ottaviano
e a
Brindisi
dove fu sconfitto da Agrippa.
In quel periodo morì Fulvia e i due contendenti giunsero ad um accordo per allearsi contro Sesto Pompeo. Questi era tornato in Italia per portare avanti le trattative di alleanza con
Antonio
ma quando seppe dei nuovi accordi si affrettò a tornare in Sicilia affidando al liberto Mena una parte della flotta ed il compito di saccheggiare varie località della penisola.
Durante le sue imprese Mena catturò Marcio Tizio che aveva raccolto una flotta per procurarsi potere personale, ma non gli fece del male perché il padre era nell'esercito di Sesto Pompeo, tuttavia più tardi Tizio immemore del beneficio ricevuto uccise Mena.
Mena passò quindi in Sardegna dove sconfisse il governatore Marco Lurio e conquistò l'intera isola.
Pressati dall'impazienza popolare di concludere la pace,
Ottaviano
ed
Antonio
furono costretti ad avviare trattative con Sesto Pompeo. Sesto, accompagnato dall'intera flotta giunse a Capo Miseno per trattare con i triumviri che avevano schierato un'esercito lungo la costa. Chiaramente le parti si temevano a vicenda e trattavano solo per necessità.
Si giunse ad un accordo che prevedeva l'amnistia per tutti i disertori ed oppositori dei triumviri, Sesto Pompeo avrebbe tolto i presidi militari ed ottenuto le cariche di console e di augure oltre al governo di Sicilia, Sardegna e Grecia per cinque anni.
Antonio
tornò in Grecia e inviò
Ventidio
a combattere contro i Parti e contro Labieno.
Ventidio
ottenne una vittoria e Labieno fuggì in Cilicia dove più tardi fu catturato da un agente di
Antonio
. Il vincitore prese il governo della Cilicia, quindi si impadronì della
Siria
e della Palestina.
In
Spagna
i Cerretani si ribellarono e furono vinti da Calvino il quale in seguito punì un momento di insubordinazione dei suoi soldati con la decimazione e, tornato a
Roma
, celebrò il trionfo benché non fosse il governatore della
Spagna
(che era
Ottaviano
) ma il suo luogotenente.
Ottaviano
sposò Livia Drusilla, figlia di Livio Druso Claudiano, che si era ucciso dopo Filippi, già sposa di Tiberio Claudio Nerone. La donna era incinta e dopo qualche mese partorì il Claudio Nerone Druso che
Ottaviano
mandò al padre.
In quel periodo il re della Mauretania Bogua rentò di invadere la
Spagna
e fu sconfitto ma non potè tornare in patria a causa di una ribellione e si rifugiò presso
Antonio
. Bocco occupò il suo regno con l'assenso di
Ottaviano
.
Mena tradì Sesto Pompeo e passò a
Ottaviano
che lo accolse molto volentieri e rifiutò di riconsegnarlo a Sesto. Questi eventi furono il pretesto per riaprire le ostilità e annullare l'accordo che le parti si accusavano reciprocamente di non aver rispettato.
In una prima battaglia presso
Cuma
Ottaviano
fu sconfitto ma Sesto Pompeo perse il liberto Menecrate al quale aveva affidato il comando dopo la defezione di Mena. Mentre
Ottaviano
si preparava a sbarcare in Sicilia fu ripetutamente aggredito dalle navi nemiche, questa volta comandate da Apollofane, e costretto a tornare a terra. Il giorno seguente entrambe le flotte subirono molte perdite a causa di un vento eccezionale e
Ottaviano
rinunciò a sbarcare in Sicilia.
Da allora per quasi due anni
Ottaviano
si dedicò a raccogliere fondi e a reclutare marinai per combattere Sesto Pompeo. Affidò ad Agrippa l'incarico di allestire una nuova flotta e Agrippa oltre alla costruzione delle navi curò un'opera straordinaria: la realizzazione del porto di Miseno che fu ricavato da un'insenatura naturale in
Campania
. Completato il porto Agrippa vi raccolse la navi, che provenivano da cantieri di tutta la penisola, e i rematori dei quali curò l'addestramento.
Dione Cassio
descrive anche le sorgenti calde di Baia ed il relativo complesso termale che si trovavano nei pressi del porto.
Antonio
tornò per qualche tempo in Italia ma non collaborò con
Ottaviano
nella guerra contro Sesto Pompeo. Anzi una lite fra i due fu evitata solo grazie all'intervento di Ottavia, sorella di
Ottaviano
e moglie di
Antonio
.
Per migliorare i rapporti la figlia di
Ottaviano
fu fidanzata ad
Antillo
figlio di
Antonio
e
Antonio
promise la figlia avuta da Ottavia a Domizio Enobarbo benché fosse uno degli uccisori di
Cesare
.
Prima che
Antonio
ripartisse rinnovarono il governo per altri cinque anni.
LIBRO XLIX
Ottaviano
salpò da Baia alla volta della
Sicilia
per combattere contro
Sesto Pompeo
, con la collaborazione di
Agrippa
,
Marco Antonio
e
Lepido
.
Doppiando Capo Palinuro rischiò il naufragio a causa di una tempesta e subì un attacco da parte di
Mena
, aiutante di
Sesto Pompeo
che, tuttavia, si lasciò comprare
con la promessa di impunità e di altri guadagni
.
Giunto a
Lipari
,
Ottaviano
sostò in attesa dell'occasione migliore per trasferire la fanteria dal continente alla
Sicilia
.
Anche
Sesto Pompeo
temporeggiò. Entrambi i rivali sottovalutavano la forza del nemico e solo al momento dello scontro si resero conto di quanto fosse impegnativa la lotta che stavano affrontando. Combatterono tutto il giorno, controbilanciando la tecnica guerresca e la disciplina dei soldati di
Ottaviano
il coraggio ribelle e la maggior esperienza marinara degli uomini di
Sesto
. Solo dopo il tramonto la flotta di
Ottaviano
prevalse.
Subito dopo
Sesto
si riorganizzò ed attaccò di nuovo a
Messina
e questa volta mise in difficoltà
Ottaviano
costringendolo a riparare sul continente e a separarsi dalla sua fanteria che, nel frattempo, era passata in
Sicilia
.
Il comandante della fanteria di
Ottaviano
, tale
Cornificio
, per non rimanere isolato decise di marciare verso Milazzo, che raggiunse non senza gravi difficoltà, scontri e perdite di uomini per ricongiungersi alla flotta di
Agrippa
.
Dopo qualche tempo le due flotte vennero allo scontro decisivo (
Nauloco
36 a.C.
) e le forze di Pompeo furono definitivamente distrutte. Abbandonato dai pochi superstiti,
Sesto Pompeo
decise di fuggire e vi riuscì anche perché
Ottaviano
era alle prese con
Lepido
che, ribellatosi agli accordi del
triumvirato
, pretendeva il governo della
Sicilia
, ma assediato dalle superiori forze di
Ottaviano
fu costretto ad arrendersi e a presentarsi al rivale in veste di supplice.
A questo punto serpeggiò la ribellione fra i soldati di
Ottaviano
i quali, intuendo la prossima guerra contro
Antonio
, cercavano di sfruttare la situazione per ottenere maggiori compensi.
Ottaviano
resistette a lungo, infine calmò le truppe congedando i più anziani, elargendo gratifiche e promettendo terreni.
Tornato a
Roma
,
Ottaviano
festeggiò la vittoria e gli vennero offerti molti onori fra i quali la carica di pontefice massimo che era detenuta da
Lepido
.
Ottaviano
rifiutò quella carica in quanto non sussistevano motivi formalmente validi per toglierla a
Lepido
.
Nel frattempo
Sesto Pompeo
fuggiva verso l'
Asia
cercando di raggiungere
Antonio
. A
Lesbo
apprese che
Antonio
era partito per una spedizione militare contro i
Medi
e decise di trascorrere l'inverno sull'isola. Quando seppe che
Antonio
era stato sconfitto dai
Medi
progettò di assumere il comando di qualche provincia asiatica ed intavolò una trattativa con i
Parti
. Poco dopo, però, dal momento che
Antonio
si preparava a muovere contro di lui fuggì a
Nicomedia
, poi in
Frigia
dove venne catturato vivo da
Marco Tizio
, un ufficiale di
Antonio
. Sembra che
Antonio
inviò prima l'ordine di ucciderlo poi, pentitosi, scrisse un altro messaggio in cui revocava l'ordine precedente ma il secondo dispaccio giunse troppo tardi e
Sesto
venne eliminato.
Il generale
Publio Ventidio
, uno degli ufficiali di
Antonio
, venne a sapere che il principe dei
Parti
Pacoro
intendeva attaccare la
Siria
. Con uno stratagemma
Ventidio
venne a conoscere i dettagli del piano di
Pacoro
, riuscì ad attirarlo sul terreno a lui favorevole e lo sconfisse.
Pacoro
cadde nella battaglia, dopo di che
Ventidio
riuscì rapidamente a sottomettere tutta la
Siria
, quindi mosse contro il re
Antioco di Commagene
che aveva aiutato i
Parti
in ritirata.
Antonio
, geloso del successo di
Ventidio
, gli tolse il comando delle operazioni assumendolo personalmente ed assediò il re
Antigono
a Samosata. Poichè l'assedio si protraeva senza risultati,
Antonio
venne ad un accordo con
Antioco
e tornò in
Italia
lasciando in
Siria
Gaio Sossio
. Questi sottomise gli Aradii e sconfisse a
Gerusalemme
il re
Antigono
.
Antonio
ordinò l'uccisione di
Antigono
e consegnò ad
Erode
il governo della
Giudea
(
38 a.C.
).
Intanto il re dei
Parti
Orode
, padre di
Pacoro
, era morto lasciando il regno al figlio Fraate. Questi con la sua crudeltà spinse molti sudditi a lasciare il paese, alcuni di loro si unirono ad
Antonio
. Le armate di
Antonio
, al comando di
Publio Canidio Crasso
, raccolsero alcune vittorie contro piccolo popolazioni asiatiche che si erano ribellate.
Antonio
, incoraggiato da questi successi e confidando nella collaborazione di un certo
Monese
, un parto che si era unito a lui abbandonando Fraate, decise di portare di nuovo la guerra contro i
Parti
.
Monese
però, ricevute consistenti offerte da Fraate, decise di lasciare
Antonio
e di ripassare dalla parte del suo paese.
Antonio
decise allora di attaccare prima il re dei
Medi
Artavasde
, alleato dei
Parti
, e lo assediò nella sua residenza di Praaspe. L'assedio si presentò lungo e difficile ed intanto
Medi
e
Parti
attaccarono un contingente di Romani rimasto indietro e lo annientarono. La situazione per i Romani si fece intollerabile: le truppe erano a corto di cibo e soffrivano frequenti perdite per gli attacchi del nemico. Alla fine
Antonio
decise di togliere l'assedio e di attraversare direttamente l'
Armenia
, ma anche la marcia in quelle regioni sconosciute fu durissima ed irta di pericoli. Un'imboscata subita dai Romani e la loro strategia di difesa e di attacco forniscono a
Dione
l'occasione per descrivere la "testuggine", il compattissimo schieramento che i legionari formavano inginocchiandosi e coprendosi sopra la testa ed ai quattro lati con gli scudi.
L'inverno rese la situazione ancora più grave ed
Antonio
, benché adirato con il re di
Armenia
che non lo aveva aiutato, fu costretto a trattare con lui per ottenere il permesso di far svernare i suoi uomini in territorio armeno. (nota: il re di
Armenia
si chiamava
Artavasde
come quello dei
Medi
, del quale era nemico). Dopo aver elargito una gratifica ai soldati con i fondi inviati in prestito da
Cleopatra
,
Antonio
partì per l'
Egitto
.
Intanto a
Roma
giungevano per vie non ufficiali notizie degli insuccessi di
Antonio
il quale veniva molto biasimato anche per i suoi rapporti con
Cleopatra
e per i territori che le aveva donato.
L'anno seguente l'intesa fra
Medi
e
Parti
fu infranta ed il re dei
Medi
propose ad
Antonio
amicizia ed alleanza.
Antonio
fu lieto di accettare e cercò, senza successo, di attirare in trappola il re di
Armenia
invitandolo in
Egitto
.
In quel periodo
Ottaviano
si portò in
Sicilia
con l'intenzione di imbarcarsi per la
Libia
, ma la notizia di insurrezioni da parte delle popolazioni dell'Istria lo convinse a cambiare programma. Dovette inoltre vincere una rivolta scoppiata in alcuni reparti di soldati.
Ottaviano
combattè gli Iapidi assediando le città fortificate di Metulo i cui abitanti, dopo una strenua difesa, si suicidarono in massa. Quindi
Ottaviano
marciò contro i Pannoni. A questo punto
Dione
, che ricorda di aver personalmente retto il governo della
Pannonia
per un certo periodo, compie un'interessante digressione per descrivere quella regione.
Il nome che i Romani avevano dato ai Pannoni derivava dalle loro lunghe tuniche di stoffa, loro abito tradizionale.
Dione
rivela una cera simpatia per questo popolo povero e fiero, costretto dai rigori del clima a vivere con risorse molto esigue.
Ottaviano
, che sperava di invadere la zona senza difficoltà, si trovò di fronte ad un'inattesa resistenza e fu costretto ad assediare la città di Sischia. L'assedio non era facile a causa delle mura robuste e dei due fiumi (Colope, forse l'odierno Kulpa, e
Sava
) che circondavano la città.
Ottaviano
fece costruire delle imbarcazioni e si misurò con il nemico in alcune battaglie navali svoltesi nel corso del fiume
Sava
. Alla fine i Pannoni si arresero e furono conclusi dei trattati di pace.
Tornato a
Roma
,
Ottaviano
rinviò il trionfo. Poco dopo si ribellarono i Dalmati, che furono sconfitti da
Ottaviano
e da
Agrippa
, non senza difficoltà. Durante questi scontri
Ottaviano
fu ferito.
Nominato
console
,
Antonio
rinunciò alla carica e fu sostituito da Lucio Sempronio Atratino. Volendo vendicarsi del re di
Armenia
,
Antonio
fece di tutto per attirarlo in una trappola, gli promise doni e gli chiese la figlia per farla sposare a suo figlio
Alessandro
. Quando riuscì a catturarlo cominciò l'opera di conquista dell'intera
Armenia
. Quindi
Antonio
tornò in
Egitto
portando con se il re di
Armenia
ed i suoi familiari come schiavi e ne fece dono a
Cleopatra
.
Antonio
celebrò sfarzosamente la propria vittoria in
Egitto
e promise a
Cleopatra
ed ai suoi figli territori sottomessi dai Romani. A
Roma
l'opinione pubblica era turbata da questi comportamenti ed
Ottaviano
cercava di sfruttare la situazione.
In quel periodo
Agrippa
, che deteneva la carica di
edile
, conquistava grande popolarità finanziando a proprie spese importanti lavori pubblici, come la riparazione e l'ampliamento dell'Acqua Marcia e la sistemazione delle cloache.
Ottaviano
, dal canto suo, con il ricavato del bottino preso ai Dalmati fece costruire il nuovo
portico
che dedicò alla sorella
Ottavia
.
Antonio
strinse un'allenza con il re dei
Medi
, la cui figlia Iotape sposò
Alessandro
, figlio di
Antonio
. Quindi
Antonio
si trasferì in
Grecia
per prepararsi a combattere contro
Ottaviano
.
LIBRO L
Ben presto
Ottaviano
ed
Antonio
arrivarono alla lite.
Antonio
accusava
Ottaviano
di aver eliminato
Lepido
e di essersi arbitrariamente impossessato dei suoi domini.
Ottaviano
accusava
Antonio
di aver compiuto diversi abusi ma, soprattutto, basava la sua propaganda sulla "scandalosa" relazione del rivale con la regina
Cleopatra
. Quando due uomini molto vicini ad
Antonio
, Tizio e Planco, passarono ad
Ottaviano
gli svelarono il contenuto del testamento di
Antonio
. Il documento conteneva l'evidenza della passione di
Antonio
per
Cleopatra
:
Antonio
riconosceva che
Cesarione
, nato da
Cleopatra
, era figlio di
Cesare
; faceva ricchi lasciti ai figli avuti da
Cleopatra
e disponeva di essere sepolto ad Alessandria.
Ottaviano
non esitò a leggere il documento in
Senato
, facendo scoppiare un vero e proprio scandalo che distrusse l'immagine pubblica di
Antonio
. Il
Senato
esonerò
Antonio
da tutte le sue cariche e dichiarò guerra a
Cleopatra
.
Ottaviano
continuò a screditare pesantemente il rivale accusandolo di essere caduto completamente sotto la volontà di
Cleopatra
e di aver adottato costumi stranieri. Accusava inoltre
Cleopatra
di aver ammaliato
Antonio
usando anche arti magiche e di mirare a sottomettere
Roma
.
Dalla parte di
Ottaviano
stavano l'
Italia
, la
Sicilia
, la
Sardegna
e le province di
Gallia
,
Spagna
,
Illirico
e
Libia
.
Antonio
aveva dalla sua le province asiatiche, la
Tracia
, la
Grecia
, Cirene e, ovviamente, l'
Egitto
.
In quell'anno il
consolato
sarebbe dovuto toccare ad
Ottaviano
e
Antonio
secondo un trattato firmato nel
39
che pianificava le cariche per otto anni. Tuttavia
Antonio
era stato, come si è detto, bandito dalle cariche pubbliche, così furono nominati
consoli
Ottaviano
e
Valerio Messalla
. Dopo un inverno di preparativi,
Ottaviano
salpò per
Brindisi
per attaccare
Antonio
che aveva sistemato la flotta davanti alla città di
Azio
, ma il maltempo lo costrinse a tornare indietro. Ripartì più tardi, in piena primavera e conquistò l'isola di
Corcira
dove stabilì la base della sua flotta. Da
Corcira
Ottaviano
si spinse a conquistare altre posizioni sulla terraferma, sulle coste dell'
Epiro
, in modo da circondare la flotta nemica.
Antonio
, intanto, non accettava proposte di trattativa da parte di
Ottaviano
ma non si decideva neanche a combattere.
Per un certo periodo i due schieramenti si impegnarono solo in brevi combattimenti marittimi e terrestri, lungo le coste greche, poi
Agrippa
sferrò un attacco a sorpresa conquistando l'isola di
Leucade
, in posizione strategica vicino ad
Azio
.
Intanto
Marco Tizio
e
Tauro Statilio
, ufficiali di
Ottaviano
, battevano la cavalleria di
Antonio
.
Le forze di
Antonio
cominciarono ad indebolirsi anche a causa delle numerose diserzioni, inoltre
Ottaviano
gli impediva di ricevere rifornimenti e rendeva la sua situazione sempre più difficile. Il consiglio di guerra di
Antonio
decise quindi di abbandonare la postazione e dirigere la flotta verso l'
Egitto
, ma questa operazione poteva richiedere degli sconti ed inoltre, per non perdere la fiducia e l'appoggio degli alleati era necessario simulare un attacco, fingendo quindi di voler combattere.
Qui
Dione
"drammatizza" componendo un discorso di
Antonio
ai propri uomini in cui il comandante compie un clamoroso "bluff" dicendosi sicuro della vittoria. Egli incita i soldati a combattere ed a vincere in nome di una libertà di cui si propone come garante contro le mire e le pretese di
Ottaviano
.
Dal canto suo
Ottaviano
, nei paragrafi successivi, pronuncia un altro discorso in cui riprende i temi degli abusi di potere commessi da
Antonio
e, soprattutto, della minaccia costituita da
Cleopatra
.
Dopo le due orazioni ha inizio la battaglia, subito la flotta di
Ottaviano
accerchia quella di
Antonio
costringendola ad affrontare il combattimento. Lo scontro è caratterizzato dal fatto che le navi di
Ottaviano
, più piccole e veloci, si sforzano di manovrare rapidamente danneggiando il più possibile gli scafi nemici.
L'esito della battaglia restò a lungo incerto, poi
Cleopatra
fuggì con la sua nave, seguita da molte navi egiziane, mentre gli uomini di
Ottaviano
intensificavano gli attacchi contro le navi nemiche che erano rimaste più indietro. Infine
Ottaviano
ordinò di attaccare con i proiettili incendiari (aveva tentato di evitare questa tattica per non distruggere le ricchezze del nemico delle quali avrebbe voluto appropriarsi) e questa decisione segnò la definitiva disfatta della flotta antoniana ( 2 settembre
31 a.C.
).
LIBRO LI
Dal giorno di questa vittoria, secondo
Dione
, inizia il computo degli anni del regno di
Ottaviano
. Subito dopo iniziò l'azione giudiziaria contro coloro che avevano sostenuto
Antonio
. Fra questi alcuni furono perdonati, come Marco Scauro, fratellastro di
Sesto Pompeo
, ed altri furono puniti, come Curione, figlio del
Gaio Scribonio Curione
che aveva combattuto con
Cesare
nelle guerre civili.
Ottaviano
assorbì le truppe di
Antonio
, congedò i soldati più anziani e disperse l'esercito in varie località per evitare ribellioni. Tuttavia i soldati congedati senza un premio cominciarono ad agitarsi ed
Ottaviano
, come sempre faceva, incaricò
Agrippa
di controllare la situazione. Partì per la
Grecia
e per l'
Asia
, alla ricerca di
Antonio
, ma i disordini provocati dai reduci lo costrinsero a tornare in
Italia
.
Convocò i veterani a
Brindisi
e riuscì a calmarli con distribuzioni di denaro e di terre. Dopo circa un mese di permanenza in
Italia
, tornò in
Grecia
per riprendere la caccia al suo rivale fuggitivo.
Antonio
e
Cleopatra
, che erano rimasti nel
Peloponneso
, sapendo dell'arrivo di
Ottaviano
decisero di separarsi:
Cleopatra
tornò in
Egitto
dove si dedicò ad eliminare quegli avversari politici che avrebbero potuto indebolire le sue difese,
Antonio
andò in
Libia
in cerca di alleati ma, non avendo successo, si trasferì anche egli in
Egitto
.
Qui
Dione
accenna ad una trattativa segreta che si sarebbe svolta fra
Cleopatra
ed
Ottaviano
: quella avrebbe inviato ambasciatori a trattare la resa, questi le avrebbe promesso l'impunità in cambio della testa di
Antonio
.
Gaio Cornelio Gallo
, ufficiale di
Ottaviano
, guidò una flotta in
Egitto
e sconfisse
Antonio
che tentava di attaccarlo presso la città di Paretonio. Intanto
Ottaviano
conquistava la città di Pelusio, sul delta del Nilo, secondo
Dione
grazie al tradimento di
Cleopatra
, convinta che
Ottaviano
si fosse innamorato di lei.
Ottaviano
ed
Antonio
si incontrarono presso Alessandria:
Ottaviano
subì una prima sconfitta ma poi ebbe la meglio.
Cleopatra
si rinchiuse nella propria tomba personale: secondo
Dione
fingeva di voler morire per attirare
Antonio
in un tranello. Di fatto anche
Antonio
entrò nella tomba ed ivi si pugnalò mortalmente. Morto
Antonio
,
Ottaviano
riuscì a far arrestare la regina la quale, in un colloquio che
Dione
riporta in modo un po' romanzesco, cercò di sedurlo o di impietosirlo. Vedendolo impassibile ed intuendo che
Ottaviano
intendeva fare di lei una preda da esibire nel trionfo,
Cleopatra
decise infine di togliersi la vita. Ci riuscì poco dopo: eludendo la sorveglianza dei carcerieri si avvelenò, forse facendosi mordere da un aspide.
Ottaviano
ne fu addolorato e turbato ma i suoi tentativi di salvarla con le medicine e con gli anti-veleni degli
Psilli
non servirono a nulla.
Antillo
, figlio di
Antonio
e di Fulvia, venne eliminato, così
Cesarione
, figlio di
Cleopatra
e di
Cesare
. A
Cleopatra Minore
, figlia di
Antonio
e della regina, fu fatto sposare
Giuba II
, figlio di
Giuba I re di Numidia
. Gli altri due figli di
Cleopatra
, Alessandro e Tolomeo, vennero risparmiati.
Conquistato così l'
Egitto
,
Ottaviano
non infierì sulla popolazione. Fece riesumare la salma di
Alessandro Magno
per renderle onore ma non volle fare altrettanto con le spoglie dei Tolomei; quindi affidò l'
Egitto
a
Cornelio Gallo
, stabilì leggi e tributi per la nuova provincia e confiscò le ricchezze di
Cleopatra
. Con il bottino egiziano furono elargiti compensi e premi ai veterani di
Ottaviano
ed ai suoi sostenitori.
Sistemati gli affari egiziani,
Ottaviano
passò in
Siria
per occuparsi della questione dei
Parti
: il re Fraate ed un certo Tiridate, che era insorto contro di lui, si rivolgevano entrambi a
Roma
in cerca di alleanze. Intanto a
Roma
il
Senato
decretava varie celebrazioni in onore di
Ottaviano
ed ordinava di distruggere qualsiasi monumento che ricordasse
Marco Antonio
.
In questo contesto fu stabilita la famosa chiusura delle porte del tempio di
Giano
, gesto che rappresentava la pace raggiunta su tutti i territori dominati dai Romani.
Tornato a
Roma
,
Ottaviano
ricompensò i suoi luogotenenti e molti onori furono concessi a
Marco Vipsanio Agrippa
. Quindi fu celebrato il trionfo di
Ottaviano
per tre giorni: il primo per le campagne contro i Pannoni, i Celti ed altri popoli, il secondo per la vittoria di
Azio
ed il terzo per la conquista dell'
Egitto
. In quell'occasione venne inaugurata la "
Curia Giulia
", costruita in onore di
Giulio Cesare
.
Gli ultimi paragrafi del libro LI di
Dione Cassio
sono dedicati alla campagna condotta da
Marco Licinio Crasso
nella regione detta
Mesia Europea
(
Serbia
-
Bulgaria
) dove i Romani assoggettarono i
Bastarni
ed altre popolazioni scite.
LIBRO LII
La parte iniziale di questo libro, occupata dai due discorsi fra
Ottaviano
ed i suoi più fidati consiglieri,
Agrippa
e
Mecenate
, sottolinea un momento fondamentale della storia romana: la nascita dell'impero. In questi discorsi si discute se sia giusto ed opportuno instaurare una monarchia:
Agrippa
si dichiara contrario e propone che vengano rinnovate e consolidate le istituzioni repubblicane, mentre
Mecenate
propende per la formazione di uno stato monarchico.
In pratica
Agrippa
consiglia ad
Ottaviano
di resituire il potere al popolo ed al
Senato
, come
Ottaviano
effettivamente farà con la "resituitio rei publicae" del
27 a.C.
Secondo
Agrippa
, prima di uscire di carica,
Ottaviano
dovrebbe "formalizzare con decreti e leggi le questioni più urgenti".
Mecenate
invece si dimostra di tutt'altro avviso. Egli sostiene che la monarchia di fatto era già stata istituita da
Cesare
e che a
Ottaviano
non rimaneva che continuarla.
Il modello che
Mecenate
propone è quello di un principe illuminato, capace di governare con il consenso e la collaborazione delle classi elevate mantenendo, tuttavia, la giusta approvazione popolare.
Mecenate
passa quindi a formulare una serie di suggerimenti di ordine politico ed amministrativo che rispecchiano effettivamente alcune azioni svolte da
Ottaviano
nel primo periodo del suo principato, come la revisione dei ruoli del
Senato
e la ristrutturazione delle funzioni connesse alle pubbliche magistrature.
Nel discorso di
Mecenate
vengono tratteggiate le caratteristiche del "praefectus urbis" e del censore così come verranno rinnovate da
Ottaviano
. Si parla anche dell'uso di affidare le province agli ex-
consoli
ed agli ex-pretori e della grande riorganizzazione politica ed amministrativa dell'
Italia
e delle province.
Mecenate
passa quindi a discutere di altri aspetti: l'educazione dei giovani, la formazione e l'addestramento di truppe permanenti ed il controllo dei confini. Particolarmente interessanti sono i consigli di
Mecenate
in campo fiscale: egli suggerisce prima di tutto di vendere i terreni pubblici e di concedere, con il ricavato, prestiti e finanziamenti a tasso moderato, così da garantire allo Stato un'entrata costante, diversa dal prelievo sui contribuenti. Per il resto le spese dello Stato, al netto di altre rendite (quali per esempio la produzione mineraria) dovranno essere coperte da un sistema di tassazione equamente distribuito sull'
Italia
e sulle province.
Il discorso procede con il rapporto del principe con il
Senato
, che deve essere chiamato a condividere le responsabilità del governo, l'organizzazione giudiziaria e l'apparato burocratico che il principe dovrà realizzare per poter gestire tutte le attività e le problematiche inerenti il suo ruolo.
Concluso il discorso di
Mecenate
,
Dione
afferma che
Ottaviano
scelse di applicare la monarchia ma agì con grande prudenza applicando le riforma gradualmente.
In quell'anno,
29 a.C.
,
Ottaviano
- che rivestiva il suo quinto
consolato
- assunse il titolo di "Imperator" e mise mano ad una epurazione delle liste senatorie (la prima delle quattro che dovevano svolgersi durante il suo principato).
Nello stesso anno
Antioco I di Commagene
, che era stato sostenitore di Pompeo ed alleato dei
Parti
, fu convocato a
Roma
, processato e giustiziato.
LIBRO LIII
Nel
28 a.C.
Ottaviano
assunse il
consolato
per la sesta volta, insieme ad
Agrippa
che era al suo secondo
consolato
. Nello stesso anno
Agrippa
sposò
Marcella
, figlia di
Gaio Claudio Marcello
e di
Ottavia
(sorella di
Ottaviano
) ed
Ottaviano
completò e consacrò il tempio di
Apollo
sul
Palatino
e le nuove biblioteche. Ancora nel
28 a.C.
,
Ottaviano
ed i suoi più stretti collaboratori, mirando a raggiungere il più alto consenso popolare per facilitare l'instaurazione ed il consolidamento del nuovo regime monarchico, realizzarono varie riforme ed abrogarono una serie di disposizioni attuate dal
secondo triumvirato
, per creare una salda impressione di ritorno alla legalità repubblicana.
Il 13 gennaio del
27 a.C.
Ottaviano
, che assumeva il suo settimo
consolato
, si presentò davanti al
Senato
e pronunciò il famoso discorso della "restitutio rei publicae", con il quale rinunciava a tutti i suoi poteri e privilegi rimettendoli al
Senato
. La mossa fu particolarmente astuta in quanto i senatori contrari ad
Ottaviano
non osarono esporsi approvando le sue dimissioni, quelli che gli erano favorevoli invece insistettero perché mantenesse il potere. Insomma,
Ottaviano
riuscì a farsi consegnare lo Stato dai senatori senza che apparisse apertamente che fosse lui a volerlo.
Ottavia
comunque insistette perché il potere conferitogli, che era assoluto, apparisse limitato nel tempo e nello spazio. Per questo divise le province assumendo direttamente solo il controllo delle più agitate e lasciando le più tranquille ai senatori, ma questo sistema gli consentiva anche di essere il solo leggittimato a mantenere delle
legioni
in perenne assetto di guerra.
Le province senatorie furono l'
Africa
, la
Numidia
, l'
Asia
, la
Grecia
con l'
Epiro
, la
Dalmazia
, la
Macedonia
, la
Sicilia
,
Creta
e la parte cirenaica della
Libia
, la
Bitinia
e la parte annessa del Ponto, la
Sardegna
e la
Betica
.
Le province imperiali furono: la
Spagna
ad esclusione della
Betica
(cioè
Tarragona
e
Lusitania
), tutte le Gallie, la
Celesiria
, la
Fenicia
, la
Cilicia
,
Cipro
e l'
Egitto
. Successivamente la
Gallia Narbonese
e
Cipro
passarono al
Senato
mentre la
Dalmazia
passava all'imperatore (
22 a.C.
).
Ottaviano
assunse il controllo delle province imperiali per un periodo di dieci anni.
Si stabilì che i governatori delle province senatorie fossero eletti annualmente dal
Senato
, mentre i legati che dovevano amministrare le province imperiali sarebbero stati scelti direttamente da
Ottaviano
, a sua discrezione sarebbe stata stabilita anche la durata della carica.
In quello stesso anno (
27 a.C.
) si decise di attribuire ad
Ottaviano
il titolo di Augusto. Secondo
Dione
egli avrebbe gradito essere chiamato "Romolo", ma poi scartò il nome per l'idea monarchica che essa suggeriva.
Nè
Augusto
, nè i suoi successori assunsero mai il itolo di re, ma quello di "imperator", di origine militare che da allora significò il potere assoluto detenuto a vita.
L'"imperator" assunse gran parte delle magistrature tradizionali e delle facoltà ad esse connesse: la censura ed il pontificato gli conferifono la massima autorità in campo civile e religioso, inoltre la potestà tribunizia gli consentiva di opporre il veto alle decisioni di qualsiasi magistrato e gli garantiva l'inviolabilità della persona.
Augusto
si dedicò al governo con grande zelo, promulgò molte leggi, generalmente concordandole con il
Senato
, e tenne in grande considerazione l'opinione dei suoi collaboratori.
Dione
utilizza quest'ultima affermazione come giudizio di carattere generale sul principato di
Ottaviano
e come premessa prima di passare al racconto dettagliato degli avvenimenti.
Nel primo anno dell'impero (
27 a.C.
),
Augusto
ordinò il restauro della rete viaria che era rimasta priva di manutenzione dalle guerre civili, per non gravare sulle casse dello Stato ordinò ad alcuni senatori di provvedere a proprie spese a parte dei lavori e finanziò personalmente il restauro della Via Flaminia della quale aveva particolarmente bisogno per muovere verso Nord. Poco dopo, infatti, partì alla guida di una spedizione diretta in
Britannia
. Preferì però fermarsi in
Gallia
dove erano scoppiati dei disordini. Pacificata la regione, operò un censimento e riorganizzò l'amministrazione provinciale, quindi si trasferì in
Spagna
, per motivi analoghi a quelli che lo avevano trattenuto in
Gallia
.
L'anno seguente (
26 a.C.
)
Ottaviano
assunse il suo ottavo
consolato
, con
Statilio Tauro
.
Nello stesso anno l'autore ricorda il trattato di amicizia con
Polemone re del Ponto
, e l'inizio della campagna militare che porterà alla definitiva sottomissione dei
Salassi
.
Nel
25 a.C.
Augusto
ricoprì il suo nono
consolato
ed inviò
Terenzio Varrone
(identificabile con
Aulo Varrone Murena
,
console
nel
23 a.C.
) contro i
Salassi
. Costui concluse rapidamente la campagna e nel territorio dei
Salassi
venne dedotta la colonia di
Augusta Pretoria (Aosta)
.
Nel frattempo
Augusto
guidava una difficile operazione contro gli
Asturi
ed i
Cantabri
. Durante questa campagna egli si ammalò e si ritirò a
Tarragona
affidando il comando al suo legato Gaio Antistio Vetere. A seguito di questa campagna i veterani congedati fondarono in
Spagna
la città di
Augusta Emerita (oggi Lerida)
.
Alla campagna contro i
Cantabri
parteciparono anche
Marcello
, nipote di
Augusto
, e
Tiberio
, suo figliastro e futuro successore.
Nello stesso anno
Augusto
rese la Mauritania, che il defunto re Bocco aveva lasciato in eredità al popolo romano nel
33
, di nuovo indipendente, affidandola al suo alleato
Giuba II re di Numidia
.
In Oriente i territori della
Galazia
e della
Licaonia
(che nel
36 a.C.
Antonio
aveva affidato al re Aminta) vennero organizzati nella provincia di
Galazia
, poco dopo la morte del re.
Intanto Marco Vinicio guidava una spedizione punitiva contro alcune tribù germaniche che avevano ucciso dei cittadini romani. Dopo queste imprese fu decisa una chiusura delle porte del tempio di
Giano
a simboleggiare la pacificazione dell'impero.
In questo nuovo clima di pace furono intrapresi grandi lavori e costruzioni, specialmente da parte di
Agrippa
che edificò le Terme, il portico di Nettuno ed il
Pantheon
. Nel
24
Augusto
assunse il suo decimo
consolato
avendo come collega Gaio Normano Flacco, figlio dell'omonimo
console
del
38
che nel
42
aveva combattuto a
Filippi
.
Augusto
, che si trovava ancora a
Tarragona
, fece ritorno a
Roma
e ricevette molti onori. Anche Marcello e
Tiberio
, rientrati con lui dalla
Spagna
, furono premiati con la concessione del diritto a ricoprire le magistrature in anticipo sui limiti minimi di età previsti dalla legge.
Ancora nel
24
,
Elio Gallo
(nuovo governatore dell'
Egitto
dopo
Cornelio Gallo
) intraprese una spedizione contro l'Arabia Felix. Questa spedizione fu un insuccesso, soprattutto a causa del clima del deserto che fece ammalare gran parte dei soldati per la disidratazione.
Nel
23 a.C.
Augusto
(
console
per l'undicesima volta con Gneo Calpurnio Pisone) si ammalò di nuovo e questa volta tanto gravemente che si temette per la sua vita. Lo salvarono le cure del medico Antonio Musa il quale non riuscì invece a salvare Marcello, nipote di
Ottaviano
, che morì in quello stesso anno. Marcello fu sepolto nel "Mausoleo di
Augusto
" e, fra i molti onori tributati alla sua memoria, gli fu dedicato il famoso teatro che veniva completato proprio in quel periodo. Secondo
Dione
fu ancora in quell'anno (
23 a.C.
) che
Augusto
ricevette a vita i poteri del
tribunato della plebe
(altri autori datano l'evento già nel
36 a.C.
)
LIBRO LIV
L'anno successivo (
22 a.C.
),
Roma
e l'
Italia
furono colpite da una grave pestilenza e dalla conseguente carestia. Si attribuì la causa di queste sventure al fatto che
Augusto
avesse rinunciato al
consolato
e gli si offrì la carica di
dittatore
a vita.
Augusto
non accettò, assunse invece la carica di prefetto dell'annona.
Si verificò quindi una congiura ai danni di
Ottaviano
, capeggiata da Fannio Cepione e
Licinio Murena
.
La congiura venne scoperta e i due capi furono giustiziati. In
Spagna
Asturi
e
Cantabri
si ribellarono al governatore romano, l'
Egitto
fu attaccato dalle popolazioni etiopi confinanti; mentre i rispettivi governatori pacificavano queste province,
Ottaviano
si recò in
Sicilia
da dove avrebbe iniziato un viaggio nelle province orientali. A
Roma
, in assenza di
Augusto
, le lotte elettorali fra i candidati al
consolato
provocarono disordini, così
Augusto
conferì ad
Agrippa
pieni poteri per il controllo della città dopo averlo obbligato a divorziare da sua nipote
Marcella
ed avergli fatto sposare sua figlia Giulia.
Augusto
passò quindi in
Grecia
dove premiò le città che lo avevano aiutato ai tempi di
Azio
(fra le quali
Sparta
) e punì quelle che avevano appoggiato
Antonio
(fra cui
Atene
), quindi trascorse l'inverno (
21 a.C.
) nell'isola di
Samo
. L'anno successivo si trasferì nelle province asiatiche. Durante questa permanenza in
Asia
ottenne dai
Parti
la restituzione delle insegne e dei prigionieri sottratti a
Crasso
: l'operazione fu svolta per via diplomatica, senza combattimenti.
Nacque
Gaio Cesare
, figlio di
Agrippa
e di Giulia.
Prima di rientrare in
Italia
, l'imperatore sistemò una serie di controversie nelle province asiatiche, a volte con rapidi interventi militari di cui affidava il comando al figliastro
Tiberio
. Di nuovo in
Grecia
ricevette molte ambascerie dall'Oriente fra cui una di indiani (si tratta probabilmente di uno dei più antichi contatti fra
Roma
e l'India).
Avvertito che a
Roma
si verificavano nuovi problemi per la scelta dei
consoli
,
Augusto
decise di rientrare.
Agrippa
fu inviato a guidare una serie di campagne per risolvere insurrezioni nelle province europee:
Gallia
, Germania e poi
Spagna
(di nuovo contro i
Cantabri
).
Negli anni dal
19
al
17 a.C.
, l'imperatore si trattenne a
Roma
dedicandosi alla politica interna e consolidando il proprio potere, ottenendo fra l'altro che il
Senato
approvasse una serie di leggi che gli consentivano di esercitare più direttamente l'amministrazione statale senza per questo dover assumere palesemente un titolo monarchico.
Fra le leggi che
Augusto
propose al
Senato
(che ovviamente le approvò),
Dione
ne ricorda una che prevedeva la sospensione della carica per cinque anni di coloro che avessero commesso reati di corruzione. Inasprì il trattamento fiscale a carico dei celibi e nubili incentivando il matrimonio e la prolificità.
Augusto
costituì inoltre alcune istituzioni militari stabilmente residenti all'interno del territorio urbano di
Roma
(caso che non si era mai verificato per tutta la durata della repubblica): tre delle dodici coorti di cinquecento uomini ciascuna di cui
Augusto
disponeva come milizia personale furono collocate entro le mura, furono inoltre istituiti un corpo di vigili del fuoco ed una polizia urbana.
Nel
17 a.C.
nacque
Lucio Cesare
, figlio di
Agrippa
, ed
Ottaviano
lo adottò insieme al fratello Gaio (atto che implicitamente designava i due nipoti dell'imperatore come suoi possibili successori).
Nello stesso anno
Augusto
inaugurò la quinta edizione dei "
Ludi secolari
".
Nel
16 a.C.
Augusto
mosse contro la
Gallia
, dopo aver restaurato e dedicato il tempio di Quirino (29 giugno). Nel partire affidò il governo della città a
Tito Statilio Tauro
. Portò con se
Tiberio
ed essendo questi
pretore
le mansioni di
pretore
furono delegate, grazie ad un apposito decreto, a
Druso
, fratello di
Tiberio
.
Intanto nel Nord
Italia
ed in Istria si svolgevano ribellioni ed incursioni dei Pannoni e dei Norici, mentre
Cantabri
e Traci creavano difficoltà, rispettivamente, in
Spagna
ed in
Macedonia
.
Ma il problema più grande del momento era costituito dalle popolazioni germaniche stanziate alla destra del
Reno
: queste erano riuscite a sorprendere un contingente romano, avevano ucciso barbaramente gran parte dei prigionieri inviandone alcuni a chiedere un riscatto per gli ostaggi ed infine avevano inferto a
Roma
una delle peggiori sconfitte dell'epoca, quella patita dal governatore
Lollio
nella quale la "Legio V Alaude" perse le proprie insegne.
Nel frattempo in
Gallia
ferveva il malcontento fra la popolazione civile a causa degli abusi del corrotto governatore Licinio, mentre ad Est i
Reti
(che abitavano fra il
Norico
e le
Alpi Tridentine
) avevano cominciato a svolgere incursioni in
Gallia
ed in
Italia
.
Ottaviano
fronteggiò la situazione recandosi personalmente in
Gallia
ed affidando a
Tiberio
e a
Druso
il compito di risolvere il problema dei
Reti
.
I due fratelli svolsero nella zona delle
Alpi Tridentine
un intervento capillare, portando contemporaneamente la guerra in più punti e smembrando le forze nemiche, non si fermarono finchè non ebbero eliminato o deportato gran parte degli uomini in grado di combattere, evitando - anche per il futuro - la possibilità di nuove insurrezioni.
Tiberio
e
Druso
furono grandemente onorati per questa vittoria, ma ben presto ai problemi creati dai
Reti
fecero seguito quelli, certamente più gravi, provocati dalle popolazioni della
Pannonia
che impegnarono grandemente
Tiberio
e le sue truppe negli anni successivi.
Augusto
tornò a
Roma
nel
13 a.C.
dopo aver riorganizzato le province della
Gallia
, della
Spagna
e della Germania risolvendo molti problemi di natura politica ed amministrativa.
A
Roma
inaugurò il teatro dedicato a Marcello, quindi procedette ad una nuova revisione della lista dei senatori.
Alla morte di
Lepido
,
Augusto
venne designato pontefice massimo.
Nel
12 a.C.
Augusto
inviò
Agrippa
in
Pannonia
. Questi era da poco tornato da un periodo trascorso in
Siria
come governatore quando
Augusto
gli affidò l'incarico conferendogli poteri di comandante supremo.
Agrippa
non combattè perché i Pannoni, spaventati dal suo arrivo, rinunciarono spontaneamente alla ribellione, tuttavia egli si ammalò gravemente - forse per i rigori del clima - e tornato in
Italia
si recò in una sua residenza in
Campania
, dove morì poco dopo il suo arrivo, tanto che
Augusto
, immediatamente accorso a rendergli visita, non fece in tempo a vederlo un'ultima volta da vivo.
La morte di
Agrippa
fu una grave perdita per
Augusto
e per tutto lo stato romano.
Augusto
avvertì il pressante bisogno di scegliere un nuovo collaboratore per la gestione degli affari pubblici e, poiché i suoi nipoti erano ancora troppo giovani, decise con molte perplessità di puntare su
Tiberio
. Lo fece divorziare dalla moglie e gli ordinò di sposare Giulia, vedova di
Agrippa
, quindi gli affidò l'incarico di portare a termine la sottomissione della
Pannonia
. La resa dei ribelli avvenuta poco prima non era infatti questione duratura ed appena i Pannoni seppero della morte di
Agrippa
riaprirono le ostilità. Come aveva già fatto con i
Reti
,
Tiberio
svolse un intervento drastico e definitivo, non si limitò ad ottenere vittorie campali sui Pannoni, ma li perseguitò nel loro paese fino a catturarli e renderli schiavi.
Nello stesso periodo
Druso
, fratello di
Tiberio
, agiva e riportava vittorie in Germania, sul
Reno
, combattendo contro i Cheruschi ed altre popolazioni locali.
Intanto in
Tracia
un certo Vologeso si era impadronito del potere con un colpo di stato ed aveva preso a devastare i territori romani della
Macedonia
. Contro di lui mosse Lucio Calpurnio Pisone che risolse brillantemente la situazione assoggettendo in modo definitivo l'intera regione.
In quell'anno (
11 a.C.
) morì
Ottavia
, sorella di
Ottaviano
, che fu tumulata nella tomba giulia.
L'anno successivo (
10 a.C.
) vennero chiuse le porte del tempio di
Giano
, ma furono presto riaperte a causa di un'invasione tentata dai
Daci
in
Pannonia
e di una nuova ribellione dei Dalmati.
LIBRO LV
Oscuri prodigi non promettevano nulla di buono, ma
Druso
proseguì comunque nelle sue imprese in Germania (
9 a.C.
) combattendo contro
Catti
,
Suebi
e
Cherusci
e spingendosi fino all'
Elba
. Arrivato alle coste del Mare del Nord,
Druso
decise di tornare indietro (
Dione
riferisce di una apparizione soprannaturale che lo avrebbe convinto) e morì di malattia durante il viaggio di ritorno (Livio parla invece di una caduta da cavallo).
Tiberio
fece in tempo a raggiungerlo prima che spirasse e scortò la salma a
Roma
dove furono svolte esequie solenni.
Le ceneri di
Druso
vennero tumulate nel mausoleo di
Augusto
e fu attribuito a lui, con estensione ai suoi diretti discendenti, l'appellativo di Germanico.
L'anno successivo (
8 a.C.
),
Augusto
rientrò a
Roma
e si dedicò a varie riforme legislative e giudiziarie. Giunta la scadenza del secondo decennio di governo,
Augusto
accettò il rinnovo delle sue cariche, quindi organizzò una nuova campagna in Germania affidandone il comando a
Tiberio
perché completasse quanto intrapreso dal fratello. Nel
7 a.C.
Tiberio
fu
console
insieme a
Gneo Calpurnio Pisone
, durante quell'anno celebrò un trionfo per le sue campagne in
Pannonia
ed in Germania e fu protagonista di alcuni importanti eventi pubblici.
In quel periodo
Augusto
fu addolorato dalla morte dell'amico e collaboratore
Mecenate
.
Dione
dedica un paragrafo alla lode di
Mecenate
del quale ricorda la moderazione in politica e la lealtà verso
Ottaviano
. Morendo,
Mecenate
lasciò ad
Augusto
gran parte delle sue cospicue sostanze.
Tiberio
inaugurò il nuovo portico di
Livia
offrendo un banchetto pubblico, quindi partì di nuovo per la Germania.
Augusto
inaugurò nuovi monumenti dedicandoli alla memoria di
Agrippa
ed organizzò il territorio cittadino di
Roma
in quattordici rioni.
Lucio Cesare
e
Gaio Cesare
, nipoti di
Augusto
e figli di
Agrippa
, stavano crescendo e cominciavano a prendere parte alla vita pubblica.
Ottaviano
non vedeva di buon occhio le adulazioni che popolo e senatori tributavano ai due ragazzi e fece in modo di contenere la rapida ascesa delle loro carriere. Si oppose ad un decreto proposto dal
Senato
che avrebbe consentito a
Gaio Cesare
di candidarsi al
consolato
prima di aver raggiunto l'età minima prevista. A
Tiberio
venne rinnovata la potestà tribunizia per cinque anni e gli venne affidata l'
Armenia
, che andava ribellandosi.
A quel punto (
6 a.C.
)
Tiberio
, che secondo
Dione
temeva la rivalità con i figli di
Agrippa
, decise di ritirarsi a
Rodi
per vivere come un privato cittadino.
Dione
ricorda anche che secondo alcuni la causa della partenza di
Tiberio
fu lo scandaloso comportamento della moglie Giulia, dalla quale non volle essere seguito in esilio.
L'anno successivo (
5 a.C.
)
Augusto
nominò
Gaio Cesare
"princeps iuventutis", ammettendolo in
Senato
.
Nel
2 a.C.
venne dedicato il nuovo
Foro di Augusto
ed il relativo tempio di
Marte
, per l'occasione furono organizzati grandi giochi e spettacoli. Nello stesso anno ad
Augusto
venne attribuito il titolo di Padre della Patria.
In quel periodo scoppiò lo scandalo di Giulia e dei suoi costumi dissoluti. Giulia venne confinata a
Pandataria (Ventotene)
per volere del padre e la madre
Scribonia
la seguì volontariamente. Fra quanti furono coinvolti nella vicenda, Iullo Antonio ed alcuni altri vennero condannati a morte, gli altri confinati.
Poiché la ribellione in
Armenia
destava preoccupazione e
Tiberio
era ancora a
Rodi
,
Augusto
decise di affidare una missione a
Gaio Cesare
affiancandogli alcuni esperti ufficiali. Durante la sua campagna in Oriente, Gaio riportò alcune vittorie ma venne ferito gravemente e chiese di potersi ritirare a vita privata. Morì in
Licia
, mentre viaggiava per rientrare in
Italia
(21 febbraio
4 d.C.
). Qualche tempo prima (20 agosto
2 d.C.
) era morto a
Marsiglia
Lucio Cesare
, colpito da un'improvvisa malattia mentre si recava in
Spagna
.
A questo punto una congiura contro
Augusto
ad opera di Cneo Cornelio Cinna (della quale conserva memoria anche Seneca) fornisce a
Dione
l'occasione per una lunga digressione sull'opportunità della clemenza da parte di chi detiene il potere.
Dione
drammatizza l'argomento in un lungo colloquio notturno fra
Augusto
, angosciato dal pericolo, e la moglie
Livia Drusilla
le cui parole riecheggiano spesso i concetti che
Dione
ha fatto esprimere ad
Agrippa
e
Mecenate
nel capitolo LII.
Augusto
ascoltò i suggerimenti di
Livia
e perdonò i congiurati, tanto che Cornelio Cinna riuscì anche ad ottenere il
consolato
.
L'anno successivo (
5 d.C.
) furono erogati premi straordinari ai soldati e furono riorganizzate le
legioni
:
Dione
ne fornisce un elenco "aggiornato" con le aggiunte degli imperatori successivi ad
Augusto
.
L'altro costo dell'apparato militare spinse
Augusto
a varare alcune riforme fiscali e a contribuire con elargizioni personali alla costituzione di un "erario militare".
In quel periodo (
6 d.C.
) si verificò una grave carestia, inoltre la frequenza degli incendi provocò l'istituzione di un corpo di vigili del fuoco che nacque inizialmente in base ad un provvedimento straordinario ma fu successivamente istituzionalizzato.
Altri problemi di quell'anno furono rappresentati dai pirati che ossessionavano la
Sardegna
e dai Getuli, popolazione africana che si ribellò ai Romani e fu sconfitta dal governatore Gneo Cornelio Lentulo.
Intanto
Tiberio
, che era tornato da
Rodi
, combatteva ancora in Germania ed in
Pannonia
. La lunga durata di queste campagne non piacque ad
Augusto
che decise di affiancare a
Tiberio
il nipote
Germanico
(figlio di
Druso Maggiore
e di
Antonia Minore
).
Poco dopo (
7 d.C.
),
Agrippa Postumo
(figlio di
Agrippa
e di Giulia) venne esiliato a causa del suo comportamento polemico e della sua indole ribelle.
Ottaviano
, benché ormai anziano e non in buona salute, seguì con attenzione le imprese di
Tiberio
e
Germanico
in
Dalmazia
e
Pannonia
, fino a spingersi a
Rimini
per incontrare i suoi generali.
LIBRO LVI
Le leggi romane in epoca augustea riconoscevano privilegi a chi si sposava ed aveva figli mentre penalizzavano fiscalmente il celibato.
Dione
riferisce due discorsi tenuti da
Augusto
(ma la narrazione è qui retorica), l'uno ai capifamiglia che vengono elogiati, l'altro ai celibi che ricevono dall'imperatore una severa rampogna.
Intanto
Germanico
e
Tiberio
continuavano ad operare in Germania e in
Dalmazia
.
Tiberio
intraprese in
Dalmazia
il difficile assedio della città di Andetrium nella quale le truppe nemiche, al comando di Batone, si erano asserragliate. Infine
Tiberio
riuscì ad ottenere la resa di Batone. Tuttavia quando a
Roma
si stavano celebrando le vittorie di
Tiberio
e
Germanico
, giunse una terribile notizia: la disfatta di
Varo
.
Publio Quintilio Varo
, governatore della provincia di Germania, aveva tentato di introdurre il diritto romano, non considerando che in questo modo si andava inimicando l'aristocrazia locale che, in forza di una legislazione molto evoluta, aveva sempre esercitato sulla popolazione grande controllo ed autorità. In secondo luogo aveva dimostrato di avere la mano pesante nel campo fiscale ed anche questo aspetto non era certamente gradito ai
Germani
. Nonostante tutto ciò,
Varo
era riuscito a tenere la situazione sotto controllo per un paio d'anni, anche grazie al timore che i contingenti militari ai suoi ordini incutevano nella popolazione locale, ma quando questi contingenti vennero diminuiti per portare rinforzi a
Tiberio
e a
Germanico
, la nobiltà locale comprese che era arrivata la sua grande occasione.
Fingendosi disponibili e rispettosi del governatore romano, i notabili germanici, coordinati da
Arminio
, lo convinsero che poteva muoversi liberamente per la provincia senza l'ingente scorta militare che sarebbe stato naturale adottare in un paese nemico e riuscirono lentamente a far si che parte dei suoi uomini si disperdesse nel territorio, quindi attrassero con un pretesto
Varo
nella
Selva di Teutoburgo
e qui lo attaccarono facendo strage dei legionari che lo accompagnavano.
Varo
e gli altri ufficiali sopravvissuti si suicidarono presso il campo di battaglia prima di essere catturati.
Quando
Augusto
apprese la tragica notizia fu colto da un momento di disperazione: egli temeva di perdere le sue province settentrionali e sospettava che i
Germani
volessero addirittura attaccare l'
Italia
e colpire
Roma
. Inoltre, a causa del forte impegno in
Illiria
,
Dalmazia
e
Pannonia
, le risorse militari disponibili erano piuttosto esigue ed
Ottaviano
dovette ricorrere ad arruolamento forzoso richiamando soldati già in congedo ed imponendo la leva a liberti e cittadini estratti a sorte.
Le truppe così raccolte furono affidate a
Tiberio
che raggiunse rapidamente il
Reno
e, senza attraversarlo, si dispose a fronteggiare il nemico accampato sulla riva opposta. A
Roma
, per timore di sommosse, furono allontanati tutti i Galli ed i
Germani
che per qualsiasi ragione si trovassero in città e venne proclamato uno stato d'emergenza che durò finché
Augusto
non ebbe notizia sicura che i
Germani
erano arroccati nelle loro posizioni e non stavano progettando spedizioni contro l'
Italia
.
Il racconto di
Dione
continua descrivendo
Augusto
che, ormai molto anziano, evitava sempre più spesso le apparizioni pubbliche e gli impegni sociali ma continuava a seguire da vicino la vita politica e legislativa dello stato.
Nel
13 d.C.
,
Augusto
ottenne il quinto rinnovo delle sue cariche e rinnovò a sua volta la potestà tribunizia di
Tiberio
.
L'anno successivo
Augusto
intraprese un viaggio in
Campania
durante il quale si ammalò e morì. Dice
Dione
: "
Livia
fu oggetto di qualche sospetto riguardo la sua morte, per via del fatto che egli si era recato segretamente presso l'isola in cui si trovava relegato
Agrippa
e sembrava che si fosse del tutto riconciliato con lui". Dunque
Livia
avrebbe temuto che il riavvicinamento con il povero
Agrippa Postumo
fosse pericoloso per le aspirazioni di
Tiberio
.
Augusto
, moribondo, convocò gli amici e dopo aver dichiarato "Ho ricevuto
Roma
di terra, ve la lascio di marmo", chiese un applauso per il modo in cui aveva recitato la commedia della vita. Secondo
Dione
Tiberio
, al momento della morte di
Augusto
, si trovava in
Dalmazia
e
Livia
evitò di informarlo fino al suo rientro a
Roma
. Tuttavia lo storico non tralascia di citare alcune autorevoli fonti (fra cui
Svetonio
) che sostenevano che "
Tiberio
fosse presente durante la malattia del principe e che avesse ricevuto da lui alcune raccomandazioni".
Quando fu aperto il testamento di
Augusto
si seppe che l'imperatore aveva lasciato gran parte delle sue sostanze a
Tiberio
e a
Livia
, tuttavia rimaneva abbastanza per distribuire ricchi lasciti agli amici, ai senatori, ai cavalieri, al popolo e ai soldati.
Oltre al testamento, per volontà del defunto, furono aperti e letti in
Senato
altri quattro documenti olografi, fra cui il resoconto delle imprese dell'imperatore che fu riprodotto in varie iscrizioni in tutto l'impero e che è giunto fino a noi come "Res Gestae". I documenti comprendevano anche esortazioni per
Tiberio
, fra cui quella di evitare di estendere l'impero oltre i confini del momento per non incorrere nell'impossibilità di gestire i domini di
Roma
.
Il libro si chiude con due lunghi discorsi elogiativi: il primo è pronunciato da
Tiberio
che parla alla folla durante i sontuosi funerali di
Augusto
, il secondo è redatto in prima persona dall'autore. A far comprendere a fondo i meriti di
Ottaviano
ed i vantaggi della sua politica, dice
Dione
, negli anni successivi fu soprattutto il confronto con il nuovo regime instaurato da
Tiberio
.
LIBRO LVII
Dione
apre il suo resoconto sul principato di
Tiberio
parlando della famosa ipocrisia del secondo imperatore, la "dissimulatio" con la quale egli rendeva sempre difficile comprendere il proprio pensiero. Seguendo lo stesso filo di narrazione adottato da Tacito, ma più brevemente di questi,
Dione
racconta l'ostentata titubanza di
Tiberio
nell'assumere il potere.
Poco dopo l'ascesa al potere di
Tiberio
,
Agrippa Postumo
venne ucciso:
Dione
mostra di ritenerne responsabile
Tiberio
(come Tacito) ma riporta le altre opinioni secondo le quali l'ordine partì da
Livia
o era stato emanato in precedenza da
Augusto
.
La vera preoccupazione di
Tiberio
era però costituita da
Germanico
. Le
legioni
in
Pannonia
si erano infatti ribellate alla morte di
Augusto
e, dato il grande prestigio di
Germanico
nell'esercito,
Tiberio
temeva che i soldati intendessero proclamarlo imperatore. Il comandante
Giunio Bleso
riuscì a convincere i soldati ad inviare ambasciatori presso
Tiberio
per sostenere le loro richieste (aumento della paga e diminuizione del periodo di ferma).
Tiberio
inviò sul posto il figlio Druso che, dopo qualche tempo e con metodi drastici, riuscì a risolvere la sedizione eliminandone i principali animatori.
Più grave era la situazione in Germania dove le
legioni
arrivarono ad acclamare
Germanico
imperatore.
Germanico
rifiutò, arrivando a minacciare il suicidio, ma le truppe, lungi dal desistere, catturarono sua moglie
Agrippina
e suo figlio
Caligola
.
Infine le truppe si calmarono, liberarono gli ostaggi, e i più facinorosi furono eliminati.
Tiberio
lodò e ringraziò
Germanico
per la sua lealtà e per la sua fedeltà ma, secondo
Dione
, prese a temerlo ancora di più, "come se egli fosse l'effettivo padrone degli eserciti".
Comunque, una volta sicuro della conclusione dei disordini nelle
legioni
,
Tiberio
assunse pienamente l'impero accantonando le proprie esitazioni.
Nei primi tempi, dice
Dione
, si comportò con molta moderazione, condividendo tutte le decisioni con il
Senato
ed evitando che gli fossero tributati onori e riguardi particolari. Lo storico approfondisce per alcune pagine questo aspetto del primo periodo del principato di
Tiberio
insistendo su come il nuovo imperatore cercasse di rafforzare l'idea della leggittimità "repubblicana" del proprio potere: servono a chiarire il concetto anche particolari apparentemente di modesta importanza come il fatto che
Tiberio
accettase l'appellativo di "Imperator" solo se pronunciato dai militari mentre dai civili gradiva quello di "princeps senatus".
Altro aspetto caratteristico del periodo fu l'atteggiamento di rispetto, quasi di venerazione, che
Tiberio
mostrò di tributare alla memoria di
Augusto
.
Anche nell'amministrazione finanziaria si dimostrò corretto ed oculato, attento ad evitare ogni abuso da parte di funzionari e governatori.
Stando a
Dione
,
Tiberio
si sforzò anche di contenere l'influenza ed il potere della madre
Livia Drusilla
, la vedova di
Augusto
, che cercava di esercitare continue ingerenze nella politica del figlio.
Anche al figlio Druso
Tiberio
mosse duri rimproveri, biasimandolo per la sua ostentazione e per la sua violenza. Insomma in tutto e per tutto egli si sforzò di collegare alla figura dell'imperatore un'immagine di grande giustizia e moderazione, almeno finché fu in vita
Germanico
.
Dione
, infatti, non evita di insinuare che la condotta di
Tiberio
nel primo periodo del suo principato, fu dettata essenzialmente dall'esigenza - che egli sentiva impellente, di non risultare perdente in un confronto con il rivale sul piano politico e su quello morale.
Per esprimere questi concetti, l'autore ha dovuto necessariamente anticipare qualche evento, come la morte di
Germanico
, conclude quindi con questo capitolo quella che si può considerare una sorta di introduzione all'età di
Tiberio
e riprende una narrazione più strettamente cronologica degli eventi.
Nel
15 d.C.
Druso, figlio di
Tiberio
, fu
console
con Gaio Norbano e svolse correttamente i compiti inerenti la magistratura, tuttavia si dimostrava sempre molto violento, al punto di meritare il soprannome di "Castore" (il nome di un terribile gladiatore famoso in quegli anni) e cominciava a manifestare evidenti sintomi di alcolismo.
Anche
Dione
, come Tacito e
Svetonio
, ricorda un episodio del
16 d.C.
, una congiura ordita da un certo Clemente che si spacciava per
Agrippa Postumo
(del quale era stato schiavo) il quale, raccolto un certo numero di sostenitori, aveva tentato di marciare su
Roma
per rovesciare
Tiberio
e prendere il potere; chiaramente la congiura fu sventata e Clemente venne eliminato.
Poco dopo
Tiberio
convocò a
Roma
il re
Archelao di Cappadocia
, lo accusò di sovversione e lo fece processare. Secondo
Dione
il movente di
Tiberio
era il rancore nei confronti di
Archelao
che egli aveva difeso in un processo molti anni prima (
22 a.C.
) e che durante il periodo di
Rodi
lo aveva ignorato dedicando tutti gli onori a
Gaio Cesare
.
Archelao
si salvò grazie alla sua età molto avanzata ed alle precarie condizioni di salute ma morì poco tempo dopo, a
Roma
, ove era stato trattenuto per ordine di
Tiberio
. Alla sua morte la
Cappadocia
divenne provincia imperiale romana.
Intanto
Germanico
portava avanti con successo la sua campagna e riusciva a recuperare le insegne delle
legioni
di
Varo
e a dare degna sepoltura ai resti dei caduti di quella ormai lontana battaglia.
Si arriva così al
19 d.C.
, anno in cui
Tiberio
faceva espellere da
Roma
gli Ebrei ed i seguaci di altri culti orientali. In quell'anno
Germanico
morì (il 10 ottobre del
19 d.C.
ad
Antiochia
). Si ritenne, anche in base ad un sospetto espresso dallo stesso
Germanico
poco prima di morire, che fosse stato avvelenato dal legato di
Siria
Gneo Pisone
e dalla moglie di questi
Munazia Plancina
.
Arrestato e processato nel
20 d.C.
,
Gneo Pisone
si suicidò prima che il tribunale riuscisse a comprovare definitivamente la sua colpevolezza.
Subito dopo la morte di
Germanico
, il comportamento di
Tiberio
mutò radicalmente, egli inasprì duramente le pene nei processi politici o per lesa maestà e si diede a perseguitare quanti - a torto o a ragione - riteneva suoi potenziali avversari.
A questo punto della narrazione fa la sua comparsa
Lucio Elio Seiano
, devoto collaboratore di
Tiberio
e prefetto del Pretorio. Figlio di Lucio Seio Strabone, prefetto del Pretorio alla morte di
Augusto
e poi legato in
Egitto
,
Seiano
seppe fare una rapida carriera sotto
Tiberio
il quale (per affinità di carattere, secondo
Dione
) aveva deciso di farne il suo braccio destro.
I cambiamenti della politica di
Tiberio
e la sinistra figura di
Seiano
cominciarono in quel periodo ad alienare all'imperatore il consenso della cittadinanza, girava inoltre la singolare diceria che
Tiberio
portasse disgrazia ai suoi colleghi di consolato: lo erano stati
Varo
,
Pisone
e
Germanico
e tutti e tre erano morti di morte violenta; così quando
Tiberio
assunse il
consolato
con il figlio Druso (
21 d.C.
), molti ritennero che la sorte del giovane fosse segnata.
Dione
mostra di accogliere questa credenza: "In ogni caso Druso allora e
Seiano
poi, i quali furono entrambi suoi colleghi, vennero condotti a rovina".
In effetti due anni dopo (
23 d.C.
), Druso morì avvelenato ad opera di
Seiano
con la complicità di
Claudia Livilla
, moglie di Druso ed amante di
Seiano
.
Tiberio
pronunciò personalmente l'elogio funebre del figlio ma evitò di interrompere la propria attività, fatto che suscitò qualche scandalo. Seguì una serie di processi e persecuzioni:
Agrippina
(moglie di
Germanico
) venne esiliata con i suoi figli, tranne il giovane
Caligola
. Ad ispirare questi provvedimenti era sempre
Seiano
che mirava ad eliminare i successori di
Tiberio
per poter aspirare all'impero.
Si moltiplicarono i processi per lesa maestà e
Tiberio
, con un comportamento che dalla descrizione di
Dione
si direbbe paranoico, colpì con questa accusa, spesso infondata, numerosissime persone.
L'anziano
Cremuzio Cordo
, persona di ottima reputazione, venne ad esempio condannato a morte perché una sua opera storica venne giudicata scarsamente rispettosa nei confronti di
Cesare
e di
Augusto
.
LIBRO LVIII
In quel periodo (
26 d.C.
),
Tiberio
decise di trasferirsi a Capri, ma a
Roma
continuarono le delazioni, i processi per lesa maestà e le esecuzioni sommarie:
Dione
ricorda il caso di
Tizio Sabino
che fu accusato di maldicenza contro
Tiberio
e giusitizato, sembra, senza regolare processo. (L'episodio è presente anche in Tacito che attribuisce la disgrazia di
Sabino
all'amicizia che questi aveva avuto per
Germanico
). Nel
29 d.C.
morì
Livia Drusilla
, all'età di ottantasei anni.
Tiberio
, che si era tenuto lontano da lei negli ultimi anni, non permise che il
Senato
decretasse la sua divinizzazione e fece in modo che le venissero tributati onori funebri relativamente modesti.
Livia
venne sepolta nel mausoleo di
Augusto
.
Intanto
Seiano
continuava ad accrescere il proprio potere personale, ampliando continuamente la propria cerchia di amici e sostenitori. Quando di questa cerchia entrò a far parte
Asinio Gallo
, detestato da
Tiberio
perché aveva sposato l'ex moglie dell'imperatore
Vipsania Agrippina
e per motivi di rivalità politica,
Tiberio
reagì inviando una nota contro di lui al
Senato
. Subdolamente
Tiberio
- stando a
Dione
- convocò
Asinio Gallo
a Capri offrendogli un soggiorno in modo che non potesse difendersi mentre il
Senato
lo condannava.
Il povero Gallo non fu giustiziato né gli venne concesso di suicidarsi, ma venne condannato ad una lunga ed umiliante prigionia, secondo uno spirito di crudeltà attribuito a
Tiberio
da
Dione
come dalla maggioranze degli altri storici romani.
Dal canto su
Seiano
, che usava intrecciare relazioni con le mogli di tutti i cittadini importanti per essere aiutato nelle sue trame politiche, era divenuto amante di
Livilla
, moglie di Druso Cesare (figlio di
Germanico
e di
Agrippina
) ed andava muovendo contro questi una campagna diffamatoria.
Le manovre di
Seiano
portarono a molte delazioni e condanne, finché
Tiberio
non si rese conto di quale pericolo rappresentasse il suo prefetto e non decise di eliminarlo.
Con la solita ipocrisia (ma forse qui la narrazione risente di un luogo comune della tradizione),
Tiberio
fece in modo che
Seiano
ottenesse il
consolato
e grandissimi onori, quindi lo convocò a Capri dove lo trattò da suo pari. Nel contempo, però,
Tiberio
faceva in modo che circolassero voci contrastanti sulla propria salute e sui suoi rapporti con
Seiano
in modo da far vivere quest'ultimo in costante preoccupazione. Dopo aver operato per qualche tempo in modo che
Seiano
perdesse gran parte del suo prestigio e del favore popolare,
Tiberio
si decise, finalmente, ad attaccarlo direttamente.
Egli inviò da Capri il capo della sua guardia del corpo,
Quinto Nevio Sutorio Macrone
, latore degli ordini imperiali per il
console
Memmio Regolo e per i senatori più fidati.
Macrone
, che
Tiberio
aveva segretamente nominato nuovo prefetto, prese il comando della guardia pretoriana mentre
Seiano
si trovava in
Senato
.
Dione
racconta vivacemente la seduta del
Senato
in cui venne letta la lettera di
Tiberio
che conteneva accuse contro il prefetto e contro alcuni senatori a lui vicini. La sostanza di queste accuse non è tramandata chiaramente ma si capisce che
Tiberio
ne limitò la portata per consentire ai suoi uomini di agire senza provocare tumulti. In effetti, al termine della seduta, il
console
Memmio Regolo procedette all'arresto di
Seiano
.
Nello stesso giorno il
Senato
si riunì nuovamante e considerando l'agitazione popolare che andava nascendo contro
Seiano
ed i suoi soprusi, pronunciò la condanna a morte.
Seiano
, secondo
Dione
, fu precipitato dalle Gemonie, la scala che conduceva dal
Campidoglio
al
Foro
(ma dai
Fasti
risulta che venne strangolato) il 18 ottobre del 31. Pochi giorni dopo anche i suoi figli vennero giustiziati.
Apicata
, moglie di
Seiano
, non venne condannata, ma dopo la morte dei figli denunciò in una lettera a
Tiberio
la complicità di
Livilla
con
Seiano
, quindi si suicidò.
Così anche
Livilla
e tutti gli altri complici di
Seiano
vennero individuati ed eliminati a loro volta. Alla morte di
Seiano
seguì un periodo di disordini in città, provocati soprattutto da quanti erano stati offesi o danneggiati dal comportamento tirannico di lui.
Dione
descrive anche l'ansia di molti senatori che lo avevano adulato ed onorato ed in generale il sollievo della popolazione per la fine del prefetto. Anche
Tiberio
fu sollevato, per essersi liberato del pericoloso personaggio, da una grande angoscia ma, come era suo costume, non lo dette troppo a vedere. Promosse comunque una serie di iniziative contro quanti avevano sostenuto
Seiano
e molti processi già conclusi furono ritenuti inquinati dall'influenza che il prefetto aveva esercitato sui tribunali e furono riaperti. Molti imputati scelsero di suicidarsi prima della sentenza per evitare le torture ed il disonore ed anche per salvare i beni destinati agli eredi dalla confisca che generalmente colpiva i lasciti dei condannati.
Tiberio
continuò a vivere a Capri gestendo il potere da lontano ed ormai non dimostrava più alcun riguardo nei confronti della prassi istituzionale: assegnava e revocava, stando a
Dione
, le magistrature a suo piacimento ed intratteneva con il
Senato
rapporti formali ma densi di reciproci sospetti.
Nel
33 d.C.
Tiberio
si avvicinò a
Roma
ma sostò nei dintorni senza entrare in città.
In quell'anno si verificò una crisi finanziaria che fu mitigata dall'intervento di
Tiberio
che elargì mezzi propri alle casse dello Stato per rendere possibili aiuti a quanti si trovavano in difficoltà. Questo intervento permise a
Tiberio
di riconquistare qualche popolarità, tuttavia la sua immagine continuava ad essere oscurata dalle voci che correvano sui costumi dissoluti e licenziosi dell'imperatore in privato. Su di lui gravava anche la tragica morte di
Agrippina
e di
Druso Cesare
, moglie e figlio di
Germanico
, morti di inedia in esilio.
Dione
esprime l'opinione, in contrasto con altre fonti, che
Tiberio
non amasse il nipote
Tiberio Gemello
, figlio di suo figlio Druso Cesare, e che preferisse come suo successore
Gaio Caligola
, figlio di
Germanico
, che in effetti nel 33 ottenne la questura per volontà di
Tiberio
.
Dione
avanza anche l'ipotesi che
Tiberio
avesse intuito la crudeltà di
Caligola
e previsto che il confronto con il successore favorisse la memoria del suo principato.
Gli ultimi anni di
Tiberio
vengono descritti come un periodo di vero terrore: utilizzando le confessioni estorte da
Macrone
con la tortura
Tiberio
deferiva i suoi avversari al
Senato
perché fossero condannati e messi a morte. Morirono moltissimi senatori e cavalieri tanto che la carenza di candidati rendeva problematica l'assegnazione delle cariche dei governi provinciali. Fra i vari casi menzionati è notevole quello di Mamerco Emilio Scauro che fu condannato per aver composto una tragedia (
Atreo
) dai cui versi
Tiberio
ritenne di essere stato offeso.
Nel
37 d.C.
Tiberio
si ammalò gravemente e morì dopo pochi mesi.
Dione Cassio
segue una fonte che coinvolge
Caligola
e
Macrone
nella responsabilità della morte di
Tiberio
:
Caligola
, complice il prefetto, avrebbe fatto morire di fame o per soffocamento l'infermo (Tacito non parla di
Caligola
ed attribuisce a
Macrone
l'ordine di soffocare
Tiberio
).
Tiberio
morì il 26 marzo del
37 d.C.
, a settantasette anni, dopo ventidue anni di principato.
LIBRO LIX
A
Tiberio
succedette
Gaio detto Caligola
, figlio di Germanico e di
Agrippina
. Il suo primo atto fu far invalidare il testamento di Tiberio che aveva nominato coerede suo nipote Tiberio Gemello, onorò invece i lasciti minori del defunto imperatore. In questo modo eliminò il rivale con il pretesto che era ancora un bambino senza rendersi odioso alla cittadinanza. Distribuì denaro a tutti i cittadini, spesso aggiungendo propri donativi, e distribuì anche i lasciti di Livia Drusilla che Tiberio aveva omesso di consegnare.
Nonostante i comportamenti iniziali che avevano permesso di sperara in bene, Caligola si dimostrò subito immaturo e dispotico. Dilapidò rapidamente le ricchezze dell'erario, accettò in un solo giorno tutti gli onori imperiali che il predecessore aveva rifiutato e si dedicò a sedurre donne sposate o promesse.
Concesse tutti i privilegi delle
vestali
alla nonna Antonia e alle sorelle
Agrippina Minore
, Drusilla e Livilla, si recò personalmente a recuperare le spoglie della madre e dei fratelli Nerone e Druso per deporle nella tomba di Augusto. Dopo aver fatto ciò, tuttavia, costrinse la nonna al suicidio per motivi banali e violentò le sorelle.
La personalità di Gaio era gravemente instabile e contraddittoria e le persone che erano in rapporti con lui avevano sempre grosse difficoltà nella scelta di comportamenti che non lo irritassero, tranne gli attori, i gladiatori e in genere gli uomini di spettacolo dei quali era completamente succube.
All'inizio del suo governo,
Gaio
era stato deferente presso i senatori e mostrò grande moderazione annullando tutti i processi di lesa maestà che erano iniziati sotto Tiberio e liberando quanti erano detenuti per questo reato.
Non accettò che il senato destituisse i consoli in carica per dargli il consolato, ma assunse la carica solo alla scadenza del mandato dei predecessori, avendo come collega lo zio Claudio. Si occupò quindi di dedicare la tomba di Augusto con una solenne cerimonia cui seguirono due giorni di festeggiamenti.
Dopo un primo periodo di relativa tranquillità, Gaio si ammalò gravemente ed accusò Tiberio Gemello di aver pregato per la sua morte, imputazione per la quale lo fece morire insieme a molte altre persone.
Alcuni adulatori che avevano votato la propria vita alla guarigione dell'imperatore furono costretti ad uccidersi per non commettere spergiuro mentre Marco Silano, suocero di Gaio, si suicidò perché sapeva di non essere gradito al genero.
Ripudiata Giunia Claudilla, figlia di Silano, Gaio rapì Cornelia Orestilla mentre stava per sposare Gaio Calpurnio Pisone e la costrinse a sposarlo ma presto la ripudiò e la mandò in esilio insieme a Pisone.
Sotto il consolato di
Marco Giuliano
e
Publio Nonio
(38 d.C.) Gaio varò alcuni apprezzati provvedimenti in materia fiscale e prestò soccorso alle vittime di un grave incendio, modificò le norme elettorali emanate da Tiberio. Inoltre prese decisioni deprecate da tutti dando libero sfogo alla sua sete di sangue, costrinse persone a combattere come gladiatori, emise arbitrarie sentenze di morte.
Fra i vari delitti di
Gaio
viene ricordato il caso di Macrone e di sua moglie Ennia che furono costretti al suicidio nonostante l'appoggio che Macrone aveva prestato a
Gaio
e la tresca dell'imperatore con Ennia.
Quando morì
Drusilla
(38 d.C.), sorella e concubina di
Caligola
, il marito
Marco Emilio Lepido
(anche lui amante dell'imperatore) pronunciò l'elogio funebre e la donna ebbe un funerale pubblico ed onori divini.
Pochi giorni dopo Gaio sposò Lollia Paolina togliendola al marito Memmio Regolo, quindi la ripudiò immediatamente.
L'anno successivo (39 d.C.), Gaio tenne il consolato per un mese cedendolo poi a Sanquinio Massimo. Continuarono le uccisioni e le condanne per i motivi più futili e si continuava a costringere persone di ogni rango a scendere nell'arena per combattere con i gladiatori o per affrontare le belve.
Fra i metodi escogitati da Gaio per rastrellare fondi era il commercio di gladiatori e di cavalli da corsa; i compratori venivano a volte costretti ad acquistare oppure agivano per compiacere l'imperatore ma spesso dopo aver venduto gladiatori o cavalli li faceva avvelenare per eliminare i rivali dei suoi preferiti.
Anche
Dione
ricorda la stravaganza di Gaio che invitava a banchetto il cavallo
Incitatus
e prometteva di farlo console.
Prendendo spunto dalle istanze del senatore Gaio Domizio Corbulone che lamentava scarsa manutenzione della rete viaria, Gaio multò esosamente tutti coloro che erano stati
curatores viarum
pretendendo la restituzione dei fondi erogati dallo stato per lavori che a suo dire non erano stati effettuati.
Per mitigare il carattere crudele e contraddittorio dell'imperatore, il senato gli decretava continuamente nuovi onori e quando fu proposta una processione trionfale
Gaio
ebbe l'idea di traversare a cavallo il mare e per farlo pretese di costruire un ponte di barche fra
Pozzuoli
e Baia (lungo circa 4,5 km). Lo attraversò cavalcando e indossando un'armatura, seguito da un corteo militare. il giorno successivo tornò su un carro trionfale fingendo di aver vinto una battaglia e di riportare bottino e prigionieri. Al termine del lauto banchetto che seguì,
Gaio
fece gettare in mare molti di quelli che avevano preso parte alla messa in scena che fortunatamente si salvarono perché il mare era molto calmo.
Il costo del ponte esaurì le casse statali e Gaio moltiplicò i processi, le condanne e le confische per procurare altro denaro. Fra le vittime di questa nuova fase persecutoria furono il senatore Calvisio Sabino, un certo Tizio Rufo, il pretore Giunio Prisco: tutti processati per futili motivi si suicidarono per prevenire la condanna.
Si salvò l'oratore Domizio Afro che durante il processo di fronte al senato si finse meravigliato dall'eloquenza di Gaio che ne fu lusingato e gli risparmiò la vita.
Per contro condannò a morte Lucio Anneo Seneca per invidia della sua eloquenza, poi lo graziò perché lo convinsero che Seneca stesse per morire di malattia.
Non trovando più in
Roma
fonti di denaro per finanziare le sue esosissime spese, Gaio partì improvvisamente per le Gallie dove si dedicò a spogliare i residenti benestanti con ogni pretesto, a sequestrare beni e a incamerare i donativi che spesso le popolazioni locali gli offrivano nella speranza di evitare il peggio.
Fra le innumerevoli vittime di Caligola,
Dione
ricorda ancora Lentulo Getulico, ex governatore della Germania, e Lepido marito di Drusilla. Fra gli esiliati fu anche
Ofonio Tigellino
, futuro prefetto di
Nerone
.
Gaio ripudiò Paolina per sposare Milona Cesonia che era sua amante ed aspettava un bambino.
Intanto l'imperatore intratteneva rapporti di amicizia con Agrippa I di Giudea e Antioco IV di Commagene, monarchi orientali non ben visti dalla popolazione romana.
Convocò e mandò a morte Tolomeo di Mauretania, figlio di
Giuba II
, forse per invidia (più probabilmente perché connesso a Getulico recentemente giustiziato).
Partito per una nuova spedizione nelle Gallie raggiunse l'Oceano come se intendesse salpare per la
Britannia
ma non si allontanò dalla costa e, come ricorda anche Svetonio, ordinò ai soldati di raccogliere conchiglie. In questa situazione era inevitabile che cominciassero i complotti. Ne fu scoperto uno e vennero giustiziati Anicio Ceriale, Sesto Pomponio ed altre persone.
Gaio cominciò a girare armato anche in città e a farsi sempre più sospettoso ed il clima di terrore e tensione aumentò di giorno in giorno, così come continuamente aumentavano le stravaganze dell'imperatore che spesso si travestiva per impersonare divinità, eroi o gente comune, non necessariamente di sesso maschile.
Nell'ottica della propria apoteosi, fece innalzare due templi dedicati a se stesso e si attribuì l'appellativo di Giove Laziare, nominò i sacerdoti fra gli uomini più ricchi esigendo per questo esosi compensi e consacrò al servizio servizio sacerdotale se stesso e il suo cavallo Incitato.
Quando Cesonia, dopo soli trenta giorni di matrimonio, partorì una bambina la chiamò Drusilla e l'affidò alle cure di Giove e di Minerva.
In genere la gente tollerava la megalomania di Gaio, i suoi vizi e le sue perversioni, ma quando esagerò con il prelievo fiscale cominciarono proteste dure e poiché furono subito represse nel sangue gli avversari di Gaio cominciarono a congiurare segretamente.
A capo della congiura erano
Cassio Cherea
e
Cornelio Sabino
ma molti altri vi aderirono, anche fra i collaboratori dell'imperatore.
Quando si tennero i Ludi Palatini, Gaio volle prolungare i festeggiamenti per aver modo di esibirsi personalmente nella danza e nella recitazioine. Secondo
Dione
i congiurati decisero allora di non sopportare oltre e, bloccato in un vicolo l'imperatore appena uscito dal teatro, lo pugnalarono a morte ed infierirono a lungo sul cadavere. Anche la moglie e la figlia vennero trucidate.
Gaio aveva regnato per tre anni, nove mesi e ventotto giorni (era il 24 gennaio 41).
Mentre il popolo abbatteva le statue di Gaio per dare finalmente sfogo all'odio verso il tiranno, i soldati dei reparti della Germania che formavano la guardia del corpo dell'imperatore manifestarono dissenso per l'accaduto; seguirono disordini e risse con varie vittime finché il consolare
Valerio Asiatico
riprese il controllo della situazione arringando al popolo.
LIBRO LX
Dopo l'uccisione di Caligola i consoli riunirono il senato per deliberare sul da farsi ma l'intera notte trascorse senza che si trovasse un accordo.
Dei soldati trovarono per caso
Claudio
nascosto in un angolo del
palatium
e lo condussero nel Castro Pretorio dove venne acclamato imperatore in quanto membro della famiglia imperiale. I consoli cercarono di opporsi per evitare che la decisione fosse presa dai pretoriani invece che dai senatori, ma infine cedettero e
Tiberio Claudio Nerone Germanico
, figlio di
Druso
figlio di Livia, ottenne il potere imperiale all'età di cinquant'anni.
Claudio
era estremamente colto e intelligente ma di salute cagionevole, affetto da un vistoso tremore nelle mani e nella voce. Delicato dall'infanzia era stato educato dalla nonna e dalla madre, sempre in compagnia di donne e di liberti. Era dedito al vino e alla lussuria e quando vi si abbandonava diventava facilmente influenzabile.
I suoi consiglieri sfruttavano anche le sue paure per condizionare le sue decisioni, ma quando riusciva a comportarsi autonomamente era capace anche di atti degni di approvazione.
All'inizio dell'impero era molto sospettoso, faceva perquisire chiunque si avvicinasse e aveva sempre una guardia di soldati durante i banchetti.
Mandò a morte
Cherea
e parte dei suoi compagni e anche in questo caso prevalsero i suoi sospetti:
Cherea
infatti avrebbe potuto complottare anche contro di lui. Poco dopo
Sabino
preferì suicidarsi.
Con altri suoi potenziali avversari, invece, si mostrò clemente e arrivò a proclamare un'amnistia e ad abrogare l'accusa di
majestas
.
Abolì le imposte ingiuste istituite da Gaio, richiamò in patria gli esuli fra i quali erano anche
Agrippina
e Giulia e liberò i detenuti che erano stati condannati per reati politici e in generale eliminò le misure inique introdotte dal predecessore.
Dimostrò moderazione anche nel rifiutare titoli altisonanti e onori eccessivi. Anche in occasione del fidanzamento della figlia Ottavia con Lucio Giunio Silano e del matrimonio della figlia Antonia con Gneo Pompeo (al quale restituì il
cognomen
di Magno) evitò festeggiamenti fuori dalla norma e lasciò che le attività del senato e dei tribunali proseguissero regolarmente.
Restituì la Commagene a Antioco IV e regolò varie questioni in Asia annullando iniquità nei confronti di Mitridate Ibero, accrebbe il regno di Erode Agrippa I e di suo fratello Erode di Calcide.
Intanto Valeria Messalina, terza moglie di Claudio, era risentita nei confronti di Giulia Livilla, nipote dell'imperatore, per invidia e gelosia. Organizzò quindi una serie di accuse riuscendo a farla esiliare e più tardi a farla giustiziare. Fu esiliato anche il filosofo Anneo Seneca, presunto amante di Giulia Livilla.
Ancora in quell'anno 41 d.C.
Sulpicio Galba
, il futuro imperatore, sottomise i Chiatti e Publio Gabinio vinse i Cauci togliendo loro un'insegna romana presa durante il disastro di Varo.
Nel 42
Svetonio Paolino
e Gneo Osidio Geta sottomisero i Mauretani. A questo proposito
Dione
racconta un curioso episodio: inseguendo i Mauretani sconfitti nel deserto Geta si trovò in grave difficoltà per mancanza di acqua ma un uomo del luogo che simpatizzava per i romani ed era evidentemente una sorta di stregone riuscì a far piovere abbondantemente con strani rituali ed incantesimi.
Claudio ebbe il consolato insieme a Gaio Largo ma dopo due mesi depose la carica lasciando che il collega la tenesse per l'intero anno.
Per risolvere definitivamente i problemi dell'approvvigionamento marittimo (il grano che si consumava a
Roma
era quasi tutto d'importazione), Claudio fece costruire il grande porto di Ostia, opera considerevole che comportò un enorme investimento.
Nell'organizzare i giochi gladiatori dei quali era particolarmente appassionato, Claudio non dimostrava la solita moderazione. Ne indiceva continuamente facendo in modo che vi perissero molti schiavi che egli odiava per il comportamento tenuto sotto Tiberio e Gaio.
Le trame di Messalina e dei liberti imperiali indussero con il tempo Claudio ad uno stato di continua preoccupazione per la propria vita che spesso lo portava a pronunciare condanne delle quali più tardi si pentiva.
Fra le sue prime vittime fu Gaio Appio Silano, già governatore di
Spagna
, al quale Claudio fece sposare la propria suocera ma quando Silano rifiutò le profferte libidinose di Messalina, calunniato dalla donna venne fatto morire.
> Questo episodio provocò la sfiducia popolare e venne ordita una congiura da Annio Viniciano che era stato un candidato alla successione di Caligola.
Viniciano prese contatti con il governatore della
Dalmazia
Furio Camillo Scriboniano il quale era altrettanto interessato all'eliminazione di Claudio ma si poneva l'obiettivo di restaurare la repubblica. Quando Scriboniano manifestò la propria idea, tuttavia, i suoi soldati mostrarono di non gradirla perché prevedevano nuove lotte civili e Sccriboniano fuggì da loro poi si uccise.
Anche Viniciano si uccise mentre Claudio, scoperta la congiura, mandava a morte molte persone anche a causa delle delazioni di Messalina e dei liberti imperiali.
Fra le molte vittime di queste persecuzioni si ricordava
Arria
, moglie di
Cecina Peto
, che volle morire insieme al marito condannato, anzi si pugnalò davanti a lui dicendo "non fa male".
Durante il suo terzo consolato (43 d.C.)
Claudio
abolì molte festività e relativi sacrifici riducendo i costi a carico dello stato. Nello stesso anno la
Licia
che si era ribellata venne sottomessa ed incorporata nella provincia della
Panfilia
.
Messalina e i suoi liberti spesso si facevano pagare per convincere Claudio a concedere la cittadinanza romana, le cariche pubbliche e ogni possibile privilegio. Inoltre Messalina dando prova di grande dissolutezza aveva molti amanti le cui mogli venivano obbligate a prostituirsi. Chi non intendeva partecipare a questi vizi o minacciava di denunciarla all'imperatore rischiava di perdere la vita come accadde a Antonio Giusto comandante della guardia pretoriana.
In quel periodo un certo Berico re degli Atredati (una tribù della
Britannia
) fu cacciato dal suo paese e convinse Claudio ad intervenire in suo favore, il comando della missione fu affidato a
Aulo Plauzio
. La spedizione fu ritardata dalla resistenza dei soldati all'idea di oltrepassare la Manica e combattere "oltre il mondo conosciuto". Una volta sull'isola
Plauzio
sottomise varie tribù con grandi difficoltà per il terreno ostico e sconosciuto. A questa impresa parteciparono il futuro imperatore Vespasiano e suo fratello Sabino.
Quando inseguendo i nemici giunsero alla foce del
Tamigi
Plauzio
ritenne troppo pericoloso combattere sul terreno paludoso e ne informò Claudio che, ricevuta la comunicazione, decise di intervenire personalmente. Giunto a sua volta in
Britannia
con un'altra armata che unì alle legioni di
Plauzio
, Claudio conquistò Camuloduno ed altri territori, quindi ripartì per
Roma
lasciando a
Plauzio
il compito di completare la conquista della
Britannia
.
A
Roma
Claudio
celebrò il trionfo ed ottenne il titolo di Britannico, valido anche per il figlio.
La celebrazione del trionfo e i relativi festeggiamenti si svolsero nel
44 d.C.
, consoli
Gaio Crispo
e
Tito Statilio
; in quell'anno
Claudio
operò riforme legislative e giudiziarie.
L'anno successivo, consoli
Marco Vinicio
e
Statilio Corvino
, l'imperatore ripristinò l'uso del giuramento collettivo dei senatori pronunciato da un solo membro, uso che era stato abolito da
Caligola
.
Nel
46
ebbero il consolato
Valerio Asiatico
(per la seconda volta) e Marco Silano. Asiatico si dimise prima della fine del mandato perchè preoccupato dall'invidia che il secondo consolato poteva procurargli.
Il suo predecessore Marco Vinicio fu fatto morire da Messalina per aver respinto le proposte di lei.
Asinio Gallio fratellastro di Druso cospirò contro Claudio ma se la cavò con l'esilio perché non aveva organizzato l'azione seriamente ed era ritenuto poco credibile. Claudio in questa occasione fu lodato per la sua clemenza ed erano frequenti i casi in cui riscuoteva il favore popolare, tuttavia la gente deprecava in lui la debolezza con cui si lasciava manipolare da Messalina e dai liberti.
Nel
47
Claudio fu console per la quarta volta insieme a Vitellio che era al terzo consolato. Venne processato e condannato
Valerio Asiatico
(in
Dione
l'accusa è di complotto mentre per Tacito si trattava di adulterio). Fu condannato anche Pompeo genero di Claudio ma
Dione
non indica l'accusa.
Durante una spedizione comandata da
Aulo Plauzio
in
Britannia
, Vespasiano si trovò in grave pericolo e fu salvato dall'eroico intervento del figlio Tito (ma la notizia non è accettabile per motivi cronologici, Tito era ancora un bambino).
Gneo Domizio Corbulone, comandante dell'esercito in Germania, riportò molte vittorie ma fu fermato da Claudio che era invidioso del suo successo.
Quando Messalina entrò in contrasto con i potenti liberti di Claudio la sua fortuna tramontò. La donna arrivò a celebrare il matrimonio con uno dei suoi amanti, Gaio Silio, Claudio non se ne rese conto finché non ne fu informato dal liberto
Narcisso
. L'imperatore, che si trovava ad Ostia, tornò a
Roma
e subito mandò a morte molte persone, quindi fece uccidere la stessa Messalina.
Dopo qualche tempo sposò la propria nipote
Agrippina
, madre di
Nerone
.
Appena sposata
Agrippina
cominciò a tramare per assicurare al figlio la successione e per procurargli grandi ricchezze. Inoltre portò alla rovina alcune donne della nobiltà fra cui Lollia Paolina, ex moglie di Caligola, che aveva aspirato a sposare Claudio dopo la morte di Messalina.
Convinse
Claudio
a fidanzare la propria figlia Ottavia con
Nerone eliminando il precedente fidanzato Silano, e a adottare lo stesso
Nerone
mentre Britannico, figlio di
Claudio
e di Messalina, veniva ridotto a una condizione di prigionia di fatto.
Dione
si sofferma sull'ingenuità di Claudio rispetto ai suoi liberti e a
Agrippina
. In occasione di una malattia di
Claudio
e della sua guarigione,
Nerone
offrì al popolo un agone ippico e
Agrippina
lo fece dichiarare da
Claudio
già pronto per amministrare le cose dello stato.
Nerone
sposò Ottavia figlia di
Claudio
mentre Britannico veniva ignorato da tutti o ritenuto demente.
Con il tempo tuttavia
Claudio
si rese conto della situazione, cominciò a trascorrere più tempo con Britannico e iniziò preparativi per dichiararlo ufficialmente suo successore. Quando
Agrippina
lo venne a sapere decise di passare alle vie di fatto e ricorse ad una nota avvelenatrice di nome
Locusta
che preparò una pozione mortale con la quale fu intossicato il cibo dell'imperatore.
Claudio
morì durante la notte a sessantatre anni, dopo tredici anni di regno.
Narcisso
, che era stato allontanato da
Roma
da
Agrippina
con un pretesto, fece in tempo a distruggere i documenti segreti in suo possesso e poco dopo venne ucciso (secondo Tacito si suicidò).
Claudio
ebbe esequie imperiali mentre
Agrippina
e
Nerone
fingevano di piangerlo fra i sospetti di molti.
LIBRO LXI
Eredi di
Claudio
erano Britannico, figlio legittimo del defunto imperatore, e
Nerone
suo figlio adottivo. Nerore fece sparire il testamento di Claudio e divenne imperatore, poi eliminò Britannico e le sue sorelle,
Alla nascita di
Nerone
un astrologo aveva profetizzato che sarebbe stato imperatore e matricida, in quell'occasione Agrippina avrebbe pronunciato la frase "mi uccida purché regni" (per pentirsene amaramente in seguito).
Anche il padre Domizio aveva predetto la malvagità di
Nerone
mentre una pelle di serpente trovata sul collo di
Nerone
bambino fece dire agli indovini che avrebbe ricevuto il potere da un vecchio.
Assunse il potere a diciassette anni, come primo atto lesse nel Castro Pretorio il discorso preparato da Seneca che fece ben sperare i senatori. Subito Agrippina prese ad affiancare il figlio in ogni occasione, a gestire gli affari del governo per suo conto e a ricevere gli ambasciatori. Pallante, alleato di Agrippina, diventava sempre più odioso.
Seneca, precettore di
Nerone
, e
Burro
prefetto del pretorio, riuscirono ad estromettere Agrippina e per qualche tempo amministrarono il potere come meglio poterono.