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DIODORO SICULO

BIBLIOTECA STORICA



Libro I


Nel proemio, costituito dai primi cinque capitoli del primo libro, l'Autore presenta la propria opera sostenendo l'utilità della storia in generale e della narrazione storiografica universale in particolare.
Un'opera di agevole lettura che comprenda le vicende di tutte le popolazioni dall'inizio dei tempi si dimostrerà, secondo Diodoro, particolarmente utile a chi intenda trarre profitto dalla conoscenza della storia e dei suoi insegnamenti.
Ancora nel proemio, Diodoro descrive il proprio metodo di lavoro, basato sullo studio approfondito delle fonti precedenti ma anche sulla conoscenza diretta acquisita durante una serie di viaggi preliminari alla stesura del testo, stesura che lo vide impegnato per ben trent'anni.
Sul risultato di tanto lavoro l'autore anticipa un primo scorcio schematico:
  • I primi sei libri riguardano "le vicende precedenti alla guerra di Troia e le leggende mitiche"
  • i libri dal settimo al diciassettesimo il periodo dalla guerra di Troia alla morte di Alessandro Magno
  • i ventitre libri successivi arrivano all'epoca dell'autore ed alle gesta di Cesare. (Ci sono giunti i libri I-V e XI-XX).
    Particolare attenzione Diodoro dedica alla datazione degli avvenimenti, per la quale ricorrerà a numerosi strumenti come le tavole cronologiche di Apollodoro di Atene, la serie dei re di Sparta, la successione delle Olimpiadi, gli arconti di Atene, i consoli di Roma.
    Concluso il proemio, Diodoro espone molto brevemente la teoria più nota ai suoi tempi in merito alla formazione del mondo, alla comparsa della vita ed alla nascita dell'umanità.
    Spinti dalla necessità gli uomini primitivi presero a riunirsi in gruppi ed a comunicare fra loro tramite linguaggi via via più evoluti. Intanto imparavano a trovare rifugio dal freddo e dagli animali selvatici, a sopperire alle proprie necessità e a procurarsi provviste per l'inverno.
    Dichiaratamente la trattazione degli uomini "preistorici" viene limitata in poche pagine per mantenere la "giusta proporzione dell'esposizione".
    Dopo aver premesso che intende narrare separatamente la storia greca da quella dei popoli non greci, Diodoro pone il problema di quale debba essere considerata la più antica civiltà ed infine opta per quella egiziana.
    Diodoro individua nella particolare fertilità del paese e nella mitezza del clima le causee del precoce sviluppo della civiltà egiziana.
    I più antichi Egiziani adoravano il sole e la luna che identificavano rispettivamente con Osiride e Iside.
    Osiride (il cui nome Diodoro traduce "colui che ha molti occhi") in accordo con Plutarco, era identificato dai mitografi greci con Dioniso.
    Iside veniva rappresentata spesso con le corna, in riferimento alla falce della luna o al fatto che le era sacra la vacca.
    Divinità primordiali, Osiride ed Iside erano considerati all'origine della materia e del "soffio vitale" che anima gli esseri: i componenti dell'universo che furono a loro volta identificati con altre divinità. Il soffio vitale fu Zeus (Amon per gli Egiziani), il fuoco Efesto (Ptah), la terra fu la "madre" (Demetra - Iside), l'acqua venne identificata con Nun, dio egiziano della fertilità che per i Greci fu Oceano.
    Infine l'aria venne rappresentata da Atena, equivalente alla dea egiziana Neith, la cui eterna verginità si riferiva alla purezza dell'atmosfera incontaminata (vivesse oggi, Diodoro, forse la penserebbe in altro modo).
    Secondo gli Egiziani gli dei percorrevano la terra in forma di animali e, a volte, assumevano aspetto umano.
    Agli dei fin qui citati se ne aggiungono altri che erano stati esseri umani e che per le loro qualità avevano ottenuto di divenire immortali (fra questi i più antichi re d'Egitto); alcuni di questi dei sono omonimi di corrispondenti divinità celesti.
    Il primo a reggere il trono egiziano era stato Elio (Amon) oppure, secondo la tradizione di Menfi, il dio Ptah che i Greci identificavano con Efesto il quale aveva scoperto il fuoco e ne aveva fatto dono all'umanità.
    Seguirono Crono e la sua sorella-sposa Rea, ai quali succedettero Iside e Osiride.
    Questi insegnarono l'agricoltura e posero fine al cannibalismo, quindi dettarono ai sudditi le prime leggi.
    Una parte degli Egiziani attribuiva ad Osiride la fondazione della città di Tebe, mentre altri la consideravano fondata in epoca più tarda da un re del quale Diodoro si ripromette di parlare più avanti.
    Figlio di Zeus, Osiride portò l'Egitto a grande splendore, scoprì la vite ed inventò il vino come il suo corrispondente greco Dioniso.
    Osiride scelse Ermes come proprio scriba, a questo dio, corrispondente all'egiziano Toth, si attribuiva l'invenzione della scrittura, dell'alfabeto, della lira e dei primi rudimenti musicali, nonché la scoperta dell'olivo.
    Osiride, costituito un potente esercito, organizzò una grande spedizione per visitare tutte la terra insegnando l'agricoltura. Trasferì ad Iside tutto il potere e le affiancò Ermes come consigliere.
    Mise a capo della difesa militare del paese Eracle, variamente identificato con gli dei egiziani, e prese con se Apollo (Horus) che Diodoro definisce "fratello" di Osiride, ma in genere la tradizione egiziana considerava Horus figlio di Osiride.
    Alla spedizione presero inoltre parte i due figli di Osiride (Anubi e Macedone), Pan (identificato con il dio egiziano Min), Marone e Trittolemo.
    Completavano il seguito di Osiride i Satiri, molti musicisti ed un gruppo di nove vergini abili nel canto che presso i Greci furono chiamate Muse.
    La prima tappa della spedizione fu l'Etiopia dove Osiride insegnò le arti agricole e fondò grandi città.
    Intanto, in Egitto, il Nilo straripò devastando vaste regioni, in particolare quella governata da Prometeo. La piena fu arginata da Eracle; poiché per la rapidità delle esondazioni il Nilo veniva detto Aetos (aquila) da questo episodio sarebbe nato il mito di Eracle che uccide l'aquila che tormenta Prometeo.
    Osiride, giunto ai confini dell'Etiopia, fece costruire dighe ed altre opere atte a regolare il corso del fiume e a controllare la violenza delle sue piene, quindi proseguì il proprio viaggio attraversando l'Arabia e spingendosi fino in India.
    Tornò indietro attraversando l'Ellesponto e passando in Europa. Questo capitolo (il ventesimo) riprende alcuni episodi del mito dionisiaco: uccise Licurgo re della Tracia e fondò la città di Maronea (che affidò a Marone), fece del proprio figlio Macedone il re della regione che da lui prese nome. Affidò a Trittolemo la diffusione dell'agricoltura in Attica.
    Tornò in Egitto con ricchissimi trofei e quando infine morì fu divinizzato e fatto oggetto di culto.
    Osiride fu ucciso da Seth (per i Greci Tifone) che fece a pezzi il suo corpo e distribuì i pezzi a quanti lo avevano aiutato. Iside, moglie-sorella di Osiride, ed il figlio Horus sconfissero Seth e ripresero il potere.
    Recuperate tutte le parti del corpo di Osiride tranne il fallo, Iside volle agire in modo che lo sposo fosse venerato in tutto l'Egitto ma che il suo sepolcro rimanesse segreto. Fece così tante statue di cera di Osiride quante erano le parti del corpo smembrato (ventisei secondo Diodoro, quattordici secondo Plutarco), ciascuna statua conteneva una di quelle macabre reliquie, e le affidò ai sacerdoti ordinando loro di seppellirle e venerarle e premiandoli con grandi ricchezze. Poiché i sacerdoti furono convocati separatamente ciascuno credette di essere l'unico ad aver ricevuto l'incarico.
    In questa occasione sarebbe stato istituito il culto degli animali sacri.
    Iside giurò di non unirsi ad alcun altro uomo e regnò per molti anni sull'Egitto con grande giustizia. Alla sua morte fu sepolta nell'isola di File nel Nilo, dove sorse un grande santuario, luogo del culto di Iside ed Osiride comune a tutti gli Egiziani.
    Gli Egiziani sostenevano che il mito di Dioniso figlio di Zeus e Semele fosse nato in Egitto e trasferito in Grecia da Orfeo il quale aveva assistito ai riti iniziatici dei sacerdoti.
    Secondo la versione in qualche modo razionalizzante che qui Diodoro attribuisce agli Egiziani, Cadmo sarebbe stato un re della Tebe di Egitto, non di quella greca. Sua figlia Semele venne violentata da uno sconosciuto e partorì dopo sette mesi. Per volere di un oracolo (o per nascondere il disonore) Cadmo proclamò il bambino una reincarnazione di Osiride-Dioniso e lo disse nato da Zeus. Molto tempo dopo Orfeo trasferì in Grecia il mito che qui assunse la versione nota a tutti gli Elleni.
    Non solo nel caso di Dioniso gli Egiziani rivendicavano al proprio paese le origini del dio o dell'eroe: era così ad esempio anche per Eracle, Perseo ed Io.
    Quest'ultima, figlia di Inaco amata da Zeus e trasformata in vacca da Era, era identificata direttamente con Iside.
    Perseo aveva, anche nella tradizionale versione greca, ascendenti egiziani in quanto figlio di Danae. Quanto ad Eracle qui si espone la teoria che l'Eracle civilizzatore, portatore di clava e sgominatore di belve, originario dell'Egitto e vissuto agli albori dell'umanità, fosse persona diversa dal figlio di Alcmena vissuto una generazione prima della guerra di Troia.
    Non sempre le identificazioni degli dei egiziani con quelli greci erano univoche: Osiride, ad esempio, veniva identificato generalmente con Dioniso ma anche con Zeus, Plutone e Pan.
    Patrona dei malati, creatrice di farmaci e rimedi, Iside aveva resuscitato il figlio Horus, ucciso dai Titani, lo aveva reso immortale e partecipe della sua sapienza medica. Per questo motivo Horus veniva a volte messo in relazione con Apollo.
    Horus fu l'ultimo dio a regnare sull'Egitto. I sacerdoti calcolavano ventitremila anni dal suo regno alla conquista del paese da parte di Alessandro Magno. Qui Diodoro razionalizza la tradizionale credenza che i più antichi re avessero regnato per secoli spiegandola con un diverso computo del tempo.
    L'argomento "Osiride ed Iside" si conclude (cap. 27) con alcune brevi note: dal prestigio di Iside derivava per le donne egiziane molta considerazione e condizioni di vita migliori che in altri paesi (ne parla anche Erodoto); vengono citate iscrizioni che si potevano leggere sulle supposte sepolture di Iside ed Osiride ma si conclude che la vera ubicazione di queste tombe era ignota perché i sacerdoti che la conoscevano erano tenuti al segreto.
    Nelle generazioni successive dall'Egitto mossero molti coloni, fra questi Belo che raggiunse la Babilonia ed istituì il sacerdozio dei Caldei; Danao, qui considerato fondatore di Argo; ed altri che migrarono fra i Colchi, i Giudei e gli Arabi esportando usanze egiziane quali la circoncisione.
    Anche alla città di Atene si attribuivano remote origini egiziane, per vari motivi fra i quali alcune analogie nell'ordinamento giuridico e sociale. Del resto in Omero il contingente ateniese che partecipa alla guerra di Troia è comandato da Menesteo il cui padre si chiamava Peteo (o Petes), nome che Diodoro ritiene di chiara derivazione egiziana.
    Anche ad un altro mitico re ateniese, Eretteo, si attribuivano parentele egiziane, parentele grazie alle quali egli avrebbe ottenuto aiuto dall'Egitto durante una grave siccità.
    Al termine del capitolo Diodoro prende le distanze dai racconti degli Egiziani a proposito delle loro antiche imprese di colonizzatori in quanto non le ritiene correttamente documentabili.
    Con il capitolo trenta ha inizio la descrizione geografica dell'Egitto. Il paese aveva nei propri confini delle valide difese naturali: il deserto della Siria, le Cateratte del Nilo, le paludi a oriente che lo separavano dalla Celesiria.
    Su queste paludi Diodoro si sofferma per raccontare le insidie delle sabbie mobili capaci di far sprofondare interi eserciti.
    A nord l'Egitto si affacciava sul Mediterraneo. La costa era piatta ed insidiosa e non offriva approdi sicuri fatta eccezione per il porto dell'isola di Faro. I fondali sabbiosi del delta nel Nilo, nei quali le imbarcazioni rischiavano sempre di arenarsi costituivano un'ulteriore difesa naturale per il paese. La densità della popolazione era molto alta e già in tempi antichi si contavano diciottomila centri abitati (il dato non differisce molto da quello fornito da Erodoto).
    Il Nilo, che Diodoro riteneva il più grande fiume del mondo, scorre da sud verso nord. Nessuno aveva mai raggiunto le sue sorgenti. Il corso maestoso del fiume non era mai violento salvo nei punti dove i dislivelli del suolo formavano piccole cascate dette "cateratte", la maggior parte delle quali segnava il confine fra l'Etiopia e l'Egitto.
    Fra le varie isole nel corso del fiume la più grande era Meroe, con la città omonima fondata da Cambise, ricca d'oro e di altri metalli.
    Dividendosi in più rami, il Nilo forma il delta e sfocia nel mare con sette "bocche". Da una di queste bocche, detta Pelusiaca, si dipartiva un canale artificiale che raggiungeva il Mar Rosso (un tracciato analogo a quello dell'attuale Canale di Suez). Il canale fu iniziato dal faraone Neco II (XXVI dinastia), portato avanti dal re per persiano Dario e completato da Tolomeo II Filadelfo.
    Le inondazioni periodiche, grazie al fango depositato, rendevano il terreno fertilissimo e facile da coltivare, ma anche la vegetazione spontanea era molto varia e ricca di frutti nutrienti. Fra i vari prodotti dell'agricoltura e della raccolta, Diodoro ricorda il pane di loto, le fave egiziane, bacche dolcissime, l'olio ottenuto dal kiki (ricino) usato per l'illuminazione e per la cura del corpo, nonché la birra d'orzo detta zythos.
    Molti animali popolavano il Nilo, Diodoro ricorda il coccodrillo ed il "cavallo di fiume". Entrambi gli animali erano venerati in alcune regioni egiziane ed esecrati in altre. Le loro carni non erano commestibili. La descrizione di questi animali deriva chiaramente da quella fornita da Erodoto.
    Anche la pesca nel Nilo era molto abbondante e gli Egiziani svolgevano anche una fiorente attività commerciale con il pesce salato.
    Le piene del fiume, attentamente controllate dai funzionari, rendevano estremamente facile l'irrigazione grazie anche alla conformazione pianeggiante del terreno che faceva scorrere l'acqua senza irruenza.
    Sulle causee naturali delle esondazioni del Nilo nessun autore, secondo Diodoro, aveva fornito spiegazioni attentibili, anzi molti si erano del tutto astenuti dal parlarne.
    Anche fonti autorevoli come Ellanico, Ecateo ed Erodoto risentono della scarsità delle informazioni, del resto la più antica spedizione in Etiopia, verso la fonte del fiume, risaliva a Tolomeo II Filadelfo, vissuto una generazione dopo Alessandro Magno.
    Talete riteneva la piena dovuta al fatto che la foce del Nilo fosse orientata in opposizione ai venti etesi, i quali avrebbero impedito alle acque di defluire in mare, ma Diodoro non accetta questa spiegazione perché il fenomeno riguardava il solo Nilo e non tutti i fiumi in condizioni analoghe. Rifiutata anche la tesi di Anassagora che attribuiva le piene estive allo scioglimento del ghiaccio in quanto Diodoro, considerando il clima della regione, non crede all'esistenza di ghiaccio presso la fonte del fiume.
    Erodoto espresse l'opinione che il livello naturale del fiume fosse quello della piena e che le acque si ritirassero durante l'inverno a causa dell'allontanarsi del sole verso settentrione, anche qui può valere l'obiezione sull'univocità del fenomeno.
    Democrito di Abdera attribuiva le piene a torrenziali piogge estive sui monti dell'Etiopia portate dai venti Etesi, ma Diodoro non condivide i suoi calcoli in merito alla stagionalità di quelle piogge. Dal canto suo Eforo, riferendo un'ipotesi più recente, riteneva che fosse il suolo poroso ad assorbire grandi quantità di acqua in inverno restituendole d'estate.
    Diodoro rifiuta anche questa spiegazione e polemizza con Eforo che dimostrava di non essere ben informato sulla natura dei luoghi.
    Dei filosofi egiziani non meglio identificati sostenevano che il Nilo provenisse dalla parte della terra "opposta alla nostra nelle sue stagioni" ed attraversasse nel suo corso una regione caldissima. La piena sarebbe dunque causata dalle tempeste invernali nell'altra parte del mondo (che si svolgono quando da noi è estate). Anche questa spiegazione viene seccamente respinta dall'autore.
    Contestato anche Enopide di Chio che cercava la causa del fenomeno nelle variazioni dell'umidità sotterranea: perché solo il Nilo?
    Infine viene accettata con qualche esitazione la spiegazione di Agatarchide di Cnido che parlava di forti precipitazioni estive in Etiopia.
    In effetti sono proprio le piogge a far crescere il Nilo, piogge provocate dai monsoni e dagli elisei che sospingono sulle alture etiopi l'umidità causata dalla forte evaporazione del periodo più caldo.
    Conclusa la descrizione della geografia del paese, Diodoro si accinge a parlare della "vita primitiva degli Egiziani". Per molto tempo questi vissero di raccolta, di caccia e di pesca, abitando capanne di canne e vestendo le pelle degli animali. Successivamente passarono all'agricoltura, secondo alcuni miti insegnata loro da Iside o da Ermes.
    Ad un lungo periodo in cui regnarono dei ed eroi, seguirono monarchi umani per circa cinquemila anni fino ai tempi dell'autore. Durante il suo soggiorno in Egitto, ricorda Diodoro, regnava Tolomeo XII. Le dinastie egiziane furono di tanto in tanto interrotte per brevi periodi da re etiopi, persiani ed infine macedoni.
    La datazione adottata da Diodoro non è esattissima, egli inoltre trascura l'invasione degli Hyksos ed i sovrani libici. Racconta che esistevano cronache curate dai sacerdoti su ciascun re, materiale dunque vastissimo che egli si propone di riepilogare.
    La serie dei faraoni inizia con Menas (Narmer-Menes) che viene ricordato principalmente per il lusso dei costumi da lui istituiti, costumi che, molto più tardi, saranno riformati da Tnefacto (Tefnakht) che promosse la frugalità e maledisse la memoria di Menas.
    Durante il regno di cinquantadue successori di Menas Diodoro non annota alcun evento rilevante. Accenna dunque a due sovrani di nome Busiride ai quali attribuisce la fondazione di Tebe, questi personaggi non sono identificabili.
    Tebe era famosa per lo splendore dei suoi templi i cui ricchissimi arredi furono saccheggiati dai Persiani quando Cambise invase l'Egitto. I Persiani saccheggiarono inoltre molte delle tombe reali impadronendosi degli immensi tesori in esse contenuti.
    Fra i famosi monumenti funebri egiziani, Diodoro sceglie di descrivere quello costruito da Ramses II nel XIII secolo a.C.
    Oltre alle dimensioni ed alla disposizione degli ambienti e delle statue del santuario, Diodoro descrive i grandi affreschi che immortalavano le gesta del re nella battaglia di Qadesh, combattuta nel 1288 a.C. contro gli Ittiti.
    Dopo aver ricordato brevemente la profonda competenza dei Tebani in campo astronomico, l'Autore passa a raccontare come la città di Tebe fu soppiantata da una nuova capitale costruita sul delta di nome Menfi. Qui la narrazione diodorea contrasta con le fonti egiziane secondo le quali Menfi fu capitale prima di Tebe e fu fondata dal primo faraone Narmer-Menes, mentre Diodoro attribuisce la fondazione ad un re di nome Ucoreo che non è stato identificato.
    Questo re avrebbe dato alla città il nome della propria figlia la quale fu amata dal fiume Nilo in forma di toro e generò Egitto, il nuovo re, che fu eponimo dell'intero paese (qui accidentalmente Diodoro riprende un racconto mitologico, per altro alternativo alla versione canonica che voleva Egitto figlio di Belo e fratello di Danao).
    Successivamente il faraone Meride (Amenemhet III, XII dinastia) abbellì ed ingrandì ancora facendo costruire i propilei meridionali e scavando un grande lago artificiale che prese il suo nome.
    Il racconto di Diodoro passa ora a un faraone che egli chiama Sesoosi, vissuto "sette generazioni più tardi". Si tratta di Sesostri III, della XII dinastia, ma alcuni episodi sembrano riferiti ad altri sovrani con lo stesso nome. L'autore, che qui segue prevalentemente Erodoto, tiene del resto a precisare che le fonti a sua disposizione sull'argomento erano spesso imprecise e contraddittorie e che egli stesso ha selezionato le notizie che si sono sembrate più attendibili.
    In gioventù Sesostri ricevette una completa preparazione militare che, ancora prima di salire al trono, mise in pratica operando conquiste in Arabia e Libia.
    Divenuto re si mostrò saggio e munifico, operò riforme e riorganizzò il paese dividendolo in distretti.
    Formata una grande armata la guidò alla conquista dell'Etiopia, delle isole del Mar Rosso e di spinse fino in India (quest'ultima notizia non pare attendibile agli studiosi moderni).
    Svolse campagne anche in Europa ed in Asia arrivando alla palude Meotide (oggi Mare di Azov) dove lasciò un folto presidio che successivamente formò la popolazione dei Colchi (notizia presente anche in Erodoto).
    Nel complesso le campagne di Sesostri III, che si conclusero in Tracia, durarono nove anni.
    Egli trattò con moderazione i popoli sottomessi e, tornato in patria, ricompensò i veterani con ricchi donativi.
    Utilizzando la grande quantità di prigionieri catturati durante le sue campagne, il faraone si dedicò alla realizzazione di grandi opere, con particolare attenzione all'irrigazione delle campagne ed alla canalizzazione delle piene del Nilo.
    Costruì molti monumenti religiosi, abbellì i santuari ed in particolare quello di Efesto (Ptah) a Menfi, come dono votivo per essersi salvato da una congiura.
    Si suicidò dopo trentatre anni di regno per aver perso la vista. La sua fama fu grande nei secoli seguenti tanto che, durante l'invasione persiana, anche Dario rese onore alla sua memoria.
    Il figlio di Sesostri non fece nulla di notevole ma gli capitò un singolare episodio: avendo perso a sua volta la vista pregò a lungo gli dei finché un oracolo gli ordinò di lavarsi gli occhi con l'orina di una moglie fedele. Non fu facile trovare il rimedio e quando finalmente vi riuscì il faraone fece bruciare vive tutte le fedigrafe che aveva così scoperto.
    Molte generazioni dopo prese il potere un sovrano di nome Amasi (non chiaramente identificabile) il quale fu sconfitto dal re etiope Actisane che diede così inizio al periodo di dominazione etiope in Egitto. Di questo monarca Diodoro dice che fu saggio e moderato, ricorda che istituì la colonia penale di Rinocolura (odierna El-Arish) in una regione arida ed inospitale confinandovi quanti erano stati giudicati colpevoli di furto, dopo aver fatto loro mozzare il naso.
    Concluso il periodo etiope regnò un faraone di nome Mendes o Marros (forse si tratta ancora di Amenemhet III) che fece costruire un labirinto simile a quello di Creta ancora visibile ai tempi dell'autore. L'edificio è citato anche da Erodoto, Plinio e Strabone.
    A questo seguì un periodo di cinque anni di anarchia quindi fu eletto un certo Ceten (forse Sethnakht, iniziatore della XX dinastia) che potrebbe corrispondere al mitico Proteo della tradizione postomerica. Diodoro razionalizza la leggenda della capacità di Proteo di trasformarsi supponendo che sia nata dall'usanza dei faraoni di adornarsi con pelli di animali.
    A questo re successe il figlio Remfis (Ramsinito in Erodoto, forse Ramses III, 1182-1151 a.C. ) il quale non compì imprese particolari ma fu buon economo ed accumulò grandi ricchezze.
    Seguirono altre generazioni di re non degne di nota fino a Chemnis (Cheope, IV dinastia) il quale fece costruire "la più grande delle tre piramidi annoverate fra le sette meraviglie del mondo", piramidi delle quali Diodoro fornisce un'accurata descrizione.
    Egli riferisce che per costruirle si realizzarono terrapieni artificiali, poi eliminati, ipotesi che convince i moderni più di quella di Erodoto che pensava a macchine di sollevamento.
    Diodoro segue Erodoto anche nell'errore cronologico di considerare Cheope (vissuto nel XXV secolo a.C.) successivo a Sesostri e a Ramses III che vissero rispettivamente nel XIX e nel XII secolo a.C.
    A Cheope successe il figlio Chefren (Khafa). Questi fece costruire un'altra piramide, più piccola della precedente.
    A Chefren successe il figlio Micerino (Menkaure) che a sua volta costruì una piramide, più piccola delle precedenti ma ad esse superiore per qualità della pietra e tecnica costruttiva.
    Come già Erodoto, Diodoro racconta che Micerino ristabilì un governo equo dopo le ingiustizie perpetrate dai suoi predecessori Cheope e Chefren.
    A questi sovrani seguì Bocchori (Bekenrinef, XXIV dinastia) ricordato per la sua saggezza.
    Più avanti regnò Sabacone (Shabako, XXV dinastia), sovrano etiope che abolì la pena di morte e realizzò importanti opere pubbliche. Convinto da sogni premonitori, Sabacone lasciò il trono ed il paese spontanemante. In realtà gli Etiopi governarono l'Egitto per alcuni decenni dopo Shabako e la loro dominazione non terminò in modo pacifico.
    Seguì un periodo di anarchia e, per ristabilire l'ordine, i dodici capi più autorevoli decisero di dividere il regno fra loro.
    I dodici re governarono in armonia e, dopo quindici anni, decisero di costruire una grandiosa tomba comune nei pressi del lago Meride. Prima che l'opera fosse compiuta, tuttavia, la gelosia che uno dei dodici, Psammetico, suscitava nei colleghi provocò discordie che presto culminarono nella guerra. Infatti Psammetico, dominando la regione costiera, aveva avuto modo di svolgere frequenti commerci con altre popolazioni, procurandosi ricchezze ed alleanze. Quando si vide isolato dai colleghi utilizzò queste alleanze e, con aiuti venuti dalla Caria e dalla Ionia, vinse i rivali nella battaglia di Momemfi (città non identificata).
    Divenuto unico sovrano del paese, Psammetico aprì i confini agli stranieri, ai Greci in particolare dei quali ammirava molto cultura e tradizioni, ciò comportò un cambiamento radicale negli usi degli Egiziani che da sempre erano xenofobi. Forse per questo motivo Diodoro colloca sotto il regno di Psammetico una rivolta che si svolse alcuni decenni più tardi e che portò alla secessione di una parte della popolazione.
    A Psammetico seguì Aprie che regnò per ventidue anni. Combattè contro i Fenici e conquistò Sidone.
    Si verificò una ribellione, capitanata dal nobile Amasi che riuscì ad uccidere e sconfiggere Aprie, prendendo il potere.
    Amasi regnò per cinquant'anni, morendo poco prima dell'invasione persiana dell'Egitto.
    A questo punto Diodoro interrompe la narrazione delle successioni dei faraoni rimandando quelli successivi ad Amasi ad altre sezioni dell'opera, secondo un criterio cronologico, e dichiara di voler chiudere il primo libro trattando ancora di costumi e leggi degli Egiziani.
    Nel capitolo 70 viene rapidamente descritto il protocollo al quale il faraone doveva sempre attenersi, dalle abluzioni del mattino ai cerimoniali religiosi, dal disbrigo della corrispondenza alla dieta da seguire.
    Il faraone, dice Diodoro, disponeva di una servitù personale formata da individui selezionati che ricevevano la migliore educazione, così da essere sempre in contatto con persone virtuose ed istruite.
    Anche nell'amministrazione della giustizia il faraone era tenuto al più rigoroso rispetto delle leggi, nulla era lasciato alla sua personale volontà: questo sistema, secondo Diodoro, garantì la giustizia in Egitto e rese possibili lunghissimi periodi di stabilità politica.
    Quando moriva un faraone si indiceva un periodo di lutto per settantadue giorni durante il quale il popolo svolgeva riti funebri ed era tenuto ad astenersi da molti cibi, dal vino e dal sesso.
    Prima della sepoltura veniva istituito un tribunale che giudicava le azioni del defunto, lodandone le imprese e deprecandone i misfatti. Anche questa usanza, secondo l'autore, sarebbe servita a far tenere ai sovrani una condotta onorevole.
    L'Egitto era diviso in distretti, ciascuno dei quali governato da un monarca. Oltre al re godevano di grande prestigio la classe dei sacerdoti e quella dei militari. Agli appartenenti a queste classi venivano assegnate per legge ricche proprietà terriere.
    Il resto della società era composto da agricoltori, pastori ed artigiani. L'appartenenza a questa categoria era strettamente ereditaria, anzi le leggi facevano obbligo agli Egiziani di continuare la professione svolta dagli antenati. A tutti era proibito avere più di un'occupazione.
    La giustizia veniva amministrata tramite il "tribunale dei trenta" composto da tre decine di cittadini rispettivamente di Eliopoli, Tebe e Menfi. I processi avvenivano secondo precise procedure che prevedevano memorie scritte dell'accusa e della difesa che venivano collegialmente esaminate e discusse dai Trenta, con continuo riferimento ad un codice di leggi scritte.
    Il fatto che il processo egiziano non prevedesse le arringhe degli avvocati, commenta Diodoro, tendeva a garantire una maggiore equità da parte dei giudici che, in questo modo, non venivano influenzati dall'eloquenza delle parti in causa.
    Quanto alle leggi in vigore presso gli antichi egizi, l'autore sceglie di citare soltanto le più particolari: era prevista la pena di morte per gli spergiuri e per i casi più gravi di omertà con i criminali, oltre che per l'omicidio anche ai danni degli schiavi.
    Particolarmente cruenta era l'esecuzione di chi uccideva i genitori mentre chi uccideva un figlio aveva salva la vita ma veniva tenuto legato per tre giorni e tre notti al cadavere della vittima.
    I disertori venivano puniti con disonore e con la privazione della "libertà di parola" e potevano essere redenti in seguito al proprio comportamento. Alle spie si tagliava la lingua, ai falsificatori le mani. Gli stupratori venivano evirati.
    Il faraone Bocchori (Bekenrinef) emanò norme in materia di contratti fra privati che regolavano prestiti, interessi, ecc., abolendo la schiavitù per debiti. Diodoro ipotizza che Solone abbia importato in Grecia queste norme egiziane (ma la notizia è poco attendibile).
    Per quanto concerne il furto era in vigore in Egitto una strana consuetudine: non era punito a condizione che il ladro consegnasse la refurtiva al "capo dei ladri" che poteva renderla al proprietario dietro riscatto.
    Gli Egiziani avevano prole molto numerosa. I figli venivano allevati con minima spesa dando loro cibi a basso costo; la clemenza del clima consentiva di minimizzare la spesa per l'abbigliamento.
    L'educazione dei figli dipendeva dal mestiere dei genitori. Quanti ricevevano un'istruzione più approfondita studiavano la scrittura (geroglifica e demotica), la geometria, l'aritmetica e l'astronomia. La formazione dell'egiziano non comprendeva la ginnastica e la musica. In campo medico gli Egiziani credevano in una forte relazione fra alimentazione e salute, quindi davano grande importanza alla dieta, specialmente in caso di malattia. I medici erano pagati dallo stato e seguivano discipline tradizionali; in caso di insuccesso potevano essere processati.
    Diodoro torna sull'uso di venerare gli animali, uso che evidentemente incuriosiva molto i Greci, e racconta come gli animali sacri fossero nutriti e curati dai sacerdoti e come si desse loro sepoltura con tutti gli onori. Chi uccideva volontariamente un animale sacro veniva condannato a morte e spesso la giustizia popolare arrivava prima del processo. Particolari riti erano riservati al Toro Api, sacro ad Osiride: quando moriva i sacerdoti giravano tutto il paese per trovarne un altro con le stesse caratteristiche (ne parla anche Erodoto).
    Premesso che ritiene le vere ragioni della venerazione degli animali oggetto di un sapere segreto posseduto dai soli sacerdoti, Diodoro prova ad indagare sulle opinioni più diffuse su questa usanza.
    Alcuni la riferiscono ad epoche antichissime, quando gli uomini non erano ancora civilizzati e dovevano convivere e lottare con gli animali.
    Altri la mettevano in relazione con le insegne degli antichi eserciti che, in genere, avevano appunto aspetto di animali.
    La terza opinione, infine, spiegava il culto come un segno di gratitudine per l'aiuto che gli animali danno all'uomo nel lavoro e nella vita. Ad esempio i coccodrilli del Nilo venivano considerati una difesa verso eventuali invasori da parte dei popoli confinanti.
    La descrizione dell'Egitto e dei suoi costumi non sarebbe completa se non si parlasse del culto dei morti. Diodoro precisa che erano in vigore tre tecniche di imbalsamazione e descrive la più costosa che prevedeva l'asportazione degli organi e la mummificazione con olio di cedro, unguenti e sostanze vegetali.
    Al momento della sepoltura si svolge il "processo" (citato in precedenza a proposito delle esequie del faraone) e se il morto viene considerato colpevole gli vengono negati i tradizionali onori funebri.
    Le famiglie che non disponevano di un sepolcro privato custodivano le bare dei parenti in un apposito locale della casa.
    Era tradizione (in Egitto come in altri paesi) considerare i legislatori ispirati dalla divinità. Diodoro elenca i più antichi ed importanti legislatori: Menes, Sasichi (forse Shoshenq I, XXII dinastia, 942 - 924 a.C.), Sesoosi (Sesostri) e Bocchori.
    A questi seguì Amasi che riformò l'amministrazione e viene ricordato come modello di saggezza ed equità . Infine, durante la dominazione persiana, il re Dario completò la legislazione egiziana nella forma che rimase inalterata finché non presero il potere i Macedoni.
    Questa legislazione fu ammirata e studiata dai Greci: filosofi e uomini politici greci visitarono l'Egitto a questo scopo importando in patria leggi, credenze e costumi egiziani. Il primo libro della Biblioteca si conclude appunto con un riepilogo dell'influenza egiziana sul diritto greco (Licurgo e Solone), sulla letteratura (Omero), sulla religione (Orfeo), sulla filosofia (Pitagora e altri) e sulle scienze (Eudosso ed altri).

    Libro II


    Dopo un breve riepilogo del precedente libro dedicato all'Egitto, Diodoro passa a narrare la storia degli Assiri.
    Il primo re assiro di cui l'autore dichiara di avere notizie fu Nino. In realtà la storia e la cronologia degli Assiri risalgono almeno ad un millennio prima del periodo al quale Diodoro si riferisce e Nino è personaggio leggendario che i Greci consideravano fondatore dell'impero assiro e della città di Ninive.
    Alleatosi con gli Arabi, Nino invase Babilonia e ne sottomise la popolazione eliminando i regnanti locali. Passò quindi ad invadere l'Armenia il cui re Barzane si sottomise volontariamente ed ottenne da Nino la liberazione in cambio di aiuti militari.
    Fu poi la volta della Media che oppose resistenza e venne duramente sottomessa.
    Continuando tali imprese, nell'arco di diciassette anni, Nino sottomise gran parte dell'Asia; infine, posto termine alle campagne militari, si dedicò alla costruzione della grande città di Ninive.
    Successivamente Nino intraprese nuovamente la conquista della Battriana, uno dei pochi paesi che era riuscito a resistergli, e qui conobbe e sposò Semiramide.
    Sul conto di Semiramide, forse identificabile con la regina Shammuranat nata in Siria e vissuta nell'ottavo secolo a.C., si narrava una leggenda.
    Si diceva che fosse figlia della dea siriaca Derceto (probabilmente equivalente ad Astarte) la quale l'aveva avuta da un amore occasionale.
    La bambina era stata esposta e nutrita dalle colombe finché i pastori del luogo non l'avevano trovata e portata ad un funzionario del re, di nome Simmas, che l'aveva adottata.
    Una volta cresciuta, Semiramide fu notata dal governatore Onnes, che volle sposarla. Quando Onnes seguì Nino nella campagna in Battriana, Semiramide lo raggiunse e, vestitasi da uomo, comandò un manipolo che riuscì ad espugnare la capitale assediata.
    Nino, colpito dalla bellezza e dal coraggio di lei, chiese ad Onnes di cedergliela e questi, innamorato della moglie ma atterrito dalla potenza del re, finì per suicidarsi, così Semiramide divenne la regina degli Assiri.
    Qualche tempo dopo Nino morì lasciando a Semiramide un figlio di nome Ninia ed il trono di Assiria. Semiramide realizzò per lui un grandioso monumento funebre a Ninive quindi, ambiziosa di superare il marito, volle fondare la città di Babilonia.
    Nei capitoli successivi Diodoro, attingendo da Ctesia di Cnido, descrive gli aspetti più grandiosi della città, le tecniche di costruzione, il ponte sull'Eufrate, i due palazzi reali, i rivestimenti in mattoni smaltati. Viene descritta anche la grande ziggurat, l'altissima torre sacra sulla quale i Caldei svolgevano i loro studi astronomici, Diodoro attribuisce anche questo edificio a Semiramide mentre fu realizzato dal re Nabopolassar.
    Si parla dei giardini pensili precisando che non furono opera di Semiramide ma di un altro monarca che li avrebbe donati ad una sua concubina persiana, in effetti furono realizzati da Nabucodonosor II per la moglie.
    Completata la costruzione di Babilonia e di altre città, Semiramide condusse altre imprese militari e viaggiò a lungo nei suoi domini realizzando ovunque grandi opere e fondando nuove città.
    Diodoro accenna anche ai costumi dissoluti della regina che, evitando sempre di risposarsi per non vedersi contendere il potere dal nuovo marito, usava intrecciare brevi e frequenti relazioni con i membri più avvenenti del suo esercito, relazioni che si concludevano sempre con la sparizione del malcapitato.
    Desiderando realizzare l'impresa bellica più importante, che a Nino non era riuscita, Semiramide decise di tentare la conquista dell'India e spese due anni in importanti preparativi fra i quali la costruzione di una flotta fluviale composta di navi smontabili che, in caso di necessità, potessero essere trasportate via terra a dorso di cammello. Per contrastare l'arma tradizionale dell'esercito indiano, gli elefanti, la regina fece fabbricare migliaia di finti pachidermi, ciascuno trasportato da un cammello, nella speranza di incutere il terrore nelle schiere nemiche.
    Da parte sua il re degli Indiani Stabrobate, attuò preparativi ancor più grandiosi moltiplicando le sue navi fluviali, reclutando nuove truppe e catturando nuovi elefanti da combattimento.
    Gli Assiri vinsero una prima battaglia navale sul fiume Indo, Semiramide fece costruire un ponte e superò il fiume spingendo il grosso delle sue forze all'interno del paese ma qui, soprattutto grazie agli elefanti veri di cui disponeva, Stabrobate ebbe la meglio, del resto l'inganno degli elefanti, reso noto agli Indiani da alcuni disertori assiri, aveva perso il suo effetto.
    Costretto ad una rovinosa ritirata, l'esercito assiro tornò oltre l'Indo e Semiramide, che aveva subito delle ferite, riuscì ad evitare il peggio facendo tagliare le corde del ponte prima che gli inseguitori riuscissero a superare il fiume.
    Abbandonata l'impresa, Semiramide tornò in patria e qui scoprì una cospirazione contro di lei ad opera del figlio Ninia. Poiché questo evento era stato predetto da un oracolo egiziano, la regina non tentò di punire il cospiratore, anzi gli consegnò il regno e sparì misteriosamente; aveva sessantadue anni ed aveva regnato per quarantadue.
    Diodoro, che fin qui ha seguito Ctesia di Cnido, precisa che altre fonti fornivano versioni diverse a proposito di Semiramide e c'era chi sosteneva che, per prendere il potere, avesse eliminato il marito.
    Ninia (Adab-Nirari III) regnò senza intraprendere nuove conquiste. Fu, secondo Diodoro, un sovrano politicamente inerte e personalmente votato al lusso ed al piacere.
    Con grosso errore cronologico, Diodoro (ed evidentemente così la sua fonte Ctesia) colloca Ninia trenta generazioni prima della caduta degli Assiri mentre si ritiene che Semiramide sia identificabile con la regina Shammuramat vissuta nell'ottavo secolo a.C., ipotesi per altro coerente con la narrazione erodotea.
    L'ultimo successore di Ninia fu Sardanapalo (forse il penultimo re assiro Assurbanipal) del quale Diodoro, conforme ad una radicata tradizione greca, fornisce un ritratto scandalistico: molle, effeminato, incline a ogni tipo di godimento ... avrebbe fatto imprimere sulla sua tomba un'iscrizione inneggiante al piacere materiale. La sua morte provocò (o almeno coincise con) "il completo abbattimento dell'egemonia assira".
    Il generale medo Arbace ed il grande sacerdote babilonese Belesi cospirarono contro Sardanapalo e riuscirono a radunare un esercito ribelle per attaccare Ninive.
    I ribelli subirono tre gravi sconfitte ma Belesi, che era indovino, li convinse a resistere prevedendo l'arrivo di aiuti insperati. In effetti alcuni giorni dopo giunsero rinforzi dalla Battriana e, questa volta, i rivoltosi ebbero la meglio in un'azione a sorpresa e riuscirono ad assediare Ninive.
    L'assedio durò due anni perché la città era ben fortificata e gli abitanti disponevano di ricche provviste. Fu una piena dell'Eufrate a demolire parte delle mura e, poiché questo evento realizzava un antico vaticinio, Sardanapalo comprese che la fine era giunta e decise di morire con tutte le sue concubine ed i suoi eunuchi. Subito dopo i ribelli entrarono in città ed Arbace fu proclamato re.
    Belesi, che fu nominato governatore della Babilonia, tentò di ingannare Arbace defraudandolo del tesoro di Sardanapalo e venne perdonato il ché procurò ad Arbace fama di grande saggezza e moderazione.
    Arbace distrusse Ninive dopo averla evacuata e trasferì la capitale ad Ecbatana in Media (in realtà Ninive venne devastata nel 612 a.C. dal re medo Ciassare).
    A questo punto Diodoro apre una digressione sui Caldei che, per i Greci, erano una stirpe babilonese tradizionalmente dedita all'astronomia ed alla mantica. In realtà i Caldei erano un popolo diverso dai Babilonesi e di questi nemico. Il re caldeo Nabopolassar sconfisse i Babilonesi nel 625 e fondò l'impero neo-babilonese.
    La digressione comprende una descrizione delle dottrine filosofico-astronomiche dei Caldei i quali ritenevano che il cosmo fosse governato dal preciso volere degli dei e che alcuni pianeti, con i loro movimenti ed i fenomeni ad essi correlati, fornissero segni interpretabili di tale volere.
    Conclusa la digressione, l'Autore passa a confrontare le sue fonti sull'egemonia dei Medi. Secondo Erodoto (ma la sintesi di Diodoro non è del tutto fedele alla narrazione erodotea) alla caduta degli Assiri sarebbe seguito un periodo di democrazia o di autarchia delle città finché non fu eletto Ciassare (Kashtariti) che riunificò e rifondò l'impero (ma Erodoto definisce Deioce unificatore di un impero che passò al figlio Fraorte poi al figlio di questi Ciassare).
    Dopo Ciassare l'impero proseguì finché Astiage non fu sconfitto da Ciro. Dal canto suo Ctesia di Cnido presenta una diversa successione di re medi (che Diodoro riprenderà più avanti) ritenendo la durata della dominazione meda molto più lunga di quanto non calcolasse Erodoto. Si deve tener presente che, almeno nelle linee generali, sia le antiche fonti orientali, sia la critica moderna, tendono a confermare la versione presentata da Erodoto.
    Seguendo Ctesia di Cnido, dunque, Diodoro racconta che dopo la sconfitta degli Assiri regnò sui Medi Arbace al quale succedette il figlio Mandoce, quindi Sosarmo, Artica, Arbiane e Arteo.
    Sotto Arteo si verificò una grande rivolta da parte dei Cadusi che abitavano la regione settentrionale della Media. Ad Arteo successe Artine, poi Astibara ed infine Astiage che fu sconfitto dal re persiano Ciro.
    Fedele al suo intento di seguire un preciso schema cronologico, a questo punto Diodoro rimanda la narrazione delle successive vicende persiane per passare ad occuparsi della storia dell'India nel periodo che sta esaminando.
    Situata fra il massiccio centrale dell'Asia, il fiume Indo e il "grande mare", cioè l'Oceano Indiano, l'India era un grandissimo paese che "più di ogni altra parte del mondo comprende il circolo del solstizio d'estate".
    Particolarmente fertile, l'India era ricca di vegetazione e di animali, fra questi i grandi elefanti, più forti di quelli africani, spesso utilizzati con successo in combattimento.
    L'abbondanza e la qualità dei frutti della terra, la purezza dell'aria e dell'acqua conferivano agli Indiani una costituzione fisica superiore alla media.
    Il sottosuolo era ricco di metalli: oro, argento, rame, ferro, stagno.
    La campagna produceva grande varietà di cereali e legumi grazie all'abbondante irrigazione fluviale ed alla duplice stagione delle piogge.
    Presso le popolazioni indiane l'agricoltura era considerata sacra e quanti vi si dedicavano erano esentati dal partecipare alle attività militari e rispettati da tutti.
    In India scorrevano numerosi fiumi, molti dei quali erano affluenti del Gange. Presso la foce del Gange viveva il popolo dei Gandaridi che grazie ai suoi enormi elefanti non fu mai sottomesso, anche Alessandro Magno, che conquistò tutta l'Asia, evitò di molestare i Gandaridi.
    La grande quantità di fiumi che percorrono l'India era attribuita da studiosi e filosofi al fatto che il Paese riceve le acque dei territori confinanti che si trovano tutti a maggior altitudine.
    Molti antichi popoli abitavano l'India, tutti autoctoni. Gli Indiani più dotti tramandavano la storia di Dioniso che invase il loro Paese con una grande armata ma all'arrivo dell'estate dovette ritirarsi nella zona montuosa per evitare che una pestilenza decimasse il suo esercito.
    In India, Dioniso divulgò la conoscenza enologica e fondò importanti città, introducendo leggi e tribunali.
    Conquistata tutta l'India, secondo la versione indiana del mito, Dioniso vi regnò per cinquantadue anni, quindi morì di vecchiaia lasciando il Paese ai suoi discendenti che lo tennero per molte generazioni.
    Gli Indiani affermavano anche che Eracle nacque presso di loro e suddivise il regno fra i suoi numerosi figli. Anche Eracle fu fondatore di molte città, fra queste Palibotra (odierna Patna).
    Presso gli Indiani vigeva l'usanza, molto lodata da Diodoro, di non avere schiavi e di considerare tutti gli abitanti come uomini liberi.
    La popolazione indiana era divisa in sette parti (le caste). La prima era costituita dai filosofi, dotati del massimo prestigio ed esentati da ogni servizio. I filosofi svolgevano funzioni sacerdotali ed erano consiglieri del re e dei singoli cittadini.
    La seconda parte, quella più numerosa, era composta dagli agricoltori. Erano esenti dal servizio militare e considerati benefattori della comunità. Gli agricoltori passavano la vita sulla propria terra e pagavano un affitto al re.
    La terza casta era quella degli allevatori che vivevano in accampamenti fuori dalle città e si dedicavano anche alla caccia.
    La quarta casta era quella degli artigiani, la cui utilità era premiata con elargizioni di derrate ed esenzioni fiscali.
    La quinta casta era formata dai militari, mantenuta a spese del tesoro reale ed esente da ogni lavoro in tempo di pace.
    Gli ispettori costituivano la sesta casta, controllavano tutto ciò che accadeva e riferivano al re ed ai magistrati.
    Componevano la settima casta, considerata la più nobile, i consiglieri ed i sinedri ai quali spettavano le decisioni sui pubblici affari. Non era permesso cambiare casta ed erano vietati i matrimoni fra membri di caste diverse.
    Caratteristici dell'India erano gli elefanti. La loro gravidanza durava da sedici a diciotto mesi, partorivano in genere un solo piccolo e lo allattavano per sei mesi, potevano vivere fino a duecento anni.
    Gli stranieri in visita erano assistiti e curati da appositi magistrati.
    Esaurita la sua trattazione sugli Indiani, Diodoro passa a parlare degli Sciti, abitanti nel paese confinante.
    In tempi antichi gli Sciti erano una piccola popolazione ma grazie "alle loro prodezze ed al loro valore" avevano potuto estendere il proprio territorio.
    I miti degli Sciti raccontavano di una fanciulla nata dalla terra, la parte inferiore del corpo aveva forme di serpente. Zeus si unì a lei e generò Scite, che diede il suo nome a tutta la popolazione.
    Due fratelli discendenti da Scite, Palo e Nape, divisero il regno fra loro e dai loro nomi due gruppi della popolazione si chiamarono Pali e Napi.
    Successivamente gli Sciti sottomisero ampi territori spingendosi fino in Egitto. Sconfissero ed asservirono molti grandi popoli e provocarono grandi migrazioni fra le quali quella proveniente dalla Media che originò la popolazione dei Sauromati. Molti anni più tardi i Sauromati devastarono una grande regione della Scizia rendendola deserta.
    Fra gli Sciti seguì un periodo di anarchia, quindi il regno delle donne. Le regine scite furono grandi e valorose. Quando Ciro re dei Persiani condusse una spedizione in Scizia fu sconfitto e, fatto prigioniero dalla regina, venne impalato.
    L'argomento trattato induce Diodoro ad una digressione sulle Amazzoni delle quali, pur premettendo che "sembrerà un racconto mitico a causa del suo carattere straordinario", sembra voler affermare la storicità.
    Diodoro localizza il territorio delle Amazzoni lungo il fiume Termodonte (odierno Terme, costa del Mar Nero, Turchia). Le donne detenevano il potere e formavano l'esercito. La regina aveva l'appellativo di "figlia di Ares" mentre agli uomini spettavano le occupazioni più umili. I nati maschi venivano storpiati negli arti per precludere loro la possibilità di combattere mentre alle femmine veniva bruciata la mammella destra che le avrebbe ostacolate nell'uso delle armi (di qui a-mazos, senza seno, ma l'etimologia è dubbia).
    La prima regina delle Amazzoni fondò la città di Temiscira (oggi Samsun in Turchia).
    Le regine successiva accrebbero la potenza delle Amazzoni estendendo i loro domini fino in Siria. Molte generazioni più tardi ad Eracle fu ordinato di impadronirsi della cintura della regina Ippolita: la sconfitta inferta loro da Eracle stroncò la potenza delle Amazzoni. Pochi anni più tardi la regina Pentesilea, che regnava sulle poche superstiti, fu espulsa dal paese per aver involontariamente ucciso una consanguinea, si alleò con i Troiani e dopo aver ucciso molti Greci venne a sua volta uccisa da Achille.
    In seguito il popolo delle Amazzoni, sempre più indebolito, finì per scomparire ed il ricordo delle donne guerriere entrò a far parte del mito.
    Continuando la descrizione delle contrade asiatiche settentrionali, Diodoro passa a parlare del popolo degli Iperborei, abitanti dell'estremo Nord che derivavano il nome dal fatto di occupare la zona "da dove soffia Borea". In quella fertile regione sarebbe nata Latona, di qui il culto di Apollo prevalente presso gli Iperborei.
    Gli Iperborei erano in ottimi rapporti con i Greci, in particolare con Ateniesi e Deli, e si diceva che uno di loro, una sorta di sciamano, avesse in tempi remoti visitato la Grecia stabilendo vincoli di amicizia e di benevolenza. Secondo il mito Apollo visitava ogni diciannove anni il paese degli Iperborei.
    La descrizione dell'Asia prosegue con l'Arabia, paese situato fra la Siria e l'Egitto.
    L'Arabia Orientale era abitata dai Nabatei, poiché il loro territorio era in gran parte desertico i Nabatei erano dediti al brigantaggio e spesso saccheggiavano le regioni confinanti. Dopo queste scorrerie rifugiavano nel deserto dove gli inseguitori erano costretti dalla mancanza d'acqua a ritornare sui propri passi.
    Forti del fatto di essere gli unici conoscitori dei pozzi d'acqua del loro paese, i Nabatei restarono sempre liberi: nè gli Assiri, nè i Medi, nè i Persiani riuscirono mai a sottometterli.
    Nel paese dei Nabatei si trovava una "roccia" in posizione strategica con una sola via di accesso (si tratta della città di Petra) ed un lago maleodorante dal quale emergevano grandi masse di bitume che procuravano ai Nabatei consistenti entrate, così come le resine balsamiche che venivano estratte dai palmeti.
    L'altra regione dell'Arabia, ricca e fertile, era detta "Arabia Felice". Vi si producevano mirra, incenso, spezie e legnami pregiati. Dalle miniere si estraeva oro puro con il quale si fabbricavano bellissimi monili. Abbondantissimo il bestiame che forniva sostentamento a numerose popolazioni di nomadi. Molti gli animali selvatici fra i quali lo struzzo, qui definito "un misto di volatile e di cammello", il "camelopardo" (forse la giraffa) ed altri animali fantastici.
    L'Arabia Felice era ricca anche di pietre preziose come smeraldi, berilli, topazi. L'intensità e la varietà dei colori di queste pietre, così come del piumaggio degli uccelli, erano attribuite all'intervento della luce del sole particolarmente intensa in quelle regioni.
    Conclusa la trattazione dell'Arabia si passa a descrivere "l'isola dell'Oceano meridionale" (forse Ceylon o Giava).
    Si raccontava che un mercante greco di nome Giambulo, catturato dai briganti, era stato condotto in Arabia come schiavo e da qui espulso dopo alcuni anni secondo un rito di "purificazione" del paese. Giambulo ed un suo compagno furono dotati di una barca e di provviste per sei mesi, fu loro ordinato di navigare verso meridione. Un responso oracolare aveva stabilito che se i due avessero trovato un'isola tutto il popolo sarebbe vissuto in pace e prosperità per seicento anni mentre se fossero tornati indietro per timore del mare ne sarebbero derivate terribili sciagure.
    Dopo quattro mesi di difficile navigazione i due raggiunsero l'isola del presagio.
    Inizia a questo punto una descrizione di gusto fantastico degli abitanti dell'isola: alti, glabri, avvenenti ed eleganti, gli indigeni erano dotati di lingue biforcute, caratteristica che permetteva loro di imitare perfettamente i versi degli uccelli ma anche di conversare contemporaneamente con due interlocutori.
    Il clima mite e la fertilità dell'isola assicuravano il loro sostentamento: si nutrivano di pane fatto con i frutti bianchi di una pianta che cresceva molto abbondante, forse il riso. Erano di sana costituzione e molto longevi, giunti ad un'età prestabilita si suicidavano seguendo un'antica tradizione. Le donne erano in comune ed i bambini venivano allevati da tutte le nutrici.
    Giambulo ed il suo compagno rimasero per sette anni presso quel popolo, poi vennero scacciati perché ritenuti malfattori e costretti a riprendere il mare. Il compagnò annegò mentre Giambulo sbarcò sulla costa indiana e raggiunse la città di Polibotra dove fu accolto benevolmente ed ottenne un salvacondotto con il quale, attraversando la Persia, riuscì finalmente a tornare in Grecia. Nelle memorie di Giambulo si leggeva la descrizione delle sue avventure e dei luoghi visitati.


    Libro III


    Dopo aver trattato dell'Egitto e dell'Asia, Diodoro si accinge a parlare degli Etiopi, dei Libi e del popolo detto degli Atlanti.
    Era opinione di molti storici che quello degli Etiopi fosse il popolo più antico, sostenendo che "è verosimile che sia stata la contrada più vicina al sole a produrre per prima specie viventi".
    Famosa la religiosità degli Etiopi, della quale parlava già Omero, religiosità che veniva forse premiata dagli dei, dal momento che il loro paese non era mai stato sottomesso dagli stranieri.
    La conquista dell'Etiopia era stata tentata senza successo da Cambise e da Semiramide, mentre Eracle e Dioniso avevano rispettato gli Etiopi per il loro sentimento religioso.
    Si sosteneva anche che gli Egiziani fossero in origine coloni etiopi, ipotesi suffragata da molte affinità delle tradizioni e della scrittura egiziane con quelle che esistevano in Etiopia.
    Presso gli Etiopi il re veniva scelto dai sacerdoti in base ai responsi oracolari.
    Il re poteva condannare a morte, il condannato aveva il dovere di togliersi la vita; non esistevano esilio ed altre forme di punizione dei criminali. Anticamente il collegio dei sacerdoti del tempio di Amon stabiliva, su ispirazione divina, il momento in cui il re doveva uccidersi: questa usanza venne abolita da Tolomeo II Filadelfo che fece sgozzare i sacerdoti.
    Se il re subiva una mutilazione i suoi amici intimi si provocavano il medesimo danno e veniva considerato onorevole uccidersi alla morte del monarca.
    Gli Etiopi formavano molte tribù, la maggioranza aveva la pelle nera, naso camuso e capelli crespi. In generale Diodoro dimostra di considerarli primitivi, per i loro comportamenti selvaggi e per le loro deprecabili abitudini igieniche. Armati con lance di legno e scudi di pelle, vivevano nudi o vestiti rozzamente con pelli di animali. Si nutrivano di piante e frutti selvatici, carne, latte e formaggi.
    Gli Etiopi distinguevano fra divinità eterne ed incorruttibili (il sole, la luna) ed eroi divinizzati come Iside, Pan o Eracle. Praticavano riti funebri, alcune tribù affidavano i cadaveri alla corrente dei fiumi, altre li conservavano rivestendoli di vetro, altre ancora davano loro sepoltura nei pressi dei santuari.
    Gli Etiopi erano perennemente in guerra con i Libi per il possesso di una regione particolarmente ricca ed amena posta sul confine fra i rispettivi territori.
    Conclusa la sua descrizione dell'Etiopia, l'autore precisa di aver raccolto le informazioni durante un viaggio in Egitto e di averle integrate con le opere di Agatarchide di Cnido e di Artemidoro di Efeso.
    Passa quindi a parlare della regione situata lungo il Mar Rosso, regione ricca di miniere d'oro.
    Queste miniere venivano lavorate da una moltitudine di schiavi, detenuti e prigionieri di guerra dei quali Diodoro descrive in toni drammatici le condizioni disumane di vita.
    Fra i popoli che abitavano la regione erano gli Ittiofagi (mangiatori di pesce), selvaggi che vivevano nudi e si sostentavano con le enormi quantità di pesce che la marea spingeva fra gli scogli delle loro coste.
    Un altro popolo abitante "all'estremo del golfo" aveva costumi ancora più primitivi, si nutriva esclusivamente di pesce crudo, senza bere poiché l'umidità delle carni crude bastava a calmare la sete, e si mostrava del tutto insensibile al dolore fisico ed alle emozioni.
    Gli Ittiofagi abitavano nelle grotte, negli anfratti naturali della scogliera o in capanne costruite con costole di cetacei ed alghe essiccate.
    Le isole prossime alla costa erano abitate da una stirpe di Ittiofagi detti Chelonofagi che ricavavano sostentamento dalle grandi tartarughe marine.
    Nelle regioni dell'interno abitavano i Rizofagi che si nutrivano di radici, la cui tranquilla esistenza era turbata soltanto dai leoni del deserto.
    Gli Ilofagi (mangiatori di legno) e gli Spermatofagi (mangiatori di semi) si nutrivano di quanto raccoglievano nei boschi, mentre i Cinegi vivevano di caccia.
    Di una forma cruenta ed eroica di caccia all'elefante vivevano anche gli Etiopi Elefantomachi, abitatori delle boscose contrade occidentali.
    Gli Strutofagi, invece, cacciavano gli struzzi, numerosissimi nella loro regione, che Diodoro paragona a giovani cammelli.
    Il popolo degli Acridofagi, abitando in una regione desertica e priva di risorse, si nutriva di locuste. La loro vita era molto breve e morivano sempre di ftiriasi (infezione da larve di acaro), malattia che Diodoro descrive con abbondanza di raccapriccianti particolari.
    I tre capitoli successivi sono dedicati al popolo dei Trogloditi. L'etnonimo indicava generalmente gli abitatori delle caverne, qui Diodoro si riferisce a quelli stanziati nella regione del Tibesti (Sudan).
    Allevatori nomadi, erano divisi in gruppi governati da tiranni, spesso in lotta fra loro per il possesso dei pascoli.
    I Trogloditi praticavano la circoncisione e seppellivano i morti sotto mucchi di pietre. Gli anziani non più in grado di seguire le greggi venivano soppressi.
    Non manca la descrizione della fauna etiope: rinoceronte, elefanti, babbuini, grandi felini ed anche animali fantastici come il toro carnivoro. Ampio spazio viene dedicato ai serpenti, Diodoro racconta le avventure di un gruppo di cacciatori che catturarono un enorme rettile per farne dono al re Tolomeo II il quale, addomesticata la bestia, amava mostrarla ai propri ospiti.
    Si prosegue con la descrizione delle coste africane del Golfo Arabico.
    Nel golfo si trovava l'isola di Ofiade (oggi Zabargad), famosa per i giacimenti di topazi. Una parte del golfo presenta fondali molto bassi, insidia che spesso provocava naufragi, come testimoniavano i molti relitti incagliati che venivano lasciati sul luogo per segnalare il pericolo ai naviganti.
    Si passa quindi alla costa orientale del golfo, con le sue oasi ricche d'acqua considerate sacre in un paese desertico.
    Un ampio tratto di questa costa era abitato dagli Arabi Nabatei, dediti alla pastorizia, che avevano spesso praticato la pirateria ai danni dei mercanti di Alessandria.
    Vengono citate le popolazioni della costa fra cui i Sabei, abitanti dell'Arabia Felice e famosi produttori di balsami e spezie.
    Si passa ora ad una breve descrizione della Libia e delle sue popolazioni.
    I Libi erano divisi in tribù, alcune delle quali erano dedite all'agricoltura o alla pastorizia e relativamente civili mentre altre erano selvagge e praticavano il brigantaggio.
    Se la zona circostante Cirene era molto fertile, la parte meridionale del paese era desertica ed infestata dai serpenti velenosi.
    Molti gli antichi miti connessi a questa regione, fra i quali quello delle Amazzoni di Libia. Più antiche e meno note delle Amazzoni del Ponto, queste guerriere vissero molte generazioni prima della guerra di Troia.
    Queste Amazzoni dedicavano una parte della loro vita al servizio militare conservando la verginità, una volta congedate potevano avere figli. Gli uomini dovevano occuparsi dei lavori domestici e della cura dei figli ed erano esclusi da ogni carica militare o politica.
    Anche questo popolo usava bruciare le mammelle alle neonate perché non fossero di ostacolo nei combattimenti. Abitavano l'isola di Espera, molto fertile e ricca di bestiame. Di qui mossero le loro azioni belliche conquistando ampi territori in Libia.
    Una loro regina di nome Mirina, attaccò e sconfisse il popolo degli Atlanti conquistandone la capitale, quindi combattè contro un'altra popolazione matriarcale detta delle Gorgoni. Anche in questo caso Mirina raggiunse la vittoria e catturò non meno di tremila prigioniere. In epoca successiva le Gorgoni ripresero grande potenza e furono definitivamente sconfitte da Perseo (versione razionalizzante del mito di Medusa). Quanto alle Amazzoni libiche furono sterminate da Eracle in età successiva (ma in genere la guerra con Eracle si riferisce alle Amazzoni asiatiche).
    Mirina strinse un patto di alleanza con l'Egitto di Horus, il figlio di Iside, quindi si spinse a conquistare la Siria, il Tauro, la Frigia e la Misia. Conquistata l'isola di Lesbo vi fondò la città di Mitilene, quindi giunse all'isola che chiamò Samotracia dove fece erigere altari alla Madre degli Dei. Qui, secondo il mito, la Madre degli Dei insediò successivamente la stirpe dei Coribanti ed istituì i riti misterici.
    In quel periodo l'esule Mopso di Tracia raccolse un esercito ed invase il paese delle Amazzoni uccidendo in battaglia la regina Mirina e molte sue compagne.
    Tornando al popolo degli Atlanti, Diodoro racconta che secondo il mito nel loro paese sarebbero nati gli dei.
    Il primo re degli Atlanti fu Urano, qui presentato come grande civilizzatore, che distolse gli uomini dall'ignoranza insegnando loro come coltivare la terra e costruire città. Urano era un essere umano che fu divinizzato per i suoi meriti, i suoi profondi studi di astronomia fecero si che fosse considerato una divinità del cielo e del cosmo.
    Ebbe quarantacinque figli di cui diciotto, nati da Titea (Gaia), furono detti Titani.
    Fra le sue figlie furono Basileia e Rea, la prima fu detta Grande Madre e succedette al padre sul trono. Sposò il fratello Iperione e partorì Elio e Selene. Alcuni fratelli di Basileia, per gelosia, uccisero Iperione ed Elio mentre Selene si suicidò per il dolore. A seguito di una visione onirica Basileia chiese al popolo di venerare i suoi figli morti come divinità, quindi impazzì e prese a vagare con i capelli sciolti suonando timpani e cembali, quando sparì le fu dedicato un culto mentre Elio e Selene furono identificati con il sole e con la luna.
    In un'altra versione del mito la Madre degli Dei era nata in Frigia. Esposta sul mente Cibelo dai genitori che non volevano allevarla, fu nutrita dalle belve finché non fu trovata da alcune donne che la presero con loro e la chiamarono Cibele.
    Cresciuta, divenne molto bella ed intelligente, dotata di arti magiche con le quali curava i bambini infermi. Suo amico era il frigio Marsia, suonatore di flauto, ma Cibele amava un giovane di nome Attis.
    Quando Cibele venne riconosciuta dai suoi genitori era incinta, per questo motivo Attis venne ucciso e la giovane impazzì e prese a vagare per le campagne gemendo e suonando il cembalo, accompagnata da Marsia che la seguiva per amicizia e compassione.
    Entrato in competizione artistica con Apollo, Marsia si cimentò con il flauto a due canne, contro la cetra del dio, quando Apollo aggiunse il canto alla musica Marsia, non potendo cantare mentre suonava il flauto, fu sconfitto. Apollo scuoiò vivo Marsia poi, pentito, ruppe le corde della cetra.
    Di Cibele si innamorò Dioniso che prese a vagare con lei ed ordinò ai Frigi di onorarla come una dea.
    Dopo la morte di Iperione due figli di Urano si divisero il regno: Atlante e Crono.
    Atlante perfezionò l'astronomia e diffuse la dottrina della sfera, Diodoro collega questo particolare con l'immagine di Atlante che sostiene il mondo mentre nella versione più diffusa si tratta di una punizione per aver aiutato i Titani contro gli dei.
    Espero, figlio di Atlante, fu rapito dai venti e venne identificato con la stella della sera.
    Le sette figlie di Atlante (le Pleiadi dal nome della madre Pleione) furono progenitrici del genere umano, molti loro figli per le loro qualità ebbero nomi di dei e di eroi.
    La più anziana, Maia, unitasi a Zeus generò Ermes.
    Crono, fratello di Atlante, era empio ed avido. Sposò sua sorella Rea e fu padre di Zeus. Un altro Zeus, fratello di Urano, fu re di Creta e padre dei Cureti.
    Zeus figlio di Crono, poi detto Olimpio, governò le terre occidentali e sconfisse il padre che aveva mosso una spedizione contro di lui con i Titani. Fu così giusto e benevolo che alla sua morte fu proclamato signore del cosmo per l'eternità.
    Completato il racconto dei miti degli Atlanti, Diodoro passa a parlare di Dioniso del quale si è già occupato nella sezione dedicata all'Egitto (Osiride corrisponde al Dioniso greco). Consapevole della molteplicità dei miti riguardanti Dioniso, l'autore si propone di presentare una sintesi comparativa ed inizia con il distinguere tre principali versioni: quella di chi parlava di un solo Dioniso, quella di chi conosceva tre diverse divinità con questo nome e, infine, quella di chi negava una forma umana di Dioniso identificandolo con il vino e con tutto ciò che riguarda la viticoltura.
    In ogni caso Diodoro mette in evidenza i significati allegorici, ad esempio Dioniso dilaniato e fatto bollire dai figli di Gea quindi rinato ad opera di Demetra rappresenta la produzione del vino da parte degli agricoltori ed il ritorno della vite a fruttificare, dopo la vendemmia, grazie alla natura.
    Nelle versioni che attribuiscono a Dioniso un corpo umano, egli è lo scopritore della vite e l'inventore del vino.
    Alcuni mitografi parlavano di un Dioniso più antico, indiano, che visitò tutta la terra abitata diffondendo l'uso di bere vino.
    Il secondo Dioniso era figlio di Zeus e di Persefone, oppure di Demetra. Eroe civilizzatore, diffuse non solo l'enocoltura ma tutte le arti legate all'agricoltura.
    Il terzo Dioniso nacque a Tebe da Zeus e Semele, figlia di Cadmo.
    Per gelosia Era convinse Semele a chiedere a Zeus di mostrarsi a lei nel suo vero aspetto, ma la visione del dio ornato di tuoni e fulmini uccise la ragazza.
    Zeus salvò il feto e portò a termine la sua crescita cucendolo nella propria coscia. Il bambino fu affidato alle ninfe di Nisa d'Arabia e venne chiamato Dioniso.
    Cresciuto Dioniso riunì un esercito di donne armate di tirsi e fece una spedizione su tutta la terra abitata introducendo riti iniziatici, agoni musicali e solenni adunate.
    In generale era ben accolto come portatore di concordia e civiltà, ma alcuni deprecavano il suo corteo di Baccanti e sostenevano che il fine di Dioniso fosse quello di impadronirsi delle donne altrui. Dioniso puniva costoro con la morte, spesso facendoli smembrare dalle Baccanti invasate, come avvenne a Penteo.
    Licurgo, re di Tracia o di Arabia (a seconda delle fonti) si finse ospitale con Dioniso ma gli tese un agguato nel quale perirono tutte le Baccanti, Dioniso lo sconfisse e lo fece impalare.
    Dopo una spedizione durata tre anni, Dioniso tornò a Tebe con un ricco bottino e fu il primo a celebrare il trionfo.
    Molte erano le città che sostenevano di aver dato i natali a Dioniso. Alquanto diffusa era la versione secondo la quale il dio sarebbe nato in Libia.
    Si raccontava che il famoso musico Lino, inventore del ritmo e della melodia, ebbe molti discepoli fra i quali Eracle, Tamiri e Orfeo.
    Poeta e letterato, Lino fu anche autore di racconti sul primo Dioniso. Secondo questi ed altri analoghi racconti, Ammone (generalmente identificato con Zeus) sposò Rea ma la tradì con una bellissima ninfa di nome Amaltea.
    Temendo la gelosia di Rea, Ammone occultò il neonato trasferendolo nei pressi della città di Nisa, in Libia, lo sistemò in un antro che si trovava in una località amena e lo affidò a Nisa, figlia di Aristeo.
    Lo stesso Aristeo fu scelto come precettore del bambino e ad Atena fu affidato il compito di vigilare per prevenire eventuali rappresaglie di Rea.
    Così allevato Dioniso crebbe rapidamente dimostrando bellezza, forza e grandi capacità. Ben presto inventò il vino e divenne grandemente famoso.
    Rea abbandonò Ammone e sposò il fratello Crono al quale chiese di vendicarla. Crono attaccò Ammone costringendolo alla fuga, quindi organizzò una spedizione contro Dioniso a Nisa.
    Dal canto su Dioniso preparò la difesa con l'aiuto dei Libi e delle Amazzoni, formando un'armata comandata dallo stesso Dioniso e da Atena.
    Dioniso vinse la battaglia, quindi trattò gli sconfitti ed i prigionieri con tanta clemenza che quasi tutti passarono dalla sua parte e gli giurarono fedeltà.
    A Dioniso si unirono, fra gli altri, i Sileni, membri dell'antica nobiltà di Nisa che avevano ereditato dal capostipite Sileno il singolare attributo della coda.
    Dioniso continuò, compiendo varie imprese, la sua guerra contro Crono e Rea fino a sconfiggerli definitivamente ma poi li perdonò e li volle tenere con se. Rea lo amò come un figlio mentre la benevolenza di Crono non fu sincera.
    In quel periodo, secondo questa versione dei miti, a Crono e Rea nacque un figlio che divenne in seguito lo Zeus olimpio.
    Dioniso conquistò l'Egitto e ne fece re Zeus, quindi giunse in India e più tardi uccise tutti i Titani in una grande battaglia combattuta insieme a Zeus e ad Atena.


    Libro IV


    Iniziando questo libro, che riguarderà ancora argomenti mitici, Diodoro lamenta le difficoltà che si incontrano trattando eventi così antichi, difficoltà che hanno dissuaso molti storiografi dal raccontare i miti, ma Diodoro non intende imitarli. Dopo aver descritto le credenze di altri popoli, quindi, ora affronterà il complesso scenario della mitologia greca, iniziando da Dioniso.

    Dopo aver cercato inutilmente la sorella Europa, Cadmo si stabilì in Beozia ove fondò Tebe e sposò Armonia con la quale generò Semele, Ino, Autonoe, Agave e Polidoro.
    Di Semele si innamorò Zeus ma quando il dio le si mostrò nel suo vero aspetto la fanciulla morì per il terrore e Zeus salvò dal suo ventre il bambino che insieme avevano concepito. Il neonato fu allevato a Nisa dalle ninfe ed ebbe il nome di Dioniso.
    Dioniso visitò l'intera terra insegnando la viticoltura e, dove non era possibile piantare la vite, insegnò ad ottenere una bevanda dall'orzo: la birra.
    Conquistò l'India con un esercito che comprendeva molte donne, le Menadi, in memoria delle quali si tenevano processioni e rituali bacchici.
    Anche i Greci credevano che fosse esistito un altro Dioniso, da alcuni chiamato Sabazio, molto più antico del figlio di Semele. Di quest'ultimo si diceva fosse incline all'erotismo. Amava circondarsi di donne e lo accompagnavano anche le Muse dilettandolo con le loro arti.
    Suo maestro fu Sileno, del suo seguito facevano parte anche i Satiri. Amante delle arti, Dioniso istituì agoni, introdusse l'uso del teatro ed organizzò concerti musicali.
    Figlio di Dioniso e di Afrodite fu Priapo: divinità tradizionalmente legata all'idea di virilità e di fertilità maschile, riceveva sacrifici ed una gioiosa venerazione.
    Le Muse erano considerate in genere figlie di Zeus e Mnemosine, ma alcuni sostenevano fossero nate da Urano e Gea. A ciascuna di loro veniva attribuita particolare attitudine per una specifica arte.

    Eracle nacque dall'unione di Alcmena con Zeus il quale non volle usare la violenza ma preferì assumere l'aspetto di Anfitrione, marito di Alcmena, perché la donna si unisse a lui senza opporre resistenza.
    Zeus annunciò, poco prima della nascita di Eracle, che il primo nato di quel giorno sarebbe stato re, ma Era per gelosia chiese ad Ilizia (la dea protettrice del parto) di ritardare le doglie di Alcmena facendo in modo che Euristeo (figlio di Anfitrione) nascesse per primo.
    Battuto dallo stratagemma di Era, Zeus convenne con lei che Eracle avrebbe conquistato comunque l'immortalità portando a termine dodici imprese scelte da Euristeo.
    Per timore della gelosia di Era, Alcmena abbandonò il neonato, lo trovò Atena che persuase proprio Era ad allattarlo.
    Ancora neonato, Eracle soppresse due serpenti inviati da Era per ucciderlo e nella prima gioventu liberò Tebe dalla soggezione ad Ergino, re dei Mini. Scacciò infatti gli esattori che venivano ad esigere tributi ed affrontò, con un piccolo gruppo di Tebani, l'armata di Ergino vincendola ed uccidendo Ergino stesso. Creonte, re di Tebe, volle premiarlo facendogli sposare la figlia Megara ed associandolo al governo della città, ma gli dei ordinarono, tramite un responso oracolare, che Eracle si presentasse ad Euristeo e si ponesse al suo servizio.
    L'idea di servire Euristeo provocò ad Eracle grande depressione, ne approfittò Era per renderlo folle ed egli uccise i figli avuti da Megara. Ripresosi dalla follia, ma soffrendo profondamente per quanto aveva compiuto, Eracle si rassegnò al proprio destino e si presentò ad Euristeo.
    La prima fatica ordinata da Euristeo fu la cattura del leone di Nemea. Enorme ed invulnerabile, la bestia aveva la sua tana in un cunicolo del monte Treto, fra Micene e Nemea. Qui Eracle la catturò e non potendola uccidere con le armi la soffocò con la forza delle braccia; fece un mantello della sua pelle.
    Per la sua seconda impresa Eracle affrontò l'Idra di Lerna, mostro dalle cento teste: per ogni testa mozzata ne rinascevano due e fu necessario l'aiuto di Iolao per bruciare con la fiaccola le ferite della bestia, impedendo che le teste si riformassero. Uccisa l'Idra, l'eroe ne prelevò la bile per ottenere micidiali frecce avvelenate.
    Eracle catturò il cinghiale di Erimanto e lo portò vivo al cospetto di Euristeo che fuggì per lo spavento. Durante questa impresa fu ospite del centauro Folo che gli offrì un vino invecchiato da quattro generazioni, dono di Dioniso.
    L'intenso odore di quel vino fece impazzire i Centauri che vivevano nelle vicinanza e che attaccarono Folo ed il suo ospite. Eracle ingaggiò una lunga lotta contro di loro e li sconfisse. Anche Folo morì, ferendosi accidentalmente con la punta avvelenata di una freccia di Eracle.
    Per la sua quarta fatica Eracle catturò viva la cerva dalle corna d'oro, usando l'intelligenza più che la forza per riuscire a prendere illeso il velocissimo animale.
    E si servì ancora dell'inventiva per portare a termine la quinta impresa che consisteva nel cacciare gli uccelli dal lago Stinfalide: li spaventò con il frastuono di un sonaglio di bronzo.
    Per ripulire le stalle di Augia in un solo giorno deviò il corso del fiume Alfeo, evitando anche il disonorevole compito di trasportare letame.
    Catturò il toro di Creta: quello amato da Pasifae ... e lo portò nel Peloponneso.
    Istituì i Giochi Olimpici, dedicandoli al padre Zeus, e vi partecipò vincendo tutte le gare. Ricevette doni dagli dei, alcuni dei quali divennero suoi tipici attributi come la clava donatagli da Efesto.
    Dopo la nascita di Eracle, Zeus non si unì più a donne mortali perchè non volle far seguire al meglio il peggio. Eracle partecipò alla guerra contro i Giganti e liberò Prometeo che aveva donato il fuoco ai mortali, convincendo Zeus a perdonarlo.
    Per la successiva fatica Eracle si impadronì delle cavalle di Diomede, re dei Bistoni in Tracia, che venivano cibate di carne umana. Eracle gettò Diomede in pasto alle cavalle e poi consegnò gli animali ad Euristeo che li consacrò ad Era.
    A questo punto l'eroe prese parte alla spedizione degli Argonauti che sarà descritta più avanti.
    Per conquistare la cintura di Ippolita regina delle Amazzoni, Eracle fu costretto ad affrontare le terribili guerriere, ne uccise molte ed altre ne fece prigioniere, fra queste Antiope che fu donata a Teseo.
    Ordinandogli la decima fatica, Euristeo chiese ad Eracle di portargli le mandrie di Gerione, figlio del ricchissimo re dell'Iberia Crisaore. La potenza di Crisaore che disponeva di grandi forze militari rendeva l'impresa particolarmente difficile e rischiosa.
    Senza perdersi d'animo Eracle radunò una flotta e salpò da Creta, in Libia uccise il gigantesco Anteo, in Egitto eliminò Busiride che faceva morire tutti coloro che entravano nel suo paese e fondò la città di Ecatompile (conquistata dai Cartaginesi nel 247 a.C.).
    Attraverso la Libia giunse allo stretto (Gibilterra) ed innalzò due colonne che ricordassero la sua impresa.
    In Iberia affrontò e sconfisse le tre armate comandate dai figli di Crisaore e si impadronì delle mandrie di Gerione. Durante il ritorno attraversò la Celtica e fondò la città di Alesia che fu conquistata da Giulio Cesare. Combattendo il brigantaggio fece proseliti, superò le Alpi e giunse in Liguria, attraversò il paese dei Tirreni ed arrivò nel luogo dove, molto più tardi, sarebbe sorta Roma.
    Qui si trovava, sul colle Palatino, una piccolissima città abitata da una popolazione indigena i cui notabili lo accolsero con grande onore. Fra loro erano Cacio (Caco) e Pinario. Al primo si attribuiva la scala di pietra che saliva al Palatino (Scalae Caci), il secondo veniva considerato capostipite dell'antica gente dei Pinarii.
    In questa occasione venne stabilita l'usanza di offrire ad Eracle doni votivi (la decima) propiziatorii per la prosperità.
    Superato il Tevere, Eracle continuò a procedere verso Sud fino a raggiungere il Vesuvio e la pianura Flegrea, sede di un popolo di giganti che lo attaccarono e vennero eliminati.
    In Sicilia fu sfidato da Erice, figlio di Afrodite, vinse ed ottenne in premio le terre dello sfidante, terre che lasciò agli abitanti del luogo con l'intesa che le avrebbero consegnate quando un suo discendente fosse giunto a richiederle. Molte generazioni più tardi, infatti, lo spartano Dorieo riprese quelle terre e vi fondò Eraclea, successivamente distrutta dai Cartaginesi.
    Ancora in Sicilia, Eracle istituì rituali in onore di Core e si scontrò vittoriosamente con i Sicani.
    Giunto a Leontini, Eracle accettò per la prima volta che si tributassero sacrifici in suo nome e rese grazie con varie opere fra le quali la costruzione di un recinto sacro a Iolao, recinto che veniva considerato miracoloso.
    Attraverso l'Adriatico, l'Epiro ed il Peloponneso, Eracle tornò in Grecia dove ricevette da Euristeo l'ordine di catturare Cerbero nell'Ade.
    Prima di affrontare questa impresa, si recò ad Eleusi per farsi iniziare ai Misteri da Museo, figlio di Orfeo.
    Accolto benevolmente da Persefone, Eracle riuscì a liberare dall'Ade Teseo e Piritoo e gli fu consentito di portare con se Cerbero per mostrarlo ad Euristeo.
    L'ultima fatica consisteva nell'impadronirsi delle mele d'oro custodite nel giardino delle Esperidi.
    Figlie o nipoti di Espero, le sette Esperidi furono rapite dai pirati agli ordini del re egiziano Busiride. Eracle uccise i pirati e riportò le ragazze ad Atlante il quale, per ricompensarlo, lo aiutò nel compiere la fatica e gli insegnò l'astrologia.
    Prima di ricevere l'immortalità, Eracle seppe dall'oracolo di dover inviare i figli avuti dalle Tespiadi in Sardegna per fondare una colonia.
    Affidò la spedizione a Iolao il quale conquistò l'isola ed avviò fiorenti coltivazioni che resero la Sardegna contesa per i secoli a venire.
    Eracle cedette a Iolao la propria moglie Megara perché temeva di avere altri figli da lei avendo ucciso i precedenti in un accesso di follia. Chiese quindi di sposare Iole, figlia del re Eurito, ma questi rifiutò ed Eracle si vendicò rubandogli le cavalle. Quando uccise Ifito, figlio di Eurito che cercava di riprendere le cavalle, Eracle si ammalò e seppe dall'oracolo che sarebbe guarito solo lasciandosi vendere come schiavo. Fu acquistato da Onfale che si innamorò di lui e lo sposò generando un figlio di nome Lamo.
    Quindi Eracle con un piccolo gruppo di uomini attaccò Troia per punire Laomedonte che non aveva mantenuto la parola data in precedenza. Conquistò la città ed affidò il potere a Priamo, l'unico figlio di Laomedonte che si era comportato correttamente e fece sposare il proprio compagno Telamone con Esione, figlia di Laomedonte.
    Tentò senza risultato di punire anche Augia che gli aveva negato il compenso stabilito per la pulizia delle stalle, quindi uccise il centauro Eurizione che durante un banchetto aveva insultato la giovane Ippolita, figlia di Dessameno.
    Subì l'esilio insieme ad Alcmena, Ificle e Iolao per volontà di Euristeo che lo accusava di cospirazione. Fu in questo periodo che riuscì ad uccidere i suoi nemici Eurito ed Augia.
    Quando Ippocoonte esiliò da Sparta il fratello Tindaro ed i suoi figli uccisero Eono, cugino di Eracle, l'eroe intervenne, uccise Ippocoonte ed i suoi figli e ripristinò sul trono Tindaro.
    Durante il ritorno da Sparta, Eracle violentò Auge, figlia di Aleo. Quando la giovane raccontò al padre chi le aveva usato violenza, Aleo non le credette e la consegnò a Nauplio perché la gettasse in mare.
    Nauplio non eseguì l'ordine ma consegnò Auge ad un gruppo di stranieri che la portarono al re di Misia Teutrante. Il bambino che nacque durante il viaggio venne abbandonato sul monte Partenio e salvato dai pastori del re di Tegea Corito che lo trovarono mentre una cerva lo stava allattando. Corito lo adottò e lo chiamò Telefo. Cresciuto, Telefo ritrovò la madre e fu accolto da Teutrante che gli fece sposare sua figlia Argiope.
    Quattro anni più tardi Eracle si trasferì a Calidone dove sposò Deianira, sorella di Meleagro. A questo punto Diodoro racconta brevemente la vicenda di Meleagro: offesa da Oineo che l'aveva trascurata nei sacrifici, Artemide aveva inviato un feroce cinghiale a devastare la regione.
    Meleagro, figlio di Oineo, aveva organizzato la caccia ed essendo stato il primo a colpire l'animale ne aveva avuto in premio la pelle. Donando il trofeo ad Atalanta, della quale era innamorato, Meleagro aveva offeso i fratelli di sua madre Altea che avevano rubato la pelle aggredendo Atalanta.
    Meleagro aveva ucciso gli zii, quindi era morto a sua volta perché gli dei avevano realizzato la maledizione scagliata da Altea oppure, in altre versioni, perché Altea aveva gettato nel fuoco un tizzone al quale le Parche avevano legato la vita del figlio.
    Nel paese dei Calidoni Eracle deviò il corso del fiume Acheloo recuperando un grande e fertile territorio, opera questa che nel racconto mitologico veniva simboleggiata con un combattimento fra Eracle ed il dio del fiume.
    Avendo ucciso involontariamente un giovane, Eracle decise di andare in esilio volontario lasciando Calidone. Portò con se la moglie Deianira ed il figlio Illo. Durante il viaggio colpì con una freccia il centauro Nesso che stava per violentare Deianira. In fin di vita il centauro consigliò alla donna come fare un filtro d'amore con il suo seme ed il suo sangue. Deianira seguì il consiglio e conservò il filtro nascondendolo al marito.
    Eracle, la sua famiglia ed il suo seguito arrivarono a Trachis e vi si stabilirono presso il re Ceice.
    Per punire un sacrilegio contro il santuario di Delfi, Eracle attaccò e sconfisse i Driopi, uccidendo il loro re Filante.
    Accolse la richiesta di aiuto dei Dori contro i Lapiti, sconfisse anche questi ultimi ed uccise il loro re Corono.
    Tornando a Trachis, Eracle fu sfidato da Cicno, figlio di Ares, e lo uccise. Chiese in moglie Astidamia, figlia del re Ormeno, ed ottenendo un rifiuto uccise il re, fece prigioniera Astidamia e concepì con lei un figlio che fu chiamato Ctesippo.
    Condusse quindi una spedizione ad Ecalia, contro Eurito che gli aveva negato la mano di Iole, uccise Eurito e fece prigionera Iole. Per gelosia Deianira unse la tunica di Eracle con il filtro datole dal Centauro che conteneva il veleno dell'Idra provocando all'eroe atroci sofferenze.
    Resasi conto dell'errore commesso, Deianira si uccise mentre Eracle, interrogato l'oracolo, faceva preparare una pira sull'Eta. Solo Filottete fu disposto ad accendere il rogo, ma quando Iolao e i suoi compagni non trovarono le ossa di Eracle fra le ceneri si persuasero che fosse passato fra gli dei.
    Dopo l'apoteosi Eracle fu adottato da Era che lo fece sposare con Ebe.
    Concluso il racconto dei miti riguardanti Eracle, Diodoro passa a parlare degli Argonauti. Giasone figlio di Esone era nipote di Pelia che aveva usurpato il trono di Iolco e che temeva che il giovane aiutasse Esone a riconquistare il potere. Per questo motivo quando Giasone dimostrò la propria ansia di compiere imprese gloriose, Pelia fu ben lieto di affidargli la ricerca del Vello d'Oro, che si trovava in Colchide, certo che i selvaggi abitatori del Ponto avrebbero ucciso il suo pericoloso nipote.
    Giasone costruì la nave Argo, di eccezionale grandezza, e reclutò cinquantaquattro famosi condottieri fra i quali Castore e Polluce, Eracle e Telamone.
    Giunti in Troade, Eracle liberò Esione figlia del re Laomedonte che era stata offerta in sacrificio per placare l'ira di Poseidone. In premio ebbe la mano di Esione e le cavalle di Laomedonte ma convenne con quest'ultimo che avrebbe preso con se la ragazza e gli animali al suo ritorno dalla missione in Colchide.
    Proseguendo la navigazione, gli Argonauti scamparono ad una tempesta placata dal magico canto di Orfeo e giunsero in Tracia.
    Qui trovarono due giovani sottoposti a tortura, erano i figli di Fineo e di Cleopatra condannati dal padre perché ingiustamente accusati dalla matrigna Idea.
    Liberati dagli Argonauti (Eracle uccise Fineo) i due giovani si unirono alla spedizione affidando il regno alla madre Cleopatra.
    Gli Argonauti ignoravano che gli abitanti del Ponto uccidevano tutti gli stranieri sacrificandoli ad Artemide. L'usanza era stata istituita da Ecate, figlia di Perse, poi madre di Circe e di Medea e sposa del re Eeta.
    Circe e Medea avevano appreso l'arte di preparare filtri magici dalla madre, la prima si era trasferita in Italia e vi esercitava i suoi sortilegi con crudeltà mentre la seconda era rimasta in Colchide dove pietosamente cercava di aiutare i malcapitati visitatori.
    Fu Medea, infatti, ad avvertire gli Argonauti dei pericoli che correvano ed accettò di aiutare Giasone nella conquista del Vello a condizione di divenire la sua sposa.
    Raccontando brevemente la leggenda di Frisso giunto in Colchide in groppa ad un ariete dal vello d'oro mentre la sorella Elle precipitava in mare, Diodoro fornisce alcune versioni razionalizzanti: Frisso navigò con una imbarcazione la cui prora era ornata da una testa di ariete, oppure Ariete (Crio) era il nome di un pedagogo che lo accompagnava.
    Un profezia diceva che Eeta sarebbe morto quando uno straniero si fosse impossessato del Vello (la pelle del mitico ariete volante) per questo motivo Eeta istituì un servizio di vigilanza del trofeo e proseguì nell'usanza di eliminare i visitatori.
    Con l'aiuto di Medea gli Argonauti penetrarono nottetempo nel recinto sacro e presero il Vello. Fuggendo si scontrarono con Eeta e con i suoi uomini ma ne uscirono vittoriosi, Eeta venne ucciso insieme a molti Colchi mentre i superstiti si davano alla fuga.
    Medea curò le ferite di Giasone e dei suoi compagni. Durante il viaggio di ritorno scamparono ad una nuova tempesta con l'aiuto del dio marino Glauco che in quell'occasione predisse il destino di Eracle e dei Dioscuri.
    Ripassando dalla Troade, Eracle inviò messaggeri a Laomedonte per ottenere Esione e le cavalle promesse, ma il re rifiutò, fece prigionieri i messaggeri ed organizzò un agguato ai danni degli Argonauti.
    La salvezza venne da Priamo, figlio di Laomedonte, che rifiutando di condividere l'ingiusto comportamento del padre svelò l'inganno. Ne seguì una dura battaglia, Eracle uccise Laomedonte, conquistò la città e consegnò il regno a Priamo. In altre versioni, annota Diodoro, Eracle non prese Troia con l'aiuto degli Argonauti, ma in una successiva spedizione. Intanto a Iolco si era diffusa la voce che Giasone e tutti i suoi compagni fossero morti, ne aveva approfittato Pelia per eliminare Esone e tutto il suo parentato.
    Gli Argonauti, rientrati segretamente in patria ed approdati non lontano da Iolco, vennero a conoscenza dei misfatti di Pelia e decisero di organizzare un esercito per attaccarlo, ma Medea assicurò loro che sarebbe riuscita, grazie alle sue arti magiche, a punire Pelia da sola e a consegnare loro la città. Travestita da vecchia sacerdotessa di Artemide, infatti, Medea riuscì a penetrare nella reggia di Pelia e a convincerlo che grazie al volere della dea ed alla propria magia lo avrebbe reso di nuovo giovane.
    Le bastò liberarsi del travestimento e mostrarsi di nuovo giovane per vincere ogni perplessità e convincere le figlie di Pelia a fare a pezzi il padre per bollirne le carni dicendo che questo era il rito necessario per ringiovanirlo.
    Ricevuto da Medea il segnale convenuto, Giasone ed i suoi penetrarono nella reggia e ne presero facilmente possesso eliminando le guardie.
    Giasone affidò il regno ad Acasto, figlio di Pelia, che si era unito alla spedizione contro il volere del padre. Si occupò quindi del destino delle figlie di Pelia procurando loro nobili mariti, quindi si trasferì a Corinto dove fu benevolmente accolto dal re Creonte.
    Su proposta di Eracle gli Argonauti si promisero mutuo soccorso in caso di futura necessità ed il giuramento fu suggellato con l'istituzione dei Giochi di Olimpia.
    Dopo dieci anni Giasone si stancò di Medea e si innamorò di Glauce, figlia di Creonte. Tentò di convincere Medea a concludere il loro matrimonio senza liti per il bene dei figli ma la maga furibonda fece morire Glauce e Creonte incendiando il loro palazzo oppure, come affermano altri autori, avvelenando i loro indumenti.
    Medea uccise quindi i propri figli e fuggì da Corinto, mentre Giasone si toglieva la vita. Molti anni dopo Tessalo, unico figlio di Giasone e Medea sopravvissuto si recò a Iolco, seppe che Acasto era morto e prese il trono che gli spettava per diritto ereditario.
    Quanto a Medea cercò rifugio presso Eracle che si era fatto garante del giuramento di fedeltà fra lei e Giasone, lo trovò in preda alla crisi di follia provocata da Era che gli aveva fatto uccidere i propri figli e lo guarì con le sue arti magiche, quindi si trasferì ad Atene presso Egeo.
    A seconda delle versioni Medea ebbe un figlio di nome Medo da Egeo, oppure Medo nacque più tardi da un re asiatico che accolse Medea cacciata da Atene sotto accusa di veneficio.
    Con il racconto delle imprese degli Argonauti si conclude la trattazione relativa ad Eracle e l'autore passa alla storia dei suoi figli. Dopo l'apoteosi di Eracle i suoi figli ed i suoi compagni rimasero a Trachis presso il re Ceice ma dopo qualche tempo Euristeo intimò a Ceice di cacciarli. Consapevoli di non essere in grado di affrontare una guerra, gli Eraclidi lasciarono spontaneamente Trachis e vagarono per la Grecia finché non trovarono ospitalità in Atene.
    Anni dopo gli Eraclidi, con l'aiuto degli Ateniesi, organizzarono un esercito che, comandato da Illo, Iolao e Teseo affrontò ed uccise Euristeo e tutti i suoi figli.
    Dopo questa vittoria, Illo assunse definitivamente il comando e mosse contro il Peloponneso.
    A Micene, morto Euristeo, aveva preso il potere Atreo che, contro gli Eraclidi, si alleò con Tegea.
    Illo propose di risolvere la guerra con un duello: se avesse vinto gli Eraclidi avrebbero avuto il regno di Euristeo, altrimenti sarebbero rimasti fuori dal Peloponneso per cinquanta anni. Raccolse la sfida il re di Tegea Euchemo ed uccise Illo. Rispettando i patti gli Eraclidi tornarono a Tricorito, presso Atene. Alcuni di loro, fra i quali Licimnio e Tlepolemo, si stabilirono ad Argo, altri richiesero a Egimio figlio di Doro la restituzione delle terre che Eracle gli aveva affidato e vissero con i Dori.
    Più tardi Tlepolemo litigò con Licimnio e lo uccise, fuggì da Argo e si stabilì a Rodi dove divenne re, in seguito partecipò alla guerra di Troia come comandante delle truppe di Rodi.
    Emulo delle imprese di Eracle fu Teseo.
    Figlio di Egeo e di Etra, crebbe con il nonno materno Pitteo a Trezene, divenuto adulto prese con se i segni di riconoscimento lasciati dal padre e si mise in viaggio verso Atene, compiendo durante il percorso imprese memorabili.
    Liberò le strade da molti e famosi briganti: Corinete, Sinide, Scirone, Cercione, Procuste ed uccise il feroce cinghiale di Crommione.
    Giunto ad Atene lottò con il toro di Maratona che Eracle aveva portato da Creta e lo offrì ad Egeo. L'uccisione del Minotauro da parte di Teseo è occasione per raccontare gli antichi miti cretesi.
    L'isola di Creta fu colonizzata da Elleni e Pelasgi guidati da Tectamo, figlio di Doro, figlio di Elleno, figlio di Deucalione. Tectamo sposò una figlia di Creteo e generò Asterio. Questi sposò Europa ed adottò i figli nati dall'unione di lei con Zeus: Minosse, Radamanto e Sarpedone.
    Minosse successe sul trono ad Asterio, sposò Itone figlia di Littio ed ebbe un figlio di nome Licasto, questi sposò Ida figlia di Coribante e generò un secondo Minosse. Anche questi fu re e portò Creta alla supremazia sul mare, sposò Pasifae, figlia di Elio e Crete, generando Deucalione, Catreo, Androgeo ed Arianna. Androgeo fu ucciso in un'imboscata ad Atene per volontà di Egeo che temeva che Minosse volesso sottrargli il potere.
    Non ottenendo soddisfazione Minosse mosse guerra ad Atene mentre le sue maledizioni provocavano la siccità in tutta l'Ellade. Guerra e siccità ebbero fine solo quando Atene accettò di pagare un tributo in vite umane: sette fanciulli e sette fanciulle ogni nove anni per tutta la vita del Minotauro.
    Teseo volle essere scelto fra le vittime sacrificali per eliminare il mostro e concordò con Egeo che al ritorno avrebbe segnalato una vittoria entrando in porto con le vele bianche, le vele nere avrebbero invece annunciato una sconfitta.
    Arianna si innamorò di Teseo, lo aiutò a sfuggire al labirinto e partì con lui ma nell'isola di Nasso venne rapita da Dioniso che ne fece la propria sposa. Per il dolore Teseo dimenticò di cambiare le vele ed Egeo, credendolo morto, si uccise.
    Teseo sposò Fedra, figlia di Deucalione figlio di Minosse, e generò con lei due figli: Acamante e Demofonte.
    Fedra si innamorò di Ippolito, figlio di Teseo e dell'amazzone Ippolita, non corrisposta accusò il giovane di aver tentato di sedurla. Vedendo che Teseo non le credeva Fedra si uccise, quanto ad Ippolito venne a sapere della calunnia mentre si trovava alla guida di un carro: per lo stupore perse il controllo e cadde ferendosi mortalmente (notare come la versione di Diodoro differisce da quella canonica).
    Piritoo figlio di Issione dopo la morte di Fedra propose a Teseo di rapire Elena, figlia di Leda e di Zeus. A rapimento compiuto stabilirono per sorteggio che Teseo avrebbe sposato Elena impegnandosi ad aiutare l'amico a trovare un'altra donna. Poiché Elena aveva solo dieci anni fu affidata ad Etra, madre di Teseo. Il giuramento fatto costrinse Teseo ad aiutare Piritoo nel tentativo di rapire Persefone ma entrambi rimasero prigionieri nell'Ade. Teseo fu liberato da Eracle ma sulla sorte di Piritoo le antiche fonti erano discordi.
    Durante la prigionia di Teseo i Dioscuri liberarono Elena e presero prigioniera Etra.

    Laio, re di Tebe, interrogò la Pizia perché non riusciva ad avere figli dalla moglie Giocasta e l'oracolo lo avvertì che se avesse avuto un figlio questi lo avrebbe ucciso ed avrebbe arrecato grandi disgrazie al suo casato. Quando gli nacque un figlio, dunque, Laio lo espose dopo avergli ferito le caviglie.
    Salvato dai servi, il piccolo fu chiamato Edipo e fu allevato dalla moglie del re Polibo. Divenuto adulto si mise in viaggio ed incontrando Laio venne a lite con lui e lo uccise senza sapere chi fosse avverando la profezia.
    Edipo riuscì a risolvere il quesito della Sfinge, mostro biforme che uccideva chi non sapeva rispondere. Indovinò infatti che l'uomo è, nelle varie fasi della vita, "bipede, tripede e quadrupede" perché da bambino si muove su quattro arti, da adulto sulle gambe e da vecchio si aiuta con il bastone.
    Come stabilito da una profezia, la Sfinge sconfitta si uccise ed Edipo ebbe in premio il trono e la mano di Giocasta. Così, senza saperlo, sposò la propria madre ed ebbe quattro figli: Eteocle, Polinice, Antigone e Ismene.
    Scoperti il parricidio e l'incesto, Edipo fu costretto a cedere il potere ai figli che si accordarono per regnare ad anni alterni. Quando fu il turno di Polinice, tuttavia, Eteocle rifiutò di cedere il trono e Polinice andò ad Argo presso il re Adrasto.
    Ospite ad Argo era anche Tideo, esule dall'Etolia per aver ucciso i propri cugini. Adrasto, memore di una profezia, li accolse entrambi e li fece sposare con le sue figlie promettendo loro di aiutarli a tornare in patria.
    Anfiarao, che era indovino, sapeva che partecipando alla spedizione sarebbe morto. Convenne con Adrasto di affidare la decisione a Erifile (moglie di Anfiarao e sorella di Adrasto) ma questa si lasciò corrompere da Polinice e convinse il marito a partire. Anfiarao fece giurare al figlio Alcmeone di vendicarlo.
    Fallito un tentativo diplomatico, Polinice ed Adrasto organizzarono una spedizione militare contro Tebe alla quale aderirono Tideo, Anfiarao, Ippomedonte e Partenopeo.
    Eteocle e Polinice si uccisero a vicenda, Capaneo precipitò mentre scalava le mura, Anfiarao fu inghiottito dalla terra e tutti i comandanti morirono tranne Adrasto. I Tebani non consentirono di dare sepoltura ai cadaveri, se ne occuparono più tardi gli Ateniesi.
    Alcmeone, con i figli dei comandanti della prima spedizione, detti Epigoni, ed i buoni auspici dell'oracolo di Delfi, organizzò una nuova impresa e questa volta Tebe venne conquistata. I Tebani fuggirono, fu catturata Dafne figlia dell'indovino Tiresia (in genere indicata con il nome di Manto) e fu dedicata al servizio del santuario di Delfi come offerta votiva ad Apollo, Tiresia morì e fu sepolto dai Tebani con grandi onori.
    Per introdurre l'argomento di Neleo e della sua discendenza, Diodoro ricostruisce una genealogia degli Eoli e dei Beoti che in molti aspetti non corrisponde con altre versioni. Deucalione fu padre di Elleno, questi padre di Eolo. Questo Eolo ebbe numerosi figli e figlie fra cui Arne che, sedotta da Poseidone, fu scacciata dal padre e condotta a Metaponto. Qui generò Beoto ed un altro Eolo.
    Anni dopo Eolo si impadronì delle isole che da lui presero il nome di Eolie mentre Beoto della regione poi detta Beozia. Figlio di Beoto fu Itono che a sua volta ebbe quattro figli: Ippalcimo, Elettrione, Archiloco e Alegenore. Figli di Ippalcimo furono Peneleo, Leito, Clonio, Protosenore e Arcesilao che parteciparono alla guerra di Troia.
    Figlio di Eolo (il fratello di Beoto) fu Salmoneo, fondatore di Salmonia, sul fiume Alfeo.
    Salmoneo sposò Alcidice dalla quale ebbe la bellissima Tiro. Questa si unì con Poseidone generando Pelia e Neleo, quindi sposò Creteo generando Amitaone, Ferete ed Esone.
    Pelia regnò su Iolco, Neleo organizzò una spedizione nel Peloponneso, fra i suoi compagni erano Melampo e Biante, figli di Amitaone.
    Grazie alla sua arte di indovino Melampo curò la follia delle donne invasate da Dioniso ottenendo una parte del regno di Argo che condivise con Biante.
    Neleo proseguì la spedizione e giunto presso Messene fondò Pilo. Sposò Cloride ed ebbe dodici figli il maggiore dei quali fu Periclimeno, il minore Nestore.
    Si passa quindi (libro IV, cap 69-70) alla storia della guerra fra Lapiti e Centauri.
    Apollo si unì a Stilbe, figlia di Peneo, e generò Lapite e Centauro.
    Lapite ebbe due figli: Forbante e Perifante.
    Forbante aiutò Alettore re di Elea ed ebbe parte del regno di Elide. Furono suoi figli Egeo ed Attore che regnarono sugli Elei.
    Da Perifante e da Astiagia figlia di Ipseo nacquero otto figli fra i quali Anzione che unendosi a Perimela figlia di Amitaone fu padre di Issione.
    Issione sposò Dia, figlia di Deioneo, con la quale generò Piritoo, ma rifiutò di consegnare i doni nuziali che aveva promesso, anzi uccise orribilmente Deioneo. Fu purificato da Zeus ma osò insidiare Era. Zeus lo trasse in inganno facendolo accoppiare con una nuvola alla quale aveva dato le sembianze di Era. Ne nacquero i Centauri. Dopo la morte Issione fu condannato a scontare eternamente la pena della ruota.
    Diodoro propone una razionalizzazione del mito dei Centauri, spiegando che l'idea della loro natura ibrida nacque perché furono i primi a tentare di montare i cavalli. I Centauri chiesero a Piritoo parte del regno di Issione, non ottenendolo dichiararono guerra a lui ed ai Lapiti.
    Più tardi si riconciliarono ma quando i Centauri furono invitati al banchetto nuziale di Piritoo ed Ippodamia si ubriacarono e violentarono le donne presenti, Piritoo e Teseo li scacciarono e la guerra riprese.
    La narrazione dei miti greci prosegue con la storia di Asclepio. Figlio di Apollo e di Coronide apprese la scienza medica al punto che Ade si lamentò presso Zeus perché il numero dei morti che affluivano al suo regno diminuiva a causa delle guarigioni. Zeus fulminò Asclepio. Apollo lo vendicò uccidendo i Ciclopi che avevano forgiato le folgori di Zeus e fu condannato a servire un essere umano.
    Figli di Asclepio furono Macaone e Podalirio, anche essi medici, che parteciparono alla guerra di Troia curando le ferite dei compagni.
    Fra i figli di Oceano e Teti fu Asopo, eponimo di un fiume dell'Argolide, che sposò Metope procreando due figli, Pelasgo e Ismeno, e dodici figlie: Corcira, Salamina, Egina, Pirene, Cleone, Tebe, Tanagra, Tespia, Asopide, Sinope, Ornia, Calcide.
    Sinope fu amata da Apollo nel luogo dove sorse la città con il suo nome e generò Siro che regnò sul popolo dei Siri. Corcira fu portata da Poseidone nell'isola che da lei prese il nome e generò Feace, eponimo del suo popolo e padre di Alcinoo che aiutò Odisseo.
    Analoga sorte toccò a Salamina che con Poseidone generò Cicreo il quale liberò la sua isola da un mostruoso serpente.
    Egina, amata da Zeus, generò Eaco che regnò sull'isola che prese il nome della madre.
    Figli di Eaco furono Peleo e Telamone. Peleo uccise involontariamente il fratellastro Foco e fu bandito dal padre, si recò a Ftia dove divenne re, con Tetide generò il famoso Achille.
    Telamone visse a Salamina, sposò Glauce figlia di Cicreo ereditando il regno. Morta Glauce sposò Peribea di Atene e generò Aiace.
    Ares, unitosi ad Arpine figlia di Asopo generò Enomao. Questi ebbe una figlia di nome Ippodamia.
    Poiché un oracolo aveva detto che Enomao sarebbe morto quando Ippodamia si fosse sposata, Enomao aveva stabilito che i pretendenti dovessero competere con lui in una gara equestre perdendo la vita se sconfitti.
    Munito di cavalli velocissimi, Enomao uccise molti aspiranti finché Pelope non corruppe il suo auriga Mirtilo riuscendo a vincere la gara. Comprendendo che l'oracolo si era compiuto, Enomao si uccise.
    Pelope era figlio di Tantalo, a sua volta figlio di Zeus. Ricco e fortunato, Tantalo era stato ammesso alla mensa degli dei, ma quando rivelò agli uomini cose segrete cadde in disgrazia e dopo la morte fu condannato in eterno. Oltre a Pelope, Tantalo aveva avuto una figlia, Niobe. Questa ebbe sette figli e sette figlie ed offese Latona vantandosi di essere più prolifica di lei. Apollo ed Artemide, figli di Latona, vendicarono l'offesa uccidendo tutta la prole di Niobe.
    Quando incorse nell'ira degli dei, Tantalo fu cacciato dalla Paflagonia da Ilo, membro della stirpe regnante a Troia.
    Il primo re della Troade fu Teucro, figlio del fiume Scamandro. Gli successe il genero Dardano, figlio di Zeus, al quale seguirono il figlio Erittonio ed il nipote Troo.
    Troo ebbe tre figli: Ilo, Assaraco e Ganimede, fondò la città di Ilio.
    Figlio di Ilo fu Laomedonte che fu padre di Titono e di Priamo. Titono amò Eos generando Memnone che fu ucciso da Achille: Priamo sposò Ecuba ed ebbe molti figli, il più insigne dei quali fu Ettore.
    Assaraco fu padre di Capi e generò Anchise, padre di Enea. Ganimede fu rapito dagli dei e divenne coppiere di Zeus.
    Discendente di Eretteo, l'ateniese Dedalo era inventore di molti strumenti ed abilissimo scultore.
    Il suo allievo e nipote Talo inventò la sega imitando la dentellatura dei denti dei serpenti. Per invidia Dedalo lo uccise ma venne scoperto e processato. Costretto a fuggire da Atene si stabilì a Creta presso il re Minosse. Quando Minosse evitò di sacrificare uno splendido toro a Poseidone il dio si adirò e fece innamorare del toro Pasifae, moglie di Minosse. Dedalo aiutò Pasifae ad accoppiarsi con il toro costruendo una finta vacca e da questa unione nacque il Minotauro. Ibrido mostruoso, metà uomo e metà toro, il Minotauro crebbe nel labirinto appositamente realizzato da Dedalo divorando le vittime sacrificali inviate da Atene.
    Ancora una volta Diodoro razionalizza la leggenda: temendo la punizione di Minosse Dedalo fuggì da Creta con un'imbarcazione procurata da Pasifae. Suo figlio Icaro, durante la fuga, cadde in mare ed annegò; l'autore comunque cita anche la versione più diffusa parlando del volo di Dedalo ed Icaro.
    Dedalo giunse in Sicilia e fu ben accolto da Cocalo re dei Sicani per il quale realizzò molte opere artistiche ed architettoniche.
    Minosse venne a sapere che Dedalo si trovava in Sicilia e chiese a Cocalo di consegnarglielo ma Cocalo, dopo averlo invitato per trattare, lo uccise a tradimento. I Cretesi che avevano accompagnato Minosse rimasero in Sicilia e vi fondarono due colonie.
    Aristeo era figlio di Apollo e di Cirene. Allevato dalle ninfe aveva appreso da loro la cagliatura del latte, l'apicoltura e la coltivazione degli olivi.
    Stabilitosi in Beozia sposò Autonoe, figlia di Cadmo, generando Atteone. Questi fu sbranato dai propri cani per aver offeso Artemide.
    Dopo la morte di Atteone, Aristeo andò a Ceo, in Sardegna, in Sicilia ed infine in Tracia recando ovunque la sua sapienza e ricevendo spesso onori divini.
    Erice, figlio di Afrodite e del re Bute, regnò su una parte della Sicilia ove fondò una città cui diede il suo nome e nella quale sorse il santuario di Afrodite Ericina, famosissimo e prestigioso. I Romani, che consideravano Afrodite propria progenitrice, tributavano a questo santuario grandi onori per decreto del senato.
    In Sicilia, nella regione dei monti Erei, particolarmente fertile ed amena, nacque Dafni figlio di Ermes e di una ninfa. Cantore melodioso, inventò i canti bucolici. Una ninfa si innamorò di lui ma quando Dafni giacque con un'altra donna che lo aveva fatto ubriacare la ninfa lo privò della vista.
    Ancora alla Sicilia era legato li mito di Orione, costruttore di grandi opere come il porto di Messene (Messina).


    Libro V


    Questo libro è dedicato a "Le Isole", a cominciare dalla Sicilia che in antico si chiamò Trinacria per la sua forma, poi Sicania dai Sicani ed infine Sicilia dai Siculi. Sacra a Demetra e a Core, nel mito fu dono di Zeus per le nozze di Plutone e Persefone.
    Si diceva che la Sicilia fu la prima terra a produrre spontaneamente grano ed orzo, Demetra e Core la amavano e vi soggiornavano spesso e fu nei prati di Enna che avvenne il rapimento di Core.
    A Demetra ed a sua figlia in Sicilia si dedicavano molti riti e si consacravano luoghi.
    I primi ad abitare la Sicilia furono i Sicani, autoctoni per alcune fonti, di origine iberica per altre.
    Inizialmente insediati nella parte orientale dell'isola, i Sicani migrarono verso ovest per evitare le eruzioni dell'Etna. Successivamente i territori da loro abbandonati furono occupati dai Siculi provenienti dall'Italia. Siculi e Sicani combatterono spesso finché con un trattato non definirono chiaramente i rispettivi confini.
    Con il tempo molti Greci giunsero in Sicilia e vi fondarono importanti colonie: la lingua greca prevalse ed i coloni si fusero con i Siculi e Sicani che finirono con il perdere la propria identità etnica.
    Fra la Sicilia e l'Italia si trovano le sette Isole Eolie: Strongile (Stromboli), Evonimo (Panarea), Didime (Salina), Fenicode (Filicudi), Ericode (Alicudi), l'isola sacra ad Efesto (Vulcano) e Lipara (Lipari). Le Isole Eolie sono tutte di origine vulcanica e si credeva fossero in comunicazione con l'Etna tramite canali sottomarini. Il primo ad occupare le Eolie fu Liparo, figlio del re Ausone, che fu sconfitto dai suoi fratelli e fuggì dall'Italia, sbarcò nell'isola che da lui prese il nome di Lipara e vi fondò una città.
    Molti anni più tardi Eolo sposò Ciane, figlia di Liparo ed aiutò il suocero a tornare in Italia dove Liparo regnò sulla contrada di Sorrento. Si tratta dell'Eolo citato nell'Odissea, aveva imparato a predire l'andamento dei venti tramite osservazioni meteorologiche, di qui il mito gli aveva attribuito la funzione di "dispensiere dei venti".
    Eolo ebbe sei figli (Astioco, Xuto, Androcle, Feremone, Giocasto, Agatirno) che regnarono su varie zone della Sicilia e della costa calabra, tutti con grande moderazione ed equità. In particolare Giocasto assoggettò le coste italiche fino a Reggio.
    Ancora più tardi (circa 580 a.C.) giunse un gruppo di Cnidi e di Rodi a fondare una nuova colonia in Sicilia. Li guidava Pentatlo di Cnido che si diceva discendente di Eracle tramite Ippote.
    Furono coinvolti in una guerra fra Segesta e Selinunte e molti morirono fra cui lo stesso Pentatlo. I superstiti si stabilirono a Lipara fondendosi con le genti del posto. Adottarono un regime comunistico coltivando la terra in comune ed approntando le opportune difese contro i pirati etruschi che spesso li attaccavano.
    L'isola era famosa per le sue sorgenti termali e per le miniere di allume.
    Oltre Lipara si trovava l'isola deserta di Osteode (generalmente identificata con Ustica) dove un tempo furono abbandonati i capi di una ribellione dei mercenari al soldo dei Cartaginesi. Privi di sostentamento i ribelli morirono di fame lasciando sull'isola una grande quantità di ossa (Osteode=ossuta).
    Tre isole situate in alto mare a Sud della Sicilia sono l'argomento dei successivi paragrafi: Melite (Malta), famosa per l'artigianato tessile e fiorente colonia dei Fenici; Gaulo (Gozo) e Cercina (Kerkenna) più vicine alla Libia erano attivi porti commerciali.
    In altra posizione nel Tirreno l'isola di Etalia (Elba) era ricca di rocce ferrose dalle quali si ricavavano grandi quantità di metallo.
    Più ad occidente di Etalia si trova la Corsica con importanti porti e città. Vi abitarono i Focesi, poi scacciati dai Tirreni. Ai tempi di Diodoro la Corsica era abitata da circa trentamila "barbari" che vivevano pacificamente dedicandosi all'agricoltura ed alla produzione del miele.
    Vicina alla Corsica, la Sardegna era abitata dal popolo degli Iolei ritenuti discendenti dei coloni guidati da Iolao. Quando i Cartaginesi invasero l'isola, gli Iolei rifugiandosi in zone montuose riuscirono a mantenere la propria indipendenza. Anche quando l'isola passò ai Romani questo popolo, continuando ad abitare nell'interno, non venne sottomesso. Diodoro narra dell'antica tradizione secondo la quale questa duratura indipendenza era stata profetizzata da un oracolo ai tempi di Iolao.
    Oltre la Sardegna l'isola di Pitussa, una delle Baleari, era abitata prevalentemente da genti di origine fenicia, produceva olio e lana.
    Nei pressi si trovavano altre isole chiamate Gimnesie dai Greci e Baleari dai Romani. Gli abitanti di queste isole non usavano moneta, vivevano di agricoltura e di allevamento. Diodoro ricorda alcune loro usanze primitive come la condivisione della sposa e lo smembramento dei cadaveri. Combattevano usando la fionda, arma che sapevano maneggiare con particolare perizia.
    Oltre le Colonne di Ercole, nell'Oceano, si trovava un'altra isola della quale Diodoro non cita il nome. Terra di particolare bellezza, era ricca di giardini e di ville i cui abitanti vivevano lussuosamente. Tale era la sua dovizia di frutti, di cacciagione e di pesce che molti la consideravano "luogo di dimora di essere divini e non di uomini".
    Nel descrivere quest'isola Diodoro attinge probabilmente alla letteratura utopica, è comunque possibile che questo tipo di racconti siano nati in conseguenza alla scoperta di isole sconosciute.
    L'autore prosegue dicendo che i primi ad approdare sull'isola di cui parla furono i Fenici che già in tempi antichi avevano fondato sulla costa atlantica della Spagna Gadira (Cadice) ed altre colonie. Successivamente gli Etruschi tentarono di raggiungere l'isola ma i Cartaginesi lo impedirono in quanto intendevano utilizzarla come sede alternativa in caso di gravi sconfitte e calamità.
    Più a Nord, lungo le coste europee dell'Atlantico, si incontrano molte altre isole, la maggiore delle quali è la Britannia. Mai raggiunta in precedenza da armate straniere, la Britannia fu conquistata da Giulio Cesare. Il clima della Britannia era molto freddo, la popolazione coltivava cereali conducendo uno stile di vita semplice e modesto.
    Nella zona del promontorio Belesio (in Cornovaglia) si estraeva lo stagno, ciò ha portato la popolazione locale a frequenti contatti con i mercanti stranieri ed un modo di vivere più evoluto.
    In un'altra isola dell'Atlantico chiamata Basileia (probabilmente l'isola tedesca di Helgoland) si raccoglieva l'ambra. Nel mito questo materiale proveniva dai pioppi in cui furono trasformate le sorelle di Fetonte quando piangevano la morte del fratello.
    La regione continentale prossima a queste isole è la Celtica. Nel mito Eracle, durante la spedizione contro Gerione, si unì ad una principessa celtica generando Galata che divenne re e volle che i suoi sudditi si chiamassero Galli.
    I Galli erano divisi in numerose tribù, il loro paese era molto freddo e ricco di fiumi come il Rodano, il Danubio ed il Reno. Sul Reno Cesare fece costruire in tempi brevissimi un ponte per attraversarlo con il suo esercito ed attaccare i Galli che si trovavano oltre il fiume.
    Segue una descrizione pittoresca dei costumi e dei caratteri dei Galli: amanti del vino, della birra d'orzo e dei banchetti, si mostravano molto ospitali con i visitatori ed erano soliti adornarsi con monili d'oro. In guerra tentavano di atterrire i nemici con varie esibizioni, ingaggiando duelli e cantando le gesta proprie e degli antenati. Usavano staccare ed imbalsamare le teste dei nemici uccisi.
    Esibizionisti, minacciosi e teatrali, i Galli non mancavano di intelligenza. Fra loro erano poeti lirici detti Bardi, filosofi esperti di religione ed indovini.
    Vicini dei Galli erano i Celtiberi, popolazione nata dalla progressiva fusione di tribù di Iberi con tribù celtiche. Estremamente bellicosi, misero in difficoltà per molto tempo anche gli eserciti romani. Dei popoli della Penisola Iberica facevano parte anche i Lusitani, anche questi molto bellicosi, esperti di guerriglia e difficili da combattere per la loro profonda conoscenza della regione montuosa che abitavano.
    Nel paese degli Iberi, in particolare sui monti Pirenei, si trovavano ricchissime miniere d'argento. Questo metallo, il cui valore era ignorato dagli autoctoni, consentì ai Fenici di condurre importanti commerci.
    Passando ai Liguri, dei quali ha già parlato nel contesto delle imprese di Eracle, Diodoro ricorda il loro modo di vivere primitivo dovuto all'ostile ambiente montuoso che abitavano, il loro coraggio e la loro forza fisica.
    Quanto ai Tirreni (gli Etruschi) l'autore sottolinea come inventarono molte usanze poi adottate e perfezionate dai Romani, come la tromba in guerra, il peristilio e lo studio dei fenomeni naturali.
    Si passa alla descrizione delle isole dell'Oceano Meridionale, il mare a sud di quella parte dell'Arabia detta Felice per la fertilità del suolo e per l'amenità dei luoghi.
    Nell'isola di Iera era proibito seppellire i morti, vi si producevano incenso, mirra e spezie profumate. I suoi abitanti erano detti Pancei e si dedicavano al commercio con i mercanti arabi.
    Pancei erano detti anche gli abitanti di un'altra isola situata molto più a oriente detta, appunto, Pancea, anche questa ricca di foreste e giardini.
    Anche in questo brano Diodoro descrive paesaggi e popolazioni nello stile della letteratura utopica, dipendendo da Evemero di Messene.
    Nel Mare Egeo si trovava invece l'isola di Samotracia, in origine abitata da un popolo autoctono, poi colonizzata da genti provenienti da Samo e dalla Tracia (da qui il nome).
    Saone figlio di Zeus stabilì le leggi e governò l'isola. A Samotracia nacquero anche altri figli di Zeus: Dardano, Iasione ed Armonia.
    Dardano passò in Asia su una zattera e fondò la città che più tardi ebbe il nome di Troia. Iasione apprese da Zeus il rito iniziatorio dei misteri e fu il primo a praticarlo. Quanto ad Armonia sposò Cadmo che giunse a Samotracia durante la ricerca di Europa.
    Per queste nozze gli Dei tennero una festa ed offrirono agli sposi molti doni, durante il banchetto Demetra si innamorò di Iasione.
    L'isola di Nasso era in origine chiamata Strongile (rotonda). Secondo un mito Bute, figlio di Borea, cospirò contro il fratello Licurgo, scacciato dalla Tracia si rifugiò a Nasso con i suoi complici e si dedicò alla pirateria. Avendo poche donne Bute e si suoi uomini organizzarono una spedizione sulla terraferma per rapirne. Si imbatterono nelle nutrici di Dioniso, Bute violentò Coronide, poi si uccise perché Dioniso lo fece impazzire.
    Fra le altre furono rapite Ifimedia, moglie di Aloeo, e sua figlia Pancratide, quest'ultima sposò Agassemeno, succeduto a Bute nel comando.
    L'isola di Nasso era legata alla figura di Dioniso dal mito secondo il quale Zeus l'avrebbe scelta per far nascere Dioniso dalla propria coscia dove aveva cucito il feto dopo la morte di Semele.
    L'isola di Simi fu governata da Nireo, che partecipò alla spedizione contro Troia. Successivamente l'isola fu colonizzata da Cari, Lacedemoni ed Argivi.
    I primi abitatori di Rodi furono i Telchini. Questi educarono il piccolo Poseidone affidato loro da Rea e quando il dio divenne adulto si unì ad Alia, sorella dei Telchini, generando sei figli maschi ed una femmina, Rodo, dalla quale l'isola prese il nome.
    I figli di Poseidone impedirono ad Afrodite di approdare a Rodi, la dea facendoli impazzire li indusse a violentare la madre e a commettere altre nefandezze. Alia si gettò in mare e Poseidone, scoperto l'accaduto, rinchiuse i propri figli sotto terra.
    Secondo un mito un diluvio sommerse l'isola di Rodi e solo chi riuscì a raggiungere le zone più alte si salvò; tuttavia Elio si innamorò di Rodo e fece sparire le acque.
    Elio ebbe da Rodo, o fece nascere spontaneamente dalla terra, sette figli che si distinsero per la cultura e che successivamente portarono il loro sapere in varie regioni del mondo abitato. I loro nomi erano Ochimo, Cercafo, Macareo, Acti, Tenage, Triopa, Candalo. Elio e Rodo ebbero anche una figlia di nome Elettrione che morì prestissimo e ricevette a Rodi onori eroici.
    A Rodi si ricordava anche un soggiorno di Danao, in fuga dall'Egitto con le sue figlie e di Cadmo in cerca di Europa. Il primo aveva consacrato una statua ad Atena, il secondo aveva costruito un recinto sacro a Poseidone lasciando a custodirlo alcuni Fenici dai quali poi discese la stirpe dei sacerdoti di Rodi.
    Altemene, figlio del re cretese Catreo, si trasferì a Rodi quando un oracolo lo avvertì che avrebbe ucciso il padre. Eresse un santuario a Zeus e fu onorato dalla gente del luogo ma quando Catreo, per il desiderio di ritrovarlo, raggiunse di notte Rodi si scontrò con gli abitanti ed Altemene, non riconoscendolo, lo uccise avverando la profezia. Per questo motivo Altemene si ritirò in solitudine ed alla fine morì di dolore.
    Poco prima della guerra di Troia giunse a Rodi Tlepolemo, in fuga da Argo per aver involontariamente ucciso Licimnio, e divenne re dell'isola che governò con saggezza finché non partì con Agamennone.
    La relazione fra le vicende di Rodi e quelle del Cherroneso inducono Diodoro a parlare anche di questa regione, corrispondente all'odierna penisola di Marmaris.
    Anticamente il Cherroneso fu occupato da alcuni dei Cureti, discendenti di quelli che avevano nutrito Zeus, quindi vi si stabilì un gruppo di Argivi. Questi ultimi erano arrivati con Cirno al quale Inaco aveva affidato una flotta per cercare Io e, non trovandola, aveva rinunciato a tornare in patria.
    In seguito arrivò nel Cherroneso Triopa, figlio di Elio e di Rodo in fuga per aver ucciso il fratello Tenage.
    Nella città di Castabo si trovava il santuario di Emitea, Diodoro racconta il relativo mito. Stafilo aveva avuto tre figlie da Crisotemi: Molpadia, Reo e Parteno. Reo fu sedotta da Apollo. Il padre scoprendola incinta la fece gettare in mare in una cassa, si salvò miracolosamente e partorì Anio. Le sue sorelle si gettarono in mare per aver rotto l'orcio del vino del padre e furono salvate da Apollo che le portò nel Chersoneso: Parteno a Bubasto, dove ebbe un recinto sacro, e Molpadia a Castabo dove fu chiamata Emitea e venerata nel santuario.
    Il santuario era molto frequentato e ricco di offerte votive perché si riteneva che Emitea soccorresse gli infermi ed i sofferenti.
    I capitoli successivi sono dedicati alla descrizione dell'isola di Creta. I più antichi abitatori di Creta furono gli Eteocretesi presso i quali secondo il mito nacquero numerose divinità a cominciare dai Dattili Idei dei quali fu discepolo Orfeo che da loro apprese i riti misterici. Stregoni ed artefici legati alle origini della metallurgia.
    Più tardi vissero a Creta i Cureti, dei quali si è già parlato, dediti alla pastorizia ed alla caccia, furono tutori di Zeus. Segue una ricapitolazione del mito di Zeus nella quale viene ribadito il concetto, caro a Diodoro, che gli dei furono in origine esseri umani poi divinizzati per i loro grandi meriti.
    Molte generazioni più tardi nacquero gli eroi di Creta, tra i quali Minosse, Radamanto e Sarpedone, figli di Zeus e di Europa. Minosse regnò sull'isola e vi fondò le più importanti città: Cnosso, Festo e Cidonia (attuale Canea).
    Come si è detto i primi abitanti di Creta furono gli Eteocretesi. Più tardi giunsero i Pelasgi che occuparono una parte dell'isola, quindi i Dori.
    Da Creta la narrazione passa all'isola di Lesbo i cui primi abitanti furono i Pelasgi ivi condotti da Xanto figlio di Triopa.
    Dopo il diluvio dei tempi di Deucalione, Lesbo rimasta deserta tu ripopolata dai seguaci di Macareo, appartenenti a vari popoli. A dare il nome all'isola fu Lesbo, figlio di Lapite e nipote di Eolo, che sposò Metimna, figlia di Macareo.
    Più tardi Tenete, figlio di Cicno (figlio di Poseidone e di Calice, re di Colone in Troade) colonizzò un'altra isola e la chiamò Tenedo. Nel mito Tenete era stato scacciato dal padre a causa delle calunnie della matrigna. Tenete fu ucciso da Achille durante la presa di Tenedo ad opera degli Achei in viaggio verso Troia oppure, per altre fonti, sul continente all'inizio della guerra.


    Libro VI


    Di questo libro perduto possediamo alcuni frammenti. Eusebio di Cesarea (Preparazione Evangelica) cita un brano relativo alla teoria razionalistica di Evemero di Messene sull'origine umana degli dei.
    Da Eustazio riceviamo un breve brano nel quale si raccontava che Xanto e Balio, i cavalli immortali di Achille, erano in origine due Titani che avevano aiutato Zeus e Poseidone nella guerra contro gli altri Titani. Per non mostrarsi in questo frangente ai loro fratelli avevano chiesto ed ottenuto di essere trasformati in cavalli.
    Ancora Tertulliano, Giovanni di Antiochia ed alcuni scolii tramandano frammenti dai quali si evince che il sesto libro era dedicato alle figure della mitologia greca rilette in chiave razionalistica.


    Libro VII


    I frammenti in nostro possesso indicano che nel libro VII Diodoro passava dalla narrazione mitografica a quella degli eventi successivi alla guerra di Troia, da lui considerati storici; in particolare vengono esposte le vicende di Enea dopo la caduta della città.
    Enea fu ammirato dai Greci per il coraggio e la pietà dimostrati quando, lasciando Troia in fiamme, aveva preso con se i Lari ed il vecchio Anchise, aveva quindi ottenuto il permesso di partire indisturbato.
    Il frammento successivo parla di Enea che aveva assunto il regno dei Latini tre anni dopo la caduta di Troia e, dopo tre anni di governo, era scomparso dal mondo degli uomini.
    Ascanio, figlio di Enea, succeduto al padre fondò la città di Albalonga. Enea stesso aveva progettato questa fondazione assistendo al prodigio di una scrofa bianca che aveva partorito in quel luogo trenta porcellini, ma era stato dissuaso da un sogno, grazie al quale aveva compreso che i trenta maialini indicavano altrettanti anni da attendere prima di costruire la nuova città. Così fu Ascanio a procedere, appunto dopo trent'anni, e scelse il nome Albalonga in riferimento al colore della scrofa (Alba=bianca) ed alla forma allungata delle mura.
    Dopo la morte di Ascanio il regno fu conteso fra suo figlio Iulo e suo fratello Silvio, figlio di Enea e di Lavinia o di Silvia, prima moglie di Latino. Infine, per elezione popolare, il trono andò a Silvio mentre Iulo fu nominato pontefice massimo.
    A Silvio, che regnò per quarantanove anni, successe il figlio Enea Silvio, che resse il potere per trent'anni.
    Gli successe Latino Silvio, che in cinquant'anni di saggio governo fondò diciotto città nei territori limitrofi da lui conquistati.
    A Latino successe Epito Silva (Capeto in Livio e Dionigi di Alicarnasso) che regnò per ventisei anni, gli successe il figlio Calpeto (tredici anni) e quindi Tiberio Silvio (otto anni). Quest'ultimo morì annegato nel fiume Alba che da allora prese il nome di Tevere.
    Seguì il regno di Agrippa (quarantuno anni), quindi quello di Arramulio Silvio (Allodio in Dionigi di Alicarnasso, diciannove anni).
    Questo personaggio fu tanto superbo da ordinare ai suoi soldati di percuotere gli scudi durante i temporali per superare il rumore dei tuoni. Venne colpito da un fulmine e la sua casa fu sommersa dalle acque del Lago Albano. Gli successe Avenzio (che Diodoro considera eponimo del colle Aventino) che morì in battaglia dopo trentasette anni di regno lasciando il potere al figlio Proca Silvio che regnò per ventitre anni.
    Il figlio più giovane di Proca, Amulio, si impadronì del trono ai danni del fratello maggiore Numitore che, alla morte del padre, si trovava lontano. Dopo quarantatre anni Amulio fu ucciso da Romolo e Remo, fondatori di Roma.
    Il successivo frammento del VII libro comprende una cronologia dei re di Sparta, cronologia che l'autore dichiara di prendere come riferimento per il periodo di tempo che intercorre fra la guerra di Troia e la prima Olimpiade.
    Vengono quindi enumerati i re spartani delle due famiglie (Agiadi ed Euripontidi) a partire da Euristene che salì al trono dopo ottanta anni dalla guerra di Troia. Durante il regno di Alcamene, ottavo discendente di Euristene nella dinastia degli Agiadi, fu istituita la prima Olimpiade.
    Primo degli Euripontidi fu Procle. La prima Olimpiade si svolse durante il regno del suo ottavo discendente, Teopompo.
    Nel nono frammento si passa alla storia di Corinto. Quando gli Eraclidi si impossessarono del Peloponneso vollero affidare Corinto ad Alete, il quale regnò per trentotto anni. I discendenti di Alete tennero il trono di Corinto per oltre quattro secoli, fino alla tirannia di Cipselo.
    Seguono frammenti nei quali si parla di Licurgo, il famoso legislatore spartano, che raccontano come egli venne ispirato dall'oracolo di Apollo a basare le leggi sulla concordia e sul coraggio.
    Si passa quindi alla cronologia dei re macedoni, il primo dei quali fu Carano, discendente di Temeno, il quale riunì un esercito di Argivi e conquistò la Macedonia. Dopo aver governato trent'anni, Carano morì lasciando il regno al figlio Coino, il quale regnò per ventotto anni. Fu quindi la volta di Tirimno (quarantatre anni), poi di Perdicca I (quarantadue anni).
    Seguirono Argeo, Filippo I, Aieropa o Aeropo I, Alceta, Aminta I, Alessandro I, Perdicca II, Archelao, Aieropa o Aeropo II, Pausania, Tolomeo, Perdicca III, Filippo II e infine Alessandro Magno, che combattè a lungo contro i Persiani.

    Libro VIII


    Anche del libro VIII ci sono giunti solamente frammenti. Si parlava dell'Elide e del santuario di Zeus ad Olimpia dove dal 776 a.C. si svolsero ogni quattro anni i Giochi Olimpici.
    Per questo motivo l'Elide fu a lungo considerata sacra ed i suoi abitanti furono esentati dal partecipare ad imprese militari come accadde, ad esempio, durante la seconda guerra persiana.
    Si parla quindi, rapidamente, del mito di Romolo e Remo, della loro contesa per il potere e dell'uccisione di Remo ad opera di Celere (come in Dionigi di Alicarnasso).
    I frammenti successivi si riferiscono alla guerra fra Sparta e Messene. Tradizionalmente a provocarla fu uno spartano che dopo aver concordato con un messeno di gestire in comune dei terreni confinanti truffò il socio vendendo segretamente schiavi e bestiame ed impadronendosi del ricavato. Il messeno scoprì la truffa ma non ottenne soddisfazione, anzi lo spartano gli uccise un figlio ... e fu la guerra.
    Si narra anche della contesa fra due guerrieri messeni che si erano distinti in combattimento per la successione al comando e di un oracolo pronunciato dalla Pizia in merito all'esito della guerra.
    Negli ultimi frammenti, molto brevi, si raccontano aneddoti, oracoli, usanze e particolari della storia di varie città. Si parla infine brevemente del re Tarquinio Prisco (Lucio Tarquinio) e di come in gioventu fu amico e consigliere del suo predecessore Anco Marzio.


    Frammenti del libro IX


    1 La famiglia di Solone era originaria di Salamina. Ricevuta la migliore educazione raggiunse i massimi livelli di sapienza e cultura e, accompagnandosi sempre ai più dotti del suo tempo, fu annoverato fra i Sette Sapienti.
    Famosa la sua legislazione che operò negli Ateniesi, dediti agli agi ed alla lussuria, un cambiamento radicale tanto che Armodio e Aristogitone tentarono di abbattere i figli di Pisistrato.
    2 Creso re di Lidia interrogò Solone sulla felicità e Solone rispose che nessun uomo può essere considerato pienamente felice finché non si sappia se la sua fortuna sia durata per l'intera vita. Più tardi, quando sconfitto da Ciro stava per essere arso vivo, Creso ricordò le parole di Solone e prese ad invocare il suo nome, ciò indusse Ciro a liberarlo e tenerlo presso di se come amico.
    3 Quando scoppiò una contesa fra Coo e Mileto sull'appartenenza di un tripode d'oro rinvenuto in mare la Pizia decretò che il tripode andava consegnato all'uomo più saggio. I Milesi lo portarono a Talete che preferì fosse consegnato a Solone ritenendolo più saggio di lui. Solone consigliò di dedicarlo ad Apollo, il più saggio di tutti.
    4 - 5 Ormai molto anziano Solone si presentò nell'agorà indossando un'armatura per spronare la cittadinanza ad abbattere Pisistrato. Al tiranno che chiedeva chi fossero i suoi mandanti Solone rispose che il suo unico sostegno era la vecchiaia.
    6 Lo scita Anacarsi interrogò l'oracolo di Delfi per sapere chi fosse più saggio di lui e gli fu indicato Misone.
    7 Misone di Malide viveva isolato. Fu inserito fra i Sette Sapienti quando Periandro di Corinto ne venne escluso per la sua tirannide.
    8 Curioso di conoscere Misone, Solone lo cercò e lo trovò in un'aia intento ai lavori agricoli.
    9 Chilone, un altro dei Sette Sapienti, ebbe il merito di vivere una vita coerente con la sua dottrina mentre, secondo Diodoro, molti filosofi non potrebbero dire altrettanto di se stessi.
    10 Chilone incise tre massime su una colonna del tempio di Delfi: "conosci te stesso", "niente di troppo", "al pegno segue la sventura".
    A proposito della terza massima alcuni hanno ritenuto che Chilone fosse contrario al matrimonio, ma secondo Diodoro voleva dire di non prendere impegni a lungo termine perché il futuro è imperscrutabile e le circostanze possono cambiare.
    11 Di Pittaco di Mitilene si diceva non avesse alcun difetto: sapiente e giusto come legislatore, moderato e affabile nei rapporti umani, coraggioso in guerra, disinteressato al denaro.
    12 Pittaco era solito rifiutare i doni: lo fece con i concittadini che gli offrivano la metà delle terre conquistate combattendo e lo fece con Creso che gli offriva tutto il denaro che desiderava. Quando il poeta Alceo, suo acerrimo avversario, cadde nelle sue mani Pittaco lo lasciò andare dicendo che il perdono è preferibile alla punizione.
    13 Biante di Priene riscattò dai briganti alcune nobili ragazze della Messenia e le ospitò fino all'arrivo dei loro genitori dai quali non accettò alcun compenso. Anche rispetto a Biante si parlava di un tripode con la scritta "al più saggio" ripescato in mare.
    Era un grande oratore ed usava la propria eloquenza a vantaggio di chi era vittima di un'ingiustizia.
    14 - 15 Più della potenza conta il saperla usare. Polidamante di Scotussa era fortissimo, uccideva i leoni con le mani, correva più veloce dei carri e tentò di sostenere una grotta che crollava.
    16 Da tempo gli abitanti di Cirra erano assediati per aver tentato di saccheggiare il santuario delfico (prima guerra sacra) ma l'oracolo dava responsi negativi sull'assedio.
    17 Solone visse in Atene nel periodo dei tiranni, quarantasette anni dopo Dracone.
    18 - 19 Lo scultore Perillo realizzò un grande toro di bronzo per il tiranno Falaride, la statua cava poteva contenere un uomo per ucciderlo surriscaldando il bronzo. Colpito dalla perversità di Perillo, Falaride volle che lo scultore fosse il primo a provare questa orribile fine.
    20 Solone era avversario di Pisistrato e nonostante la vecchiaia non esitava a fare propaganda contro il tiranno.
    Ciassare fondò l'impero dei Medi che durò fino ad Astiage che fu sconfitto da Ciro. Di questi argomenti Diodoro parlerà ampiamente nella sede opportuna.
    21 Ciro divenne re dei Persiani nell'anno della cinquantacinquesima Olimpiade (560/559 a.C.) come affermano concordemente tutte le fonti.
    22 - 24 Ciro, figlio di Cambise e di Mandane figlia di Astiage, fu uomo di grandi qualità, coraggioso in guerra e giusto con i sudditi.
    Al contrario Astiage era di natura violenta ed iracondo e quando fu sconfitto da Ciro punì molti suoi soldati e sudditi diffondendo il malcontento.

    25 Creso stava approntando una flotta per attaccare gli abitanti delle isole ma fu dissuaso da Biante ed abbandonò l'impresa.
    26 Creso convocò alcuni fra gli uomini più sapienti del suo tempo: Anacarsi, Biante, Solone e Pittaco. Ad Anacarsi chiese chi fossero, fra gli esseri viventi, i più coraggiosi, i più giusti ed i più saggi. Ad ogni domanda Anacarsi rispose "gli animali selvatici", pronti a morire per la loro libertà che vivono secondo le leggi divine superiori a quelle umane.
    27 Chiese a Solone chi fosse il più felice e Solone fornì la già citata risposta sulla fine della vita. Biante confermò le parole di Solone aggiungendo che la vera ricchezza è la sapienza e Pittaco affermò che il miglior governo è quello basato sulle leggi.
    28 Esopo affermava che i sapienti non sono in grado di stare in compagnia dei signori.
    29 Il frigio Adrasto che viveva in Lidia uccise involontariamente Atys figlio di Creso. Sconvolto dall'errore pregò il re di farlo morire nonostante non avesse alcuna colpa ma Creso, che aveva già deciso di bruciarlo vivo, vedendo il comportamento dell'uomo placò la sua ira e lo perdonò. Comunque Adrasto si uccise sulla tomba di Atys.
    30 Falaride vedendo uno sparviero che inseguiva molte colombe notò come la paura facesse fuggire le colombe che altrimenti per il loro numero avrebbero potuto aver ragione dello sparviero. Ma la vittoria dipende dal coraggio, non dal numero. Più tardi Falaride perse il potere.
    31 Creso attaccò i Persiani e fu rovinosamente sconfitto. Aveva male interpretato un ambiguo responso dell'oracolo. Quando fu Ciro ad attaccare l'oracolo disse a Creso che il suo regno sarebbe durato finché un mulo non lo avesse conquistato ma anche questa volta Creso non comprese ed interpretò il responso positivamente. Il mulo era Ciro, figlio di un persiano e di una donna originaria della Media. Giunto in Cappadocia Ciro inviò messaggeri a Creso per proporgli la resa e Creso rispose che erano i Persiani a doversi rassegnare ad essere sudditi dei Lidi.
    32 Creso inviò un certo Euribato di Efeso nel Peloponneso per assoldare mercenari ma Euribato andò da Ciro e gli svelò i piani di Creso, il tradimento di Euribato divenne proverbiale.
    33 Creso aveva un figlio muto e l'oracolo l'avvertì che quando avrebbe parlato sarebbe stato un giorno infausto. Dopo la sconfitta Creso chiese a Ciro perché i soldati persiani stessero saccheggiando beni che ora appartenevano a Ciro. Ciro riflettè e fermò il saccheggio incamerando tutto nel tesoro reale.
    34 Considerandolo uomo pio e saggio, Ciro fece di Creso un suo consigliere.
    35 Quando i Greci d'Asia inviarono ambasciatori a proporre amicizia a Ciro, intervenne Arpago comandante della forza persiana e li paragonò ad un uomo che gli aveva rifiutato la figlia in sposa. Quando Arpago aveva ricevuto il favore di Ciro quell'uomo lo aveva cercato per riproporgli il matrimonio ma questa volta Arpago rifiutò e disse di accettare al massimo la ragazza come concubina. Così i Greci che in passato avevano rifiutato le proposte amichevoli di Ciro ora dovevano aspettarsi che il re li trattasse come schiavi.
    36 Gli Spartani che diffidarono Ciro dal molestare le città greche dell'Asia ottennero solo una risposta sprezzante.
    Consultato l'oracolo sul loro progetto di conquistare l'Arcadia, gli Spartani seppero che avrebbero avuto solo Tegea e da un altro responso seppero che in questa città si trovavano le spoglie di Oreste.
    37 Due aneddoti su Pisistrato: perdonò un giovane che vedendo la figlia del tiranno sfilare in processione l'aveva baciata dicendo che non si deve punire chi ci vuole bene. Esentò dalle tasse un contadino che aveva visto arare un campo angusto e sassoso perché questo gli aveva detto che quel campo gli procurava solo affanni ed afflizione ma lo consolava il fatto che la decima parte andasse a Pisistrato.


    Frammenti del libro X


    1 L'anziano Servio Tullio si recò in Senato per fermare gli intrighi di Tarquinio (il superbo) il quale, dopo un alterco, lo scaraventò giù dai gradini. Tullio tentò di fuggire ma venne ucciso.
    2 Servio Tullio aveva regnato per quarantaquattro anni realizzando molte opere di pubblico interesse.
    3 Ai tempi della 61ma Olimpiade (532 a.C.) era famoso il filosofo Pitagora la cui eloquenza affascinava i cittadini che ogni giorno si affollavano intorno a lui. Insegnava la moderazione ed esortava a rinunciare al lusso.
    Quando seppe che il suo vecchio maestro Ferecide era malato lo raggiunse a Delo, fece di tutto per guarirlo e lo assistette fino alla morte.
    I suoi discepoli vivevano come fratelli, sempre pronti a mettere in comune quanto possedevano.
    4 Si raccontavano molti episodi di solidarietà fra i seguaci di Pitagora come quello di Clinia di Taranto che portò una grossa somma di denaro a Prore di Cirene che era caduto in disgrazia senza averlo mai conosciuto, o come quello di Damone che fece da garante per l'amico Finzia condannato a morte dal tiranno Dionisio il Vecchio di Siracusa e che rischiò di finire sul patibolo al posto dell'amico.
    5 I Pitagorici solevano compiere esercizi per sviluppare la memoria e l'autocontrollo.
    6 Pitagora credeva nella metempsicosi e proibiva di mangiare carne. Riteneva se stesso la reincarnazione di Euforbo, guerriero troiano ucciso da Menelao. Come è noto fu il primo a risolvere alcuni problemi di matematica e di geometria.
    7 Convinto che la smodatezza arrecasse malattie ed ottundesse la mente, Pitagora esortava i discepoli a condurre una vita semplice, mangiare frugalmente evitando di bere vino.
    Il suo discepolo Archita di Taranto una volta si irritò con i suoi servi ma non li punì proprio per controllare la propria agitazione.
    8 Per i Pitagorici l'amicizia era sacra. Usavano conservare i precetti della loro comunità nella propria memoria e non lasciarono nulla di scritto in merito.
    9 Pitagora consigliava ai suoi discepoli di evitare i giuramenti e, se avessero giurato, di mantenere ad ogni costo la parola data.
    Rispetto ai piaceri sessuali consigliava la massima moderazione e di evitare i rapporti in estate quando il sesso, se praticato frequentemente, debilita il fisico.
    Nelle preghiere si doveva chiedere agli dei ciò che è bene, non cose come il potere o la vendetta.
    10 Pitagora non credeva che un uomo, a causa dei suoi limiti, possa essere veramente sapiente e diceva che un saggio si sarebbe potuto correttamente definire "amante della saggezza".
    11 Un certo Cilone di Crotone chiese di entrare nella scuola pitagorica ma non venne accettato perché era violento ed iracondo. Offeso Cilone organizzò una fazione che non cessò mai di contrastare i Pitagorici.
    Il pitagorico Liside divenne precettore di Epaminonda accogliendolo come figlio adottivo e trasmettendogli precetti di fortezza, semplicità e virtù della sua scuola.
    12 Il lavoro dello storico, secondo Diodoro, serve appunto a tramandare la memoria di uomini come i Pitagorici perché siano di esempio alle generazioni future.
    13 Dopo aver sottomesso i Babilonesi ed i Medi, Ciro si convinse che nessuno avrebbe potuto resistergli ed ideò il progetto di conquistare il mondo intero.
    14 Cambise era un dissennato che il potere aveva reso feroce. In Egitto fece aprire la tomba del faraone Amasi per oltraggiarne la mummia che alla fine fece bruciare. Prima di muovere contro gli Etiopi ordinò di profanare il tempio di Ammone.
    15 Quando Cambise ebbe conquistato l'Egitto i Libi e i Cirenei gli si sottomisero spontaneamente.
    16 Policrate tiranno di Samo usava inviare triremi in mare e depredare i naviganti. Quando alcuni fuggitivi politici della Lidia si recarono da lui a chiedere asilo li accolse benevolmente ma poi li fece uccidere per impadronirsi dei loro averi.
    17 Tettalo figlio di Pisistrato, fautore dell'uguaglianza, rinunciò alla tirannia mentre gli altri figli Ipparco e Ippia furono tiranni violenti e spietati. Aristogitone tentò di abbatterli e con grande coraggio affrontò la tortura.
    18 Il filosofo Zenone cospirò contro il tiranno Nearco, fu arrestato e sottoposto a tortura perché rilevasse il nome dei suoi complici. Giunto al limite della sopportazione disse che avrebbe parlato, fece avvicinare Nearco e gli morse un orecchio senza che gli aguzzini riuscissero a fargli aprire le mascelle.
    19 Megabizo, amico del re Dario, mutilò il suo viso per fingersi un disertore e trarre in inganno i Babilonesi. Dario non approvò e disse che avrebbe preferito averlo integro piuttosto che conquistare la Babilonia. Dario, che ormai possedeva tutta l'Asia, mirava a prendere anche l'Europa per governare in tutto il mondo allora abitato.
    I Tirreni, guidati da Ermone, abbandonarono l'isola di Lemno per paura dei Persiani.
    20 - 21 Sesto, figlio di Tarquinio, ospite di Lucio Collatino costrinse con le minacce la moglie di questi Lucrezia a concederglisi. Quando Sesto si fu allontanato Lucrezia convocò i parenti per chiedere vendetta, quindi si uccise.
    22 Lucio Tarquinio governò in modo dispotico e spesso faceva morire i cittadini facoltosi per incamerare le loro ricchezze. Lucio Giunio, nipote di Tarquinio, era orfano e molto ricco e guardava al re con sospetto. Si fingeva stupido nell'attesa del momento opportuno per abbattere il regno.
    23 I Sibariti fecero guerra a Crotone con un esercito di trecentomila uomini ma furono sconfitti.
    24 Gli Ateniesi, vinti Beoti e Calcidiesi, si impadronirono di Calcide. Con la decima parte del bottino dedicarono nell'Acropoli un carro di bronzo.
    25 Dopo la battaglia di Lade (fallimento della rivolta ionica contro i Persiani) la diplomazia di Ecateo di Mileto che andò ambasciatore presso Artaferne, riuscì a mitigare le conseguenze della sconfitta e a ottenere per la città ribelle un trattamento mite.
    26 In un frammento isolato Diodoro parlava di una rivolta cittadina (probabilmente ad Argo) e della liberazione degli schiavi.
    27 Il generale persiano Dati, medo di origine, reclamò dagli Ateniesi il potere che era stato dei suoi avi in quanto Medo, figlio di Egeo re di Atene e di Medea, era stato cacciato dalla città. Avuta risposta negativa Dati si preparò allo scontro.
    28 Ippocrate tiranno di Gela dopo aver vinto i Siracusani si accampò nei pressi del Tempio di Zeus nel quale sorprese alcuni Siracusani intenti a rubare offerte votive e li cacciò avendoli severamente redarguiti. Egli si astenne dal depredare il tempio non volendo offendere la divinità.
    Terone di Acragas superò tutti i Sicelioti per nobiltà d'origine, ricchezza e umanità.
    29 Aneddoti su Gelone di Siracusa: sconvolto da un incubo fu svegliato dal suo cane; da bambino inseguendo un lupo che gli aveva rubato le tavolette per scrivere si salvò dal terremoto che fece crollare la sua scuola.
    30 - 31 Cimone figlio di Milziade assunse il debito del padre che era morto in prigione non potendo pagare una multa pur di riavere la salma per dargli sepoltura.
    Dalla moglie Isodice ebbe un figlio di nome Callia. Sposò anche Elpinice, sua sorella, e Callia pagò una forte multa per evitare al padre di essere processato per questa unione incestuosa.
    32 Temistocle consigliò ad un uomo in cerca di un genero ricco di preferire un uomo bisognoso di ricchezze a ricchezze bisognose di un uomo e quello fece sposare la propria figlia a Cimone. Così Cimone pagò la multa paterna e mise sotto inchiesta i magistrati che lo avevano arrestato per prevaricazione.
    33 Minacciati da Serse i Greci chiesero aiuto a Gelone ma questi pose come condizione di avere il comando supremo dell'esercito e della flotta.
    34 Il frammento contiene considerazioni sull'importanza della gloria, superiore ad ogni bene materiale, che sembrano far parte del discorso di qualche personaggio che si rivolga ai Greci nell'imminenza della guerra contro i Persiani.


    Libro XI


    1 Questo libro tratterà gli eventi della spedizione di Serse contro i Greci nell'anno precedente la spedizione di Cimone contro Cipro (480 a.C. - 451 a.C.).
    Fu il cugino Mardonio, per ambizione, a convincere Serse ad attaccare la Grecia. Serse inviò ambasciatori ai Cartaginesi concordando che questi avrebbero attaccato le colonie greche in Sicilia ed in Italia mentre i Persiani si sarebbero occupati della Grecia. In tre anni di preparativi i Cartaginesi approntarono un esercito di trecentomila uomini ed una flotta di duecento navi.
    2 Negli stessi tre anni Serse, sfruttando le immense risorse del suo impero, fece costruire milleduecento navi e riorganizzò il grande esercito lasciatogli dal padre Dario.
    Serse partì da Susa e giunto a Sardi mandò messaggeri a chiedere a tutte le città greche l'offerta di acqua e terra. Intanto realizzò due grandi opere: un ponte sull'Ellesponto ed un canale nell'istmo del Monte Athos per facilitare i movimenti dell'esercito e della flotta. Lo spartano Sineto e l'ateniese Temistocle al comando di diecimila opliti occuparono in Tessaglia il passo di Tempe ma quando seppero che la maggior parte dei Tessali e dei Greci che abitavano in quella regione avevano offerto a Serse acqua e terra abbandonarono la posizione.
    3 Una parte dei Greci appoggiò i Persiani (Eniani, Dolopi, Magneti, Locresi, Tessali, parte dei Beoti ed altri). Altri si mantennero neutrali.
    Serse partì da Sardi e attraversò il ponte costruito sull'Ellesponto con il suo esercito entrando in Europa. A Dorisco l'esercito si ricongiunse con la flotta. Con gli aiuti degli alleati ora l'esercito di Serse arrivava a ottocentomila uomini, la flotta a tremila navi.
    4 I Greci inviarono la flotta al Capo Artemisio in Eubea ed un contingente di quattromila uomini a difendere il passo delle Termopili comandati dal re di Sparta Leonida. Mille erano Spartani, gli altri provenivano da altre città. Leonida disse di sapere che le sue forze erano inadeguate ma preferiva non privare Sparta di tutte le sue risorse all'inizio della guerra.
    5 La flotta di Serse superò il canale scavato nel Monte Athos senza difficoltà. Avendo saputo che il passo delle Termopili era stato occupato, il re inviò messaggeri a proporre la resa. Leonida rifiutò orgogliosamente.
    6 Serse avanzò con l'esercito ponendo in prima fila i Medi dopo aver deriso Demarato, esule da Sparta e rifugiato presso di lui, che lo aveva avvertito di non sottovalutare il coraggio dei Greci. Leonida riunì i suoi nel punto più stretto del passo.
    7 Seguì un'aspra battaglia. Forti della loro posizione i Greci sconfissero i Medi, poi i Cissi e i Saci, infine il corpo scelto degli "Immortali". Al calar della sera il passo era pieno di cadaveri ma Leonida aveva perso solo pochi uomini.
    8 Anche il giorno seguente i Greci resistettero agli attacchi dei Persiani. Un uomo di Trachis propose a Serse di condurre parte dell'esercito per un sentiero scosceso in modo da aggirare i Greci e prenderli alle spalle. Serse aderì entusiasticamente e fece molti doni a quell'uomo. Un certo Tirrastiada che era fra i Persiani per onestà volle avvertire Leonida.
    9 Appresa questa notizia, Leonida decise di mandare via i suoi uomini perchè si mettessero in salvo e trattenne con se soltanto cinquecento Spartani. Durante la notte Leonida e i suoi presero del cibo per aumentare il proprio vigore e si lanciarono all'assalto del campo nemico prima di essere presi alle spalle.
    10 Con il favore del buio i Greci fecero strage di nemici, inoltre nella confusione molti Persiani si uccisero fra loro. Leonida e i suoi penetrarono nel campo nemico e trovarono la tenda di Serse ma questi era fuggito.
    Con il levar del sole, tuttavia, i Persiani si resero conto di quanto pochi fossero gli attaccanti e, accerchiatili, li uccisero tutti con lance e frecce.
    11 Encomio di Diodoro a Leonida e ai suoi e citazione di un componimento poetico in loro onore.
    12 Dopo aver così superato il passo delle Termopili, Serse ordinò al comandante della flotta Megabate di tentare uno scontro navale con i Greci e Megabate salpò, perse trecento navi per una tempesta, ma circumnavigò l'Eubea verso la flotta greca che si trovava all'Artemisio. La comandava Euribiade ma Temistocle era molto ascoltato e prevalse la sua proposta di attaccare subito senza dare il tempo al nemico di assumere una formazione ordinata. In un primo momento infatti i Greci affondarono diverse navi nemiche isolate ma quando i Persiani si schierarono l'esito della battaglia divenne incerto e al tramonto nessuno poteva dire di aver vinto.
    13 Dopo la battaglia una nuova tempesta distrusse molte navi persiane. Pur intimoriti i Persiani attaccarono il mattino seguente cercando di forzare lo stretto dell'Euripo difeso dai Greci, ma anche questa volta lo scontro non ebbe vincitori e, a sera, le navi tornarono nei rispettivi porti. Giunta la notizia delle Termopili la flotta greca abbandonò la zona e si portò all'isola di Salamina dove si stava rifugiando la popolazione ateniese, mentre la flotta persiana attaccava e saccheggiava l'Eubea.
    14 Intanto Serse marciò nella Focide portando saccheggio e distruzione, attraversò quindi la regione dei Dori suoi alleati dove si astenne da ogni violenza e passò in Beozia mandando una parte dei suoi a distruggere il tempio di Delfi. Questi uomini furono dispersi o uccisi da una tempesta, evento che fu considerato intervento divino in difesa del tempio. Procedendo Serse incendiò Platea, invase l' e rase al suolo Atene, ormai disabitata, mentre la sua flotta raggiungeva le coste attiche.
    15 I capi dei Greci si riunirono per decidere in quali acque affrontare di nuovo la flotta persiana. Ancora una volta prevalse l'opinione di Temistocle che proponeva la zona di Salamina dove gli spazi ristretti avrebbero messo in difficoltà le grandi e pesanti navi nemiche.
    16 Le dimensioni delle forze nemiche terrorizzavano i combattenti greci, i Peloponnesiaci costruirono un muro per bloccare l'Istmo e rinforzarono altre fortificazioni. A Salamina la paura spingeva i soldati a non ascoltare i loro comandanti.
    17 Temistocle inviò un suo uomo da Serse, un finto disertore, per far sapere al re che le navi greche avrebbero lasciato Salamina per dirigersi verso il Peloponneso. Serse si affrettò a bloccare il transito e ad attaccare le navi greche dove si trovavano. Un uomo di Samo ( o di Teni secondo Erodoto e Plutarco) abbandonati i Persiani portò ai Greci notizie sulle manovre del nemico e sull'intenzione degli Ioni di disertare da Serse. Incoraggiati da questo fatto e dalle esortazioni di Temistocle ed Euribiade, i Greci salparono per affrontare la battaglia.
    18 Ateniesi e Spartani si schierarono nell'ala sinistra, Egineti e Megaresi a destra. I Greci occuparono lo stretto fra Salamina e l'Eracleion e quando vi giunsero i Persiani la mancanza di spazio li costrinse a rompere il proprio schieramento. La nave ammiraglia persiana fu la prima ad affondare e la mancanza di ordini precisi gettò lo scompiglio fra le altre navi. Gli Ateniesi partirono all'assalto e speronarono molte imbarcazioni nemiche.
    19 Gli Ateniesi si occuparono di mettere in fuga le navi fenicie e cipriote e via via tutti i contingenti navali di Serse furono costretti a prendere il largo allontanandosi dal luogo della battaglia. Così i Greci, che persero quaranta navi, sconfissero i Persiani che ne persero oltre duecento.
    Serse minacciò di morte i Fenici che erano stati i primi a fuggire e quelli disertarono tornando in Asia.
    Temistocle escogitò un nuovo stratagemma per diminuire le forze terrestri del nemico: informò Serse che i Greci stavano per distruggere il ponte sull'Ellesponto ed il re, temendo di rimanere bloccato in Europa, tornò in Asia con il grosso dell'esercito lasciando il resto a Mardonio che fu incaricato di continuare la guerra.
    20 Intanto i Cartaginesi, come concordato con Serse, avevano completato grandi preparativi per fare guerra ai Sicelioti ed avevano affidato il comando supremo al generale Amilcare. Questi approdò al porto di Panormo e dopo pochi giorni attaccò la città di Imera. Terone di Agrigento, accorso in aiuto degli Imerei, mandò a chiedere rinforzi a Gelone di Siracusa.
    21 Gelone aveva già un esercito pronto e si portò rapidamente ad Imera dove, piantato il campo, inviò la cavalleria a catturare migliaia di Cartaginesi e a fare bottino nelle vicinanze.
    Mentre Amilcare era impegnato ad offrire sacrifici agli dei Gelone gli inviò un dispaccio che annunciava l'arrivo da Selinunte di duecento cavalieri che si sarebbero messi a disposizione dei Cartaginesi. In relatà Gelone inviò duecento suoi cavalieri con l'ordine di uccidere Amilcare ed incendiare le navi nemiche.
    22 All'alba i cavalieri di Gelone si presentarono al campo cartaginese dove furono accolti come alleati ma subito si precipitarono su Amilcare, lo uccisero e presero ad incendiare le navi. Al segnale convenuto Gelone attaccò il campo con il suo esercito e i Cartaginesi si difesero valorosamente finchè non si persero d'animo alla vista delle navi in fiamme ed alla notizia della morte del loro generale.
    L'esercito di Gelone ne trucidò oltre centocinquantamila, i rimanenti si rifugiarono in un luogo fortificato ma la mancanza di acqua li costrinse ad arrendersi.
    23 Diodoro confronta gli stratagemmi e le vittorie di Gelone con quelli di Temistocle. Ottennero entrambi grandi successi ma il destino volle che Temistocle finisse i propri giorni esule in Persia mentre Gelone governò fino alla fine amato e rispettato da tutti.
    24 Caso volle che la vittoria di Gelone e la sconfitta delle Termopili avvenissero nello stesso giorno.
    A Imera i superstiti fuggirono per mare ma fecero naufragio e solo pochi arrivarono a Cartagine dove annunciarono la disfatta. I Cartaginesi furono sgomenti e costernati da questa inattesa catastrofe e mentre la città era in lutto, temendo che Gelone li volesse attaccare, gli mandarono ambasciatori.
    25 Gelone premiò i cavalieri che avevano ucciso Amilcare e i soldati che si erano comportati più valorosamente, quindi distribuì il bottino fra i suoi e gli alleati tenendo gli oggetti più belli per adornare i templi di Siracusa. Enorme fu il numero di prigionieri che furono utilizzati per opere pubbliche ed abbellimenti in varie città.
    26 Tutte le città che erano state ostili a Gelone gli mandarono ambasciatori per scusarsi e proporre amicizia. Ai Cartaginesi assicurò che non li avrebbe attaccati ma chiese loro duemila talenti di argento a titolo di risarcimento delle spese di guerra.
    Gelone era affabile e benvoluto da tutti e quando si presentò in assemblea fu acclamato dalla cittadinanza. Decise di intervenire in Grecia per portare aiuto contro i Persiani ma quando seppe della vittoria di Salamina desistette. Con il bottino fece costruire due templi dedicati a Demetra e Core e mandò a Delfi un tripode d'oro come ringraziamento per la vittoria. Stava facendo costruire un tempio a Demetra anche ad Etna (Catania) quando la morte lo sorprese.
    27 La flotta persiana svernò a Cime ed allinizio dell'estate raggiunse Samo per sorvegliare le città della Ionia.
    Intanto era iniziato l'antagonismo fra Sparta e Atene per la supremazia sul mare. Dissapori nacquero anche per il riconoscimento dei premi al valore. Temistocle ricevette molti premi e lodi ma fu rimosso dalla carica di stratego.
    28 Mardonio inviò ambasciatori ad Atene promettendo ricompense ed immunità nel caso in cui gli Ateniesi fossero passati ai Persiani. Anche gli Spartani inviarono ambasciatori per pregare gli Ateniesi di non ascoltare i Persiani e continuare a difendere la Grecia. Gli Ateniesi assicurarono che lo avrebbero fatto ma invitarono gli Spartani ad inviare soldati in Attica perché temevano la reazione di Mardonio al loro netto rifiuto. Infatti Mardonio invase l'Attica e gli Ateniesi ebbero appena il tempo di rifugiarsi di nuovo a Salamina prima che i Persiani arrivassero a radere al suolo quello che rimaneva della loro città.
    29 Mardonio tornò a Tebe e i rappresentanti delle città greche riuniti in assemblea decisero di far causa comune contro i Persiani. Pronunciato un solenne giuramento presso l'Istmo dove si erano concentrati, i Greci si misero in marcia verso la Beozia ed arrivati nei pressi di Eritre vi piantarono il campo. Comandava gli Ateniesi Aristide mentre lo spartano Pausania aveva il comando supremo.
    30 Per affrontare i Greci Mardonio raggiunse il fiume Asopo ed installò un campo fortificato. I Greci erano centomila, i barbari cinquecentomila. I Persiani attaccarono per primi ma i Greci riuscirono a resistere. I Megaresi si trovarono in difficoltà e vennero soccorsi dagli Ateniesi che decimarono la cavalleria nemica e ne uccisero il comandante. I Greci si dimostrarono superiori e ripresero la speranza di una completa vittoria. Si trasferirono oltre l'Asopo fra il fiume ed una collina dove gli spazi ristretti avrebbero ostacolato il grande esercito nemico. Soddisfatto della posizione Pausania ed Aristide decisero di attaccare.
    31 La battaglia che si svolse nei pressi di Platea fu violentissima. Mardonio attaccò per primo alla testa di un corpo scelto ed uccise molti Greci, ma quando lo stesso Mardonio morì i Persiani persero il coraggio e cominciarono a fuggire incalzati dai Greci e molti si chiusero nel loro campo fortificato. I Greci che erano con Mardonio andarono a Tebe mentre Artabazo raccoglieva quarantamila uomini e si ritirava nella Focide.
    32 I Greci si divisero per inseguire i fuggitivi. Gli Ateniesi si occuparono di quanti cercavano di raggiungere Tebe poi tornarono indietro per aiutare gli Spartani ad espugnare il campo nemico. Il campo venne preso e quanti vi si trovavano furono trucidati.
    33 Il premio al valore venne assegnato a Sparta e a Pausania. Si svolsero esequie e giochi funebri, fu dedicato un tripode d'oro al santuario di Delfi e poste iscrizioni sui luoghi della battaglia. Artabazo con i suoi quarantamila Persiani tornò in patria in colonna. I Greci si fecero consegnare i capi tebani che avevano voluto l'alleanza con i Persiani e li giustiziarono.
    34 Lo stesso giorno della battaglia di Platea, Greci e Persiani combatterono anche nella Ionia. Leotichida e Santippo che avevano il comando della flotta, infatti, ricevute richieste di aiuto, navigarono fino a Micale e qui mandarono un araldo ad annunciare che i Persiani erano stati sconfitti e che i Greci venivano ora a liberare le città della Ionia. Questo annuncio comportò la ribellione dei Greci che si trovavano fra le file dei Persiani.
    35 Il giorno successivo Leotichida annunciò ai suoi la vittoria di Platea per incoraggiarli al combattimento. Si è pensato tuttavia che si trattò di un espediente di Leotichida che non poteva ancora essere informato, data la distanza, degli eventi di Platea.
    I Persiani disarmarono i Greci che erano con loro e si prepararono a loro volta per la battaglia.
    36 I Persiani si lanciarono all'attacco, Sami e Milesi, avendo deciso di combattere per la Grecia, avanzarono contro il nemico ma gli uomini di Leotichida e Santippo, equivocando, credettero che si trattasse di ulteriori forze mandate da Serse e furono presi dal panico. La battaglia tuttavia era ormai inevitabile ed i Greci l'affrontarono mettendo in fuga il nemico disorientato anche per l'arrivo degli Etoli e di altre genti greche dell'Asia.
    Anche a Micale i Persiani subirono grandissime perdite. Quando Serse fu informato delle sconfitte di Platea e Micale si mise in viaggio verso Ecbatana lasciando a Sardi una parte dell'esercito.
    37 Si considerò senza attuarla la possibilità di far passare in Europa tutti i Greci della Ionia. Gli Spartani tornarono in Laconia. Gli Ateniesi si portarono nel Chersoneso Tracico dove conquistarono la città di Sesto e vi si insediarono.
    38 L'anno successivo la Sicilia, liberatasi dai Cartaginesi, godette di un periodo di pace sotto l'autorità moderata e benevola di Gelone di Siracusa. Quando questi morì i Siracusani costruirono per lui uno splendido monumento funebre poi distrutto dai Cartaginesi. Lasciò il potere al fratello Terone che lo tenne per undici anni e otto mesi.
    39 Richiamate le famiglie da Salamina gli Ateniesi iniziarono la costruzione di una cinta di mura. Sparta mandò degli ambasciatori per sconsigliare questa iniziativa e fu chiaro che portarla avanti avrebbe provocato una guerra. Temistocle decise di andare personalmente a Sparta e raccomandò agli Ateniesi di completare le mura il più rapidamente possibile durante la sua assenza.
    40 A Sparta Temistocle negò che i suoi concittadini stessero costruendo delle mura ed invitò i magistrati a controllare trattenendo lui stesso e quanti lo accompagnavano in ostaggio. Gli Spartani aderirono alla proposta ma i loro legati furono imprigionati ad Atene e rilasciati solo in cambio di Temistocle e dei suoi compagni. Così gli Ateniesi fortificarono la città senza che gli Spartani riuscissero di fatto ad intervenire.
    Nello stesso periodo i Romani sconfissero Equi e Tuscolani.
    41 Mirando alla supremazia sul mare della sua città, Temistocle che godeva in quel periodo di grande prestigio progettò la costruzione del porto del Pireo.
    42 Temistocle dichiarò di aver concepito nuovi progetti utili alla città ma per evitare nuove ingerenze degli Spartani non li avrebbe rivelati pubblicamente. Ne avrebbe parlato soltanto con due persone scelte dalla cittadinanza che godessero la fiducia di tutti. Furono scelti, anche per la loro rivalità verso Temistocle, Aristide e Santippo che confermarono la validità delle proposte. Tuttavia il popolo, sospettando che Temistocle aspirasse alla tirannide, pretese che mettesse a parte delle sue idee anche la boulè ed anche questo consesso approvò le proposte.
    43 Astutamente Temistocle mise in imbarazzo gli Spartani inviando loro ambasciatori per discutere sull'utilità di un grande porto nel caso di un nuovo attacco persiano. Il porto venne costruito più rapidamente del previsto, inoltre Temistocle convinse gli Ateniesi a costruire ogni anno venti nuove navi e ad agevolare l'immigrazione di forestieri in Atene per formare gli equipaggi.
    44 Nominato navarco, Pausania ebbe l'incarico di liberare tutte le città dove ancora si trovavano guarnigioni persiane. Con navi spartane e navi ateniesi comandate da Aristide, Pausania liberò Cipro e Bisanzio. Ma Pausania si era segretamente accordato con Serse del quale stava per sposare una figlia. Il generale Artabano gli forniva denaro per corrompere altri funzionari greci ed egli aveva assunto un atteggiamento dispotico ed arrogante che spinse parte dei suoi uomini ad abbandonarlo e a denunciarlo.
    45 Pausania aveva concordato con tutti i Persiani destinatari dei suoi messaggi di eliminarne il latore. Un uomo incaricato di portare una lettera in Persia si insospettì ed aprì il plico, quindi denunciò Pausania agli efori. Per dimostrare le sue accuse si fece trovare da Pausania in un tempio (gli efori nascosti udivano la conversazione) e lo accusò di aver scritto nella lettera di ucciderlo. Pausania ammise, si scusò e promise una ricompensa.
    Quando gli efori decisero di arrestarlo, Pausania si rifugiò nel tempio di Atena ma sua madre lasciò senza dire nulla un mattone all'entrata del tempio. Gli efori accolsero il suggerimento e murarono vivo Pausania. Successivamente dovettero espiare con doni votivi la profanazione del tempio.
    46 Il suo debole per la ricchezza e i lussi portò Pausania, glorioso per Platea e per altre imprese, all'infamia ed alla morte. Sparta perse la sua supremazia e lasciò agli Ateniesi ogni libertà di agire. L'autorità di Aristide era riconosciuta da tutti.
    47 Su proposta di Aristide i Greci costituirono a Delo un fondo comune per far fronte alle spese di un'eventuale nuova guerra contro i Persiani. Nel ripartire i relativi contributi Aristide dimostrò tanta equità da meritare il soprannome di Giusto.
    48 Morì Leotichida e gli successe Archidamo. Morì anche Anassilao tiranno di Zancle e di Reggio lasciando i figli ancora bambini, il potere andò temporaneamente a Micippo.
    Ierone, succeduto a Gelone, era geloso e sospettoso nei confronti del fratello Polizelo, gli ordinò perciò di soccorrere i Sibariti assediati dai Crotoniati nella speranza che morisse nei combattimenti. Polizelo rifiutò e si rifugiò presso Terone di Acragas, si rischiò così una guerra fra Siracusa e Acragas.
    Si rivolsero a Ierone gli abitanti di Imera per lamentare i metodi violenti del loro governatore Trasideo e gli offrirono di schierarsi al suo fianco contro Terone. Ma Ierone voleva evitare la guerra ed informò Terone rappacificandosi con lui, anche Polizelo fu reintegrato alla sua dignità e Terone fece eliminare gli Imerei suoi avversari.
    49 Ierone concentrò a Leontini gli abitanti di Naxos e Catane e ripopolò questa città con coloni dorici provenienti dal Peloponneso o da Siracusa. Lottizzò il territorio di Catane ed i territori limitrofi. Anche Terone ripopolò Imera con coloni dorici e di altre etnie.
    50 Gli Spartani discussero se fare la guerra ad Atene per recuperare l'egemonia sul mare. La Gerusia ed il popolo erano favorevoli ma un anziano li convinse a desistere argomentando che la supremazia marittima non era negli interessi di Sparta.
    51 Gli abitanti di Cuma chiesero aiuto a Ierone contro i Tirreni che erano allora signori del mare lungo le coste italiche. Ierone intervenne e sconfisse i Tirreni aumentando il già grande prestigio di Siracusa.
    52 In Italia Iapigi e Tarentini si fecero guerra coinvolgendo le popolazioni limitrofe. Alla fine gli Iapigi conseguirono una grande vittoria e conquistarono anche Reggio, alleata dei Tarentini.
    53 Terone di Acragas morì e gli successe il figlio Trasideo, odiato per i suoi metodi dispotici e continuamente soggetto a congiure ed attentati. Trasideo fece guerra a Siracusa ma fu sconfitto in modo umiliante e fuggì a Megara dove sperava di trovare protezione ma fu condannato a morte. Gli Acragantini si diedero un governo democratico e fecero pace con Ierone di Siracusa.
    Roma intanto combatteva contro i Veienti e veniva sconfitta sul Cremera dove morirono trecento membri della famiglia dei Fabi.
    54 Per screditare Temistocle gli Spartani lo accusarono di connivenza con Pausania. Temistocle venne indagato, processato ed assolto, ma i suoi avversari politici continuarono ad agire contro di lui.
    55 Temistocle fu colpito dall'ostracismo quando risultò che i cittadini lo ritenevano pericoloso per la democrazia ed andò esule ad Argo. Tuttavia gli Spartani rinnovarono le accuse di connivenza con Pausania e chiesero che fosse giudicato dall'assemblea di tutti i rappresentanti della Grecia. Sapendo che questo consesso rispettava più la volontà di Sparta che la giustizia, Temistocle fuggì da Argo.
    56 Temistocle si rifugiò presso Admeto re dei Molossi il quale lo accolse benevolmente ma quando gli Spartani imposero ad Admeto di consegnarlo minacciando la guerra, Temistocle dovette fuggire di nuovo e, dopo una serie di avventure e traversie, arrivò in Persia dove fu ospitato dall'amico Lisitide (Nicogene in Plutarco) che lo introdusse alla corte di Serse il quale lo accolse e lo ascoltò senza fargli del male.
    57 Mandane, sorella di Serse che aveva perso i figli nella battaglia di Salamina, chiese al re di condannare Temistocle. Non ricevendo soddisfazione si rivolse ai nobili ed al popolo finché Serse non indisse un processo per giudicare Temistocle. Questi, che intanto aveva imparato il persiano, si difese da solo e venne assolto. Molto lieto di questa conclusione Serse gli fece sposare una giovane nobile persiana e gli assegnò governo e rendite di tre città: Magnesia, Miunte e Lampsaco.
    58 - 59 Così Temistocle visse in pace ed agiatezza gli ultimi anni della sua vita. Quando Serse valutò di attaccare di nuovo la Grecia gli chiese di assumere il comando, Temistocle fece giurare al re che non lo avrebbe fatto senza di lui e subito si suicidò. Fu sepolto a Magnesia dove il suo grande monumento funebre era ancora visibile ai tempi di Diodoro.
    Considerazioni di Diodoro sui meriti di Temistocle e sull'ingratitudine degli Ateniesi.
    60 Gli Ateniesi elessero stratego Cimone figlio di Milziade e lo incaricarono di liberare la città della costa asiatica che si trovavano ancora sotto il dominio persiano. Cimone partì, conquistò Eione e Sciro e, dopo essersi rifornito al Pireo, fece vela verso la Caria. Qui persuase le città fondate dai Greci a ribellarsi ai Persiani mentre conquistò altre città dove il controllo persiano era più stretto.
    Via via le navi che gli alleati gli conferivano aumentarono la flotta ateniese.
    Cimone affrontò la flotta persiane nelle acque di Cipro, affondò molte navi nemiche e ne catturò cento.
    61 Non accontentandosi di questa vittoria, Cimone decise di attaccare subito i Persiani anche sul terreno e per raggiungere il campo nemico presso il fiume Eurimedonte ricorse ad un espediente. Utilizzò le navi prese ai Persiani e fece vestire i suoi soldati con gli abiti dei prigionieri, in questo modo, di notte, arrivò fin dentro l'accampamento persiano senza destare sospetti e, colti di sorpresa i nemici, ne fece strage. Compiuta l'impresa gli Ateniesi tornarono alle navi e ripartirono per Cipro.
    62 Con questi successi Cimone acquisì grande prestigio mentre Atene vedeva la sua potenza e la sua prosperità continuamente accresciute. I Persiani, preoccupati, approntarono altre navi.
    63 Sparta fu sconvolta da un terribile terremoto che fece moltissime vittime (forse 464 a.C.). Ne approfittarono Iloti e Messeni per ribellarsi ed attaccare la città, ma il re Archidamo riuscì, nonostante tutto, ad organizzare le difese.
    64 Iloti e Messeni, vedendo che gli Spartani erano ancora in grado di combattere, si ritirarono in una fortezza dalla quale presero a devastare i territori della Laconia. Erano accorsi in aiuto gli alleati di Sparta ed anche gli Ateniesi ma questi furono rimandati indietro nel timore che appoggiassero i Messeni. Per Atene si trattò di un affronto che avrà gravissime conseguenze. La guerra fra Spartani, Iloti e Messeni durò dieci anni, con alterne fortune.
    65 Gli Argivi, che da tempo temevano che i Micenei contendessero loro l'egemonia sull'Argolide, approfittarono dei problemi di Sparta per attaccare Micene. I Micenei infatti avevano gli Spartani come unici alleati e non si erano mai adeguati alle decisioni di Argo. Gli assedianti resistettero ma alla fine furono sopraffatti e Micene venne rasa al suolo.
    66 Convocati i figli del defunto Anassilao, Ierone di Siracusa fece loro dei doni e consigliò di prendere il governo di Reggio che era stato del padre chiedendo al reggente Micito un resoconto della sua amministrazione.
    Micito presentò un resoconto talmente dettagliato ed onesto che i figli di Anassilao gli offrirono di rimanere ma Micito rifiutò ed andò a vivere in Arcadia.
    Ierone morì a Catane dove era considerato fondatore della città ed ebbe le esequie riservate agli eroi. Gli successe il fratello Trasibulo.
    67 Se i Siracusani avevano tollerato l'avarizia e la violenza di Ierone per rispetto alla memoria di Gelone, non furono disposti a sopportare Trasibulo il quale, difeso da una guardia di mercenari che aveva assoldato, non perdeva occasione per tormentare e spesso mandare a morte i cittadini. L'intera città si sollevò e Trasibulo, compresa la gravità della situazione, chiamò in suo aiuto i coloni che Ierone aveva insediato a Catane ed altri alleati. Occupò l'Acradina e l'Isola e da qui tentò di sedare la rivolta.
    68 I Siracusani chiamarono in loro aiuto Gela, Acragas, Selinunte ed altre città e sconfissero due volte Trasibulo che era stato abbandonato dai suoi alleati. Alla fine il tiranno si arrese e sotto la garanzia di una tregua partì per Locri dove visse il resto dei suoi giorni come privato cittadino. I Siracusani insediarono un governo democratico e la libertà durò sessanta anni fino alla tirannide di Dionisio.
    69 Artabano, un funzionario di corte, uccise Serse ed accusò del delitto il figlio Dario che fu ucciso dal fratello Artaserse. Artabano stava per uccidere anche Artaserse ma questi, pur ferito, reagì rapidamente e soppresse Artabano. Artaserse ereditò così il trono imperiale.
    70 Gli Ateniesi sottomisero gli abitanti di Taso con i quali erano in contrasto per certe miniere, quindi attaccarono Egina che si era ribellata alla loro supremazia.
    Gli Ateniesi, con il crescere della loro potenza, erano diventati arroganti e le ribellioni erano frequenti.
    71 Artaserse prese a governare e a riorganizzare l'impero secondo le proprie idee e nel complesso ebbe il consenso dei suoi sudditi. Ma gli Egiziani decisero di approfittare della morte di Serse per reagire: scacciarono gli esattori persiani, scelsero un re di nome Inaro, si armarono e chiesero aiuto agli Ateniesi che mandarono loro trecento navi.
    Da parte sua Artaserse svolse arruolamenti ed allestì nuove navi per fronteggiare la rivolta egiziana.
    72 La Sicilia viveva ora in pace e prosperità ma i Siracusani, instaurata la democrazia, decisero di revocare la cittadinanza concessa da Gelone a circa settemila mercenari che vivevano in città.
    73 Costoro si ribellarono ed occuparono i quartieri fortificati dell'Acradina e dell'Isola, ma i Siracusani li isolarono costruendo un muro ed i mercenari, pur con il vantaggio della loro esperienza militare, si trovarono presto a corto di rifornimenti.
    74 Artaserse mandò in Egitto un grande esercito comandato da suo zio Achemene ma i Persiani furono sconfitti soprattutto grazie al ruolo svolto dagli Ateniesi. Artaserse allora offrì una grossa somma agli Spartani perché attaccassero gli Ateniesi distraendoli dall'Egitto ma gli Spartani rifiutarono ed al re non rimase che preparare un nuovo esercito che questa volta affidò ai generali Artabazo e Megabizo.
    75 I due generali spesero un anno nei preparativi per un attacco navale all'Egitto. Lo stesso tempo gli Ateniesi trascorsero nell'assedio ai Persiani sconfitti che si erano rifugiati in una fortezza.
    76 I Siracusani, dopo molti combattimenti, riuscirono ad avere la meglio sugli stranieri ribelli.
    Il capo dei Siculi Ducezio, insieme ai Siracusani, attaccò i coloni di Crotone e riprese i territori che gli erano stati tolti sotto Ierone.
    I figli di Anassilao furono cacciati da Reggio e Zancle. Via via le città trovarono l'accordo, quanti erano stati trasferiti con la forza dai tiranni tornarono alle rispettive città ed infine, salvo qualche occasione, tutta la Sicilia fu pacificata e liberata dai tiranni.
    77 I Persiani inviarono altre forze in Egitto interrompendo l'assedio attuato dagli Ateniesi. Gli Egiziani, spaventati, raggiunsero un accordo con i Persiani lasciando isolati gli Ateniesi.
    I Persiani, deviando dei canali, avevano portato in secco le navi greche e gli Ateniesi le incendiarono per impedire che il nemico le utilizzasse. Non potendo più lasciare l'Egitto gli Ateniesi si prepararono a combattere ad oltranza ma Artabazo e Megabizo, considerato che sconfiggerli sarebbe comunque costata la vita a molti Persiani, decisero di lasciarli andare.
    Intanto in Atene Efialte, capo dei popolari, era riuscito a promuovere riforme che limitavano i poteri dell'Areopago, ma morì poco dopo assassinato in circostanze misteriose.
    78 Gli Ateniesi sconfissero Corinto ed Epidauro, quindi attaccarono Egina sottomettendola definitivamente e costringendola ad aderire alla loro lega con il pagamento dei relativi tributi.
    In Sicilia Ducezio fondò la città di Menanion e sottomise quella di Morgantina.
    79 Vi fu una guerra fra Corinzi e Megaresi per questioni di confine. Vinse Megara grazie al decisivo aiuto di Atene. I Focesi attaccarono i Dori che abitavano le città di Citinio, Beo e Erineo ed in un primo tempo ne ebbero ragione ma gli Spartani inviarono un esercito comandato da Nicomede figlio di Cleomene che liberò quelle città e riconciliò Focesi e Dori.
    80 Mentre gli Spartani tornavano dalla guerra contro i Focesi furono aggrediti dagli Ateniesi e si scatenò una durissima battaglia. I Tessali che erano con gli Ateniesi defezionarono e passarono agli Spartani. Dopo aver combattuto tutto il giorno con molte perdite per entrambe le parti, al calare della sera la battaglia fu interrotta.
    Durante la notte i Tessali intercettarono un carico di provvigioni inviato dall'Attica, se ne impadronirono ed uccisero gli uomini che lo scortavano.
    Dopo un altro giorno di cruenta battaglia non fu possibile stabilire a chi spettasse la vittoria e fu stabilita una tregua di quattro mesi.
    81 I Tebani, la cui potenza era decaduta dopo l'alleanza con Serse, chiesero aiuto agli Spartani per recuperare la supremazia sulla Beozia promettendo che in cambio avrebbero fatto guerra ad Atene. Trovando la proposta vantaggiosa, gli Spartani costrinsero tutti i Beoti a sottomettersi ai Tebani. Per ostacolarli gli Ateniesi prepararono un esercito di cui affidarono il comando allo stratego Mironide di Callia. Nonostante l'esercito beota fosse molto più numeroso, Mironide lo sconfisse (Enofita, settembre 457 a.C.).
    82 Secondo Diodoro l'importanza di quella battaglia non fu inferiore a quella delle più famose battaglie di Maratona o di Platea perché in questo caso gli Ateniesi, senza alcun alleato ed in forte minoranza numerica, sconfissero i Beoti che erano combattenti molto agguerriti come più tardi dimostrarono a Leuttra e a Mantinea.
    Mironide espugnò Tanagra, invase la Beozia e distribuì il bottino fra i suoi soldati.
    83 I Beoti reagirono riorganizzando il proprio esercito ma furono nuovamente sconfitti e Mironide sottomise tutte le città della Beozia ad eccezione di Tebe. Sottomise quindi la Locride Opunzia e passò in Tessaglia, ma dopo aver rinunciato all'assedio di Farsalo che opponeva eccessiva resistenza tornò ad Atene.
    84 Talmide, capo della flotta ateniese, volendo emulare le imprese di Mironide attaccò la Laconia. Disponeva di cinquanta triremi e di quattromila opliti di cui tremila volontari. Conquistò il porto e la città di Giteo, le isole di Zacinto e Cefalonia e la città di Naupatto.
    85 L'anno successivo gli Ateniesi nominarono stratego l'aristocratico Pericle figlio di Santippo, al quale affidarono cinquanta navi e mille opliti. Pericle saccheggiò il Peloponneso e penetrò nell'Acarnania sottomettendo diverse città.
    86 - 87 Dopo questi eventi gli Ateniesi e i Peloponnesiaci firmarono un accordo quinquennale negoziato da Cimone.
    In Sicilia una guerra per questioni territoriali lasciò in una situazione caotica le città di Segesta e Lilibeo. A Siracusa il tentativo di impadronirsi del potere da parte di un certo Tindaride fallì e si concluse con la condanna a morte dell'aspirante tiranno e dei suoi sostenitori. Data la frequenza di episodi di questo genere i Siracusani istituirono una legge simile a quella ateniese sull'ostracismo per allontanare i soggetti pericolosi. Questa legge fu presto abrogata perché i Siracusani si accorsero che spesso venivano espulsi i personaggi più competenti mentre la città rimaneva in mani ai demagoghi.
    88 Pericle occupò il Chersoneso e distribuì mille lotti di terreno ai cittadini, altrettanto fece Talmide in Eubea.
    Decisi a liberarsi della pirateria dei Tirreni, i Siracusani nominarono navarco Faillo ma questi si lasciò corrompere dai Tirreni, scelsero quindi Apelle che saccheggiò le coste della Tirrenia, le isole di Cirno (Corsica) ed Etalia e tornò in Sicilia carico di prigionieri e di bottino.
    Ducezio fondò la città di Palikè (vicina all'attuale Mineo in provincia di Catania) nei pressi del recinto sacro dei Pelici.
    89 Il recinto sacro circondava i "crateri", grandi soffioni sulfurei che erano ritenuti in collegamento con i Pelici (divinità probabilmente indigene, non elleniche).
    Era usanza prestare i giuramenti in quel luogo in quanto si riteneva che gli spergiuri avrebbero sofferto una punizione divina.
    90 La città fondata da Ducezio crebbe rapidamente ma più tardi fu rasa al suolo. Venne rifondata Sibari dopo cinquantotto anni dalla sua distruzione da parte dei Crotoniati ed anche la nuova città venne distrutta, ma Diodoro rimanda questi eventi al prossimo libro.
    91 Ducezio conquistò Etna ed assediò Motyon nel territorio di Acragas, gli mossero contro Acragantini e Siracusani ma vennero sconfitti. Bolcone, stratego di Siracusa, venne condannato a morte perché riconosciuto colpevole di essersi lasciato corrompere da Ducezio.
    Il nuovo stratego, pur subendo grandissime perdite, riuscì a mettere in fuga i Siculi. Contemporaneamente gli Acragantini liberavano la roccaforte di Motyon.
    92 Rimasto ormai con pochissimi uomini, Ducezio si arrese e si presentò supplice a Siracusa. I Siracusani, dopo aver lungamente discusso, decisero di non mandarlo a morte e lo esiliarono a Corinto per il resto della vita.



    Libro XII


    1 Dopo l'insperata conclusione della guerra contro Serse, la Grecia conobbe un cinquantennio di prosperità e progresso. Fiorirono artisti come Fidia, filosofi come Socrate, Platone ed Aristotele, oratori come Pericle e Isocrate, strateghi come Mironide e Cimone.
    2 Nel benessere generale fu Atene a raggiungere l'egemonia. Con i propri mezzi e senza aiuti gli Ateniesi piegarono i Persiani costringendoli a liberare tutte le città greche conquistate, comprese quelle in Asia. In questo libro Diodoro racconterà gli eventi successivi fino alla guerra fra Atene e Siracusa (450 a.C. - 415 a.C.).
    3 Avendo deciso di liberare le città greche dell'Asia dai Persiani gli Ateniesi armarono duecento navi ed affidarono il comando a Cimone figlio di Milziade.
    Cimone si portò nelle acque di Cipro dove affrontò e sconfisse la flotta persiana comandata da Artabazo. I Persiani fuggirono in Cilicia, presso il loro esercito comandato da Megabizo. Gli Ateniesi li inseguirono, sbarcarono e vinsero un'altra battaglia contro le forze di terra facendo grande strage di nemici. Nel combattimento morì eroicamente Anassicrate, l'altro stratego collega di Cimone.
    4 Tornato a Cipro, Cimone prese a conquistare le città dell'isola liberandole dai Persiani. Mentre assediava Salamina il re Artaserse propose un incontro per trovare un accordo e gli Ateniesi accettarono. Capo della delegazione ateniese era Callia che concluse un trattato di pace con i Persiani nel quale veniva stabilito lo sgombro da parte persiana di tutte le città greche e venivano definiti i confini che le due parti non avrebbero più dovuto oltrepassare in futuro. Poco dopo Cimone morì di malattia mentre tornava da Cipro (449 a.C.).
    5 Nel 448 a.C. i Megaresi si ribellarono contro Atene e cercarono l'alleanza di Sparta (ma ciò avvenne nel 446 a.C.). Subirono una punizione punitiva ateniese e furono sconfitti.
    6 Gli Spartani invasero l'Attica e dopo numerosi saccheggi rientrarono nel Peloponneso (447 a.C.). Nello stesso anno l'ateniese occupò Cheronea ma venne sconfitto ed ucciso dai Beoti che fecero molti prigionieri; per liberarli gli Ateniesi dovettero riconoscere autonomia a tutte le città della Beozia.
    7 Come conseguenza di questa sconfitta gli Ateniesi persero molti alleati e l'Eubea si ribellò ma venne sottomessa da Pericle. Fu stipulata una tregua trentennale fra Sparta e Atene.
    8 Intanto Ducezio, esule a Corinto, rientrò in Sicilia per fondare la città di Calacta (probabilmente per iniziativa dei Corinzi con finalità ostili ad Acragas). Gli Acragantini, che consideravano i Siracusani responsabili di non aver soppresso Ducezio, dichiararono guerra a Siracusa. Siracusa vinse una grande battaglia presso Imera, dopo di che fu stipulata la pace fra le due città.
    9 In Italia, nella potente città di Sibari, prevalse la fazione democratica guidata da Telys che esiliò cinquantaquattro esponenti dell'aristocrazia. Questi cercarono asilo a Crotone e i Sibariti minacciarono la guerra a questa città. Su consiglio di Pitagora che si era stabilito da anni a Crotone, i Crotoniati concessero l'esilio ai supplici ed affrontarono il grande esercito sibarita. Comandati dal famoso atleta Milone, i Crotoniati opposero le loro capacità strategiche alla superiorità numerica del nemico e riportarono una grande vittoria.
    10 I Sibariti furono sterminati e la loro città devastata venne abbandonata. Molti anni dopo i superstiti la rioccuparono ma vennero di nuovo cacciati dai Crotoniati. A questo punto i Sibariti, guidati da Lampone e Senocrito, cercarono aiuto in Grecia. Gli Spartani rifiutarono, gli Ateniesi invece fornirono loro dieci navi e contribuirono alla fondazione di una nuova città, nel sito indicato da un responso oracolare, che ebbe il nome di Turi dalla sorgente Turia che si trovava nelle vicinanze.
    11 Ma la vita della nuova colonia fu presto turbata dalla rivalità fra i Sibariti originali (che volevano godere di svariati privilegi) ed i coloni che si erano loro uniti successivamente. Questi ultimi prevalsero, mandarono a morte tutti i Sibariti originali e fecero arrivare nuovi coloni dalla Grecia. La popolazione fu divisa in dieci tribù secondo le regioni di provenienza (Arcade, Achea, Elea, Beotica, Anfizionica, Assica, Ionica, Ateniese, Euboica, Insulare).
    Caronda di Catane fu incaricato di formulare le leggi della nuova città.
    12 - 18 Leggi di Caronda:
    chi imponeva una matrigna ai suoi figli perdeva il diritto di votare;
    i colpevoli di diffamazione dovevano portare un contrassegno per farsi riconoscere da tutti;
    veniva condannato chi frequentava noti cattivi soggetti;
    i giovani erano obbligati ad imparare a leggere e a scrivere, le spese per lo studio erano a carico dello stato;
    i beni degli orfani dovevano essere amministrati dai parenti del padre (che avevano diritti ereditari), la loro educazione doveva essere curata dai parenti della madre (che non li avevano). Ciò voleva evitare che gli aventi diritto tentassero di eliminare i figli del defunto per impadronirsi dell'eredità;
    chi abbandonava il suo posto durante una battaglia doveva rimanere per tre giorni in piazza vestito di abiti femminili: pena più umana di una condanna a morte ma molto più disonorevole;
    chi proponeva l'emendamento di una legge doveva essere immediatamente strangolato se la proposta veniva respinta.
    19 Caronda partecipò ad un'assemblea popolare senza rendersi conto di avere con se un pugnale. Poiché le sue leggi vietavano di presentarsi armati in assemblea, i suoi rivali approfittarono per accusarlo e Caronda, per dimostrare il suo rispetto della legge, usò il pugnale per suicidarsi sul posto.
    20 Avendo parlato di Caronda, Diodoro passa a ricordare anche Zaleuco di Locri, un colto nobile già discepolo di Pitagora che elaborò le leggi della sua città.
    Zaleuco introduceva il suo codice invitando i cittadini alla pietà ed alla scrupolosa osservanza religiosa, li esortava a non serbare rancore e a non escludere mai la possibilità di riconciliarsi con gli avversari.
    Impose inoltre ai magistrati di giudicare sempre con serenità senza lasciarsi influenzare dai propri sentimenti nei confronti delle parti in causa.
    21 Per contenere la prostituzione e le forme di degradazione dovute alla lussuria, Zaleuco emanò delle norme restrittive che in pratica costringevano gli interessati a dichiarare pubblicamente la propria condizione subendo il conseguente disonore. Ad esempio stabilì che una donna libera potesse indossare indumenti ricamati in oro e circolare di notte solo se era una prostituta.
    22 Chiuse le digressioni sui legislatori si torna al racconto degli eventi (anno 452 a.C.). I Sibariti sopravvissuti alla proscrizione di Turi fondarono una nuova colonia sulle rive del fiume Traente (oggi Trionto) e la chiamarono Sibari, più tardi anche questa città venne distrutta dai Butti, una popolazione di origine osca.
    Gli Ateniesi, guidati da Pericle, riconquistarono l'Eubea e vi stabilirono una nuova colonia.
    23 Venne istituito a Roma il primo decemvirato per la codifica di leggi scritte. Ne fecero parte Claudio Cornelio Regilliano, Tito Minucio, Spurio Veturio, Gaio Giulio, Gaio Sulpicio (secondo Livio si tratta di Servio Sulpicio Camerino già console nel 461 a.C.), Publio Sestio, Romulo, Spurio Postumio Calvinio (la lista è incompleta, manca Appio Claudio che presiedeva il concilio dei decemviri, inoltre non tutti i nomi citati corrispondono con quelli forniti da Livio).
    24 L'anno seguente (450 a.C.) venne eletto un nuovo decemvirato per completare i lavori del precedente: Appio Claudio, Marco Cornelio, Lucio Minucio, Gaio Sergio, Quinto Publio, Manio Rabuleio, Spurio Veturio (questo elenco è più vicino del precedente alla notizia liviana ma mancano tre decemviri).
    Uno dei decemviri invaghitosi di una giovane plebea che non cedeva alle sue proposte intentò un processo basato su false prove per far dichiarare la ragazza schiava di un suo cliente, ma il padre di lei per salvarla dalla schiavitù e dal disonore preferì ucciderla, quindi fuggì presso l'esercito accampato sul Monte Algido. Qui raccontò la sua vicenda muovendo a compassione i soldati che giunsero nottetempo a Roma ed occuparono l'Aventino.
    25 Seguirono al mattino dei momenti di grande tensione ed alcuni senatori si sforzarono di evitare che si passasse all'uso delle armi. Infine, per allontanare il pericolo di una guerra civile, il patriziato dovette cedere e la plebe recuperò le conquiste precedenti l'istituzione dei decemviri, furono ripristinati i tribuni della plebe e si decise di tornare ad eleggere i consoli, uno dei quali doveva essere plebeo. (Durante il governo dei decemviri tutte le altre magistrature erano state sospese).
    26 I consoli dell'anno successivo aggiunsero due tavole di leggi alle dieci compilate dai decemviri (secondo Livio le prime dieci furono compilate dal primo decemvirato e le ultime due dal secondo, completando così la raccolta delle Dodici Tavole).
    Le Dodici Tavole incise in bronzo vennero affisse ai rostri davanti alla curia.
    In quel momento nel resto del mondo regnava la pace: i Persiani avevano concluso accordi con i Greci, gli Ateniesi con gli Spartani e i Siracusani con i Cartaginesi e con gli Acragantini.
    27 - 28 Quando si riaprirono le ostilità fra Samo e Mileto i Samii coinvolsero anche gli Ateniesi accusandoli di favorire i Milesi.
    Pericle attaccò Samo con quaranta triremi e dopo averla conquistata instaurò un governo democratico.
    Dopo la partenza di Pericle iniziarono le ostilità fra i sostenitori del governo democratico ed i loro avversari, questi ultimi cacciarono i democratici dalla città. Pericle ritornò e dopo aver sconfitto in mare le navi dei Sami raggiunse l'isola ed iniziò l'assedio della città conquistandola dopo nove mesi. Punì i responsabili della rivolta, pretese il rimborso delle spese belliche sostenute ed instaurò un governo democratico.
    29 Ducezio morì in Sicilia dopo aver fondato la città di Calacte. Dopo la sua morte i Siracusani intrapresero l'azione decisiva contro i Siculi completando la conquista del loro territorio.
    30 Mentre i Siracusani si organizzavano militarmente per conquistare l'intera Sicilia, in Grecia le discordie intestine della città di Epidamno coinvolsero Corinto e Corcira portando a quella che fu detta guerra di Corinto.
    I Romani, reagendo alle devastazioni portate dai Volsci nel loro territorio, li sconfissero e ne fecero strage.
    31 - 35 L'anno successivo (445 a.C.), dice Diodoro, "si costituì la nazione dei Campani", riferendosi alla conquista da parte dei Sabelli delle città di Capua e di Cuma. La conseguente fusione dei conquistatori con le genti locali di stirpe etrusca e greca è considerata, anche dai moderni, all'origine del popolo dei Campani.
    In Grecia i Corciresi sconfissero i Corinzi in una grande battaglia navale e conquistarono la città di Epidamno. Questa battaglia tuttavia non pose fine al conflitto e l'anno seguente Corinzi e Corciresi si dedicarono a potenziare le rispettive flotte.
    Entrambi i contendenti chiesero aiuto ad Atene. Qui l'assemblea deliberò di intervenire in favore di Corcira. I Corinzi attaccarono per primi con una flotta superiore a quella corcirese ma l'arrivo di nuovi rinforzi ateniesi capovolse la situazione in favore di Corcira.
    Corinzi e Calcidiesi si allearono con il re macedone Perdicca contro Atene, nello stesso momento gli Ateniesi furono impegnati nella rivolta contro di loro della città di Potidea che fu soccorsa dai Corinzi. Gli Ateniesi sconfissero i soccorritori ed assediarono Potidea.
    In Italia i cittadini di Turi erano in disaccordo sull'origine dei fondatori della colonia che aveva visto fra i suoi primi abitanti sia Ateniesi che Peloponnesiaci, interrogato in merito l'oracolo di Delfi rispose che l'onore della fondazione spettava ad Apollo, risolvendo la contesa.
    36 - 37 Nel 442 a.C. l'astronomo ateniese Metone calcolò il ciclo di diciannove anni, un metodo per far coincidere gli anni solari con le lunazioni.
    A Roma venne ucciso Spurio Melio per aver aspirato alla tirannide.
    Gli Ateniesi vinsero una battaglia a Potidea ma lo stratego Callia perì nello scontro e fu sostituito da Formione.
    Tucidide inizia da questo periodo la sua narrazione riguardante la guerra del Peloponneso.
    38 - 40 La guerra fra Atene e Sparta durò ventisette anni ed ebbe inizio, secondo Diodoro, per volontà di Pericle. Questi avrebbe provocato il conflitto per distrarre l'attenzione dei cittadini dai fondi pubblici che aveva speso e dei quali non avrebbe potuto rendere conto.
    I suoi avversari politici avevano coinvolto Pericle in un processo contro lo scultore Fidia accusato di aver sottratto somme destinate al tempio di Atena. Fidia venne arrestato e Pericle accusato di sacrilegio.
    In quel periodo gli Ateniesi emanarono sanzioni contro i Megaresi (rei di aver violato i confini e di aver accolto schiavi fuggiti da Atene). I Megaresi si rivolsero agli Spartani che intimarono ad Atene di revocare le sanzioni, ma Pericle convinse l'assemblea a rifiutare e a dichiarare guerra a Sparta.
    Forte della sua oratoria, Pericle descrisse minuziosamente le risorse militari ed economiche a disposizione di Atene che, anche senza contare i contributi degli alleati, erano di gran lunga superiori a quelle degli Spartani e con questi argomenti riuscì a persuadere i concittadini prospettando loro la guerra contro Sparta come un conflitto facile e breve.
    41 - 42 Da parte loro gli Spartani fecero i preparativi per la guerra insieme ai loro alleati e cercarono di coinvolgere nel conflitto anche i Persiani. Il primo episodio della guerra fu l'attacco dei Tebani contro la città di Platea che era indipendente ed alleata degli Ateniesi. I Tebani occuparono la città con l'aiuto di un gruppo di traditori plateesi ma la cittadinanza oppose una coraggiosa resistenza ed i soldati occupanti vennero scacciati o catturati. I Tebani inviarono subito contro Platea un contingente più nutrito che procedette facendo stragi nella campagna. Gli Ateniesi intervennero in aiuto dei Plateesi e gli Spartani, considerando l'atto una violazione della tregua, dichiararono loro guerra.
    L'esercito formato dagli Spartani e dai loro alleati al comando del re Archidamo invase l'Attica compiendo incursioni e devastazioni ma Pericle inviò un esercito ateniese a fare altrettanto nel Peloponneso; gli Spartani preoccupati di difendere la loro città si affrettarono a richiamare l'esercito liberando l'Attica.
    43 Gli Ateniesi saccheggiarono il Peloponneso e assediarono molte fortezze, soprattutto nella zona del litorale. Non riuscirono a espugnare la fortezza di Metone difesa dal giovane Brasida che si distinse per il suo coraggio e la sua determinazione.
    Nell'Elide conquistarono la fortezza di Feia ma in seguito ne furono cacciati dagli Elei.
    44 Lo stratego ateniese Cleopompo attaccò la Locride, conquistò la città di Thronion e vinse una battaglia, quindi occupò un'isola e ne fece un caposaldo contro i Locresi.
    Gli Ateniesi accusarono gli Egineti che vivevano nella loro città di collaborare con Sparta e li scacciarono, gli Spartani li accolsero nella città di Tirea.
    Pericle saccheggiò la regione di Megara.
    45 Gli Spartani e i loro alleati invasero per la seconda volta l'Attica portando devastazione in quasi tutta la regione. Gli Ateniesi non osarono affrontarli, nella loro città era scoppiata la peste e l'arrivo dei fuggitivi dalle campagne contribuiva a peggiorare l'epidemia. Ancora una volta inviarono una flotta al comando di Pericle a saccheggiare il litorale del Peloponneso per costringere gli invasori a ritirarsi dall'Attica.
    Gli Ateniesi esausti per i combattimenti e per l'epidemia attribuirono la responsabilità della guerra a Pericle, lo multarono e lo sollevarono da ogni incarico ma dopo il fallimento di un'ambasceria a Sparta per proporre la pace scelsero di nuovo Pericle come stratego.
    46 (429 a.C.) Morì Pericle, superiore ai concittadini per le sue qualità di oratore e di stratego.
    Il nuovo stratego Agnone fu incaricato di concludere l'assedio di Potidea. Nonostante il grande impiego di mezzi e la determinazione di Agnone, Potidea non cadeva, sia per la resistenza degli abitanti, sia perché gli assedianti erano indeboliti dalla peste. Infine Agnone, perduti molti uomini, lasciò una parte dei soldati a continuare l'assedio e tornò con gli altri a Atene poco dopo i Potidati si arresero e fu loro concesso di andare via incolumi, si stabilirono in Tracia presso i Calcidesi mentre mille coloni Ateniesi occupavano Potidea.
    47 Lo stratego ateniese Formione sbarcò a Naupatto e agì in modo da bloccare la navigazione degli Spartani i quali intanto inviavano un esercito in Beozia al comando del re Archidamo che pose il campo a Platea ma non riuscì ad espugnare questa città. Gli Ateniesi furono sconfitti dagli abitanti di Olino mentre gli Spartani alleatisi con gli Ambracioti tentavano l'invasione dell'Acarnania e venivano a loro volta battuti.
    48 Formione riportò una grande vittoria sulla flotta spartana le cui navi superstiti fuggirono verso Patrasso in Acaia dove furono raggiunte da altre navi. In un secondo scontro la vittoria di Formione fu incerta e quando giunsero rinforzi Ateniesi gli Spartani si ritirarono a Corinto.
    49 (428 a.C.) Cnemo navarco spartano sapendo che gli Ateniesi ritenevano il Pireo inattaccabile volle tentare l'impresa. Attaccò prima Salamina ma gli abitanti dell'isola avvertirono con le fiaccole gli Ateniesi che gli impedirono di avvicinarsi al porto.
    50 Sitalce re di Tracia estese il suo dominio da Abdera all'Istro, si alleò con gli Ateniesi contro i Calcidesi e invase la Macedonia per abbattere Perdicca e insediare Aminta.
    51 Tessali, Achei, Magneti e altri popoli greci, preoccupati dalle azioni di Sitalce si allearono e formarono un potente esercito. Quando Sitalce lo venne a sapere, considerando anche il sopraggiungere dell'inverno, si riconciliò con Perdicca, stabilì una parentela con lui tramite un matrimonio e tornò in Tracia.
    52 Il re spartano Archidamo invase l'Attica e la devastò approfittando della peste e della carestia che opprimevano gli Ateniesi.
    53 (427 a.C.) I Siracusani attaccarono i Leontini che chiesero aiuto a Atene tramite una delegazione guidata dal famoso Gorgia che affascinò gli Ateniesi con la sua oratoria e in particolare con le nuove figure retoriche che fu il primo a utilizzare. Gli Ateniesi strinsero alleanza con Leontini.
    54 Gli Ateniesi accolsero volentieri la richiesta di Gorgia per intervenire in Sicilia con il pretesto della consanguineità con gli abitanti di Leontini ma in realtà con l'obiettivo di prendere il controllo dell'isola. Votarono quindi di sostenere Leontini e inviarono in Sicilia una squadra di venti navi comandate da Lachete e Careade che posero la propria base a Reggio dove ricevettero rinforzi, si qui fecero incursioni nelle isole Lipari alleate dei Siracusani, quindi vinsero una battaglia con i Locresi e occuparono una loro fortezza.
    Da Atene giunsero altre quaranta navi comandate da Eurimedonte e Sofocle ma nel frattempo i Leontinesi si erano riconciliati con i Siracusani e la flotta ateniese rientrò in patria.
    55 I Lesbi defezionarono da Atene e si allearono con Sparta promettendo numerose navi. Gli Ateniesi intervennero subito assediando Mitilene che fu conquistata mentre gli Spartani invadevano nuovamente l'Attica. A Atene, su proposta di Cleone, si decise di trucidare i cittadini di Mitilene ma subito dopo l'assemblea rivide la decisione e la pena fu limitata alla demolizione delle mura e all'esproprio dei terreni.
    56 I Plateesi assediati dagli Spartani tentarono un'azione notturna e una parte di loro riuscì a fuggire ma il giorno successivo gli Spartani con un attacco particolarmente violento costrinsero gli altri a capitolare. Caduta Platea i cittadini vennero messi a morte, la città fu distrutta e il terreno dato in affitto.
    57 A Corcira si verificò una rivolta fomentata dal partito oligarchico che riuscì ad abbattere il governo democratico ma dopo breve tempo l'intervento ateniese ripristinò la democrazia. I ribelli, rifugiatisi come supplici nei templi, furono graziati ed espulsi ma continuarono a cospirare dall'esilio.
    58 (426 a.C.) Atene fu colpita da una nuova ondata di epidemia a causa degli acquitrini formati dalle abbondanti piogge, del clima torrido, dei raccolti umidi e di cattiva qualità. In base a un oracolo furono scavate tutte le sepolture dell'isola di Delo e i cadaveri trasferiti altrove, si celebrarono le feste delie trascurate da tempo e si proibì di partorire o morire in quell'isola.
    59 Un terremoto sconvolse la Grecia e fermò gli Spartani che stavano per invadere di nuovo l'Attica. Gli Spartani colonizzarono Trachis che era quasi deserta a causa della guerra e, d'intesa con i Trachinii, ne fecero una grande città che chiamarono Eraclea.
    60 (425 a.C.) A Atene fu nominato stratego Demostene che invase e saccheggiò il territorio di Leucade quindi passò in Etolia dove fu sconfitto e costretto a ritirarsi a Naupatto. Fece strage degli abitanti di Ambracia ma quando decise di occupare la città fu abbandonato dagli alleati acarnani che temevano che gli Ateniesi al loro confine sarebbero stati pericolosi. A causa di questa defezione Demostene vide diminuite le sue forze e torno a Atene.
    61 Demostene attaccò Pilo e in venti giorni la circondò con un muro. Pilo era poco distante da Sparta e particolarmente sicura, gli Spartani non tollerarono l'occupazione ateniese e concentrarono le loro forze terrestri e navali per liberarla, si svolsero violenti combattimenti e gli Spartani subirono molte perdite mentre gli Ateniesi, avvantaggiati dalla posizione e dal muro che avevano costruito, difendevano agevolmente la roccaforte.
    62 Durante l'assedio di Pilo si distinse Brasida che affrontò da solo i nemici finché non cadde sopraffatto dalle troppe ferite. Nel combattimento perse lo scudo e gli Ateniesi se ne impadronirono. Perdere lo scudo era considerato un grande disonore ma per Brasida fu motivo di gloria perché lo perse morendo dopo aver ucciso molti nemici.
    63 Una squadra navale ateniese bloccò l'accesso all'isola di Sfacteria antistante Pilo dove si trovava un contingente di opliti Spartani che rischiarono di rimanere senza cibo. Gli Ateniesi rifiutarono le trattative proposte da Sparta e continuarono l'assedio finché quanti si trovavano a Sfacteria non capitolarono, trecento uomini che furono portati a Atene in catene da Cleone. Il presidio di Pilo fu affidato a un contingente di Messeni che erano particolarmente ostili agli Spartani.
    64 Morì Artaserse re dei Persiani dopo quarant'anni di regno, suo successore fu Serse che regnò solo un anno.
    In Italia gli Equi si ribellarono e Aulo Postumio fu nominato dittatore, Lucio Giulio comandante della cavalleria. Postumio sconfisse i ribelli e celebrò il trionfo. Si dice che il dittatore abbia fatto morire il figlio che nell'eccitazione della battaglia si era spinto in avanti abbandonando il posto assegnatogli.
    65 Gli Ateniesi nominarono stratego Nicia affidandogli sessanta navi e tremila opliti con l'ordine di saccheggiare le terre degli alleati di Sparta. Nicia attaccò e saccheggiò Melo, isola delle Cicladi, ma prolungandosi eccessivamente l'assedio rinunciò e puntò sulla Beozia dove invase la regione di Tanagra e si unì a un altro contingente ateniese comandato da Ipponico. I due strateghi sconfissero i Tebani poi Niciaproseguì per saccheggiare la Locride, quindi per attaccare Corinto dove vinse due battaglie.
    Conquistò Crommione, fortificò Metone lasciando un presidio e rientrò a Atene.
    In una successiva spedizione Nicia occupò Citera, devastò la flotta del Peloponneso e conquistò la città di Tirea.
    66 A Megara La guerra contro Atene aveva crato molti danni e molti problemi economici. All'interno le fazioni erano in lotta: i democratici volevano consegnare la città agli Ateniesi mentre gli esuili aristocratici premevano per rientrare. Gli strateghi Demostene e Ippocrate furono introdotti in città da cospiratori con seicento soldati che la occuparono mentre gli Spartani della guarnigione fuggivano al porto di Nicea dove furono assediati e si arresero incondizionatamente.
    67 Sopraggiunse Brasida con le sue truppe e cacciò gli Ateniesi da Nicea e da Megara ristabilendo l'alleanza con Sparta. Brasida proseguì fino a Acanto dove indusse con la diplomazia gli abitanti a defezionare da Atene e accettare l'alleanza con Sparta, esempio poi seguito da altre città della Tracia.
    Per continuare la guerra Brasida chiese rinforzi e gli Spartiati ne approfittarono per liberarsi di mille iloti fra i più turbolenti e pericolosi. Altri duemila iloti ritenuti potenzialmente ribelli furono individuati con un inganno e fatti morire in città.
    68 Brasida occupò Anfipoli e propose condizioni di resa molto miti che furono subito accettate, senza combattere portò dalla sua parte Esime, Galepso e Mircino. Dopo una soste sul fiume Strimone per riorganizzare l'esercito completò l'occupazione della Tracia.
    69 Una parte dei Beoti si accordò con gli strateghi Ateniesi per consegnare loro le città. Demostene con gran parte dell'esercito invase la Beozia ma poichè la notizia del tradimento era trapelata ripartì senza concludere nulla. Ippocrate cinse con un muro la città di Delio e attese l'attacco dei Beoti che arrivarono prima del previsto comandati da Pagonda.
    70 Breve descrizione della battaglia di Delio che fu vinta dai Beoti. Tebe fu arricchita di monumenti grazie al ricchissimo bottino e furono istituite le feste chiamate Delie in ricordo di questa battaglia. Cacciano o uccidendo gli Ateniesi rimasti a difendere Delio i Beoti conquistarono la città trasformando in un disastro il tentativo ateniese.
    71 Morì Serse dopo un solo anno di regno e il trono passò al fratello Sogdiano che fu ucciso sette mesi dopo da Dario che regnò diciannove anni.
    72 (423 a.C.) La città di Scione passò a Brasida. Gli esuli lesbi si radunarono a Antandro e presero ad attaccare frequentemente gli Ateniesi che occupavano Mitilene ma furono sconfitti da un contingente proveniente da Atene e cacciati da Antandro.
    Atene e Sparta stipularono una tregua di un anno e avviarono trattative per la pace ma il possesso di Scione e di Mende costituiva un ostacolo. Gli Ateniesi mandarono una flotta comandata da Nicia e Nicostrato che conquistò Mende e assediò Scione.
    73 (422 a.C.) Gli Ateniesi cacciarono gli abitanti di Delo dalla loro isola accusandoli di collaborare con gli Spartani. Gli esuli furono accolti nella città di Adramitto. Lo stratego Cleone partì per una nuova campagna in Tracia, conquistò la città di Torone e assediò Eione nei pressi di Anfipoli.
    74 Brasida e Cleone si scontrarono nella battaglia di Anfipoli e comportandosi eroicamente entrambi persero la vita. La battaglia fu vinta dagli Spartani, poco dopo fu sottoscritta una tregua di cinquant'anni (Pace di Nicia) che mise fine alla Guerra del Peloponneso. La madre di Brasida fu onorata pubblicamente per la dignità con cui accolse la notizia della morte del figlio.
    75 (421 a.C.) La pace conclusa fra Atene e Sparta non riguardava le città alleate nelle quali nacque il sospetto che si trattasse di un accordo per sottomettere l'intera Grecia e per potersi difendere si coalizzarono. Le principali fra loro erano Argo, Tebe, Corinto e Elide. Argo assunse la guida della lega e addestrò un corpo scelto di mille uomini.
    76 Gli Iloti che avevano militato in Tracia con Brasida ebbero la libertà, gli Spartani che erano stati prigionieri a Sfacteria riebbero i diritti civili. Sparta varò una politica di moderazione anche verso gli alleati per rafforzare il suo controllo sul Peloponneso. Al contrario gli Ateniesi distrussero Scione come monito verso coloro che tramavano la defezione.
    In Italia i Campani saccheggiarono Cuma e ridussero in schiavitù molti suoi cittadini.
    77 (420 a.C.) I Deli trasferiti a Adramitto tornarono alla loro città restituita dagli Ateniesi, ma la mancata restituzione di Pilo agli Spartani causò una nuova ostilità. Gli Argivi si allearono a Atene e i Corinzi a Sparta.
    Enioni, Dolopi e Meliei si coalizzarono per attaccare Eraclea Trachinia che chiese aiuto ai Tebani.
    78 (419 a.C.) Gli Argivi dichiararono guerra agli Spartani mentre Alcibiade stratego ateniese entrava nell'Argolide con un esercito in loro supporto. Insieme attaccarono Trezene devastandone il territorio. Per reazione gli Spartani mandarono un esercito comandato dal re Agide verso la città di Argo ma non si arrivò alla battaglia perché i comandanti conclusero una tregua di quattro mesi. Nelle rispettive città questa iniziativa non fu gradita e i responsabili dei due eserciti furono puniti e rischiarono il linciaggio.
    78 (419 a.C.) Gli Argivi dichiararono guerra agli Spartani mentre Alcibiade stratego ateniese entrava nell'Argolide con un esercito in loro supporto. Insieme attaccarono Trezene devastandone il territorio. Per reazione gli Spartani mandarono un esercito comandato dal re Agide verso la città di Argo ma non si arrivò alla battaglia perché i comandanti conclusero una tregua di quattro mesi. Nelle rispettive città questa iniziativa non fu gradita e i responsabili dei due eserciti furono puniti e rischiarono il linciaggio.
    79 In seguito gli Ateniesi spedirono a Argo un corpo scelto comandato da Lachete e Nicostrato, era con loro anche Alcibiade ma privo di comando. Decisero di rompere la tregua e attaccarono Orcomeno in Arcadia, conquistatala passarono a attaccare Tegea. Per distogliere il nemico da Tegea gli Spartani attaccarono Mantinea dove vinsero una grande battaglia. Agide, per riscattare i suoi precedenti errori, avrebbe voluto uccidere tutti gli Argivi ma ne fu dissuaso dai consiglieri che avevano il compito di controllare il suo operato.
    80 (418 a.C.) Pace fra Argo e Sparta. Viene instaurato un governo aristocratico a Argo che manda a morte tutti gli esponenti del partito popolare ma viene a sua volta rovesciato dopo otto mesi.
    Gli Ateniesi guidati da Nicia conquistano Citera, Nisea e Melo.
    I
    Romani entrano in guerra contro i Fidenati, dittatore Anio Emilio e Aulo Cornelio Cosso comandante della cavalleria.
    81 (417 a.C.) Invasione spartana dell'Argolide e distruzione delle lunghe mura di Argo. Alcibiade, stratego ateniese, intervenne a Argo per esiliare gli aristocratici filospartani e consolidare la democrazia.
    82 (416 a.C.) Bizantini, Calcedoni e Traci coalizzati invasero la Bitinia. In Sicilia guerra tra Segesta e Selinunte per contese territoriali, gli Egestani sconfitti chiesero aiuto a Agrigento, Siracusa e ai Cartaginesi ma non lo ottennero.
    83 Segesta e Leontini si rivolsero a Atene per chiedere aiuto rispettivamente contro Selinunte e contro Siracusa e gli Ateniesi inviarono una commissione di indagine. Alla spedizione in Sicilia si opponeva Nicia di Nicerato sostenendo che Atene, già impegnata contro gli Spartani, non poteva affrontare contemporaneamente un'altra guerra.
    84 Prevalse Alcibiade favorevole all'impresa e fu allestita una flotta con il contributo delle città alleate. Partirono cinquemila opliti con tre comandanti: Alcibiade, Licia e Lamaco.


    Libro XIII


    1 Argomento del tredicesimo libro saranno gli avvenimenti della spedizione ateniese contro Siracusa fino all'inizio della seconda guerra fra i Cartaginesi e Dionisio tiranno di Siracusa.
    2 (415 a.C.) Mentre Alcibiade, Nicia e Lamaco preparavano la spedizione molti cittadini facoltosi si prodigavano in contributi e molti altri chiedevano di essere arruolati, tutti spinti dalla speranza di partecipare alla distribuzione delle terre siciliane.
    In quei giorni accadde che tutti i busti di Ermes in città furono spezzati, il popolo interpretò l'atto sacrilego come opera di chi voleva abbattere la democrazia e cominciò la ricerca dei colpevoli. Un delatore fece il nome di Alcibiade ma cadde in contraddizione e la sua testimonianza fu ignorata.
    3 La flotta ateniese salpò dal Pireo dove si era riunita l'intera popolazione per salutare e benedire quelli che partivano, sostò a Corcira per imbarcare alleati e attraversato lo Ionio attaccò il promontorio Iapigio (Santa Maria di Leuca). Da qui gli Ateniesi proseguirono per Metaponto, Eraclea, Turi e Reggio.
    4 In Sicilia Acragas e Naxos dichiararono agli ambasciatori siracusani che si sarebbero alleati con Atene, Camarina e Messina e le città dei Siculi si mantennero neutrali mentre Imera, Selinunte, Gela e Catania fecero lega con Siracusa. Gli Egestani rivelarono di disporre di soli trenta talenti (mentre in precedenza avevano promesso molto di più) con grande delusione degli Ateniesi. I Greci si portarono a Naxos poi a Catane dove furono accolti con freddezza ma entrarono in città con la forza e il partito filoateniese ebbe il sopravvento.
    5 A Atene gli avversari di Alcibiade, prendendo le mosse dalla decapitazione delle erme e da un tentativo di colpo di stato a Argo che vedeva coinvolti alcuni Ateniesi, lo accusarono di tramare contro la democrazia. Alcibiade e alcuni suoi amici furono richiamati per essere processati ma fuggirono durante il viaggio e furono condannati a morte in contumacia. Alcibiade si rifugiò a Sparta e convinse gli Spartani a muovere guerra agli Ateniesi.
    6 Gli strateghi rimasti in Sicilia saccheggiarono la piccola città di Iccara per ricavare fondi quindi occuparono i dintorni del porto di Siracusa dopo averne allontanato i nemici con uno stratagemma. Seguì una battaglia vinta dagli Ateniesi.
    Diagora detto l'Ateo fuggì da Atene perché accusato di empietà e fu stabilita una taglia per chi lo avesse ucciso. In Italia i Romani conquistarono Labico.
    7 (414 a.C.) I Siracusani chiesero aiuto a Sparta e Corinto, gli Spartani inviarono Gilippo, i Corinzi Citene.
    Nicia e Lamaco attaccarono nottetempo Siracusa occupando l'Epipoli, quindi iniziarono la costruzione di un muro interno alla città. Intanto Gilippo sbarcò a Imera dove riunì un esercito di tremila fanti e duecento cavalieri con il quale marciò verso le città assediate.
    8 Nella battaglia che vide Spartani e Siracusani contro gli Ateniesi cadde lo stratego Lamaco ma la vittoria fu degli Ateniesi. In seguito, con rinforzi giunti da Corinto, Gilippo assediò l'Epipoli e riuscì a sgomberarla dagli Ateniesi. Nicia invitò Atene a mandare altri strateghi essendo rimasto solo dopo la fuga di Alcibiade e la morte di Lamaco e chiese altre triremi per affrontare le navi che i Siracusani stavano armando. Gli Ateniesi inviarono dieci navi al comando di Eurimedonte.
    In Grecia gli Spartani ruppero la tregua iniziando una guerra che durò dodici anni.
    9 (413 a.C.) Agide e Alcibiade guidarono l'invasione spartana dell'Attica e conquistarono la fortezza di Decelea. In Sicilia, durante una battaglia navale, i Siracusani attaccarono i campi degli Ateniesi in quel momento poco difesi e li saccheggiarono. Alla fine gli Ateniesi prevalsero in mare e gli Spartani sulla terraferma.
    10 Avuta notizia dell'arrivo imminente di una nuova flotta comandata da Demostene, gli Ateniesi decisero di temporeggiare mentre i Siracusani li provocavano continuamente ma infine accettarono lo scontro e subirono una sconfitta.
    11 L'arrivo di Eurimedonte e Demostene con una nuova flotta e un poderoso esercito spense l'entusiasmo dei Siracusani per i recenti successi, tuttavia gli Ateniesi non riuscirono a riconquistare l'Epipoli e persero molti uomini nel tentativo.
    12 i responsabili Ateniesi si riunirono per decidere sulla situazione aggravata da un'epidemia ma non si trovò un accordo fra quanti come Demostene proponevano di tornare in Grecia per combattere contro gli Spartani abbandonando la Sicilia al suo destino e quelli che sostenevano Nicia nell'affermare che lasciare l'isola in quel momento sarebbe stato vergognoso. Alla fine prevalse l'opinione di Demostene e la partenza fu fissata per il giorno successivo ma durante la notte la luna si eclissò e gli indovini fecero rimandare la partenza di tre giorni.
    13 Informati dai disertori delle intenzioni degli Ateniesi, i Siracusani li attaccarono immediatamente e li sconfissero in modo disastroso. Lo stratego ateniese Eurimedonte morì per le ferite, gli Ateniesi persero duemila uomini e diciotto navi.
    14 I Siracusani costruirono con grande rapidità uno sbarramento per bloccare le uscite del porto. Gli Ateniesi, vedendosi privati di ogni possibilità di fuga, imbarcarono i loro soldati migliori e si prepararono alla battaglia decisiva.
    15-17 Nicia parlò solennemente ai comandanti delle navi per incitarli a combattere al massimo del loro valore, quindi la flotta ateniese uscì dal porto sfondando la barriera ma trovò al largo lo schieramento delle navi nemiche. Seguì una lunga e violentissima battaglia dalla quale gli Ateniesi uscirono sconfitti, persero sessanta navi e contarono gravissime perdite.
    18 Gli Ateniesi abbandonarono le navi per cercare scampo all'interno presso le città alleate, i Siracusani non li inseguirono perché i loro soldati erano stanchi e molti feriti. Ermocrate mandò alcuni uomini che fingendosi di Leontini convinsero gli Ateniesi a rallentare per dare tempo ai Siracusani di riorganizzarsi.
    19 L'esercito siracusano molestò per tre giorni gli Ateniesi in marcia e infine li circondò presso il fiume Assinaro. Diciottomila Ateniesi furono trucidati, gli altri presi prigionieri e fra questi furono Demostene e Nicia.
    Innalzati trofei e offerti sacrifici i Siracusani si riunirono per decidere il destino dei prigionieri. Un capopolo di nome Diocle propose di mandare alla tortura e poi a morte gli strateghi e condannare ai lavori forzati tutti gli altri. Ermocrate raccomandò moderazione scatenando l'ira popolare. Parlò quindi l'anziano e autorevole Nicolao.
    20-27 Il discorso di Nicolao: dopo aver riconosciuto di aver motivo di odiare gli Ateniesi che gli hanno ucciso in guerra due figli, Nicolao esorta i concittadini a usare moderazione nel giudizio per umanità e per prudenza. Dimostrare clemenza è un segno di virtù che tutti apprezzano, al contrario delle punizioni crudeli che arrecano biasimo e disprezzo a chi le commina. Inoltre Atene è genitrice di leggi, costumi e cultura di cui molte genti, Siracusani compresi, hanno sempre beneficiato.
    I Siracusani dovranno ricordare che il rovescio subito dagli Ateniesi, per quanto grave, non basterà ad estinguere la potenza della loro città che in passato ha sempre dimostrato enormi capacità di ripresa anche in situazioni più gravi di quella presente.
    28-32 In risposta a Nicolao parlò lo spartano Gilippo, irriducibile nemico di Atene, il quale definì inammissibile il perdono dei prigionieri perché non potevano essere considerati vittime dell'avversa fortuna ma soltanto perfidi nemici sconfitti.
    Se non avessero portato guerra in Sicilia, dice in sostanza Gilippo, non avrebbero subito alcun male, quindi le loro attuali condizioni sono conseguenza delle loro azioni e non della sorte contraria.
    Inoltre perdonarli significherebbe offendere la memoria dei caduti e tradire Sparta e le altre città che hanno aiutato Siracusa. Gilippo prega quindi i Siracusani di non farsi commuovere dal discorso di Nicolao, di onorare caduti e amici punendo i nemici e evitando che in futuro possano rialzarsi e tornare a nuocere ancora.
    33 Il discorso di Gilippo convinse il popolo e gli strateghi vennero giustiziati mentre gli altri Ateniesi furono lasciati morire nelle latomie salvo alcuni uomini di cultura che furono salvati da loro ammiratori.
    Dopo la guerra Diocle dettò un codice di leggi molto severe. Una delle sue norme prevedeva la condanna a morte di chi fosse andato in piazza armato. Quando per un falso allarme uscì di casa prendendo istintivamente la spada e gli fecero notare che stava trasgredendo la sua stessa legge si uccise sul posto.
    34 (412 a.C.) A seguito del rovescio in Sicilia gli Ateniesi persero molti alleati che passarono a Sparta e il popolo rinunciò alla democrazia scegliendo il governo oligarchico di quattrocento membri. Fu approntata una flotta che fu sconfitta dagli Spartani a Oropo. I Siracusani ricompensarono adeguatamente i soldati migliori e gli alleati e mandarono a Sparta trentacinque triremi al comando di Ermocrate per partecipare alla guerra contro gli Ateniesi.
    35 Il principale esponente del collegio dei legislatori nominato a Siracusa dopo la guerra fu Diocle che godeva della massima stima della cittadinanza tanto che quando morì gli fu dedicato un tempio. Anche altre città della Sicilia adottarono le leggi di Diocle al quale Diodoro dedica un encomio.
    36 La sconfitta ateniese a Oropo fu dovuta alla discordia fra i due strateghi e alle loro scarse capacità. L'evento contribuì a far perdere credibilità agli Ateniesi che si trovarono privi di alleati mentre anche i Persiani inviavano navi in aiuto agli Spartani.
    37 Alcibiade, che era desideroso di tornare in patria, volle rendersi utile agli Ateniesi e lo fece persuadendo il satrapo Farnabazo a non mandare le trecento navi promesse agli Spartani. In seguito Alcibiade fu richiamato in patria e vinse gli Spartani in molte battaglie.
    38 (411 a.C.) A Atene per iniziativa di Teramene i Quattrocento furono deposti e si tornò alla democrazia. La direzione della guerra fu affidata a Trasillo e Trasibulo che radunarono la flotta a Samo e iniziarono le esercitazioni.
    Mindaro, comandante della flotta spartana, dopo aver lungamente atteso le navi promesse da Farnabazo rinunciò a questa speranza, salpò con ottantatre navi per l'Ellesponto e inviò Dorieo con tredici navi a Rodi per controllare che il governo filospartano resistesse al potere.
    Gli Ateniesi mossero da Samo con sessanta navi per affrontare il nemico e puntarono su Chio mentre Spartani e alleati si concentravano a Lesbo.
    39-40 Nella battaglia dell'Ellesponto la superiore esperienza dei piloti Ateniesi fu decisiva e la flotta spartana comandata da Mindaro e da Ermocrate fu costretta a rifugiarsi a Abido dopo aver perduto numerose navi. Trasibulo innalzò un trofeo e salpò per sottomettere Cizico che si era alleata con Farnabazo contro Atene.
    41 Mindaro provvide alle riparazioni delle navi e inviò in Eubea Epicle che radunò altre cinquanta triremi ma mentre navigava per raggiungere Mindaro a Abido questa flotta fu completamente distrutta da una tempesta all'altezza del Monte Athos.
    42 Alcibiade venne prosciolto dalle accuse e partendo da Samo con le sue navi sottomise Alicarnasso al pagamento di un tributo e saccheggiò Meropide distribuendo il bottino ai soldati.
    Gli Spartani aiutarono la città di Antandro a liberarsi della guarnigione persiana che la controllava come reazione al ritiro da parte di Farnabazo delle navi promesse.
    A questo punto della storia termina la narrazione di Tucidide e iniziano quelle di Senofonte e di Teopompo.
    43 (410 a.C.) In Sicilia gli Egestani per timore di rappresaglie siracusane cedettero spontaneamente il territorio conteso ai Selinuntini ma quando questi tentarono di impadronirsi di un'area molto più grande si rivolsero ai Cartaginesi.
    Il senato cartaginese, dopo qualche perplessità dovuta alle recenti vittorie dei Siracusani, decise di accogliere l'appello degli Egestani e affidò il comando a Annibale figlio di Giscone. I Selinuntini ribadirono le loro pretese mentre i Siracusani si astenevano dall'intervenire.
    44 I Cartaginesi inviarono truppe agli Egestani che le utilizzarono per attaccare i Selinuntini che continuavano a devastare il loro territorio. Dopo la battaglia, vinta dagli Egestani, i Selinuntini chiesero aiuti a Siracusa che questa volta scese in campo e così ebbe inizio la guerra fra Cartagine e Siracusa. I Cartaginesi iniziarono un massiccio arruolamento con l'intento di attraversare il mare agli inizi della primavera seguente.
    45-46 Dorieo e Mindaro combatterono una grande battaglia contro gli Ateniesi presso il promontorio Dardanio, fu decisivo l'arrivo casuale di Alcibiade con venti navi: le navi spartane fuggirono e alcune furono catturate.
    47 Calcide e Aulide furono unite con un terrapieno interrompendo la navigazione nell'Euripo dai rispettivi abitanti che temevano rappresaglie Ateniesi. Teramene inviato con una flotta a ostacolare il lavoro non riuscì a superare il forte presidio di soldati, preferì desistere e saccheggiare il territorio nemico.
    48 I democratici di Corcira chiesero aiuto a Atene contro gli oligarchici filospartani. Intervenne Conone che sconfisse gli oligarchici e uccise, imprigionò o mandò in esilio i loro capi.
    49 Teramene intervenne in aiuto di Pidna assediata da Archelao re di Macedonia al quale si era ribellata. Si riunì quindi con Trasibulo e Alcibiade e insieme mossero verso Cizico che era stata occupata da Mindaro e Farnabazo.
    50-51 Gli Ateniesi riuscirono a dividere le navi nemiche, Alcibiade le attirò lontano dalla città mentre Trasibulo e Teramene impedivano loro di tornare verso la costa. Una parte delle navi spartane fuggirono inseguite da Alcibiade ma quando gli Ateniesi si avvicinarono alla riva scoppiò il combattimento con l'esercito di Farnabazo. Gli Ateniesi vinsero la battaglia terrestre, Mindaro cadde sul campo, i vincitori occuparono Cizico.
    52 Incoraggiati da questa vittoria gli Ateniesi armarono nuove truppe progettando di conquistare tutte le città alleate di Sparta. L'ambasciatore spartano Endio parlò a Atene chiedendo la pace ma ricordando che malgrado la recente sconfitta era ancora Sparta la più potente per uomini, ricchezze e alleati.
    53 In Atene Cleofonte era il principale esponente di coloro che volevano continuare la guerra e prevalse sugli avversari.
    54 (409 a.C.) Annibale salpò con un grosso esercito e sbarcò a Lilibeo, da qui arrivò a Selinunte e l'assediò con molte macchine.
    55-56 Pur essendo poco abituati a combattere i Selinuntini difesero valorosamente la loro città anche quando i Cartaginesi riuscirono a aprire una breccia nelle mura. Resistettero per nove giorni prima che il nemico riuscisse a entrare in città senza che gli alleati si fossero mossi per aiutarli.
    57-58 Selinunte venne distrutta, sedicimila cittadini trucidati, cinquemila fatti prigionieri, le donne subirono ogni tipo di violenza. I duemilaseicento che riuscirono a fuggire si rifugiarono a Acragas dove furono accolti e assistiti con sollecitudine.
    59 Annibale rifiutò di liberare i prigionieri dietro riscatto come proposto dai Siracusani ma permise agli esuli di tornare nella loro città e coltivare la loro terra assoggettandoli a un tributo.
    Passò quindi a assediare Imera dove giunsero da Acragas quattromila uomini comandati da Diocle di Siracusa per aiutare gli assediati.
    60 L'indomani gli Imerei uscirono dalla città e attaccarono improvvisamente gli assedianti facendone strage ma Annibale schierò altre truppe riequilibrando lo scontro.
    61 Prevedendo un attacco in massa dei Cartaginesi Diocle imbarcò le sue truppe oltre alle donne ai bambini e parte degli uomini di Imera e si diresse a Siracusa.
    62 Gli Imerei rimasti in città resistettero ancora due giorni Imera cadde in mano a Annibale che la fece saccheggiare e radere al suolo mentre tutti i sopravvissuti venivano trucidati. Annibale liquidò gli alleati e tornò a Cartagine carico di bottino.
    63 Ermocrate di Siracusa comandante della flotta inviata in Grecia era stato destituito ed esiliato per accuse mosse dai suoi avversari. Restituita la flotta si era accordato con Farnabazo che lo aveva finanziato, quindi era tornato in Sicilia con cinque triremi e mille soldati ed aveva occupato Selinunte. Riuniti seimila soldati aveva attaccato le regioni soggette a Cartagine recuperando la stima dei Sicelioti e di molti concittadini che manifestarono la volontà di richiamarlo.
    64 Trasibulo attaccò Efeso e dopo una furiosa battaglia si diresse a Lesbo. In seguito Teramene operò per conquistare Calcedone e Bisanzio mentre Trasibulo fu inviato in Tracia in cerca di alleanze. Alcibiade si unì a Trasibulo e gli Spartani attaccarono Pilo sapendo che gli strateghi Ateniesi erano impegnati altrove. Da Atene fu inviato a Pilo Anito che tornò indietro per il mare cattivo e venne processato ma si salvò corrompendo il tribunale. Gli Spartani si impossessarono di Pilo.
    65 I Megaresi occuparono Nisea che era in mano agli Ateniesi i quali intervennero e misero in fuga gli occupanti. Intanto il navarco Cratesippida occupava l'acropoli di Chio riportando in patria gli esuli della città e allontanando il loro avversari.
    66 Dopo aver fortificato e presidiato Lampsaco, Alcibiade e Trasibulo raggiunsero Teramene che stava assediando Calcedone. Nella battaglia che seguì Ippocrate che comandava la guarnigione spartana a Calcedone perse la vita. Teramene rimase per trattare la resa mentre Alcibiade partì per l'Ellesponto, si ricongiusero a Bisanzio e ne intrapresero l'assedio. L'impresa era molto difficile per lo spiegamento di forze spartane e bizantine ma quando il comandante spartano Clearco si allontanò i Bizantini (che lo odiavano) consegnarono la città nelle mani di Alcibiade.
    67 Gli Ateniesi organizzarono una finta partenza e più tardi nella notte simularono un attacco al porto, la popolazione e la guarnigione spartana accorsero a difendere le navi mentre i Bizantini che avevano preso accordi con Alcibiade lasciavano entrare gli Ateniesi in città. Alcibiade si impegnò a non far del male alla cittadinanza e in questo modo convinse i Bizantini a rivoltarsi contro gli Spartani che furono quasi tutti uccisi, quindi restituì la città ai suoi abitanti assicurandosi la loro alleanza.
    68 Dopo aver conquistato Bisanzio e sottomesso l'intero Ellesponto, gli strateghi tornarono a Atene con le navi cariche di bottino, di prigionieri e di spoglie del nemico. Tutta la popolazione accorsa a riceverli al Pireo guardava ammirata Alcibiade, l'eroe del momento.
    69 Cancellata ogni accusa, Alcibiade fu nominato stratego con pieni poteri in terra e in mare. Con lui furono nominati Adimanto e Trasibulo. Allestita una flotta, Alcibiade costeggiò Andro e passò a saccheggiare Cos e Rodi.
    70 A Sparta il nuovo navarco Lisandro organizzava una nuova flotta per sostituire quella perduta nella disfatta di Mindaro. Stabilì la sua base a Efeso e strinse accordi con il principe persiano Ciro figlio del re Dario.
    71 Contravvendendo agli ordini di Alcibiade il suo pilota Antioco approfittò di un'assenza dello stratego per attaccare i Persiani presso Nozio. Fu immediatamente sconfitto da Lisandro e la sua nave fu affondata con altre ventuno, gran parte dell'equipaggio fuggì sulla costa. Alcibiade tornò a Nozio ma Lisandro non ebbe il coraggio di uscire dal porto per affrontarlo.
    72 Trasibulo espugnò Taso e costrinse gli abitanti a lasciar rientrare gli esuli filoateniesi, quindi si recò a Abdera e ottenne l'alleanza della città. Agide attaccò Atene contando di trovarla poco difesa ma la cavalleria ateniese lo respinse.
    73 Dopo un secondo inutile tentativo di attaccare Atene, Agide rientrò nel Peloponneso. Alcibiade venne a sua volta respinto a Cuma i cui abitanti mandarono ambasciatori a Atene accusando Alcibiade di averli attaccati senza ragione e di collaborare con Farnabazo e con i Persiani.
    74 La reputazione di Alcibiade subì un duro colpo e furono eletti dieci strateghi: Conone, Lisia, Diomedonte, Pericle, Erasinide, Aristocrate, Archestrato, Protomaco, Trasibulo e Aristogene. Conone sostituì Alcibiade nel comando della flotta. Coinvolto in vari processi, Alcibiade si portò a Pactie in Tracia in esilio volontario.
    75 Morì il re di Sparta Plistoanatte dopo cinquanta anni di regno e salì al trono Pausania. Nell'isola di Rodi tutti gli abitanti delle città di Ialiso, Lindo e Camiro si concentrarono nell'unica città chiamata Rodi come l'isola.
    Ermocrate esule da Siracusa raccolse i resti dei caduti di Selinunte rimasti insepolti e li mandò ai suoi concittadini provocandone l'indignazione contro Diocle che aveva trascurato di onorare i defunti. Diocle fu esiliato ma Ermocrate non fu comunque richiamato perché sospettato di aspirare alla tirannide. Dopo qualche tempo Ermocrate tentò di rientrare in città con un sotterfugio ma venne ucciso, fra i suoi sostenitori e compagni nell'impresa era Dionisio, futuro tiranno di Siracusa che si salvò fingendosi morto.
    76 Conone assunse il comando della flotta a Samo mentre Lisandro, scaduto il suo mandato, veniva sostituito da Callicratida che prese in consegna centoquaranta navi e subito attaccò gli Ateniesi che occupavano Delfinio nel territorio di Chio e conquistò la fortezza, prese Teo e Metimna cacciandone gli Ateniesi. Puntò quindi su Mitilene affidando a Torace il comando degli opliti.
    77 Disponendo di meno navi di Callicratida, Conone fece in modo di essere inseguito dalle navi nemiche così da isolare le più veloci e attaccarle mentre erano in minoranza.
    78 Lo stratagemma di Conone avrebbe dato buoni frutti se una parte delle sue navi non si fosse spinta troppo avanti finendo intrappolata fra i nemici che sopraggiungevano. Agli Ateniesi superstiti non rimase che cercare scampo a Mitilene abbandonando le navi. Una volta a terra Conone si preoccupò subito di ostruire l'entrata del porto nel timore di un assedio.
    79 Gli Spartani riuscirono comunque a entrare nel porto e iniziare l'assedio di Mitilene.
    In Sicilia la situazione fra Siracusa e Cartagine era tesa, i Cartaginesi preparavano l'invasione dell'isola e nel frattempo inviarono un gruppo di volontari a fondare una città che chiamarono Thermai
    80 (406 a.C.) Preparata una grande armata per invadere la Sicilia, i Cartaginesi ne affidarono il comando a Annibale ed essendo questi in età avanzata gli affiancarono Imilcone, suo parente.
    81 I Siracusani, in vista dell'attacco cartaginese, cercarono aiuti a Sparta e in Italia e si rivolsero a altre città dell'isola proponendo di far fronte comune. La città più esposta era Acragas il cui territorio confinava con il dominio cartaginese. Disponendo di magnifiche coltivazioni di vite e di ulivo gli Acragantini erano diventati ricchissimi vendendo a Cartagine i loro prodotti.
    82 I magnifici templi di Acragas, soprattutto quello di Zeus mai completato, dimostravano la ricchezza della città ma gli eventi bellici ne provocarono la rovina senza che i cittadini trovassero più le risorse per ricostruirli.
    Un lago artificiale realizzato fuori città veniva utilizzato per allevare il pesce destinato ai banchetti pubblici. Nel periodo dello splendore di Acragas i cittadini vivevano nel lusso come testimoniavano anche i monumenti e le sepolture.
    83 L'uomo più ricco di Acragas era Tellia, famoso per la sua generosa ospitalità verso gli stranieri.
    84 Un altro cittadino di nome Antistene, in occasione delle nozze della figlia offrì un banchetto a tutta la popolazione stranieri compresi, e fece illuminare tutta la città.
    85 Gli Acragantini rifiutarono la proposta di alleanza di Annibale e i Cartaginesi cominciarono subito l'assedio. A difendere la città era anche lo spartano Dessippo con 1500 mercenari di Gela. Annibale e Imilcone piazzarono due torri d'assedio dove le mura sembravano più deboli e attaccarono uccidendo molti nemici ma durante la notte i difensori incendiarono le torri.
    86 Annibale ordinò di demolire i monumenti sepolcrali che si trovavano intorno alla città per costruire un terrapieno alto quanto le mura ma quando si prese a demolire la tomba di Terone, eccezionalmente grande, questa fu colpita da un fulmine che gli indovini interpretarono come presagio di sventure spargendo il terrore tra gli assedianti. Poco dopo il campo cartaginese fu invaso da un'orribile pestilenza che uccise anche lo stesso Annibale. Imilcone tentò di placare gli dei con molti sacrifici fra cui uno umano ma non interruppe l'assedio.
    Intanto si era raccolto un esercito di trentamila soldati fra Siracusani e alleati che stava marciando verso Acragas al comando di Dafneo.
    87 I Cartaginesi si scontrarono con l'esercito di Dafneo sul fiume Imera e furono sconfitti ma i vincitori non riuscirono a approfittare dell'occasione per annientarli. Gli Acragantini volevano uscire contro gli invasori ma i loro comandanti, forse corrotti, lo impedirono e più tardi vennero linciati.
    I Cartaginesi si erano rifugiati in un campo più lontano dalla città mentre il precedente fu occupato da Dafneo.
    88 Dafneo evitò di assalire il campo nemico che era troppo ben difeso ma lo circondò per impedire i rifornimenti. A corto di viveri, Imilcone progettò di impadronirsi delle navi siracusane che dovevano rifornire Acragas. Riuscì nell'intento e capovolse la situazione lasciando gli Acragantini privi di viveri, gli alleati si allontanarono e ai comandanti di Acragas non rimase che ordinare di evacuare la città.
    89 La popolazione in massa lasciò la città scortata dai soldati lasciando indietro i vecchi, i malati e quanti preferirono il suicidio alla partenza. Giunsero a Gela e in seguito si stabilirono a Leontini offerta loro dai Siracusani.
    90 Imilcone entrò in città trucidando quanti vi si trovavano. Tellia si era rifugiato con degli amici nel tempio di Atena ma vedendo che i barbari non rispettavano i luoghi sacri incendiò il tempio evitando il furto sacrilego delle offerte votive e lo scempio del suo cadavere. Il bottino comprendeva un'immensa quantità di opere d'arte, le più prestigiose come il toro di Falaride furono spedite a Cartagine, le altre vendute. Il toro fu recuperato a Cartagine duecentosessanta anni dopo da Scipione.
    91 La fine di Acragas provocò il panico in Sicilia, molti si trasferirono a Siracusa e altri fuggirono in Italia. Dionisio, sostenuto da Filisto, mosse molte accuse agli strateghi oligarchici chiedendone il processo per direttissima e propose che la guerra fosse affidata ai democratici.
    92 Dionisio riuscì a farsi nominare fra gli strateghi e a far richiamare dall'esilio molti suoi potenziali sostenitori. Mirava a screditare i colleghi per rimanere unico stratego e diventare in breve tiranno di Siracusa.
    93 Di recò con duemila soldati a Gela che aveva chiesto aiuti e bloccò un tentativo di instaurare l'oligarchia, riscosse il consenso popolare ma non riuscì a convincere Dessippo che comandava le difese della città a unirsi a lui.
    94 Tornato a Siracusa, Dionisio manifestò la volontà di dimettersi per non essere coinvolto nell'operato dei colleghi che si stavano accordando con Imilcone, gettò il discredito su molti magistrati e nel popolo si cominciò a proporlo come unico stratego.
    95 Dionisio ottenne rapidamente la carica nonostante i sospetti di molti cittadini, poi simulando un attentato ai suoi danni si fece assegnare una guardia del corpo di seicento soldati scelti.
    96 Dionisio assegnò tutti i ruoli di comando a amici fidati, raccolse intorno a se mercenari, esuli e rei di empietà e si dichiarò apertamente tiranno. Sposò la figlia di Ermocrate e fece sposare la propria sorella a Polisseno cognato dello stesso Ermocrate così da stringere una parentela con una famiglia potente, quindi mandò a morte gli avversari Dafneo e Demarco. Governò per trentotto anni come tiranno, la più lunga tirannide della storia.
    97 Gli Ateniesi concessero la cittadinanza a meteci e stranieri disposti a arruolarsi, costruirono sessanta navi e con i contributi degli alleati riunirono a Samo una flotta di centocinquanta navi, fecero quindi vela verso le Arginuse con l'intenzione di liberare Mitilene.
    Callicratida mosse a sua volta con la flotta spartana verso le Arginuse. Alla vigilia della battaglia entrambe le parti ebbero funesti presagi.
    98 Callicratida, al quale era stata predetta la morte in battaglia, nominò Clearco come suo successore. Con Callicratida comandava Trasonda.
    Gli Ateniesi erano comandati da Trasillo, da Pericle figlio del famoso Pericle detto Olimpio, e da Teramene.
    La battaglia delle Arginuse fu ricordata come la più grande combattuta da Greci contro Greci.
    99 Callicratida si portò nel vivo della battaglia, speronò la nave di Lisia e l'affondò, colpì varie altre navi finché il suo rostro rimase incastrato nella nave di Pericle. Fu circondato e dopo essersi battuto valorosamente fu abbattuto dai nemici. La notizia della sua morte sparse il panico tra gli Spartani che fuggirono verso Chio e Cime.
    100 Gli Ateniesi inseguirono i nemici per un lungo tratto ma poi decisero di doversi fermare per raccogliere i cadaveri ma ne furono impediti da una tempesta e approdarono alle Arginuse.
    Convenuti a Efeso, gli alleati chiesero a Sparta di avere come navarco Lisandro che aveva dimostrato maggiori capacità di comando ma poiché la legge non ammetteva due nomine consecutive per la stessa persona fu scelto come navarco Araco e Linsandro fu associato come consigliere.
    101 L'entusiasmo per la vittoria delle Arginuse era rovinato dal lutto per i caduti rimasti insepolti. Teramene e Trasibulo tornarono a Atene per primi e gli altri strateghi, temendo di essere accusati, scrissero lettere per addossare a loro la responsabilità dell'abbandono dei cadaveri. L'oratoria di Teramene e i suoi amici influenti capovolsero la situazione e furono gli altri strateghi ad essere processati ad eccezione di Conone al quale fu affidato il comando della flotta. Il processo si concluse con le condanne a morte e la confisca dei beni.
    102 Prima di morire uno dei comandanti, Diomedonte, raccomandò al popolo di adempiere ai voti fatti agli dei dagli strateghi per la vittoria delle Arginuse.
    103 Presto gli Ateniesi conobbero il dominio dei Trenta Tiranni e Diodoro considera ciò una punizione divina per l'ingiusta condanna degli strateghi.
    In quell'anno morì il tragediografo Sofocle all'età di novanta anni, si dice che morì per l'emozione di aver vinto ancora una volta con la sua ultima tragedia. Secondo Apollodoro nello stesso periodo morì anche Euripide ma la datazione non è da tutti condivisa.
    104 (405 a.C.) Nominato stratego, Filocle raggiunse Samo per affiancare Conone nel comando della flotta e i due salparono subito per l'Ellesponto.
    Il principe persiano Ciro incaricò Lisandro di sorvegliare le città sotto la sua giurisdizione durante una sua assenza e gli assegnò nuovi finanziamenti. Lisandro conquistò e distrusse le città di Iasio in Caria e di Lampsaco.
    A Mileto gli oligarchici presero il potere con l'aiuto dei Persiani e giustiziarono molti esponenti democratici, altri ne fuggirono presso Farnabazo.
    105 Gli Ateniesi concentrarono le loro forze presso il fiume Egospotami per liberare Lampsaco ma i Peloponnesiaci evitarono la battaglia. Alcibiade si presentò al campo ateniese offrendo il suo aiuto e quello dei Traci suoi amici per risolvere la situazione ma gli strateghi non volendo dividere con lui un eventuale successo lo allontanarono dall'accampamento.
    106 Filocle tentò di costringere il nemico a battersi e si schierò con trenta navi ma Lisandro, informato in tempo da disertori, lo prevenne e gettò gli Ateniesi in grande confusione. Ne approfittò per mandare truppe a occupare il campo ateniese mentre affrontava la battaglia navale e affondava molte navi nemiche.
    Conone si salvò con la fuga e non osando tornare a Atene riparò presso il suo amico Evagora di Cipro. Filocle fu catturato in seguito e ucciso. Lisandro conquistò Sesto e passò ad assediare Samo. Gilippo, già comandante delle forze in Sicilia, fu incaricato di portare il bottino a Sparta e si approprio di trecento talenti, scoperto e condannato a morte lasciò per sempre la città. Analogo destino era toccato al padre Clearco per lo stesso reato.
    107 Dopo la sconfitta gli Ateniesi rinunciarono a dominare il mare e si preoccuparono di difendere il loro paese. I re spartani Agide e Pausania infatti invasero l'Attica mentre Lisandro giungeva al Pireo con più di duecento navi.
    Gli Spartani non tennero a lungo l'assedio di Atene ma si limitarono a vigilare con le navi per impedire l'arrivo di rifornimenti finché gli Ateniesi non furono costretti ad arrendersi a causa della fame. Le condizioni furono durissime: abbattere le lunghe mura e le fortificazioni, tenere non più di dieci navi da guerra, ritirarsi da tutte le città, assoggettarsi agli Spartani. Si concluse così la Guerra del Peloponneso durata ventisette anni.
    108 Poco più tardi morì Dario re dei Persiani lasciando il potere al figlio Artaserse. Fiorì in questo periodo il poeta Antimaco.
    Imilcone completò la distruzione di Acragas e la spoliazione dei suoi templi, attaccò quindi Gela e dopo aver razziato il territorio si impadronì di una grande statua bronzea di Apollo che mandò a Tiro sulla quale nacquero diverse superstizioni.
    I Geloi difesero con grande vigore la loro città respingendo i ripetuti attacchi dei Cartaginesi e spesso compiendo sortite contro gli assedianti.
    109 Dionisio di Siracusa radunò un'armata e si portò nei pressi di Gela. Per venti giorni impedì agli assedianti di procurare rifornimenti, quindi li circondò dividendo le sue forze in tre ali e sferrò l'attacco.
    110 L'impresa di Dionisio e dei suoi alleati non ebbe fortuna e il tiranno, rendendosi conto che le sue truppe stavano subendo una sconfitta, ordinò la ritirata all'interno delle mura.
    111 Constatato di non trovarsi nel luogo adatto per affrontare il nemico, Dionisio decise di evacuare Gela e Camarina trasferendo la popolazione a Siracusa.
    112 Molti ritenevano che Dionisio volesse far leva sulla paura che i Cartaginesi suscitavano per impadronirsi di altre città. Molte circostanze sembravano deporre in questo senso: Dionisio si era ritirato al primo scontro dopo una sconfitta non grave, il nemico non lo aveva inseguito e altro. Gli alleati italici abbandonarono Dionisio e tornarono alle loro case mentre i cavalieri siracusani anticipavano l'arrivo del tiranno e giunti a Siracusa si impadronirono del tesoro e della moglie di Dionisio che fu torturata senza pietà.
    113 Durante la notte Dionisio entrò in città incendiando le porte con seicento mercenari e trucidò i cavalieri ribelli e chiunque gli si opponeva.
    114 Imilcone propose la pace a Dionisio che accettò. Ai Cartaginesi fu riconosciuta l'egemonia sui precedenti domini, su Elimi e Sicani. Selinunte, Acragas, Imera, Gela e Camarina rimasero libere a condizione di non costruire fortificazioni e pagare un tributo. Siracusa rimase a Dionisio. Imilcone ripartì con l'esercito dimezzato dalla peste.


    Libro XIV


    1 Considerazioni morali di Diodoro su alcuni casi di abuso di potere.
    Nel primo anno della 94ma Olimpiade gli Ateniesi ottennero la pace dagli Spartani a condizione di abbattere le mura e ristabilire il governo tradizionale. Si aprì una diatriba su quale fosse la forma di governo da adottare e i sostenitori dell'oligarchia si rivolsero allo spartano Lisandro che conferì il potere a un consiglio di trenta membri respingendo l'opposizione di Teramene.
    Sperando che potesse mitigare la tirannia il popolo elesse Teramene fra i trenta che fu costretto a scegliere.
    Quando i Trenta Tiranni cominciarono con l'appoggio di una guarnigione spartana a commettere abusi e proscrizioni, Teramene si oppose e fu fatto uccidere da Crizia presidente dei Trenta.
    Morto Teramene le proscrizioni continuarono e molti cittadini lasciarono Atene ma gli Spartani emanarono un decreto che faceva obbligo a chiunque incontrasse un fuoriuscito ateniese di catturarlo e consegnarlo ai Trenta. A questi provvedimenti si opposero Argo e Tebe che accolsero molti esuli Ateniesi.
    2 A Siracusa Dionisio fece costruire fortificazioni sull'Isola, attrezzò il porto e assegnò terreni e case ai suoi sostenitori. Consolidata la sua signoria assediò Erbesso ma fu richiamato urgentemente per una ribellione scoppiata a Siracusa. Assediato nelle Epipoli, Dionisio scese a patti con i ribelli e ottenne di poter lasciare Siracusa ma intanto aveva contattato i Campani offrendo denaro e richiamato trecento mercenari.
    Con Campani e mercenari Dionisio domò la ribellione e riprese il potere offrendo il perdono ma solo una parte dei rivoltosi accettò di tornare in città mentre gli altri, diffidando del tiranno, si stabilirono a Catania.
    Intanto in Grecia Lisandro continuava a instaurare regimi oligarchici nelle città sottomesse e a imporre tributi.
    Aristo spartano fu inviato a Siracusa con il pretesto di abrogare la tirannide ma in effetti aiutò Dionisio a consolidarla.
    Farnabazo uccise Alcibiade forse per far cosa gradita agli Spartani o forse, come narrava Eforo, perché Alcibiade si era accordato con il satrapo di Paflagonia per una missione presso Dario.
    Morì il filosofo Democrito a novant'anni.
    3 (403 a.C.) I Bizantini chiesero a Sparta un comandante che risolvesse le discordie interne e fu inviato Clearco che si comportò da tiranno, fece uccidere i magistrati e i cittadini più in vista e sequestrò i loro beni, quindi assoldò molti mercenari stranieri e si impossessò del potere.
    Conquistò la città di Selimbria e vi si trasferì per potersi difendere dai Bizantini e dagli Spartani che gli mandarono contro un esercito comandato da Pantoida. Sconfitto dagli Spartani fuggì nella Ionia dove si fece amico Ciro fratello del re. Ciro, che progettava di far guerra al fratello Artaserse, lo incaricò di reclutare un esercito.
    A Sparta Lisandro, orgoglioso dei suoi successi, mirava a essere incoronato re e per riuscirci tentò di corrompere i sacerdoti dell'oracolo di Delfi e poi di quello di Dodona ma senza successo.
    Si recò allora a Cirene per tentare con i sacerdoti di Zeus Ammone ma questi lo denunciarono a Sparta e Lisandro, processato, riuscì a scagionarsi con molta difficoltà.
    In Sicilia Dionisio, dopo aver domato la ribellione, si occupò di estendere il suo dominio. Conquistò Enna mentre tralasciò Leontini che mostrava di avere le risorse per difendersi. Prese Catania accordandosi segretamente con il governatore Arcesilao che gli conquistò la città, fece altrettanto con Procle governatore di Nasso.
    Attaccò di nuovo Leontini che questa volta si arrese.
    4 (402 a.C.) Si verificarono disordini nella città di Oropo, poi risolti con l'intervento dei Tebani. Gli Spartani attaccarono gli Elei con vari pretesti, aveva il comando il re Pausania. Entrato in Elide e occupati alcuni siti, Pausania tentò l'assedio di Pilo ma i difensori si mostrarono superiori alle sue aspettative.
    A Siracusa Dionisio, che aveva deciso di far guerra ai Cartaginesi, fece costruire un muro per difendere la città in caso di assedio.
    5 (401 a.C.) Ciro intraprese la guerra contro il fratello con il contributo spartano di venticinque triremi e ottocento fanti. Nel totale l'esercito di Ciro comprendeva tredicimila uomini del Peloponneso i cui comandanti erano Clearco per Sparta, Prosseno per la Beozia, Socrate per gli Achei e Menone di Larissa per i Tessali.
    Ciro aveva rivelato lo scopo della missione soltanto ai comandanti mentre ufficialmente si trattava di domare ribellioni in Pisidia e in Cilicia. Giunto in Cilicia, Ciro ricevette l'obbedienza della capitale Tarso, quindi il re del luogo, informato sugli obiettivi, promise aiuto contro Artaserse e mise a disposizione un grosso corpo di armati, ma per salvaguardare in ogni caso la sua sicurezza informò Artaserse dell'accaduto.
    Durante la marcia Ciro dovette spendere molto denaro e molte capacità di persuasione per convincere i soldati a seguirlo in quella che sembrava una missione lunghissima e pericolosa.
    In effetti quando arrivò nei pressi di Babilonia trovò ad attenderlo un'immensa armata schierata da Artaserse che era stato avvertito anche da Farnabazo dei piani del fratello.
    Artaserse aveva il vantaggio numerico, Ciro poteva contare sulla maggiore esperienza di combattimento soprattutto per quanto riguardava i contingenti greci.
    Artaserse fu ferito dalla lancia di Ciro e fu allontanato dalla mischia mentre Tissaferne prendeva il suo posto al comando. Ciro, fattosi più ardito, si spinse troppo in avanti e fu ucciso da un soldato nemico.
    Morto Ciro, il suo esercito si disperse, Clearco ritirò i suoi uomini dalla battaglia per evitare che cadessero in trappola. Durante la notte i Persiani attaccarono il campo degli Spartani ma vennero messi in fuga.
    Artaserse, pur avendo subito molte più perdite, riteneva di aver vinto la battaglia e mandò messaggeri ai capi dell'esercito di Ciro a ordinare di lasciare le armi offrendo clemenza, ma Clearco, Prosseno e Socrate rifiutarono.
    I comandanti greci e Arrideo che aveva sostituito Ciro nel comando dei Persiani, intrapresero la marcia di ritorno guidando l'esercito lungo una strada diversa da quella percorsa all'andata. Artaserse li raggiunse ma non li attaccò, anzi li rifornì di scorte per il viaggio e garantì loro la sicurezza del perdono, quindi tornò a Babilonia dove premiò i più valorosi e fece sposare sua figlia a Tissaferne.
    Tissaferne raggiunse l'esercito ancora in marcia, ne attirò i capi in un tranello e ne fece strage. I Greci superstiti, ancora inseguiti da Tissaferne per un tratto, fecero un viaggio pericolosissimo in paesi inospitali e nelle nevi delle montagne armene dove molti morirono per il gelo. Diodoro racconta la lunga marcia con particolari pittoreschi come il miele di certe api in Colchide che procurò ventiquattro ore di catalessi a chi lo aveva assaggiato, o la sosta a Trapezunte dove si diceva fosse approdata la nave Argo.
    Alla fine dei diecimila Greci che erano partiti con Ciro ne tornarono a casa meno di quattromila.
    6 I Tebani che spesso ospitavano gli esuli Ateniesi fornirono a Trasibulo un gruppo di uomini con i quali tentare un'azione e Trasibulo occupò il castello di Fila non distante da Atene. I Trenta inviarono delle truppe per assediare quel castello ma in seguito rinunciarono.
    Continuarono le proscrizioni e molti Ateniesi andarono a unirsi a Trasibulo. I tiranni tentarono di cooptarlo al posto di Teramene ma Trasibulo rifiutò seccamente e si giunse a uno scontro armato. Trasibulo con milleduecento fuoriusciti vinse un primo assalto, attaccò il Pireo e occupò la Munichia. Le truppe dei Trenta assediarono la collina comandati da Crizia ma quando questi venne ucciso cominciarono a disperdersi e furono sgominate da un ulteriore attacco di Trasibulo.
    Tutti gli Ateniesi che non sopportavano più la tirannia scesero in piazza e cacciarono i Trenta. Furono nominati dieci magistrati per ristabilire l'ordine, anche questi presero a comportarsi in modo dispotico e chiamarono gli Spartani ma il re Pausania, stanco del discredito che la sua città si andava procurando, riconciliò la cittadinanza di Atene con i fuoriusciti e ripristinò la democrazia.
    Gli Spartani si rivolsero contro i Messeni che per antichi accordi abitavano a Cefalonia e a Naupatto e li cacciarono da quei luoghi così che quelli andarono in parte in Sicilia al soldo di Dionisio e in parte a Cirene ad appoggiare una rivolta in corso e rimasero quasi tutti uccisi.
    L'anno succesivo (400 a.C.) Tissaferne visitò le satrapie della costa che erano state di Ciro per prenderne possesso in nome di Artaserse. Tauro satrapo della Jonia non fidandosi di Tissaferne fuggì in Egitto con la famiglia presso il re Psammetico il quale poco curando i doveri dell'ospitalità lo scannò insieme ai suoi figli impossessandosi dei suoi averi e delle sue navi.
    Le città greche dell'Asia chiesero aiuto a Sparta contro Tissaferne e gli Spartani mandarono ambasciatori al persiano per pregarlo di astenersi dalla violenza ma Tissaferne non li ascoltò e attaccò la città dei Cumei facendo prigionieri e pretendendo ricatti.
    Gli Spartani dichiararono guerra affidando il comando di un piccolo esercito a Timbrone il quale occupò Magnesia e poco dopo prese come mercenari una squadra di seicento reduci della spedizione di Ciro.
    Dionisio di Siracusa fondò la città di Adrano sotto il monte Etna.
    Il re di Macedonia Archelao morì per un incidente di caccia e Aeropo, tutore di suo figlio Oreste, governò per sei anni.
    A Atene il filosofo Socrate fu accusato da Anito e Meleto di empietà e di corrompere i giovani e fu condannato a bere la cicuta. Subito dopo il popolo, pentito, condannò a morte i suoi accusatori.
    7 (399 a.C.) Dercillida sostituì Timbrone e occupò numerose città della Troade, quindi passò a combattere i Traci in Bitinia e nel Chersoneso. Una sedizione in Eraclea Trachinia fu repressa dallo spartano Eripide.
    Conone, con la mediazione di Farnabazo, ottenne il comando di un'armata persiana.
    Fu conclusa una tregua fra Spartani e Persiani.
    Gli abitanti di Reggio, preoccupati dalla potenza di Dionisio, decisero di attaccare Siracusa ma mancando il supporto dei Messinesi abbandonarono l'impresa.
    Dionisio, sapendo che in Africa la peste aveva fatto una strage e volendo impedire che i suoi sudditi continuassero a rifugiarsi in territori controllati dai Cartaginesi, decise di iniziare una nuova guerra e dedicò molte risorse e molta cura alla preparazione di adeguati armamenti.
    Nello stesso anno i Romani subirono una sconfitta durante l'assedio di Veio.
    8 (398 a.C.) Dionisio iniziò gli arruolamenti fra gli abitanti di Siracusa e delle città da lui controllate, quindi chiamò molti mercenari greci, Spartani in particolare.
    Per stabilire buoni rapporti con Reggio offrì dei territori e chiese una moglie ma i Reggini rifiutarono mentre i Locresi accettarono la stessa proposta.
    Dionisio cambiò il suo comportamento facendosi più giusto e umano verso i cittadini e qualche tempo dopo indisse la guerra contro i Cartaginesi spiegando che conveniva approfittare della peste in Africa per liberare la Sicilia una volta per tutte dal nemico storico dei Greci.
    I Siracusani aprirono le ostilità contro i numerosi Cartaginesi che vivevano nella loro città estromettendoli dopo averli spogliati di ogni avere. Presto furono imitati da altre città comprese quelle soggette ai Cartaginesi.
    Intanto Dionisio inviò messi a Cartagine con una dichiarazione formale di guerra.
    9 (397 a.C.) Dionisio marciò con l'esercito verso Mozia presso Erice, città che intendeva occupare per farne la base delle sue operazioni. Si unirono a lui Camarina, Gela, Agrigento, Imera, Selinunte, Erice ma gli abitanti di Mozia, confidando nell'aiuto cartaginese, si prepararono a sostenere l'assedio. Mozia si trovava su una piccola isola collegata alla Sicilia da una strada che gli abitanti interruppero per ostacolare i nemici, ma Dionisio ordinò la costruzione di argini per raggiungere l'isola.
    Le sole città rimaste fedeli a Cartagine (Ancira, Solunto, Segesta, Panormo, Entella) furono saccheggiate. Imilcone mandò alcune navi a compiere azioni di disturbo nel porto di Siracusa per distogliere almeno in parte i nemici dall'assedio ma Dionisio concentrò le sue forze contro Mozia.
    Imilcone raggiunse Mozia e attaccò la flotta nemica con l'intento di impadronirsi di molte navi ma venne respinto dalla massa di soldati di Dionisio e dalle catapulte che incutevano terrore perché venivano usate per la prima volta.
    L'assedio di Mozia fu particolarmente lungo e violento e si concluse con la strage degli abitanti e la vendita all'asta dei superstiti. Lasciato il comandante Leptine con centoventi navi a presidiare la costa della Sicilia, Dionisio rientrò a Siracusa.
    10 (396 a.C.) Mentre Dionisio continuava la sua campagna in Sicilia, Imilcone aveva radunato un enorme esercito e preparato una flotta adatta a trasportarlo. Impegnando le navi comandate da Leptine con un'azione diversiva di navi da carico, Imilcone raggiunse Panormo con le triremi, sbarcò, prese Erice per tradimento e Mozia per assalto. Dionisio preferì non attaccare battaglia in terra nemica e, invitati i Siracusani a seguirlo, spostò l'esercito verso Siracusa.
    Imilcone decise di attaccare Messana per impadronirsi del porto. Portò l'esercito e la flotta nei pressi della città e al momento opportuno attaccò dalla terra e dal mare impadronendosi di Messana, quanti non erano fuggiti nelle città vicine furono tutti uccisi, tutti gli edifici furono distrutti.
    Dionisio si portò prudentemente fuori da Siracusa e si accampò con l'esercito a una certa distanza. Imilcone mosse verso Siracusa affidando a Magone il comando della flotta con l'ordine di attenderlo a Catania ma a causa della lava di una recente eruzione dell'Etna l'esercito cartaginese fu costretto ad aggirare la montagna ritardando di molto lo spostamento. Dionisio ne approfittò per affrontare la flotta e mandò Leptine contro Magone ma la superiorità numerica degli Africani ebbe ragione dei Siculi che persero molte navi e migliaia di uomini.
    Molti chiesero a Dionisio di attaccare Imilcone per vendicare la sconfitta della flotta ma il tiranno, temendo che Magone colpisse Siracusa, preferì tornare in città e molti Siculi, sdegnati per questa scelta, passarono ai Cartaginesi.
    Dionisio mandò suoi incaricati in Italia e in Grecia per chiedere aiuti e assoldare mercenari. Imilcone portò tutta la sua flotta nel porto di Siracusa occupandolo interamente e circondò la città con l'esercito sfidando i Siracusani ma poiché nessuno osò affrontarlo si accampò e per trenta giorni devastò il territorio.
    Quando i Siracusani tentarono con successo una sortita contro i Cartaginesi affondando diverse navi nemiche, ripresero coraggio e progettarono di approfittare delle circostanze per liberarsi anche di Dionisio.
    11 Il siracusano Teodoro pronunciò un lungo e infervorato discorso per convincere i concittadini ad approfittare del momento per spodestare il tiranno, ora che per combattere contro i Cartaginesi Dionisio aveva dovuto restituire le armi al popolo. Teodoro proponeva di permettere a Dionisio di andarsene incolume con la famiglia o di estrometterlo con la forza se avesse opposto resistenza.
    Dopo Teodoro parlò lo spartano Faracide comandante delle forze alleate il quale inaspettatamente prese le parti del tiranno e negò il suo aiuto a un'eventuale ribellione.
    12 I Cartaginesi furono colpiti da un'epidemia di peste dovuta alle pessime condizioni dell'accampamento, Dionisio ne approfittò per attaccarli in mare e in terra e incendiare le loro navi in porto.
    Imilcone offrì segretamente a Dionisio il denaro di cui disponeva ma il tiranno accordò la possibilità di fuggire ai soli Cartaginesi e non agli alleati e mercenari. I Cartaginesi presero il mare nottetempo, furono avvistati e inseguiti da marinai greci che affondarono le navi più arretrate. Quanti erano rimasti a terra in parte fuggirono nell'entroterra, tutti gli altri furono fatti prigionieri.
    Imilcone visse a Cartagine nel disprezzo generale e in condizioni miserrime, alla fine si suicidò.
    Divulgatasi in Africa la notizia della sconfitta e del tradimento dei Cartaginesi nei confronti degli alleati, le popolazioni soggette si coalizzarono e riunirono un esercito di duecentomila uomini, Occuparono Tunisi e procedettero fino a assediare Cartagine ma la mancanza di comandanti esperti, le discordie interne e la carenza di viveri non permisero ai ribelli di continuare l'assedio e la rivolta ebbe termine.
    13 Dionisio ricompensò i mercenari cedendo loro la città di Leontini e il suo territorio dopo aver arrestato il loro comandante Aristotele. Assoldò altri mercenari e restituì ai luoghi nativi i Siculi liberati dai Cartaginesi.
    Intanto il re spartano Agesilao depredava il territorio persiano fino alla Frigia. L'ammiraglio spartano Farace attaccò Cauno scontrandosi con Conone che comandava l'armata persiana, sopraggiunsero anche Tissaferne e Farnabazo e Farace, costretto a abbandonare quei luoghi, si spostò a Rodi, ma i Rodii abbandonarono la lega di Sparta e respinsero Farace accogliendo invece Conone quando giunse con ottanta navi.
    Tornato in territorio persiano con l'esercito, Agesilao prese a devastare le campagne distruggendo fra l'altro il giardino di Tissaferne. Tese poi un'imboscata ai Persiani che lo inseguivano ammazzandone oltre seimila. In seguito a questa rotta Artaserse destituì Tissaferne dal comando supremo e lo sostituì con Tritauste, questi assassinò Tissaferne e concluse una tregua di sei mesi con Agesilao.
    In Grecia i Focesi mossero guerra alla Beozia chiedendo aiuto agli Spartani che inviarono Lisandro e Pausania, mentre i Beoti si rivolsero a Atene. Gli Ateniesi intervennero a Aliarto assediata da Lisandro e dai Focesi, sconfissero gli assedianti e Lisandro cadde in battaglia. Alla notizia della rotta di Aliarto, Pausania concluse una tregua e riportò l'esercito nel Peloponneso.
    Conone chiese udienza a Artaserse e promise di debellare la flotta spartana se munito di mezzi finanziari adeguati, ottenne quanto chiedeva e scelse Farnabazo come collega nel comando.
    14 (395 a.C.) La Beozia, Atene, Corinto e Argo si allearono contro Sparta, presto si unirono altre città. Questa lega mandò rinforzi a Medio principe di Larissa che combatteva Licofrone tiranno dei Ferei e che con questi aiuti occupò Farsalo togliendola agli Spartani.
    I Beoti occuparono Eraclea Trachinia e la restituirono ai legittimi abitanti esiliati dagli Spartani. Ismenia comandante dei Beoti si scontrò con i Focesi comandati da Lacistene e li vinse. Le città della Lega combatterono con gli Spartani presso il fiume Nemea una battaglia dall'esito incerto, intanto Agesilao rientrava rapidamente dall'Asia con il suo esercito mentre Conone e Farnabazo cercavano battaglia con gli Spartani presso le rive del Chersoneso.
    La flotta spartana fu sopraffatta da quella persiana ma il suo comandante Lisandro ritenendo disonorevole fuggire affrontò i nemici con la sua sola nave e perse la vita.
    Non chiaro fu il risultato anche della battaglia combattuta presso Coronea da Agesilao contro i Beoti, battaglia che si concluse con modeste perdite da entrambe le parti.
    Coo, Nisiro, Teo, Chio e altri abbandonarono spontaneamente Sparta e passarono a Conone.
    15 (394 a.C.) Conone con la flotta persiana approdò al Pireo e organizzò la ricostruzione delle Lunghe Mura che erano state distrutte dagli Spartani ma Teribaro comandante dell'esercito persiano in Asia, geloso dei successi di Conone, lo accusò di cospirazione e richiamatolo a Sardi lo fece arrestare.
    Sedizioni interne a Corinto furono appoggiate da Atene mentre gli Spartani si schieravano contro i cospiratori, furono coinvolte altre città e ne nacque la guerra corinzia che durò otto anni. In Sicilia gli abitanti di Reggio che vedevano con preoccupazione le fortificazioni che si stavano costruendo a Messina tentarono di assediare quella città ma non ebbero successo. Dionisio attaccò Tauromenio che era difesa strenuamente dai Siculi. Riuscì a penetrare in città in una notte di inverno ma i difensori cacciarono i suoi soldati e lo stesso Dionisio rischiò di essere catturato.
    Morì Pausania re di Sparta che era stato processato per i suoi delitti (aveva tardato a portare aiuti a Lisandro nella battaglia di Aliarto) e gli successe il figlio Agesipoli. Morì anche Pausania re di Macedonia ucciso da Aminta che usurpò il trono.
    16 (393 a.C.) In Sicilia il cartaginese Magone nel tentativo di recuperare terreno dopo la disfatta proteggeva le città ostili a Dionisio e cercava alleanze con i Siculi contro il tiranno. Devastò il territorio di Messina e andò ad accamparsi presso Abacena ma qui fu battuto da Dionisio. Quest'ultimo tentò un assalto a Reggio che non gli riuscì quindi devastò i dintorni e concluse una tregua.
    Nella guerra corinzia Ificrate portò un improvviso assalto agli Spartani che transitavano nel paese dei Corinzi e ne uccise molti combattendo in seguito anche a Fliunte e Sicione. Gli Argivi occuparono Corinto e Ificrate che aveva progettato la stessa impresa ma non aveva avuto l'approvazione del popolo si dimise e il comando fu affidato a Cabria.
    Gli Illiri deposero il re di Macedonia Aminta il quale donò un territorio agli Olinti. Dopo due anni in cui regnò Argeo, Aminta recuperò il regno con l'aiuto dei Tessali e lo tenne per ventiquattro anni.
    Morì il re del Bosforo Satiro, fu suo successore il figlio Leucone.
    I Romani, nell'undicesimo anno di assedio di Veio, nominarono dittatore Marco Furio Camillo e maestro di cavalleria Publio Cornelio. Penetrando in città tramite un cunicolo i Romani presero Veio, il dittatore trionfò e fu offerto un cratere d'oro a Apollo in Delfi ma durante il viaggio il cratere cadde nelle mani dei pirati di Lipari. Timositeo supremo magistrato di Lipari impose la restituzione del cratere e liberò quanti lo trasportavano ottenendo grandi onori dalla gratitudine dei Romani.
    17 (392 a.C.) Trasibulo ebbe il comando della flotta e si occupò di riportare sotto il controllo ateniese le città delle isole che si erano ribellate. A Metimna si scontrò con gli Spartani e uccise il loro comandante Terimaco, concluse patti con Eresso e Antissa e si spostò a Rodi.
    I Cartaginesi, riprendendosi dalla disfatta subita, avevano riunito un nuovo esercito in Sicilia al comando di Magone il quale aveva già portato dalla sua parte diverse città soggette a Dionisio ma non Agira il cui tiranno Agiride era stato beneficiato da Dionisio.
    Siracusani e Agirii isolarono l'esercito cartaginese privandolo di rifornimenti e costrinsero Magone a chiedere la pace che fu conclusa alle precedenti condizioni oltre all'acquisizione di Tauromenio da parte di Siracusa.
    (392 a.C.) A Rodi prevalsero i filospartani che proscrissero gli avversari e chiesero aiuto a Sparta contro le iniziative degli esuli. Da Sparta furono inviate sette triremi comandate da Eudocineo, Filodico e Difila. Gli Spartani allestirono una nuova flotta mentre il loro re Agesilao invadeva e saccheggiava l'Argolide.
    Evagora prese il potere a Salamina di Cipro e progressivamente assoggettò tutta l'isola. I dissidenti chiesero aiuto a Artaserse re di Persia che affidò al satrapo di Caria Ecatomno il compito di combattere Evagora ed egli stesso si portò a Cipro con un grosso esercito.
    In Italia i Romani combattevano contro i Falisci.
    (391 a.C.) Artaserse nominò Struta comandante supremo e gli ordinò di attaccare Sparta. Lo spartano Timbrione invase e saccheggiò le province persiane ma fu sconfitto da Struta e cadde in combattimento con molti dei suoi.
    Trasibulo si recò con la flotta a Aspendo dove gli abitanti, offesi dai soprusi dei soldati Ateniesi, portarono un assalto notturno alle navi e uccisero Trasibulo.
    18 Dionisio invase il territorio di Reggio e si accampò sullo stretto. Venne a battaglia in mare contro le sessanta navi di Crotone accorse in aiuto a Reggio e fu sconfitto, perse molti uomini e riparò nel porto di Messina. Strinse alleanza con i Lucani che in quel periodo erano in guerra con i Turii. I Lucani attrassero l'esercito dei Turii nel loro territorio e qui, in un'imboscata, fecero strage di diecimila uomini. Mentre i Lucani inseguivano i superstiti giunse nel porto Leptine fratello di Dionisio che fece da mediatore e riconciliò i nemici. L'azione rese Leptine popolare presso gli Italici ma non fu gradita a Dionisio che gli tolse il comando della flotta. Intanto i Romani dividevano fra loro il territorio di Veio, combattevano contro gli Equi e fondavano una colonia al Circeo.
    19 (390 a.C.) Dionisio ritentò la conquista di Reggio. Prima di passare lo stretto inviò il fratello Tearide a Lipari per catturare dieci navi reggine che vi si trovavano, quindi sbarcato in Italia assediò la città di Caulonia. I Greci d'Italia formarono un esercito e ne affidarono il comando a Elori di Siracusa, un esule che viveva a Crotone.
    Elori con ventimila fanti e duemila cavalieri mosse verso Caulonia ma Dionisio gli andò incontro e lo attaccò a sorpresa uccidendo Elori e tutti gli uomini del drappello che precedeva l'esercito. Nella battaglia che seguì perirono migliaia di Italici ma Dionisio, diversamente dal suo costume, risparmiò i sopravvissuti e li mandò liberi senza pretendere riscatto. Si accinse quindi a liberare Reggio ma trattò con gli ambasciatori reggini e come condizione di pace impose un pesante tributo, la consegna di ostaggi e di tutte le navi. Quanto a Caulonia deportò a Siracusa tutti gli abitanti e demolì la città.
    20 (389 a.C.) Dionisio distrusse Ipponio dandone le terre ai Locresi. Voleva vendicarsi dei Reggini che in passato avevano rifiutato di dargli una ragazza da sposare e cercava un pretesto per rompere la pace. Chiese agli abitanti di Reggio di rifornire il suo esercito promettendo di restituire tutto, i Reggini acconsentirono ma alla lunga sospettarono un inganno e interruppero le forniture. Dionisio ne fece l'occasione che aspettava per assediare la città. Durante l'assedio di Reggio iniziarono i giochi olimpici ai quali Dionisio volle partecipare mandando il fratello Tearide con carri e cavalli magnificamente addobbati e con cantori che dovevano eseguire in pubblico i versi da lui composti per magnificare le sue imprese.
    L'apparato siracusano suscitò ammirazione ma quando la folla comprese il senso dei versi cantati nacquero disordini stimolati anche dall'oratore Lisia che chiedeva a gran voce l'espulsione degli inviati del tiranno.
    21 (388 a.C.) Gli Spartani mandarono l'ammiraglio Antalcida a trattare la pace con Artaserse il quale pose come condizione che tutte le città greche dell'Asia tornassero sotto il suo dominio e tutte le altre si governassero con leggi proprie. Atene, Tebe e altre città non erano d'accordo ma non avendo forze adatte per combattere i Persiani furono costrette ad accettare. Artaserse si volse contro Evagora che intanto aveva sottomesso completamente Cipro.
    Reggio si arrese per fame dopo undici mesi di assedio e tutti gli abitanti che non potevano pagare un riscatto furono venduti come schiavi. Pitane, comandante dell'esercito di Reggio, fu giustiziato dopo aver subito ogni sorta di tortura e suo figlio fu annegato in mare.
    22 I Galli provenienti dai paesi transalpini con un grande esercito occuparono le terre fra le Alpi e l'Appennino cacciandone gli Etruschi. Una parte dei Galli, i Senoni, insoddisfatta della sistemazione, invase e saccheggiò il territorio di Chiusi. Il caso volle che si trovassero presenti ambasciatori romani uno dei quali prese parte ai combattimenti e uccise un nobile gallo. I Galli chiesero al senato la consegna del troppo intraprendente ambasciatore. Il senato, vedendo respinta l'offerta di un indennizzo in denaro, prese a valutare la richiesta ma il padre dell'imputato, tribuno della plebe, oppose il veto.
    I Galli attaccarono Roma in settantamila e fecero rapidamente strage delle truppe che i consoli avevano condotto sul Tevere per difendere la città.
    Quanti erano rimasti a Roma si barricarono sul Campidoglio preparandosi a sostenere l'assedio mentre i superstiti della battaglia che si erano rifugiati a Veio tentavano di organizzare una controffensiva. Un certo Ponzio Comino traversò il Tevere a nuoto e durante la notte si arrampicò sul Campidoglio, informò gli assediati dei preparativi in corso a Veio e tornò indietro.
    L'indomani i Galli scorsero le sue tracce e tentarono di salire sul colle per lo stesso sentiero percorso da Ponzio Comino ma la loro presenza fu svelata dagli schiamazzi delle oche sacre a Giunone. Marco Manlio, uno dei difensori, ferì il primo della fila dei nemici che si stavano arrampicando facendo precipitare lui e quanti lo seguivano.
    Fu concluso un trattato di pace che prevedeva la consegna di mille libbre d'oro ai Galli.
    Approfittando delle disgrazie dei Romani, i Volsci dichiararono la guerra. I tribuni militari procedettero alla leva ma, risultando le forze nemiche molto più numerose, si decise di nominare dittatore Marco Furio il quale attaccò i Volsci ottenendo una grande vittoria, sconfisse gli Equi che assediavano Bola e liberò dagli Etruschi.
    Dopo questa vittoria Furio raggiunse e sconfisse i Galli che avevano depredato Roma e recuperò il loro bottino compreso l'oro del riscatto. Più tardi i Galli furono battuti durante la loro marcia anche dagli abitanti della Sabina.
    Nonostante i suoi successi a Furio non fu concesso di celebrare il trionfo a causa dell'invidia dei tribuni, due anni dopo fu anche condannato a pagare una grossa multa.


    Libro XV


    1) Diodoro inserisce una considerazione su come gli Spartani furono indotti dalla loro arroganza verso gli alleati e i popoli sottomessi a perdere in breve tempo con le battaglie di Leuttra e Mantinea un impero durato cinque secoli. Passa quindi a raccontare la spedizione dei Persiani contro Evagora re di Cipro.
    2) Nel 386 a.C. Artaserse preparò una grande armata per questa impresa e ne affidò il comando al genero Oronte e a Tiribazo satrapo della Lidia. Dal canto suo Evagora riceveva aiuti militari e finanziari dal re egiziano Acoris, da Ecatomno satrapo della Caria e da altri nemici dei Persiani. Aveva dalla sua parte tutte le città dell'isola e Tiro in Fenicia.
    Disponendo di molte navi corsare, Evagora riuscì a tagliare i rifornimenti dei nemici in modo che la fame spingesse i soldati persiani e sopratutto i mercenari alla ribellione e alla diserzione.
    Il re cipriota riportò qualche successo ma infine le preponderanti forze persiane lo costrinsero a fuggire e lo assediarono in Salamina. Riuscì ad imbarcarsi affidando la città al figlio Pnitagora e si recò in Egitto per trattare con Acoris un'iniziativa comune contro i Persiani.
    Intanto gli Spartani, insofferenti alla pace che si era creata con il trattato di Antalcida ed ansiosi di recuperare la supremazia, cominciarono a sobillare rivolte e presto passarono ad attaccare apertamente altre città.
    Intimarono di abbattere le mura ai loro vicini di Mantinea i quali si rivolsero ad Atene ma gli Ateniesi rifiutarono di aiutarli per non rompere i trattati, quindi i Mantineesi si organizzarono con molto coraggio per resistere ai nemici.
    In Sicilia Dionisio di Siracusa, finita la guerra con Cartagine, approfittava della pace per studiare e comporre poemi che sottoponeva al giudizio dei migliori letterati. Il poeta Filosseno fu incarcerato nelle latomie per aver criticato i versi del tiranno ma fu presto liberato. Interrogato ancora sullo stesso argomento da Dionisio non rispose ma chiamò personalmente le guardie chiedendo di essere riportato in prigione.
    3) Tornato dall'Egitto con un finanziamento minore di quello richiesto, Evagora trattò la pace con Tiribazo ed accettò tutte le condizioni di resa che limitavano il suo regno alla sola Salamina.
    Oronte, invidioso del successo di Tiribazo, lo calunniò presso Artaserse accusandolo di aver patteggiato con Evagora quando avrebbe potuto facilmente sconfiggerlo e di avere rapporti segreti con i Lacedemoni.
    Tiribazo fu richiamato in patria ed imprigionato e Oronte assunse il comando ma vedendo che i suoi soldati non avevano gradito il cambiamento finì per concludere la pace con Evagora alle condizioni già concordate.
    Gaone, generale dell'armata persiana e genero di Tiribazo, temendo di essere coinvolto nel processo del suocero si ribellò e passò all'Egitto insieme a molti dei suoi soldati, quindi contattò gli Spartani proponendo la sua alleanza contro il re di Persia, proposta che gli Spartani accettarono molto volentieri. Intanto in Persia Tiribazo veniva processato e assolto mentre Oronte, macchiatosi di calunnia e di infamia, veniva cancellato dall'elenco degli amici del re.
    Con l'inverno gli Spartani riuscirono ad espugnare Mantinea dopo mesi di assedio. Dionisio di Siracusa, progettando di invadere l'Epiro, strinse alleanza con gli Illiri e favorì la fondazione di colonie sulla costa dello Ionio e dell'Adriatico per facilitare le spedizioni verso oriente.
    4-5) Nel 384 a.C. i Parii di stabilirono nella colonia di Pharos (attuale Cittavecchia di Lesina in Croazia) che avevano fondato con l'aiuto di Dionisio e la fortificarono ma si scontrarono con gli Illiri, furono aiutati dalle navi di Lisso (altra recente colonia siracusana) che affondarono molte imbarcazioni nemiche.
    Trovandosi a corto di fondi Dionisio navigò fino alle coste dell'Etruria e saccheggiò il tempio di Agilla (Cerveteri) ricavando un ricco bottino con il quale finanziò nuove truppe contro i Cartaginesi.
    Dal canto loro i Cartaginesi reclutarono un grande esercito di cittadini e di mercenari sotto il comando di Magone ed attaccarono contemporaneamente in Sicilia e in Italia costringendo Dionisio a dividere le proprie forze.
    Dopo molte schermaglie si combattè una grande battaglia nella quale Magone perse la vita. Privati del comandante i Cartaginesi chiesero la pace, Dionisio pose come condizione che i Cartaginesi lasciassero tutta la Sicilia ma durante la tregua concordata per le trattative Magone figlio di Magone riorganizzò l'esercito e nella successiva battaglia del Monte Kronio i Siracusani furono sconfitti.
    In questa battaglia perse la vita Leptine fratello di Dionisio che comandava una delle ali dell'esercito. Lo sgomento che seguì provocò la disfatta dei Siracusani che lasciarono sul campo millequattrocento caduti. Con la pace firmata dopo questi eventi i Cartaginesi ottennero Selinunte e parte dell'Agrigentino.
    In Asia Gaone venne ucciso e prese il suo posto Taco che fondò la città di Leuca. Morto anche Taco nacque una contesa fra Clazomene e Cuma per il possesso di Leuca che infine andò a Clazomene per sentenza della Pizia.
    Gli Spartani si allearono con il re di Macedonia Aminta contro Olinto, contemporaneamente sottomisero Fliunte. I due re di Sparta non erano concordi, secondo Agesipoli si doveva rispettare il trattato di Antalcida mentre Agesilao insisteva per spingere Sparta a conquistare l'intera Grecia.
    Nel 382 a.C. i Lacedemoni occuparono la rocca di Tebe perché temevano l'eventuale rivalità di questa città così antica e potente, l'occupazione fu eseguita da Febida, comandante dell'esercito inviato da Sparta contro Olinto.
    Per calmare l'indignazione della altre città greche gli Spartani multarono Febida e lo destituirono dal comando affidando la guerra contro gli Olintii a suo fratello Eudamida. Poichè gli Olintii non cedevano gli Spartani inviarono un altro esercito comandato da Teleuzia fratello di Agesilao, ma furono di nuovo sconfitti e Teleuzia perì in battaglia insieme a mille e duecento Spartani.
    6) I Cartaginesi liberarono la città di Ipponio (Vibo Valenzia) che era stata conquistato da Dionisio e la restituirono alla popolazione. Poco dopo Cartagine fu colpita da una grave pestilenza. I Sardi ne approfittarono per ribellarsi e solo quando l'epidemia fu superata i Cartaginesi riuscirono a sottometterli di nuovo.
    L'anno successivo (378 a.C.) gli esuli tebani si ribellarono all'occupazione spartana, rientrarono in città con la forza ed attaccarono il presidio della rocca. Mentre si combatteva gli Spartani mandarono messaggeri in patria per chiedere rinforzi e i Tebani si rivolsero agli Ateniesi che accettarono di aiutarli.
    Gli Ateniesi raggiunsero molto rapidamente Tebe mentre la città riceveva aiuti anche da varie località della Beozia, così con un grande esercito i Tebani e gli alleati presero ad attaccare sistematicamente il presidio spartano che occupava la Rocca Cadmea.
    Il presidio resistette a lungo ma tardando i rinforzi alla fine cedette per fame. Gli Spartani del presidio furono lasciati partire incolumi ma giunti in patria due dei tre comandanti furono giustiziati e il terzo condannato a pagare una multa esorbitante.
    I Tebani continuarono a rinforzare le loro difese in vista di nuove iniziative nemiche mentre gli Ateniesi svolgevano propaganda antispartana portando dalla loro parte Chio, Bisanzio, Rodi, Mitilene e molte altre città. Gli Spartani, preoccupati, tentavano di recuperare il terreno perduto con la diplomazia ma intanto si preparavano a sostenere una lunga guerra.
    Intanto Acoris re d'Egitto assoldava molti mercenari contro i Persiani e chiamava a comandarli l'ateniese Cabria. L'esser passato Cabria al soldo di Acoris fu pretesto per i Persiani per protestare presso gli Ateniesi denunciando un atto contrario ai buoni rapporti che intercorrevano in quel periodo fra Atene e Persia. Desiderosi di non guastare tali rapporti gli Ateniesi richiamarono Cabria e mandarono Ificrate in aiuto ai Persiani.
    Il nuovo comandante supremo dell'armata spartana, di nome Sfodria, fece un improvviso tentativo di occupare il Pireo. Non ebbe successo ma gli Ateniesi considerarono il gesto come un'offesa inaccettabile che infrangeva i vigenti trattati di pace.
    Armato un esercito, gli Ateniesi lo affidarono al comando di Timoteo, Cabria e Callistrato, intanto saliva a settanta il numero delle città greche confederate intorno a Atene contro Sparta.
    Nell'isola di Eubea, tutta filoateniese, la sola città di Estiea che in passato era stata danneggiata dagli Ateniesi e aiutata dagli Spartani si manteneva fedele ai secondi. Cabria passò in Eubea e sottomise Estiea, altrettanto fece con alcuni centri minori filospartani delle Cicladi.
    Agesilao, reduce da una bella vittoria contro i Persiani, assunse il comando e si portò in Beozia. Attaccò i Tebani arroccati su un colle vicino alla città ma Cabria aveva preparato un fitto schieramento alla base del colle che fece esitare gli attaccanti tanto che Agesilao ordinò di desistere e si limitò a devastare i dintorni. Si allontanò soddisfatto della propria prudenza perché non aveva subito perdite e anche Cabria fu molto onorato per aver salvato Tebe senza combattere.
    Gli scontri proseguirono presso Tespia e ancora a Tebe mentre in mare si combatteva fra Nasso e Paro e le navi di Atene, comandate da Cabria, mettevano in rotta la flotta spartana dell'ammiraglio Pollide.
    7) 376 a.C.: Gli Ateniesi soccorrono la città di Abdera saccheggiata e poi assediata dai Triballi. Il comandante ateniese Timoteo alleatosi con Alceta re dei Molossi sconfigge in battaglia navale gli Spartani presso Leucate. Contemporaneamente i Tebani scacciano il presidio spartano da Orcomeno.
    375 a.C.: Artaserse, volendo reclutare un esercito greco per impiegarlo contro l'Egitto, si presta a far da mediatore fra le città greche perché concludano le ostilità e si giunge ad un accordo che prevede l'indipendenza di ogni città con il divieto per tutte di tentare di controllare le altre. Solo Tebe non accetta questa condizione perché intende mantenere la supremazia in Beozia.
    Si tiene un convegno generale in cui Epaminonda sostiene le ragioni tebane discutendo con l'ateniese Callistrato e non trovando un accordo si conclude l'alleanza escludendone Tebe.
    Del resto i Tebani eccellevano nell'arte militare e vantavano tre dei migliori comandanti della Grecia, Pelopida, Gorgia e Epaminonda. Quest'ultimo era particolarmente valoroso ma era anche un uomo molto colto e di grandi qualità. Sconfisse gli Spartani e i loro alleati ed arrivò ad uccidere il re Cleombroto.
    La nuova condizione di indipendenza ottenuta grazie ai recenti trattati favorì in molte città rivendicazioni di quanti avevano subito ingiustizie sotto i regimi precedenti e da qui nacquero varie ribellioni, a Sparta, a Corinto, a Megara, a Sicione.
    374 a.C.: I Persiani muovevano contro l'Egitto al comando di Farnabazo e di Ificrate, il loro esercito comprendeva ventimila mercenari greci.
    Giunti alla foce di Pelusio, i Persiani la trovarono difesa da un gran numero di soldati, estremamente fortificata e ricca di ostacoli naturali, passarono quindi alla foce successiva detta Mendesia dove riuscirono a sbarcare e scontratisi con le difese egiziane le sopraffecero.
    Ificrate venne a sapere che l'importante città di Menfi era indifesa e l'avrebbe subito attaccata se Farnabazo per sospetto o gelosia non glielo avesse impedito. Questi ostacoli permisero agli Egiziani di organizzare le difese di Menfi e quindi di passare alla controffensiava facendo strage dei Persiani, infine i due comandanti decisero di rientrare in Persia perché era iniziata la stagione della piena del Nilo. Il disaccordo fra Farnabazo e Ificrate si fece più acuto e il greco giudicò più opportuno tornare ad Atene. Farnabazo lo richiese accusandolo di aver fatto fallire l'impresa egiziana ma non fu soddisfatto, anzi Ificrate divenne il capo supremo dell'armata ateniese.
    8) La pace non durò a lungo. A Zacinto gli esuli del vecchio governo aristocratico rientrarono con la forza cacciando i popolari che si rifugiarono presso Timoteo ateniese. L'altra fazione si rivolse agli Spartani che inviarono Aristocrate. Analoga situazione si verificò a Corcira.
    In Beozia i Tebani espugnarono e distrussero Platea che era passata all'area di influenza ateniese, i cittadini superstiti ripararono a Atene dove furono accolti fra la popolazione. Anche Tespia venne espugnata dai Tebani.
    Lo spartano Mnasippo assediò Corcira approfittando del fatto che Timoteo, che avrebbe dovuto difenderla, si tratteneva in Tracia per fare nuove alleanze. Venne in aiuto dei Corciresi l'ateniese Ctesicle che li liberò ed uccise Mnasippo. Intanto a Cipro l'eunuco Nicocle usurpò il regno di Salamina uccidendo a tradimento il re Evagora.
    Il Peloponneso fu colpito da gravissimi terremoti e maremoti e Diodoro espone (e sembra condividere) l'opinione di quanti attribuivano l'evento all'ira divina perché a causa delle frequenti guerre si erano trascurati i culti e si erano commessi sacrilegi.
    9) 372 a.C.: L'apparizione di una meteora luminosa viene interpretata come presagio della fine imminente del predominio spartano.
    Artaserse volle di nuovo convocare le città greche per mettere pace e di nuovo Tebe non partecipò, ciò valse per gli Spartani come pretesto per attaccarla.
    371 a.C.: I rinnovati accordi proibivano a tutte le città greche di aiutare Tebe. Gli Spartani affidarono il comando al re Cleombroto e dopo un ultimo approccio diplomatico respinto dai Tebani passarono all'attacco insieme agli alleati, convinti di riportare una facile vittoria.
    I Tebani avevano trasferito ad Atene donne e bambini ed il comandante supremo Epaminonda aveva reclutato i migliori fra i cittadini di Tebe e del resto della Beozia. Nonostante alcuni presagi che furono interpretati come funesti dai più anziani, Epaminonda marciò fino a Cheronea e pose qui il suo campo.
    Cleombroto, seguendo un altro percorso, andò ad accamparsi a Leuttra. Quando i due eserciti giunsero ad avvistarsi i Tebani esitarono davanti alla superiorità numerica del nemico, si votò il da farsi fra i più alti ufficiali e prevalse la posizione di Epaminonda: affrontare gli Spartani e cercare la vittoria.
    Prima della battaglia Epaminonda, per alzare l'umore dei suoi, diffuse notizie di presagi favorevoli. Alcuni indovini del luogo parlarono di un oracolo che aveva predetto che gli Spartani sarebbero stati debellati a Leuttra dove le figlie dell'eroe eponimo Leuttro si erano uccise per essere state stuprate da legati di Sparta.
    Intanto le già nutrite schiere di Cleombroto ricevevano nuovi consistenti rinforzi guidati da Archidamo figlio di Agesilao. La grande perizia di Epaminonda fu evidente dal modo in cui schierò le sue forze: i più forti da un lato e i più deboli dall'altro in una disposizione detta a falange obliqua. I più deboli avevano ordine di fingere la fuga all'inizio della battaglia per attirare i nemici che in questo modo si sarebbero trovati circondati, come infatti avvenne. L'esito della battaglia rimase incerto fino alla morte di Cleombroto, poi l'ala rimasta priva di comandante cominciò a rompere le file e presto tutti gli Spartani fuggirono. I morti spartani furono quattromila, i tebani trecento.
    10) 370 a.C.: Giasone tiranno di Fere attaccò la Locride, demolì Eraclea e fece varie conquiste, guardato con sospetto dai Tessali per la rapidità del suo successo. Aspirando al dominio sulla Grecia, Giasone si alleò con Aminta re di Macedonia.
    In quel periodo ad Argo scoppiarono lotte sociali a causa di demagoghi agitatori e la plebe perseguitò i benestanti sottoponendoli a pene capitali, il fenomeno prese il nome di Scitalismo (= legge del bastone) e si concluse con la caduta degli stessi agitatori contro i quali la plebe si rivoltò.
    Anche in Arcadia persero la vita molte centinaia di persone per tumulti poi sedati da un intervento di Agesilao.
    In quell'anno morirono Aminta re di Macedonia, Agesipoli re di Sparta, Giasone tiranno di Fere ucciso in una congiura.
    369 a.C.: Polidoro, fratello e successore di Giasone, fu avvelenato dal fratello Alessandro che salì al trono e governò per undici anni ( nel brano è presente un errore di Diodoro, la vittima di Alessandro si chiamava Polifrone, non Polidoro). Questo Alessandro fu odiato per i suoi modi dispotici e la potente famiglia degli Alevadi di Larissa decise di togliergli il potere.
    Gli Alevadi si rivolsero al re di Macedonia che prevenne un attacco dei Tessali conquistando rapidamente Fere (tranne la rocca che assediò) ed altre città.
    Intanto Licomede di Mitilene al comando degli Arcadi vinceva una battaglia contro gli Spartani a Orcomeno, quindi gli Arcadi, gli Eoli e i loro alleati si unirono alle forze dei Tebani, dei Focesi e dei Locresi ed il consiglio dei comandanti decise di entrare in Laconia per attaccare direttamente Sparta.
    Gli Spartani erano troppo indeboliti dalla sconfitta di Leuttra per sperare di resistere e furono costretti a rivolgersi ai loro più antichi nemici, gli Ateniesi, per chiedere aiuto. Magnanimamente gli Ateniesi accettarono e affidarono un esercito di ventiduemila uomini a Ificrate per difendere Sparta.
    I Tebani si divisero in gruppi per penetrare in Laconia da più direzioni contemporaneamente e si verificarono vari fatti d'armi fra i quali Diodoro ricorda il sacrificio dello spartano Iscola che mandò a casa i soldati più giovani per risparmiarli per future imprese e rimase solo con pochi veterani a difendere la sua posizione finchè non fu ucciso.
    Una battaglia di maggiori dimensioni si svolse presso il fiume Eurota e coinvolse l'armata comandata personalmente da Epaminonda composta da Tebani ed Arcadi. Gli Spartani e gli attaccanti persero un gran numero di uomini, Epaminonda arrivò alle porte di Sparta ma non riuscendo ad espugnarla passò a saccheggiare la Laconia.
    Gli Ateniesi giunsero in ritardo e tornarono in Attica senza aver compiuto nulla di significativo.
    Gli Spartani reclutarono altri soldati in parte liberando gli Iloti e ricevettero rinforzi alleati.
    Epaminonda ricostruì la città di Messene che era stata distrutta dagli Spartani molti anni prima e la ripopolò rintracciando i cittadini superstiti e aggiungendo quanti del suo seguito vi si volevano stabilire.
    Messene, città antichissima, era stata il regno della famiglia di Oreste fino al ritorno degli Eraclidi. Era passata quindi a Cresfonte e dopo alcune generazione agli Spartani.
    Dopo questi eventi i Tebani tornarono in Beozia e gli Spartani inviarono ambasciatori ad Atene con una proposta: la supremazia sul mare a Atene, quella in terra a Sparta.
    Gli Arcadi saccheggiarono Pellene in Laconia, Pelopida occupò la rocca di Larissa quindi concluse un'alleanza la Macedonia.
    Epaminonda tornò ad attaccare la Laconia ma questa volta gli Ateniesi seppero per tempo dei suoi progetti ed inviarono un esercito che, insieme agli Spartani e agli alleati, pose un campo fortificato presso Corinto per bloccare l'accesso al Peloponneso.
    In effetti l'ostacolo risultò difficile da superare e costò ai Tebani molte perdite ma alla fine riuscirono ad entrare nel Peloponneso ed occupare alcuni centri minori. Non riuscirono però a conquistare Corinto che fu validamente difesa dalle truppe Ateniesi di Cabria.
    11) 368 a.C.: Alessandro re di Macedonia fu ucciso dal fratello (o fratellastro) Tolomeo Alorite che regnò per tre anni.
    Epaminonda fu processato per sospetto tradimento per non aver fatto strage degli Spartani quando ne aveva avuto l'occasione e fu ridotto alla condizione di soldato semplice.
    Quando Alessandro di Fere catturò e tenne prigioniero Pelopida, Epaminonda militava appunto come soldato semplice nell'esercito mandato a liberarlo ma quando i Tebani stavano per soccombere contro i Tessali si decise di restituirgli il comando. Ancora una volta Epaminonda dimostrò le sue grandi capacità militari e, capovolto l'esito dello scontro, procurò la vittoria ai Tebani. Dopo di chè fu ovviamente reintegrato nel grado che gli era stato tolto.
    In quest'anno, combattendo contro gli Arcadi, gli Spartani ottennero una vittoria, la prima dopo la disfatta di Leuttra.
    Gli Arcadi fondarono Megalopoli.
    In Sicilia Dionisio riaprì le ostilità contro i Cartaginesi, conquistò Selinunte e Entella e occupò il porto di Erice, ma la reazione cartaginese fu rapida e le navi siracusane ad Erice furono presto allontanate.
    Durante la tregua invernale che seguì Dionisio morì di malattia dopo trentotto anni di regno, il potere passò al figlio Dionisio il Giovane che governò per dodici anni.
    367 a.C.: Epaminonda entrò di nuovo nel Peloponneso e sottrasse alcune città alla soggezione spartana, quindi passò in Tessaglia e liberò Pelopida ancora prigioniero di Alessandro di Fere.
    366 a.C.: Temisone tiranno di Eretria conquistò la città di Oropo ma poi la cedette ai Tebani perché non poteva fronteggiare gli Ateniesi che volevano riprendere quella città.
    Grazie all'ennesima opera di mediazione dei legati del re di Persia ebbero fine le guerre di Laconia e Beozia dopo cinque anni dalla battaglia di Leuttra.
    12) 365 a.C.: Ora che la Grecia godeva finalmente di un periodo di pace, scoppiò una nuova guerra fra Arcadi e Elei per questioni territoriali.
    In Macedonia Tolomeo Alorite fu ucciso dal fratello Perdicca che regnò per cinque anni.
    364 a.C.: All'inizio della 104a Olimpiade la città di Pisa in Elide venne in contrasto con gli Arcadi a proposito del diritto di aprire i giochi, ne seguì una vera e propria battaglia alla quale il pubblico assistette come se si trattasse di una gara olimpica.
    Epaminonda convinse i concittadini ad allestire una grande flotta allo scopo di ottenere il dominio del mare togliendolo agli Ateniesi.
    Su richiesta dei Tessali oppressi da Alessandro di Fere, Tebe inviò un esercito comandato da Pelopida contro quel tiranno. Alessandro di Fere, sconfitto, fu costretto a liberare tutte le città precedentemente sottomesse e il suo dominio fu limitato alla sola Fere. Pelopida, vittorioso al termine della battaglia, era stato più volte ferito e una volta messi in fuga i nemici cadde abbattuto dai colpi ricevuti.
    La morte di Pelopida fu un grave lutto per i Tebani: aveva partecipato a tutte le battaglie del suo tempo ed aveva riportato molte importanti vittorie contribuendo a costruire la fortuna e la potenza della sua città.
    13) 363 a.C.: Scoppiò in Arcadia una guerra civile tra due fazioni che facevano capo rispettivamente a Mantinea e a Tegea. I Tegeati si rivolsero a Tebe ed ottennero un esercito comandato da Epaminonda, Mantinea chiese aiuto agli Ateniesi e agli Spartani, questi ultimi inviarono subito un esercito ad invadere l'Arcadia.
    Considerando che il grosso delle forze spartane si trovasse in Arcadia, Epaminonda iniziò a marciare direttamente contro Sparta ma il re Agide aveva intuito le sue intenzioni ed organizzato difese che riuscirono a resistere fino all'arrivo dell'esercito tempestivamente richiamato.
    Epaminonda, giunta la notte, abbandonò il combattimento ma all'alba del mattino successivo marciò a tappe forzate fino a Mantinea e avrebbe certamente preso quella città se non l'avesse trovata difesa da un esercito ateniese. Giunsero anche gli Spartani e gli Elei e tutti si schierarono contro Tegeati, Tebani, Argivi e Achei.
    Quella di Mantinea fu una grande battaglia, secondo Diodoro la più grande combattuta per i Greci. I combattimenti durarono molto a lungo perché le forze opposte si pareggiavano, infine Epaminonda decise di tentare di conquistare la vittoria gettandosi personalmente insieme ai compagni più fidati dove lo scontro era più intenso. L'eroico comandante fece una vera strage degli avversari ma infine, colpito al petto da una lancia, cadde a terra agonizzante. Morì poco dopo non senza essersi informato sulla conclusione della battaglia.
    La vittoria di Mantine fu in effetti incerta per il grande valore espresso da entrambe le parti, comunque stanchi di tanta guerra tutti i Greci conclusero una pace che solo gli Spartani non vollero sottoscrivere a causa della loro imperitura ostilità verso i Messeni.
    14) 361 a.C: le città greche lungo la costa asiatica insieme ad alcune satrapie si ribellarono al re di Persia. Contemporaneamente si armava contro i Persiani Taco re d'Egitto e Sparta manifestava la sua ostilità ad Artaserse che aveva voluto far entrare Messene nella lega greca.
    Fra i satrapi ribelli erano Ariobarzane satrapo della Frigia e Mausolo della Caria che aveva una splendida capitale a Alicarnasso. Si schierarono con loro Oronte della Misia, Autodafrate governatore della Licia e molte altre genti soggette alla corona persiana.
    Oronte, che era stato scelto come amministratore dei fondi comuni per la guerra, tradì e passò al re di Persia molti dei mercenari che aveva assoldato.
    In Cappadocia il satrapo ribelle Datame che disponeva di molte truppe fu attaccato dal generale Artabazo mentre suo suocero che comandava la cavalleria passava al nemico. Datame, tuttavia, agì tempestivamente e dopo aver promesso un grosso premio a quanti gli erano fedeli li portò contro Artabazo e contro il suocero traditore, sconfiggendoli entrambi.
    Per questi motivi Datame divenne famoso e più tardi Artaserse mandò suoi sicari ad eliminarlo.
    Romitre, altro satrapo ribelle, transitò dall'Egitto per ricevere navi e fondi ma giunto a Leuca in Asia Minore fece arrestare molti ribelli e li mandò al re di Persia.
    Il re egiziano Taco aveva comunque preparato duecento navi e un grosso esercito. Aveva affidato la milizia mercenaria al comando di Agesilao di Sparta e la flotta all'ateniese Cabria riservando per se il comando supremo. Fu un errore perché appena Taco si fu allontanato dall'Egitto per partecipare alla guerra, il figlio Nectanebo si impadronì del trono e a Taco non rimase che implorare la clemenza di Artaserse che lo perdonò e gli affidò il comando delle forze già impegnate contro l'Egitto per dargli la possibilità di riprendere il potere.
    Artaserse morì dopo quarantatre anni di regno e gli succedette Oco che assunse il cognome di Artaserse in onore del predecessore.
    Taco fu assediato dall'esercito di Nectanebo ma con l'aiuto di Agesilao si liberò e recuperò il regno, fu l'ultima impresa di Agesilao che morì durante il viaggio di ritorno in patria.
    Ad un anno dalla pace firmata dopo la battaglia di Mantinea in Grecia si verificarono nuovi cambiamenti. La causa fu un gruppo di dissenzienti di Megalopoli che con appoggi esterni volevano sciogliere la comunità abbandonando la nuova colonia, gli altri cittadini si opposero e si prese a combattere, risolse la situazione l'intervento di forze tebane comandate da Pammene che costrinse i dissenzienti a ristabilirsi a Megalopoli.
    15) 360 a.C.: Alessandro di Fere, con incursioni alle Cicladi, catturò molti schiavi e sopraffece il presidio ateniese dell'isola di Pepareto. Gli Ateniesi mandarono altre navi comandate da Carete ma questi non concluse nulla di utile contro i nemici mentre si comportò in modo esecrabile verso gli alleati.


    Libro XVI


    Filippo figlio di Aminta fu re dei Macedoni per ventiquattro anni durante i quali fece della Macedonia la più grande potenza europea e infine lasciò al figlio Alessandro le risorse per costruire un impero.
    Nel 363 a.C. Aminta fu sconfitto dagli Illiri e dovette impegnarsi a pagare un tributo dando in ostaggio il figlio minore. Il piccolo Filippo fu dagli Illiri affidato ai Tebani e da questi al padre di Epaminonda perché lo educasse.
    Ad Aminta seguì sul trono il figlio maggiore Alessandro che venne ucciso e il regno fu occupato da Tolomeo Alorite a sua volta eliminato da Perdicca.
    Perdicca morì combattendo contro gli Illiri e Filippo, che intanto era fuggito da Tebe, ereditò un regno in grande difficoltà in cui vigeva il terrore degli Illiri. Inoltre la Macedonia veniva regolarmente saccheggiata dai Peoni e minacciata da Traci ed Ateniesi.
    Con la sua eloquenza ed il suo carisma Filippo riuscì a ridare coraggio ai connazionali, quindi prese ad addestrarli al combattimento introducendo per la prima volta la tattica della falange macedone.
    Fece pace con i Peoni e con i Traci mentre ottenne una rapida vittoria contro un corpo di marcenari mandati dagli Ateniesi. L'anno successivo (362 a.C.) Filippo stipulò una pace con gli Ateniesi ed assoggettò i Peoni invadendo il loro paese. Organizzò quindi una spedizione contro gli Illiri e quando il re nemico Bardili propose la pace Filippo pose come condizione la liberazione di tutte le città macedoni occupate dagli Illiri.
    Si venne alla guerra e in una grande e lunga battaglia i Macedoni sconfissero gli Illiri costringendo Bardili a chiedere di nuovo la pace e ad accettare questa volta le condizioni di Filippo.
    In Sicilia Dionisio il Giovane, che non aveva la stoffa del padre, venne a patti con i Cartaginesi e si dedicò ad una vita tranquilla. Dione zio di Dionisio il Giovane era uomo di grandi qualità ed il suo prestigio fece ingelosire Dionisio che decise di farlo morire. Dione se ne rese conto e con pochi compagni fuggì a Corinto dove armò soldati per deporre il nipote.
    Andromaco, padre dello storico Timeo, in quel periodo fondò la città di Tauromenio chiamando i profughi della città di Nasso che era stata distrutta da Dionisio.
    L'isola di Eubea fu lungamente angustiata dalla guerra fra due fazioni, l'una sostenuta da Tebe, l'altra da Atene. Infine si concluse una pace senza vincitori, i Tebani tornarono in patria mentre gli Ateniesi affrontarono la guerra sociale contro alcune città ribelli. L'esercito ateniese comandato da Carete e Cambria trovò a Chio le forze nemiche mandate da Bisanzio, Rodi, Coo e da Mausolo signore della Caria. Nella battaglia che seguì Cambria perse la vita.
    Intanto Filippo aveva concluso una pace con gli Illiri dopo averli sconfitti. Conquistò quindi Anfipoli che gli era ostile e mandati in esilio i suoi diretti avversari si comportò con clemenza con gli altri.
    Concluse un'alleanza importante con gli Olintii e fece loro dono della città di Potidea appena conquistata.
    Dione tornò in Sicilia per deporre Dionisio e liberare Siracusa dalla sua tirannia. Approdò alla costa agrigentina e durante la marcia verso Siracusa riuscì a reclutare ventimila volontari ai quali si aggiunsero gran parte dei Siracusani avversari del Tiranno. Caso volle che Dionisio fosse assente dalla città, la guardia che aveva lasciato tentò di opporsi alla moltitudine ma presto fu costretta a desistere.
    Dionisio raggiunse Siracusa sette giorni dopo e decise di giocare d'astuzia fingendo di voler trattare ma alla prima occasione entrò in città con l'esercito. Dione non si perse d'animo e subito accorse a fronteggiare i soldati del tiranno con i più forti dei suoi uomini. Molti furono i caduti e i feriti, lo stesso Dione partecipò al combattimento e, gravemente ferito, fu salvato dalla popolazione che accorse in massa. A questo punto i mercenari di Dionisio furono costretti a ritirarsi.
    Dopo aver sepolto i morti ripresero le trattative e questa volta Dione affermò che il tiranno poteva ottenere la pace solo deponendo il potere ma Dionisio e i suoi, facendo affidamento sugli approvvigionamenti garantiti dalle loro navi corsare, decisero di resistere.
    Alessandro di Fere venne ucciso dai fratelli della moglie che presero il potere. Contro di loro gli Alevadi cercarono l'alleanza di Filippo di Macedonia. Filippo intervenne rapidamente ed eliminò i tiranni procurandosi la gratitudine dei Tessali che sempre prestarono aiuto nelle guerre a lui e a suo figlio Alessandro.
    356 a.C. - La Lucania era infestata dai briganti, per lo più schiavi fuggitivi, che a poco a poco si organizzarono, conquistarono alcune città e fondarono uno stato dandosi il nome di Bruzii.
    Dionisio mise insieme una flotta e ne affidò il comando al suo legato Filisto che si scontrò con i Siracusani che avevano ricevuto nel frattempo altri rinforzi da Corinto. Quando Filisto vide che i nemici stavano vincendo si uccise per evitare di essere fatto prigioniero.
    I Siracusani fecero scempio del cadavere di Filisto e ciò indusse Dionisio alla resa incondizionata, tuttavia il deposto tiranno riuscì a imbarcarsi con grandi ricchezze e a fuggire in Italia. Nonostante i benefici ricevuti i Siracusani non si dimostrarono grati a Dione, inoltre tardarono a pagare il compenso dei mercenari che Dione aveva portato dalla Grecia. Infine Dione reagì ponendosi alla testa dei missionari e li ridusse rapidamente alla ragione, non infierì tuttavia sui concittadini vinti ma si stabilì a Leontini con i suoi mercenari.
    Qualche tempo dopo Dionisio mandò navi comandate da Nipsio con un carico di rifornimenti per il presidio che aveva lasciato alla rocca di Siracusa. Nipsio si scontrò con la popolazione e fu sconfitto ma i Siracusani, sottovalutandolo, trascurarono la guardia, così Nipsio entrò in città nottetempo con i suoi soldati e fece una strage.
    I Siracusani mandarono ancora a chiamare Dione che giunto in città trovò i soldati di Nipsio e Dionisio intenti a saccheggiare e a incendiare le case e li massacrò. I pochi superstiti fuggirono di nuovo a chiudersi nella rocca mentre i Siracusani, colmi di gratitudine, affidavano a Dione il comando supremo e stabilivano che gli si tributasse il culto degli eroi.
    In Grecia continuava la guerra sociale, la flotta ateniese era stata raddoppiata ed ora si alternavano al comando Carete, Ificrate e Timoteo. I soci ribelli riconquistarono le isole di Imbro e Lembo e devastarono Samo.
    I comandanti Ateniesi assediarono Bisanzio, i nemici accorsero e si sarebbe svolta una grande battaglia navale nell'Ellesponto se una tempesta non lo avesse impedito.
    Carete voleva comunque combattere e poiché Ificrate e Timoteo si opponevano li denunciò per tradimento in modo che venissero processati e privati del comando, quindi passò a soccorrere Artabazo che era attaccato dall'esercito persiano ed ottenne una grossa ricompensa.
    Il fatto causò la reazione indignata del re di Persia che protestò con gli Ateniesi. Corse voce che i Persiani avrebbero aiutato le città rivoltose, quindi gli Ateniesi si affrettarono a concludere la pace.
    Traci, Peoni e Illiri si allearono contro la Macedonia ma Filippo travolse i loro eserciti e li costrinse a riconoscere la superiorità macedone.
    355 a.C. - I Focesi e gli Spartani furono multati dagli Amfizioni per aver commesso sacrilegio coltivando terreni consacrati. Il focese Filomelo convinse i concittadini a non pagare l'esosissima multa e a dagli pieni poteri per risolvere la situazione. Si accordò quindi con Archidamo re di Sparta per occupare il santuario di Delfi e far revocare i decreti degli Amfizioni. Archidamo aderì all'iniziativa ma non in modo manifesto, limitandosi a finanziare Filomelo che assoldò soldati e, debellati i difensori del territorio, ne prese possesso.
    I Tebani si armarono per liberare il Tempio, Filomelo si spinse a saccheggiare nella Locride e conseguenza di tutto ciò fu una guerra che vide Tebani e Locrii schierati contro i Focesi che avevano l'aiuto di Atene e Sparta.
    354 a.C. - Tassando i più ricchi dei territori conquistati, Filomelo assoldò altri mercenari e sbaragliò i Locrii, ma continuando la guerra cominciò ad attingere dai tesori del tempio per finanziare il suo esercito. Ben presto si trovò a capo di una nutrita armata di mercenari senza scrupoli che non temevano di commettere sacrilegio.
    Dal canto loro gli Spartani, ora che Filomelo aveva annullato i decreti, si sentivano più legittimati ad aiutarlo.
    Si verificarono scontri durissimi con molte vittime, la guerra ebbe fine quando i Tebani riuscirono a sopraffare i mercenari e lo stesso Filomelo, vistosi in trappola, preferì uccidersi piuttosto che farsi catturare.
    In Sicilia Dione fu fatto uccidere dal collega Callippo che prese il potere e governò per tredici mesi.
    353 a.C. - Morto Filomelo la maggioranza dei Focesi decise di riprendere la guerra. Principale fautore della decisione fu Onomarco che ebbe il comando supremo e reclutò altri mercenari per ricostituire l'esercito.
    Conquistò varie città nemiche, entrò in Beozia e prese Orcomeno ma non riuscì a prendere Cheronea.
    Intanto continuava la guerra fra il ribelle Artabazo ed i Persiani. Partiti gli Ateniesi, Artabazo chiese aiuto ai Tebani che, nonostante fossero impegnati contro i Focesi, intervennero e vinsero due grandi battaglie sotto il comando di Pamene.
    Chersoblepte figlio del re di Tracia Cotys era favorevole agli Ateniesi e donò loro alcune città del Chersoneso dove mandare colonie. Filippo notò che fra queste colonie quella di Metone veniva fortificata e andò ad assediarla. Dopo qualche tempo quanti si trovavano in Metone si arresero e Filippo li lasciò andare confiscando i loro averi, ma durante l'assedio il re aveva perso un occhio per un colpo di freccia.
    Direttosi a Fere per abbattere Licofrone, Filippo si trovò in difficoltà perché il tiranno aveva chiamato in suo aiuto Onomarco che era intervenuto con forze ingenti, ma dopo alcune sconfitte Filippo convinse i Tessali ad unire le loro forze alle sue e sconfisse i Focesi mettendoli in fuga. Giunti al mare i fuggitivi cercarono di imbarcarsi nelle navi Ateniesi di Carete ma in maggioranza annegarono o furono uccisi. Anche Onomarco morì in queste circostanze o fu fatto giustiziare da Filippo. Ad Onomarco successe il fratello Faillo che assoldò altri mercenari, fabbricò armi e coniò monete.
    In quel tempo morì Mausolo re di Caria lasciando il trono ad Artemisia, sua moglie e sorella.
    Fu ucciso Clearco tiranno di Eraclea che fu sostituito dal figlio Timoteo.
    352 a.C. - Faillo, che disponeva di molto denaro, reclutò mercenari e convinse gli alleati a proseguire la guerra. Licofrone e i suoi uomini abbandonarono Fere e si unirono a Faillo. I Focesi con queste forze rinnovate attaccarono la Beozia ma l'esito della loro campagna fu negativo e vennero ripetutamente sconfitti.
    Miglior fortuna ebbe una successiva spedizione nella Locride ma a quel punto Faillo fu colpito da una grave infezione che lo portò alla tomba dopo un'atroce agonia. Faleco, figlio di Onomarco, prese il suo posto e continuò la guerra ma non molto tempo dopo fu sconfitto in una battaglia presso Cheronea.
    Scoppiò una nuova guerra fra Sparta e Megalopoli che come sempre coinvolse i rispettivi alleati.
    Faleco prese Cheronea ma subito la abbandonò non potendo resistere ai Tebani.
    351 a.C. La Fenicia e Cipro si ribellarono ai Persiani mentre l'Egitto già da tempo si era reso quasi indipendente. Il re Artaserse Oco, che non era uomo di guerra, decise che ormai si dovesse intervenire e fece preparare un grande esercito e cinquecento navi per trasportarlo.
    La ribellione dei Fenici era iniziata a Sidone dove i cittadini reagirono all'arroganza dei satrapi e dei luogotenenti persiani e cercarono l'alleanza di Nectanebo re d'Egitto. Quando i Persiani tentarono di invadere la Fenicia ne furono cacciati da Tennes re di Sidone con l'aiuto dei mercenari greci al soldo degli Egiziani.
    Nell'isola di Cipro i re delle varie città fecero lega contro il controllo persiano. Artaserse Oco incaricò di risolvere la questione Idrieo nuovo satrapo di Caria che aveva preso il posto di Artemisia morta di recente. Idrieo a sua volta affidò il comando delle truppe a Focione ateniese e a Evagora (figlio del defunto re con lo stesso nome che, cacciato da Cipro, era passato ai Persiani).
    Quando Artaserse si mise in marcia con il grosso dell'esercito verso la Fenicia, Tennes decise di cambiare partito e fece segretamente sapere al re persiano che era pronto a consegnargli Sidone e a aiutarlo contro l'Egitto. In questo tradimento nei confronti dei suoi sudditi, Tennes coinvolse Mentore, comandante dei mercenari venuti dall'Egitto.
    In effetti quando Artaserse giunse alle porte di Sidone, Tennes fingendo di voler parlamentare gli consegnò i maggiorenti (che furono subito uccisi) quindi lo lasciò entrare in città.
    Artaserse occupò Sidone ed uccise Tennes ma i cittadini si suicidarono in massa ed incendiarono la città. Gli altri Fenici, colti dal terrore, non esitarono ad arrendersi.
    350 a.C. Tutte le città di Cipro si arresero ai Persiani tranne Salamina governata da Pnitagora, fratello dell'Evagora che lo assediava e che più tardi fu catturato e messo a morte. Anche Pnitagora si assoggettò ai Persiani e conservò il suo trono.
    Artaserse marciò verso l'Egitto e giunto a Pelusio organizzò le forze greche del suo esercito in tre squadre ognuna delle quali era comandata da un ufficiale greco ed uno persiano. La prima squadra era comandata da Lacrate tebano e Rosace persiano, la seconda da Nicostrato argivo e da Aristazane persiano, la terza da Mentore, il mercenario greco che aveva cambiato bandiera accordandosi con Tennes e dal persiano Bagoa.
    Nectanebo aveva consistenti forze militari, una notevole flotta fluviale e molti presidi fortificati, tuttavia subì sconfitte a causa della sua incompetenza come comandante e si chiuse in Menfi preoccupandosi solo di difendere la sede reale. Nicostrato, comandante della seconda squadra, superò facilmente i presidi e si portò alle mura di Menfi mentre Lacrate assediava Pelusio. I difensori di Pelusio si arresero dopo qualche tempo e Artaserse incaricò Bagoa di prendere possesso della città.
    I soldati di Bagoa violarono i patti derubando i Greci che lasciavano illesi la città come avevano concordato con Lacrate e quest'ultimo, indignato, li attaccò in armi. Bagoa protestò con Artaserse ma il re riconobbe le ragioni di Lacrate e fece uccidere i Persiani che non avevano rispettato gli accordi.
    Caduta anche Bubasti molte città egiziane si arresero, Nectanebo fuggì in Etiopia e Artaserse occupò l'intero Egitto. Congedati i mercenari greci, Artaserse tornò in Babilonia con grandi ricchezze affidando il governo dell'Egitto a Ferendate.
    352 a.C. - Mentore fu premiato con l'avanzamento al massimo grado dell'esercito, una grossa somma di danaro e il governo delle regioni costiere dell'impero. Ottenne inoltre il perdono dal re per i suoi parenti Artabazo e Memnone, precedentemente ribelli, che erano esuli in Macedonia.
    Mentore attirò in un tranello Ermia, tiranno degli Atarnesi ribellatosi alla Persia e lo imprigionò. Con falsi messaggi a nome di Ermia convinse i governatori di molte città a arrendersi senza combattere. In questo modo fece cessare la ribellione senza spargimento di sangue e fu ancora più stimato da Artaserse.
    Intanto Filippo di Macedonia conduceva con successo una campagna in Tracia e Tessaglia e cacciava Pitolao tiranno di Fere.
    351 a.C. - Filippo assediò Olinto che si difese energicamente finché non cadde per il tradimento dei suoi governanti, la saccheggiò e con il ricavato premiò i suoi uomini migliori e corruppe altri governanti per indurli a consegnare le loro città. Indisse dei giochi per festeggiare le sue vittorie e prese ad offrire banchetti mostrandosi sempre molto generoso e affabile per procurarsi l'amicizia di molti potenti stranieri.
    Gli Ateniesi intanto, incitati dall'oratore Demostene e preoccupati per la crescente potenza macedone, si dichiararono apertamente nemici di Filippo.
    350 a.C. - I Beoti attaccarono i Focesi ma vennero sconfitti a Coronea. Faleco, supremo comandante focese, venne processato per il furto del denaro del tempio di Delfi, destituito e sostituito ad interim da tre generali, Deinocrate, Callia e Sofane che erano i giudici del processo.
    Fu quindi nominato Filomelo al quale seguì il fratello Onomarco che usò parte del denaro sacro per le spese di guerra, quindi Faillo che ne usò altro per pagare i soldati. Quello di Faleco e dei suoi complici non fu il solo furto sacrilego ai danni del santuario di Delfi, anche l'ateniese Ificrate quando intercettò navi siracusane che recavano statue votive in oro e avorio sene appropriò e convertì doni in moneta.
    I Beoti, in difficoltà nella guerra contro la Focide, si rivolsero a Filippo che fu lieto di mandar loro un nutrito contingente di soldati.
    346 a.C. - I Focesi chiesero aiuto agli Spartani che mandarono mille uomini comandati dal re Archidamo, i Beoti si rivolsero a Filippo che guidò un esercito nella Locride per affrontare Faleco ma questi chiese la pace. La condizione imposta da Filippo fu che Faleco si allontanasse con tutti i suoi uomini, ottenuta la resa dei Focesi Filippo convocò il consiglio degli Amfizioni.
    Filippo ebbe nel consiglio il posto che era stato dei Focesi e a questi furono comminate diverse sanzioni fra cui la demolizione di tutte le città che furono ridotte a gruppi di piccole borgate e il pagamento di un oneroso tributo annuale.
    Tutti coloro che avevano profanato il tesoro del tempio morirono tragicamente: Filomelo trovandosi circondato in battaglia si gettò in un burrone, suo fratello Onomarco fu sconfitto e crocifisso. Faillo fu straziato da una lunga malattia. Il solo Faleco visse a lungo ma la sua fu una vita errabonda sempre tormentata dalla paura e dalle difficoltà. Dopo la fuga con quanto gli rimaneva del tesoro del tempio si imbarcò con i suoi uomini per l'Italia sperando di trovare un ingaggio come mercenario ma i suoi si ammutinarono e lo costrinsero a tornare indietro e finirono col partecipare alla guerra dell'isola di Creta fra Cnosso, che li assoldò, e Litto difesa dagli Spartani.
    Sconfitto da Archidamo re di Sparta, fu cacciato da Litto e passò ad assediare Cidonia e qui perse la vita nell'incendio delle macchine da guerra. I suoi soldati superstiti continuarono a combattere al soldo di varie città e prima o poi perirono tutti. Quanto ad Archidamo, dopo aver sconfitto Faleco passò in Italia per soccorrere i Tarantini contro i Lucani e fu ucciso in battaglia.
    I Siracusani, preoccupati da discordie interne e dai tentativi di alcuni di prendere il potere, chiesero alla madre patria Corinto l'invio di un governante capace di mettere ordine nella loro città. A Corinto fu scelto Timoleone uomo di grande virtù e prestigio che si trovava sotto processo per aver ucciso suo fratello Timofane che aspirava alla tirannide e stava preparando un colpo di stato.
    Il processo divideva la città fra quanti onoravano Timoleone come tirannicida e quanti lo consideravano un assassino e rischiava di provocare gravi disordini, così furono tutti concordi nel mandare Timoleone a Siracusa per dargli l'occasione di dimostrare con l'operato le sue vere intenzioni. Partì dunque Timoleone con dieci navi e settecento mercenari.
    Nei pressi di Metaponto Timoleonte incontrò una nave cartaginese che gli andava incontro per intimargli di non sbarcare in Sicilia. I Cartaginesi stavano compiendo operazioni in grande stile sull'isola con un'armata comandata da Annone. Dionisio si era di nuovo insediato in Siracusa e Iceta era occupato presso la città pronto ad attaccarlo e alla prima occasione entrò in città con le sue truppe costringendo Dionisio a ritirarsi nell'isola di Ortigia.
    Intanto Timoleonte sostava nel porto di Reggio ma presto riuscì ad eludere la sorveglianza cartaginese e ad approdare a Tauromenio (Taormina) dove fu ben accolto da Andromaco, signore della città. Da Tauromenio Timoleonte marciò con mille uomini, incontrò e sconfisse truppe di Iceta che stavano assediando Adrano e rapidamente si attestò a Siracusa.
    (348 a.C.) In Caria morì il satrapo Idrieo e gli successe la moglie-sorella Ada.
    In Sicilia Timoleonte, alleatosi con Tindari e Adrano, disponeva di consistenti forze ma contro di lui erano Dionisio e Iceta mentre i Cartaginesi occupavano il porto maggiore di Siracusa. Tuttavia quando ricevette aiuti da Corinto e da Catania Timoleonte agì prontamente, espulse Iceta da Siracusa e si impadronì di Messina.
    (347 a.C.) Intanto Filippo invadeva l'Illiria, conquistava varie città e grandissimo bottino, quindi passò in Tessaglia dove cacciò molti piccoli tiranni procurandosi il plauso delle popolazioni e in questo modo riuscì a stringere alleanze con i Tessali e con i Greci confinanti.
    A Siracusa Timoleonte convinse Dionisio ad arrendersi e a partire incolume per il Peloponneso conservando i suoi averi. Distrusse il palazzo dei tiranni e dettò leggi eque ai Siracusani istituendo un governo di magistrati annuali.
    Filippo mosse contro i Traci liberando le città greche da loro sottomesse. Impose un tributo e fondò città in Tracia per tenere quel paese sotto controllo.
    (346 a.C.) Timoleonte assediò Leontini, dove si era rifugiato Iceta, ma trovandola molto ben difesa passò a Engio per cacciarne il tiranno Leptine il quale si arrese e fu mandato nel Peloponneso. Iceta tentò di attaccare Siracusa ma fu respinto e subì molte perdite.
    Timoleonte, che si finanziava saccheggiando i territori dei Cartaginesi, diventò molto potente e molte città greche della Sicilia si unirono a lui. Preoccupati, i Cartaginesi mandarono un grande esercito nell'isola.
    (344 a.C.) L'ateniese Focione attaccò Clitarco tiranno di Eretria, uomo di Filippo di Macedonia.
    In Caria Pissodaro cacciò la sorella Ada e tenne il potere per cinque anni.
    Filippo attaccò Perinto e fu un assedio lungo e durissimo perché la città si difendeva valorosamente e riceveva aiuti da Bisanzio e dai Persiani preoccupati per la potenza dei Macedoni. Filippo divise il suo esercito in due parti ed assediò anche Bisanzio per impedire che continuasse ad aiutare Perinto, ma Atene ed altre città intervennero in soccorso di Bisanzio e Filippo, che non voleva guastare le relazioni con la Grecia, abbandonò l'assedio e fece pace con gli Ateniesi.
    Timoleonte decise di attaccare i territori siciliani controllati dai Cartaginesi per distogliere da quelli dei suoi alleati il grande esercito nemico sbarcato nell'isola.
    Mentre si avvicinava ad Agrigento si accese fra i suoi soldati una sedizione provocata da un certo Trasio che convinse un migliaio di uomini a disertare e tornare a Siracusa per farsi pagare il soldo arretrato.
    Timoleonte riuscì a sedare i disordini e passò ad attaccare i Cartaginesi. Il suo esercito era di gran lunga inferiore a quello nemico ma grazie all'abilità strategica di Timoleonte e al provvidenziale aiuto di una tempesta improvvisa i Cartaginesi furono sconfitti, persero migliaia di uomini e tutti i loro carri, molti furono fatti prigionieri e i superstiti si rifugiarono a Lilibeo.
    A Cartagine fu reclutato un esercito di mercenari e ne fu affidato il comando a Giscone appositamente richiamato dall'esilio, intanto furono mandati ambasciatori in Sicilia per tentare una composizione diplomatica. Tornato a Siracusa Timoleonte bandì i disertori che avevano seguito Trasio i quali passarono nel Bruzio per saccheggiare la costa ma furono trucidati.
    Timoleonte mandò a morte anche i pirati che disturbavano la navigazione. Accolse migliaia di coloni arrivati dalla Grecia e concluse la pace con i Cartaginesi e revisionò le leggi di Siracusa. Eliminate le discordie provocate dalle tirannie e ripopolata l'isola l'economia riprese a funzionare.
    (341 a.C.) Dopo aver stretto alleanza con molte città greche, Filippo si volse contro gli Ateniesi, attaccò di sorpresa Elatea quindi marciò verso Atene. Una delegazione guidata da Demostene si recò a Tebe e concluse un'alleanza per impedire ai Macedoni di attraversare la Beozia convincendo i Tebani a respingere le proposte dell'oratore Pitone inviato da Filippo.
    Le forze greche si concentrarono a Cheronea mentre Filippo entrava in Beozia forte della superiorità numerica del suo esercito e della sua grande esperienza militare.
    Lo schieramento macedone presentava due ali, una comandata da Filippo e l'altra da Alessandro. Eccitato dal desiderio di gloria, Alessandro fu il primo ad attaccare, atterrò una gran numero di nemici e molti ne fece fuggire, altrettanto fece Filippo e dopo una battaglia lunga e molto violenta gli Ateniesi e i loro alleati vennero sconfitti.
    Dopo la vittoria Filippo offrì un grande banchetto quindi, ubriaco, si mise ad insultare i prigionieri greci, fra questi era l'oratore Demade che coraggiosamente criticò il comportamento poco regale di Filippo che, colpito da tanta franchezza, liberò Demade e gli altri prigionieri e in seguito inviò ambasciatori a Atene e a Tebe per risanare le relazioni.
    A Atene Licurgo accusò per la disfatta di Cheronea il comandante supremo Lisiche che fu condannato a morte.
    Nel giorno della battaglia di Cheronea si combatteva in Italia fra Tarantini e Lucani. Archidamo re di Sparta, alleato di Taranto, perse la vita in questa occasione dopo ventitre anni di regno lasciando il trono al figlio Agide.
    Nello stesso periodo morì anche Timoteo signore di Eraclea del Ponto al quale successe il fratello Dionigi.
    L'anno successivo Filippo convocò a Corinto tutte le città greche ed ottenne che conferissero ciascuna un contingente di soldati per la guerra contro i Persiani affidandogli il comando supremo.
    In Sicilia morì Timoleonte dopo aver governato per otto anni a Siracusa e gli vennero tributati solenni onori.
    Morì Ariobarzane re della Frigia dopo ventisei anni di regno e gli successe Mitridate.
    Il console romano Manlio trionfò su Latini e Campani nella battaglia di Sinuessa.
    (339 a.C.) Filippo iniziò la guerra contro i Persiani mandando in Asia Attalo e Parmenione con l'ordine di liberare le città greche. Interpretando a suo favore un oracolo molto ambiguo, il re era ottimista sull'esito della guerra.
    Celebrò in Ege di Macedonia le nozze di Cleopatra, figlia sua e di Olimpiade, offrì grandiosi festeggiamenti ed invitò persone da tutta la Grecia per dimostrare la sua benevolenza. La sera, mentre si recava a teatro per assistere agli spettacoli in onore degli sposi e si muoveva senza scorta per ostentare fiducia e sicurezza, fu improvvisamente assassinato.
    Un certo Pausania che faceva parte della guardia del corpo del re era molto amato da Filippo ma quando questi gli preferì un altro giovane, Pausania offese il rivale così gravemente che quello fece in modo di morire in battaglia.
    Quando il fatto divenne noto il potente Attalo fece stuprare Pausania dalle sue guardie dopo averlo fatto ubriacare. Pausania protestò presso Filippo ma questi considerando che Attalo era un valentissimo generale evitò di punirlo, tentò quindi di placare Pausania con regali e con un avanzamento di grado ma il giovane volle vendicarsi con la morte del re e lo uccise aggredendolo con la spada in pugno, come si è visto, durante i festeggiamenti.
    L'omicida aveva preparato un cavallo per la fuga ma inciampò, cadde e fu trucidato da Perdicca ed altri. Filippo aveva regnato ventiquattro anni trasformando un piccolo regno in una grande monarchia.

    Libro XVII - PARTE PRIMA


    Diodoro dichiara che in questo libro narrerà le gesta di Alessandro fino alla sua morte e gli eventi contemporanei nei vari Paesi del mondo.
    Quando Alessandro salì al potere era arconte in Atene Eveneto e a Roma erano consoli Lucio Furio e Gaio Menio. I suoi primi atti furono celebrare le esequie del padre e punire gli assassini. Si dedicò quindi a procurarsi la benevolenza dei sudditi e la loro stima nonostante fosse molto giovane garantendo che avrebbe seguito la politica paterna. Nello stesso modo ottenne la fiducia degli ambasciatori greci e la devozione dell'esercito.
    Il nuovo re, tuttavia, doveva anche difendersi dalle insidie, soprattutto quella costituita da Attalo, cugino di Cleopatra seconda moglie di Filippo che, si sospettava, stava concludendo accordi con i Greci contrari alla dinastia macedone regnante.
    Gli Ateniesi sobillati da Demostene, gli Etoli, i Tebani e molti altri popoli della Grecia stavano cacciando i presidi instaurati da Filippo e riprendevano a governarsi in autonomia.
    Con grande abilità il giovane Alessandro seppe risolvere la situazione e confermare il proprio potere ove possibile con la diplomazia, altrove con la forza.
    Riunì a Pilo l'assemblea degli Amfizioni e fu dichiarato supremo comandante.
    Portando l'esercito in Beozia con estrema velocità intimorì i Tebani. Anche gli Ateniesi furono molto impressionati dalla rapidità delle decisioni di Alessandro e inviarono presso di lui un'ambasciata alla quale Demostene evitò di partecipare (forse a causa dei suoi segreti accordi con i Persiani, come sosteneva Eschine).
    Raggiunto l'accordo anche con gli Ateniesi, Alessandro convocò un'altra assemblea a Corinto e si fece assegnare il comando generale contro i Persiani.
    3) Alessandro fece uccidere Attalo eliminando un pericolo di ribellione dell'esercito.
    In Persia l'eunuco Bagoa capitano delle guardie aveva avvelenato il re Oco che era odiato per la sua crudeltà e aveva posto sul trono il figlio più giovane di Oco di nome Arsene (Artaserse IV) facendo morire tutti i suoi fratelli ma dopo tre anni Bagoa si rese conto che Arsene diffidava di lui e lo fece morire.
    Fu incoronato Dario, nipote di Artaserse, Bagoa tentò di avvelenarlo ma Dario lo costrinse a bere il veleno a lui destinato.
    Dario, già noto per meriti militari, cominciò a regnare con il consenso generale poco prima della morte di Filippo.
    In un primo momento Dario sottovalutò il giovane Alessandro ma quando seppe con quale decisione si era imposto ai Greci cominciò ad organizzare le difese, formò un esercito, armò una flotta e impartì all'ufficiale Memnone l'ordine di conquistare la città di Cizico.
    Valicato il monte Ida, Memnone attaccò Cizico ma non riuscendò ad espugnarla saccheggiò il contado per poi ritirarsi con un ricco bottino. Si battè con i Macedoni che assediavano Pitane al comando di Parmenione e li mise in fuga mentre nella Troade un altro ufficiale macedone di nome Callia veniva battuto dai Persiani.
    4) Alessandro mandò truppe a domare rivolte fra i Traci, i Peoni e gli Illiri e a compiere nuove conquiste nei loro territori. Quando fu informato che i Tebani erano insorti e si preparavano a difendere la Cadmea si mosse rapidamente con tutto l'esercito arrivando a Tebe prima degli aiuti inviati da altre città greche.
    I Tebani, pur impressionati dalla potenza dell'esercito macedone, decisero di resistere. Alessandro non attaccò subito e volle dare ai Tebani il tempo di riflettere ma vedendoli irriducibili e tracotanti si lasciò andare all'ira ed ordinò la distruzione della città.
    Mentre i Tebani, insensibili agli oracoli contrari, alla prudenza e al buon senso si ostinavano a credersi in grado di resistere, Alessandro in soli tre giorni allestì le macchine per l'assedio e organizzò opportunamente il suo esercito.
    La battaglia fu molto dura e i Tebani combatterono con incredibile coraggio contro un nemico numericamente molto superiore che inoltre disponeva di riserve per sostituire i soldati esausti o caduti. Nella fase più critica delle scontro Alessandro notò una piccola porta nelle mura e ordinò a Perdicca di usarla per penetrare in città. Quando i Tebani si resero conto che i Macedoni stavano entrando si precipitarono dentro le mura e nella confusione molti caddero o si ferirono calpestati dai cavalli o scontrandosi con i difensori della Rocca Cadmea che accorrevano dall'interno.
    Seguì una strage feroce. I Macedoni, ma anche i soldati greci che militavano nell'esercito di Alessandro, infierirono senza pietà sulla popolazione mentre i Tebani preferivano farsi uccidere piuttosto che perdere la libertà.
    Giunta la notte furono saccheggiate le case e profanati i templi senza misericordia per le donne, i vecchi e i bambini che vi si erano rifugiati. Furono trucidati tremila Tebani e trentamila fatti prigionieri mentre i Macedoni contavano soltanto cinquecento caduti.
    Alessandro convocò l'assemblea generale dei Greci che decise che Tebe, accusata di politica filopersiana, doveva essere distrutta. Alessandro approvò la decisione e Tebe fu rasa al suolo, terribile esempio del potere macedone per tutti gli altri Greci.
    5) Alessandro chiese ad Atene la consegna di dieci oratori che sobillavano i cittadini contro di lui. Focione sostenne che i dieci avrebbero dovuto sacrificarsi per il bene della patria ma fu cacciato dall'assemblea.
    Demostene, che era il primo fra i dieci, convinse i concittadini a proteggerlo e Demade ebbe l'incarico di preparare una discolpa degli oratori e andarla a presentare a Alessandro. La missione di Demade ebbe successo e Alessandro sollevò gli oratori dalle accuse.
    Rientrato in Macedonia, Alessandro preparò l'esercito per la missione in Asia e celebrò solenni festeggiamenti.
    (334 a.C.) L'esercito macedone superò l'Ellesponto e sbarcò nella Troade. La fanteria contava trentamila uomini di cui cinquemila mercenari, la cavalleria quattromilacinquecento.
    In Macedonia era rimasto come governatore Antipatro con dodicimila fanti e millecinquecento cavalieri.
    Le forze persiane si concentrarono lungo il fiume Granico e Alessandro procedette rapidamente fino ad accamparsi sulla riva opposta dello stesso fiume. I Persiani schierarono oltre diecimila cavalieri ed erano sicuri che sarebbero stati sufficienti per sopraffare i Macedoni anche senza l'intervento della fanteria.
    Il satrapo della Jonia Spitrobate, genero di Dario, era un valorosissimo guerriero e con un manipolo di suoi parenti affrontò Parmenione che attaccava l'ala sinistra della cavalleria persiana facendo molti danni. Alessandro accorse e ingaggiò personalmente un combattimento con Spitrobate uccidendolo e rimanendo non gravemente ferito. Circondato dai nemici e bersagliato da ogni direzione, Alessandro subì molti colpi ma riuscì a resistere e a uccidere molti Persiani.
    La cavalleria macedone mise in fuga quella avversaria e la fanteria persiana, demoralizzata, abbandonò a sua volta la battaglia. In questo modo Alessandro riportò la sua prima grande vittoria della quale era stato personalmente uno dei principali artefici.
    Sepolti i suoi caduti si inoltrò nella Lidia e occupò la città di Sardi che si arrese spontaneamente.
    6) I Persiani sconfitti fuggirono a Mileto dove furono assediati dai Macedoni e quando le mura della città cedettero sotto l'azione delle macchine d'assedio furono costretti ad arrendersi. Quelli che non riuscirono a fuggire furono fatti schiavi mentre gli abitanti di Mileto non subirono danni. I Persiani sotto il comando di Memnone occuparono Alicarnasso e la fortificarono.
    Alessandro si incamminò verso quella città con l'esercito e durante la marcia si procurava l'amicizia delle città greche promettendo di liberarle dai Persiani.
    Aiutò Ada (figlia di Ecatomno spodestata dal fratello minore Pissodaro) a recuperare il regno di Caria procurandosi un'altra alleanza.
    L'assedio di Alicarnasso fu lungo e terribile perchè Memnone barricato in città disponeva di molte risorse ed era in grado di respingere i più duri assalti dei Macedoni. L'ateniese Efialte che militava con i Persiani comandò un attacco agli assedianti alla testa di un corpo scelto di duemila uomini e stava per prevalere ma l'intervento dei veterani di Filippo, normalmente dispensati dal combattimento a causa dell'età, capovolse la situazione: Efialte fu ucciso con molti suoi uomini, gli altri fuggirono a ripararsi in città. Memnone e gli altri comandanti decisero di abbandonare Alicarnasso che fu distrutta dai Macedoni.
    Sottomessa la Frigia, Alessandro proseguì lungo la costa asiatica fino alla Cilicia acquisendo il controllo di città che si arresero spontaneamente e di altre che prese con la forza. Fra queste fu Marmara i cui abitanti fuggirono sui monti dopo aver ucciso donne, vecchi e bambini.
    7) (333 a.C.) Ricevuto un grosso finanziamento da Dario, Memnone organizzò una nuova campagna, conquistò Chio e Lesbo dove subì perdite notevoli di uomini e di tempo per espugnare Mitilene.
    L'accresciuta fama di Memnone indusse molte città greche a cercare l'alleanza con i Persiani e probabilmente Memnone sarebbe riuscito a trasferire la guerra dall'Asia all'Europa come era sua intenzione se non fosse morto improvvisamente di malattia.
    L'ateniese Caridemo, già consigliere di Filippo, era passato ai Persiani e suggerì al re di non prendere personalmente il comando della guerra ma di rimanere ad amministrare l'impero scegliendo un altro luogotenente all'altezza dell'impresa. Gli altri consiglieri gli si opposero accusandolo di volere il comando per poi tradire, ne nacque una lite nella quale Caridemo offese Dario e fu mandato a morte. Successivamente Dario si pentì di averlo condannato spinto dalla collera e decise di seguire il consiglio di Caridemo ma non trovando chi potesse sostituire degnamente Memnone fu costretto ad assumere il comando della campagna.
    Riunito un esercito di quattrocentomila uomini a piedi e centomila a cavallo, Dario partì da Babilonia alla volta della Cilicia portando con se la famiglia.
    In quei giorni Alessandro si ammalò gravemente e le sue condizioni rendevano pessimisti i numerosi medici che lo curavano, solo Filippo di Acarnania, medico noto per i suoi metodi non convenzionali, assicurò che lo avrebbe guarito e in effetti vi riuscì grazie a una sua pozione e, forse, anche grazie alla tempra del paziente.
    Olimpiade scrisse a Alessandro per metterlo in guardia contro Linceste, già uomo di fiducia del re, che venne incarcerato in attesa di processo.
    Parmenione ebbe l'incarico di occupare il passo delle Porte e ne prese possesso scacciando i nemici che erano arrivati prima di lui, ma la gente dei paesi interessati dal conflitto vedendo la differenza delle forze in campo aiutava i Persiani considerando i Macedoni destinati alla sconfitta.
    A Isso si svolse una grandissima battaglia, Alessandro inseguì Dario che era aiutato dal fratello Ossatre mentre i due eserciti si sterminavano reciprocamente. Alessandro fu ferito e molti dei suoi perirono ma Dario, circondato dai nemici, fu preso dal panico, il suo comportamento fu notato e provocò la fuga incontrollabile dei Persiani. I Macedoni vincitori saccheggiarono tesori abbandonati, i Persiani infatti usavano portare con se in guerra le mogli e i loro beni di maggior valore.
    Diodoro descrive con efficacia la patetica situazione delle donne cadute improvvisamente in disgrazia che chiedevano pietà ai vincitori i quali si comportavano, secondo la natura di ognuno, chi con pietà, chi in modo crudele.
    Dario era fuggito e i suoi familiari ne ignoravano il destino. I suoi ministri preparavano il padiglione reale per accogliere Alessandro.
    8) Alessandro inseguì per un tratto Dario ma rinuciò e tornò al campo per riposare. Informò la famiglia reale che Dario era ancora vivo e assicurò la sua clemenza, promessa che mantenne trattando i vinti con grande rispetto e umanità, comportamento che Diodoro elogia più di ogni altra impresa di Alessandro.
    Dario tentò inutilmente di trattare la pace, quindi passò a organizzare un altro enorme esercito.
    9) (332 a.C.) Dopo qualche giorno di festeggiamenti e di riposo Alessandro mosse verso l'Egitto. Attraversando la Fenicia fu ben accolto in molte città ma gli abitanti di Tiro chiusero le porte e ignorarono le sue minacce contando di essere ricompensati da Dario se avessero rallentato la marcia dei Macedoni.
    Dal canto suo Alessandro non volle rischiare di creare un precedente e decise di espugnare a tutti i costi la città. Ordinò di costruire un argine per unire alla terra ferma l'isola su cui sorgeva Tiro, grande lavoro reso più difficile dal boicottaggio degli assediati e dalle mareggiate.
    I Tirii mandarono a Cartagine le donne, i bambini e tutti coloro che non erano in grado di combattere e si prepararono a sostenere l'assedio costruendo macchine e attrezzature di difesa: strumenti girevoli per intercettare le frecce, imbottiture sulle mura per attutire i colpi, catapulte per lanciare pietre, sabbia arroventata, lame incandescenti, trovate ingegnose realizzate da abili artigiani.
    Nonostante tutto, il valore dei Macedoni prevalse anche grazie all'incredibile coraggio di Alessandro che attraversando un ponteggio aereo sotto i colpi nemici fu il primo a raggiungere la sommità delle mura. Tiro infine fu presa, tutti i difensori furono giustiziati e quanti non erano fuggiti a Cartagine furono fatti schiavi. Il re di Tiro fu deposto e il regno fu affidato a Abdalonimo, discendente della stirpe reale che dall'avvento dei Persiani era caduta in disgrazia.
    10) Agide re di Sparta alleato dei Persiani, ricevuto un finanziamento da Dario, conquistò per lui molte città dell'isola di Creta.
    Aminta, esule macedone che aveva militato a Isso per i Persiani, raccolse navi e soldati a Cipro e tentò di impadronirsi della satrapia d'Egitto ma fu sconfitto e ucciso dagli abitanti di Menfi.
    Alessandro conquistò Gaza dopo un assedio di due mesi, quindi passò in Egitto dove fu accolto senza contrasti perchè gli Egiziani odiavano i dominatori persiani. In Egitto incontrò anche ambasciatori di Cirene che si sottomettevano ai Macedoni.
    Per visitare l'oracolo di Ammone affrontò una lunga marcia nel deserto fino all'oasi amena dove sorgeva il tempio. I responsi furono incoraggianti per le imprese di Alessandro e i sacerdoti le formularono in modo da convalidare l'ipotesi che fosse figlio di Zeus.
    Volendo fondare una grande città scelse una felice posizione vicino al mare e avviò i lavori per costruire quella che chiamò Alessandria, Già dai suoi inizi la città era molto grande e con l'andar del tempo crebbe fino ad essere una delle prime al mondo. Nella città Alessandro volle anche un magnifico palazzo reale che in seguito fu arricchito dai suoi successori. Sistemate le cose in Egitto, Alessandro tornò in Siria.
    11) Dario portò il suo grande esercito nei pressi di Arbela (nell'attuale Iraq) e ritentò con la diplomazia proponendo a Alessandro di diventare suo genero e di condividere il potere, ma Alessandro rispose che se Dario si fosse contentato di essere un principe a lui sottomesso lo avrebbe accontentato, altrimenti avrebbero dovuto combattere per il primato.
    A questo punto Dario incaricò l'ufficiale Mazeo di presidiare il Tigri e devastare il territorio che i nemici dovevano attraversare, Mazeo vide che il fiume era troppo profondo e violento per essere superato da un esercito e tralasciò la guardia per dedicarsi a fare terra bruciata della zona circostante. Alessandro tuttavia affrontò il pericolosissimo guado e riuscì a superare il fiume ordinando ai soldati di formare un cordone tenendosi per mano.
    Dopo un giorno di riposo i Macedoni andarono a accamparsi vicino al nemico. Prima della battaglia Alessandro si concesse un lungo sonno ristoratore quindi dispose le squadre per il combattimento: Clito detto il Nero, Filota figlio di Parmenione, Nicanore figlio di Parmenione capo degli argiraspidi (i veterani dalle belle armature), Ceno, Perdicca, Meleagro, Poliperconte, Filippo figlio di Belacro, Cratero con le loro truppe macedoni formavano l'ala destra mentre nell'ala sinistra erano le forze provenienti dalla Grecia. Personalmente Alessandro assunse il comando dell'ala destra.
    I terribili carri falcati persiani con lunghe lame fissate alle ruote furono in parte dirottati dai Macedoni che percuotendo gli scudi spaventarono i cavalli, in parte lasciati passare senza conseguenze nei varchi degli schieramenti ma quelli che andarono a segno fecero strage di quanti incontrarono la loro corsa.
    Mentre Dario alla testa di un corpo scelto attaccava l'ala di Alessandro, Mazeo riuscì con la cavalleria scita ad aggirare il nemico e penetrare nel campo macedone per saccheggiarlo, liberando i prigionieri e portando lo scompiglio.
    La battaglia era cominciata bene per i Persiani ma Alessandro attaccò direttamente il cocchio di Dario e un suo colpo uccise l'auriga del re. Nella confusione della battaglia quanti videro la scena credettero che fosse morto Dario e i Persiani presi dal panico si diedero alla fuga e infine lo stesso Dario, vedendosi scoperto, abbandonò il campo di battaglia riuscendo a far perdere le proprie tracce agli inseguitori.
    Mazeo intanto aveva avuto la meglio sulla cavalleria di Parmenione ma questi riuscì a liberare i suoi dalla morsa del nemico.
    12) (330 a.C.) Alla notizia di questa battaglia molte città in Grecia si sollevarono nel timore di essere sottomesse dai Macedoni se non avessero potuto contare sui Persiani. Principali promotori della rivolta furono gli Spartani mentre i Macedoni non parteciparono.
    Le altre città formarono un esercito il cui comando fu assunto dal re di Sparta Agide. Questi si scontrò con il macedone Antipatro, fu sconfitto e perse la vita dopo aver regnato per nove anni.

    Libro XVII - PARTE SECONDA


    1) Dario riparò a Ecbatana dove cercò di riorganizzare e rifornire di armi quanto restava del suo esercito.
    Alessandro si allontanò subito dalla zona della battaglia infettata dalla grande quantità di cadaveri e si recò a Babilonia dove si trattenne un altro mese per dare ristoro al suo esercito.
    Nominati governatori per le province occupate e ricevuti rinforzi inviati da Antipatro, Alessandro si rimise in marcia sostando di nuovo nella provincia dei Sittaceni.
    Susa si consegnò spontaneamente a Alessandro che si impadronì della reggia e del tesoro che conteneva. Lasciò a Susa la famiglia di Dario e proseguendo affrontò e sconfisse un esercito comandato da Madete, parente di Dario che tentava di impedirgli di marciare verso Persepoli.
    Giunti in un altro valico montano i Macedoni caddero in un'imboscata e persero molti uomini a causa del lancio di pietre e frecce da parte dei nemici comandati da Ariobarzane appostati in alto, Alessandro fu costretto a ordinare la ritirata.
    Sembrava non esserci altra via per entrare in Persia ma un prigioniero licio indicò ad Alessandro un sentiero molto difficile che gli permise di arrivare di notte alle spalle dei nemici e sbaragliare le forze di Ariobarzane.
    In questa occasione i Macedoni trovarono un gruppo di ottocento prigionieri greci, erano tutti anziani e tutti erano stati mutilati dai Persiani. Commosso dal triste spettacolo, Alessandro li liberò e ordinò delle elargizioni per mitigare le loro sofferenze.
    2) Alessandro concesse ai soldati di saccheggiare Persepoli, la capitale e la più ricca città persiana. Riservò per se stesso soltanto la reggia e ne prese possesso mentre i suoi si lasciavano andare all'eccitazione del saccheggio arrivando a uccidersi fra loro nel contendere tante incredibili ricchezze.
    Durante un banchetto Alessandro e i suoi ufficiali, eccitati dal vino, si lasciarono convincere dalla cortigiana ateniese Taide ad incendiare la reggia per vendicare i templi greci distrutti da Serse.
    Intanto Dario era fuggito in Battriana dove per tradimento del governatore Besso venne trucidato. Quando Alessandro giunse sul luogo Besso era già fuggito e non gli rimase che dedicare a Dario esequie regali.
    In Europa Antipatro affidò all'assemblea dei Greci il compito di giudicare gli Spartani e l'assemblea decise di inviare legati in Asia per consultare Alessandro.
    3) Partito Alessandro, Besso tornò in Battriana, si fece nominare re e convinse la popolazione a combattere per l'indipendenza dai Macedoni.
    Alessandro premiò i suoi soldati e congedò gli alleati greci con ricchi donativi, poi si mise in marcia verso l'Ircania e sostò presso la città di Ecatompilo. Conquistò quindi la fertilissima regione fino al Mar Caspio.
    La popolazione dei Mardi tentò di sbarrare il passo ai Macedoni schierando tremilaseicento uomini che furono sconfitti e in gran parte uccisi. Durante questa battaglia i nemici si impadronirono di Bucefalo, l'amatissimo cavallo di Alessandro, ma lo restituirono quando il re minacciò di fare una strage e devastare il paese.
    Alessandro incontrò al confine dell'Ircania Talestri regina delle Amazzoni accompagnata da adeguato corteo, la donna desiderava avere figli dal re, certa che sarebbero stati individui di grandi doti, e Alessandro la trattenne presso di se tredici giorni per accontentarla.
    A questo punto della sua vicenda, Alessandro cominciò ad adottare i costumi e l'abbigliamento dei Persiani, si assegnò una guardia del corpo e un gineceo anche se inizialmente usò una certa moderazione per non scandalizzare i Macedoni.
    4) Un domestico di nome Cembalino, venuto a conoscenza di una cospirazione contro il re, ne informò Filota ma questi tenne per se la notizia. Quando Alessandro fu comunque informato la posizione di Filota sembrò sospetta ed egli stesso, sotto tortura, confessò di essere un congiurato.
    Filota fu giustiziato e qualche tempo dopo andò a morte anche Linceste. Parmenione, uno degli amici più intimi del re e governatore della Media, fu ucciso da sicari inviati da Alessandro.
    Una parte dei soldati criticò questa condanna e Alessandro la isolò in una coorte separata dal resto dell'esercito per evitare il diffondersi di opinioni sediziose.
    Alessandro guidò l'esercito contro gli Arimaspi che abitavano una regione remota e si chiamavano Evergeti da quando avevano aiutato Ciro il Grande e il suo esercito rimasti senza cibo nel loro paese. Gli Evergeti accolsero Alessandro amichevolmente e non fu necessario combattere, altrettanto avvenne con i vicini Gedrosii. Il re premiò tutti con doni onorevoli e assegnò loro Teridate come governatore.
    5) (328 a.C.) Alessandro guidò l'esercito al Paropamiso, regione settentrionale costantemente coperta di neve il cui clima mise a dura prova i Macedoni. Conquistato questo paese proseguì fino al Caucaso dove fondò un'altra città con il nome di Alessandria, quindi tornò in Battriana avendo saputo che Besso e Satibarzane avevano ripreso le ostilità.
    Satibarzane fu ucciso in duello da Erigio, Besso fu consegnato dai suoi e Alessandro lo affidò ai parenti di Dario che lo fecero a pezzi.

    Lacuna nel testo. Da un indice sono stati ricavati gli argomenti trattati nelle parti mancanti:
    - Alessandro condanna i Branchidi come traditori dei Greci
    - Guerra con i Sogdiani e gli Sciti
    - Punizione dei Battri e nuova ribellione dei Sogdiani
    - Terza ribellione dei Sogdiani
    - Uccisione di Clito a tavola
    - Morte di Callistene
    - Impresa contro i Nautaci, morti nell'esercito per il gelo
    - Alessandro sposa Rossane e induce gli amici a sposare nobili persiane
    - Invasione dell'India
    16) I Macedoni sterminarono i mercenari di Massace che erano stati congedati, proseguirono conquistando altre città e si fermarono alla Pietra Arnone dove si erano rifugiati i superstiti delle città conquistate. Si trattava di un altura affacciata sull'Indo molto impervia e male accessibile. Alessandro guadagnò una buona posizione con l'aiuto di una guida locale e con pochi giorni espugnò il luogo lasciando gli assediati liberi di andare via.
    Mofi (o Omfi), re di una popolazione locale, rassegnò il suo regno a Alessandro che non lo accettò ma stipulò con lui un'alleanza.
    (326 a.C.) Alessandro attaccò il principe indiano Poro che disponeva di forze considerevoli e aveva stretto alleanza con un altro re di nome Embisaro.
    I numerosi elefanti di Poro massacrarono molti Macedoni finché il dolore delle ferite non fece impazzire gli animali che fuggirono indietro travolgendo molti Indiani. Poro, che era un uomo eccezionalmente robusto, continuò a combattere valorosamente su un elefante ancora sotto controllo. Alessandro ordinò ai suoi di concentrarsi contro Poro e questi si battè da eroe finché non cadde dall'elefante sopraffatto dai colpi. Gli Indiani, credendolo morto, fuggirono e i Macedoni ebbero la vittoria.
    Poro era incredibilmente sopravvissuto, Alessandro ordinò agli Indiani di curarlo e quando fu guarito gli restituì il regno per onorarne il valore.
    17) Sconfitto Poro, il suo alleato Embisaro che non era giunto in tempo per la battaglia, si sottomise.
    Un cugino di Poro abbandonò il suo regno e fuggì, Alessandro ne fece occupare il territorio da Efestione e lo consegnò a Poro.
    I Macedoni proseguirono attraverso diverse regioni dell'India conquistando alcune città e ricevendo la resa spontanea di altre.
    Giunto nel regno di Tegeo, che lo accolse amichevolmente, Alessandro sostò per qualche tempo. Venne informato che a dodici giorni di cammino oltre l'Indo scorreva il Gange, il più grande dei fiumi dell'India e che lungo le sue rive vivevano i Presiani e i Gandaridi dotati di enormi forze militari.
    Eccitato da queste informazioni, Alessandro concepì l'idea di muovere contro i Gandaridi ma questa volta il suo esercito, sfinito da una spedizione che durava già da otto anni, non accettò di combattere ancora e lo costrinse a mettere termine all'impresa.
    Alessandro fece costruire altari e monumenti a ricordo della presenza dei Macedoni in quei luoghi poi iniziò la marcia di ritorno e raggiunse il fiume Idaspe dove fu completato l'allestimento della flotta che aveva ordinato in precedenza di preparare.
    Sull'Idaspe fondò due città, ne chiamò una Nicea dedicandola alle sue vittorie e l'altra Bucefalia in memoria del suo cavallo caduto combattendo contro Poro.
    18) Discendendo il fiume i Macedoni giunsero nel paese dei Sibi che ritenendoli loro lontani parenti li accolsero amichevolmente.
    Si scontrarono quindi con gli ostili Agalassesi e li debellarono, i superstiti fuggirono in una città e combattendo nelle strade uccisero molti Macedoni ma Alessandro li vendicò incendiando la loro città.
    Proseguendo il viaggio giunsero alla confluenza dell'Idaspe nell'Indo dove a causa dei violenti vortici diverse navi naufragarono fra cui quella di Alessandro che si salvò a stento dall'annegamento.
    Proseguendo trovò i popoli degli Ossidraci e dei Malli che erano in guerra fra loro ma si riconciliarono per affrontare Alessandro che decise di assediare una delle loro città nonostante gli auspici negativi di un indovino.
    Durante l'assedio Alessandro si trovò isolato dai suoi ad affrontare la massa dei nemici, riuscì a resistere fino all'arrivo dei soccorsi uccidendo molti Indiani ma fu ferito come l'indovino aveva predetto.
    Una volta guarito Alessandro offrì un banchetto durante il quale due suoi convitati, il macedone Corago e l'ateniese Diossippo si sfidarono. L'incontro fu vinto da Diossippo con disappunto di Alessandro per la sconfitta del connazionale. Molti Macedoni calunniarono Diossippo e lo accusarono di furto con false prove, l'Ateniese si suicidò lasciando una lettera per Alessandro in cui denunciava le trame dei suoi avversari.
    19) Proseguendo verso l'Oceano, Alessandro incontrò i popoli dei Sambesti, dei Sodri e dei Massani, accettò le loro proposte di pace e i loro doni e fondò una città. Diverso destino toccò ai Bracmani che si opposero ai Macedoni e furono massacrati. Il loro re Sambo, tuttavia, riuscì a fuggire e organizzò la resistenza attirando Alessandro in un combattimento in cui perse molti uomini a causa delle frecce dei Bracmani trattate con veleno di serpente.
    Anche Tolomeo fu tra i feriti ma fu salvato da Alessandro che sognò un serpente che gli indicava l'erba dalla quale trarre l'antitodo.
    20) Giunto all'Oceano, Alessandro considerò conclusa la spedizione, offrì sacrifici e ordinò a Nearco di esplorare la costa fino alla foce dell'Eufrate, quindi iniziò la marcia di ritorno saccheggiando e devastando i territori attraversati.
    Durante questo viaggio i Macedoni attraversarono un deserto perdendo molte vite per il clima e per la mancanza di vettovaglie. Giunti finalmente nella città di Salmunzio si ricongiunsero con quanti avevano esplorato la costa che raccontarono delle forti maree e dei grandi cetacei.
    In Susiana il vecchio Calano, del seguito del re, decise di por fine alla sua vita saltando sul rogo volontariamente. Alessandro sposò Statira figlia maggiore di Dario e combinò molti matrimoni fra la nobiltà macedone e quella persiana.
    21) Alessandro fece selezionare trentamila giovani persiani e li fece addestrare a combattere come i Macedoni in modo da avere un corpo scelto sul quale fare affidamento in caso di ribellioni del suo esercito.
    Intanto Arpalo, al quale Alessandro aveva affidato Babilonia e il tesoro reale, commetteva ogni sorta di abusi dilapidando il denaro che gli era stato lasciato. Quando seppe del ritorno di Alessandro fuggì ad Atene, qui corruppe vari personaggi nel tentativo di non essere consegnato, poi passò a Creta dove fu ammazzato da un amico. In Atene si tennero processi contro quanti si erano lasciati corrompere da Arpalo e fra questi fu anche Demostene.
    Alessandro proclamò un'amnistia, congedò i soldati più anziani e pose fine energicamente a un principio di sedizione.
    22) Sostituiti i soldati congedati con altrettanti persiani, Alessandro dispose elargizioni per il benessere e l'educazione dei figli che i suoi Macedoni avevano avuto dalle donne schiave. Partì da Susa e di tappa in tappa raggiunse Ecbatana, capitale della Media. Qui morì Efestione con grande dispiacere di Alessandro che ordinò di trasportare il cadavere a Babilonia.
    23) I veterani macedoni congedati cominciarono a depredare varie regioni. Satrapi e comandanti persiani organizzarono contro di loro un esercito che affidarono all'ateniese Leostene al quale consegnarono armi e denaro in misura adeguata. Leostene propose l'alleanza agli Etoli.
    Intanto Alessandro affrontava e sconfiggeva in pochi giorni il popolo dei Cossei che abitava sulle montagne della Media e forte della sua posizione non si era mai sottomesso neanche ai Persiani.
    Alcuni astronomi caldei avvertirono Alessandro che se fosse entrato in Babilonia avrebbe perso la vita e lo convinsero ad accamparsi fuori città ma i filosofi greci che erano con lui, fra cui Anassarco, gli fecero cambiare idea screditando ogni tipo di divinazione.
    Così i Macedoni rientrarono in Babilonia per dedicarsi all'ozio e ai piaceri.
    24) (323 a.C.) In Babilonia Alessandro concesse udienza a numerosissimi ambasciatori venuti da ogni paese per congratularsi per le sue imprese, avanzare istanze, offrire doni, quindi si dedicò ai funerali di Efestione.
    Efestione era stato il più caro amico di Alessandro ed egli gli dedicò esequie insuperabili facendo porre la sua pira funebre su un catafalco colossale, ornato di statue, armi e trofei. Volle che in futuro Efestione fosse venerato come un dio e gli offrì sacrifici di migliaia di vittime.
    25) Alessandro si dedicò finalmente a una vita serena ma molti infausti presagi annunciavano la sua morte ed egli, ricordando la profezia dei Caldei, prese a maledire i filosofi greci che lo avevano convinto a non ascoltarla.
    Dopo poco tempo partecipò a un banchetto, bevve molto e si sentì male. Peggiorò rapidamente senza che i medici riuscissero a dare sollievo ai suoi forti dolori. Consegnò il suo anello a Perdicca e quando gli chiesero chi designava come suo successore rispose "il migliore".
    Morì dopo aver regnato dodici anni e sette mesi.
    Secondo alcuni autori la causa della sua morte fu un veleno somministratogli da Antipatro che lo odiava per la condanna di Parmenione e di Filota e perché in una lite con Olimpiade Alessandro aveva appoggiato la madre.
    Morto Alessandro la vecchia regina Sisigambri madre di Dario che aveva amato la sua clemenza lo pianse amaramente e poco dopo, decrepita e sola, anche lei cessò di vivere.

    Libro XVIII


    1) Alessandro morì prevedendo che i suoi amici avrebbero molto combattuto per la supremazia e infatti alla sua morte seguirono molte guerre che Diodoro narrerà in questo libro.
    2) (323/322 a.C.) La fanteria scelse come nuovo re Arrideo figlio di Filippo benché fosse malato di mente, mentre l'aristocrazia non accettò la decisione ed inviò Meleagro, un altro ufficiale di Alessandro, a parlamentare con la fanteria, ma Meleagro non svolse la missione e passò agli avversari incitandoli a usare la forza. Si giunse comunque a un accordo e Arrideo fu eletto re con il nome di Filippo Arrideo, Perdicca fu nominato reggente e fu stabilito che le satrapie andassero ai più autorevoli amici e guardie del corpo di Alessandro.
    3)Tolomeo ebbe l'Egitto, Laomedonte di Mitilene la Siria, Filota la Cilicia, Pitone la Media, Eumene la Paflagonia e la Cappadocia con i territori limitrofi, Antigono la Panfilia, la Licia e la Grande Frigia, Asandro la Caria, Menandro la Lidia, Leonnato la Frigia Ellespontina, Lisimaco la Tracia, Antipatro la Macedonia. Nelle rimanenti satrapie dell'Asia rimasero gli stessi comandanti già in carica, ai principi Indiani Taxila e Poro rimasero i rispettivi regni. Altri territori furono assegnati a Ossiarte padre di Rossane, a Siburzio, a Stasanore di Soli, a Filippo, a Frataferne, a Peuceste, a Tlepolemo, a Atropato, a Arcone, a Arcesilao. Seleuco ebbe il comando dello squadrone di cavalleria più importante, incarico che era stato di Efestione poi di Perdicca.
    4,5,6) Perdicca sottopose all'assemblea dei Macedoni i progetti che Alessandro aveva lasciato disposizione di realizzare. Questi progetti, oltre alla fondazione di città e alla costruzione di splendidi templi o monumenti prevedevano la conquista delle coste del Mediterraneo fino a fondere le genti europee con quelle asiatiche con matrimoni e parentele. L'assemblea lodò i grandi progetti del defunto re ma decise di non realizzarli perché troppo costosi o impegnativi.
    7) I Greci stanziati nelle satrapie orientali si ribellarono ed organizzarono un esercito affidandone il comando a un certo Filone di Enia. Contro di loro Perdicca mandò milizie comandate da Pitone, ex guardia del corpo di Alessandro, con l'ordine di uccidere in ogni caso tutti i ribelli. Pitone si accordò con i capi dei ribelli che gli lasciarono vincere facilmente una battaglia a fronte di garanzie di immunità ma i suoi soldati, secondo gli ordini di Perdicca, uccisero e depredarono i Greci.
    8) Alessandro aveva emanato l'ordine di rimpatrio di tutti gli esuli, cosa sgradita agli Ateniesi che avevano confiscato i terreni degli esuli di Samo e che approfittarono della morte di Alessandro per tentare di ottenere la supremazia sulla Grecia tramite quella che fu detta Guerra Lamiaca.
    9) Leostene ebbe l'incarico di preparare l'esercito in modo molto riservato per non stimolare la reazione di Antipatro ma quando si ebbe la certezza della morte di Alessandro fu dato a Leostene il consenso per agire apertamente ed egli con una parte del denaro lasciato da Arpalo completò l'armamento e passò a cercare alleati in Etolia, Locride e Focide.
    10,11) La campagna di arruolamenti di Leostene e dei suoi ambasciatori nelle città della Grecia ebbe molto successo anche se in Atene non mancavano gli scettici che giudicavano prematura e troppo pericolosa la decisione di scendere in campo contro i Macedoni. I Beoti si opposero perché sapevano che se gli Ateniesi avessero vinto li avrebbero privati dei territori che Alessandro aveva distribuito loro. Si scontrarono con Leostene nei pressi di Platea e furono sconfitti.
    12) Antipatro chiese aiuti a Cratero e a Leonnato, quindi passò in Tessaglia per affrontare i Greci ribelli. L'esercito di Leostene era più numeroso di quello macedone perciò Antipatro si chiuse in Lamia in attesa di rinforzi dall'Asia.
    13) Leostene assediò i Macedoni e stava per costringerli alla resa per fame quando morì per un colpo alla testa. Al suo posto fu eletto Antifilo.
    14) Tolomeo prese possesso dell'Egitto e si alleò con Antipatro contro eventuali ostilità da parte di Perdicca. Lisimaco in Tracia si scontrò con l'esercito del re Seute in una battaglia non risolutiva.
    15) Leonnato, alleato di Antipatro, raccolse un esercito in Macedonia e si scontrò con i Greci che avevano tolto l'assedio a Lamia. I cavalieri Tessali prevalsero sui Macedoni e Leonnato fu ucciso. Il giorno seguente Antipatro unì le forze di Leonnato alla sua armata. Intanto la flotta ateniese, potenziata con nuove navi, si scontrava con quella macedone comandata da Clito ma veniva sconfitta in due occasioni.
    16) Perdicca invase la Cappadocia e dopo aver sconfitto e ucciso Ariarate consegnò la satrapia a Eumene come era stato stabilito. Cratero raggiunse Antipatro in Tessaglia portandogli consistenti rinforzi.
    17) I Greci erano nettamente inferiori di numero perché molti di loro, dopo le precedenti vittorie, erano tornati alle loro case. Pressati da Antipatro dovettero comunque accettare la battaglia (Crannone 7 agosto 322 a.C.) e furono sconfitti. Antipatro non accettò una resa comune e volle trattare la pace con le singole città. Molte città chiesero la pace per ottenere la salvezza ma Etoli e Ateniesi decisero di continuare le ostilità.
    18) Gli Ateniesi reintegrarono l'oratore Demade nei diritti civili perduti in precedenza per illegalità e lo mandarono a trattare la pace con Antipatro insieme a Focione. Antipatro concesse la pace e affidò il governo di Atene ai cittadini più ricchi (e quindi più interessati alla pace), tolse la cittadinanza ai poveri e agevolò il loro trasferimento in Tracia. Cratero fu ricompensato da Antipatro che gli fece sposare la figlia Fila. Perdicca ricondusse a Samo gli esuli cacciati dagli Ateniesi quaranta anni prima.
    19) Tibrone, generale spartano, aveva ucciso Arpalo e impadronitosi del suo denaro, delle navi e dei soldati aveva attaccato Cirene. Sottomessa la città e incasssato un grosso tributo si andava organizzando per assoggettare i popoli confinanti con la Libia.
    20) Le fortune di Tibrone ebbero presto fine a causa di una rivolta comandata dal disertore Mnasicle che occupò il porto di Cirene e con un'imboscata uccise molti uomini di Tibrone.
    21) Più volte sconfitto, Tibrone arruolò molti mercenari e riprese le offensive sconfiggendo i Libici coalizzati contro di lui. La situazione provocò una crisi a Cirene, il governo aristocratico fu revocato dai democratici e una parte dei possidenti riparò presso Tibrone, un'altra in Egitto. Intervenne Tolomeo mandando a Cirene lo stratego Ofella che sconfisse Tibrone e lo fece prigioniero, quindi occupò Cirene che entrò a far parte del regno tolemaico.
    22) Giunti in Pisidia, Perdicca e Filippo Arrideo decisero di distruggere due città per vendicare la morte di Balacro, guardia del corpo di Alessandro caduto in questi luoghi. Gli Isauri che abitavano una delle due città preferirono incendiare le loro case e perire nel fuoco insieme ai familiari piuttosto che cedere agli assedianti.
    23) Perdicca sposò Nicea figlia di Antipatro preferendola a Cleopatra sorella di Alessandro Magno per non svelare il suo progetto di impadronirsi del potere supremo. Per lo stesso scopo cercò di eliminare Antigono costruendo false accuse a suo carico, ma Antigono, che era molto abile e intelligente, lo prevenne e fuggì con il figlio Demetrio.
    24) Antipatro e Cratero organizzarono una spedizione contro gli Etoli, i soli a non essersi arresi dopo la Guerra Lamiaca. Gli Etoli si ritirarono sulle montagne con le famiglie, fortificarono le loro città più importanti e attesero i nemici.
    25) Gli Etoli riuscirono a resistere ai Macedoni uccidendone molti ma sopraggiunto l'inverno i loro rifugi in montagna divennero invivibili e stavano per soccombere quando Antigono avvertì Antipatro seppe che Perdicca intendeva sposare Cleopatra e dichiararsi re e decise di concludere rapidamente la guerra. Alleatosi con Tolomeo preparò una spedizione contro Perdicca, questi decise di muovere contro l'Egitto prima di avanzare verso la Macedonia.
    26-28) (322/321 a.C.) Arrideo si occupò di allestire il trasporto del corpo di Alessandro da Babilonia in Egitto. La salma imbalsamata era in un sarcofago d'oro posto su un carro decorato con incredibili ricchezze e con simboli macedoni, persiani, indiani secondo quell'ideale di unificazione che Alessandro aveva sostenuto. Al confine dell'Egitto Tolomeo prese in consegna il corpo del re e lo seppellì nel tempio appositamente costruito in Alessandria.
    29) Cratero e Antipatro riuscirono a trasferire le truppe in Asia prima dell'arrivo di Eumene all'Ellesponto. Neottolemo satrapo di Armenia che era stato inviato da Perdicca a coadiuvare Eumene si accordò segretamente con Antipatro e tramò contro Eumene ma questi lo sconfisse e aggiunse alle sue truppe i soldati superstiti dell'avversario. Neottolemo fuggì e raggiunse Antipatro, questi decise di attaccare Perdicca mentre Cratero si sarebbe mosso contro Eumene.
    30) Quando Cratero e Eumene si scontrarono (Cappadocia, luglio 321) il primo contava soprattutto sulla fanteria composta prevalentemente di Macedoni, il secondo faceva più affidamento sulla cavalleria. Cratero attaccò per primo e combattè con valore ma cadde dal cavallo e morì calpestato. La sua morte eccitò i soldati di Eumene che fecero strage dell'ala destra del nemico.
    31) A sinistra Neottolemo e Eumene si lanciarono l'uno contro l'altro affrontandosi in duello e si ferirono reciprocamente, infine Eumnene inferse il colpo mortale all'avversario.
    32) La morte di Neottolemo demoralizzò i suoi e la battaglia si concluse con esito favorevole per Eumene che propose ai soldati nemici di unirsi a lui ma molti di loro fuggirono e Eumene rinunciò a inseguirli.
    33) Antipatro si affrettò a portare aiuto a Tolomeo mentre Perdicca, incoraggiato dalla vittoria di Eumene, marciava verso l'Egitto, ma giunto a Pelusio fu abbandonato da molti ufficiali che preferirono passare a Tolomeo che godeva di grande consenso per la sua giustizia e la sua generosità. Perdicca proseguì comunque con quanti erano rimasti con lui e marciando a tappe forzate raggiunse e superò il Nilo.
    34) Accorsero i soldati di Tolomeo per difendere una loro cittadella prossima al fiume. I combattimenti durarono tutto il giorno e videro i due comandanti battersi personalmente con grande coraggio. Durante la notte Perdicca trasferì di nascosto il suo campo su un'isola formata dal Nilo di fronte a Menfi.
    35) Il guado del fiume per raggiungere l'isola si rivelò troppo difficile perché il passaggio dei soldati, cavalli ed elefanti smuoveva la sabbia rendendo il fiume sempre più profondo. Perdicca fu costretto a far tornare indietro quanti erano già passati per non dividere l'esercito e molti perirono annegati o uccisi dai coccodrilli.
    36) Tolomeo raccolse i corpi portati dalla corrente e dopo le esequie rimandò le ceneri ai parenti. I soldati di Perdicca apprezzarono il gesto e presto nacque una ribellione guidata da Pitone e Perdicca venne ucciso. Il giorno seguente Tolomeo si presentò nel campo, salutò i Macedoni e li rifornì di viveri senza cercare di trarre vantaggio dalla situazione ma convinse i soldati a conferire il potere a Pitone e Arrideo.
    37) I Macedoni decretarono la morte di Eumene e di cinquanta dei suoi, giustiziarono parenti e amici di Perdicca. Attalo, comandante della flotta, si stabilì a Tiro dove cominciò a raccogliere intorno a se i partigiani di Perdicca.
    37) Quando Antipatro passò in Asia, gli Etoli in base a precedenti accordi con Perdicca invasero la Tessaglia, gli Acarnani a loro volta invasero l'Etolia costringendoli a difendere la patria e Poliperconte, stratego di Macedonia, mosse verso la Tessaglia e la liberò dagli invasori.
    39) Arrideo e Pitone levarono il campo egiziano e giunsero a Triparadiso in Siria. Pitone rinunciò al suo incarico perché irritato dalle ingerenze di Euridice moglie di Arrideo e i Macedoni nominarono al suo posto Antipatro. Giunto a Triparadiso Antipatro si rese conto che Euridice fomentava una rivolta e la minacciò fino a ridurla al silenzio, convocò un'assemblea che ridistribuì le province, a Cassandro e Antigono fu affidato il compito di debellare Eumene.
    40) Antigono marciò verso la Cappadocia per attaccare Eumene che nel frattempo stava reprimendo la diserzione di parte del suo esercito. Quando si giunse alla battaglia Antigono vinse facilmente essendo riuscito a corrompere uno dei comandanti della cavalleria nemica che abbandonò il campo durante il combattimento.
    41) Antigono si impadronì delle satrapie di Eumene e della sua armata, Eumene con soli seicento uomini a lui fedeli si chiuse nella piccola fortezza di Nora che era ottimamente fortificata e munita di scorte abbondanti. Antigono circondò la fortezza e propose la pace e l'alleanza ma Eumene chiese di riavere le sue satrapie e Antigono si riservò di parlarne a Antipatro. Nel frattempo attaccò Alceta fratello di Perdicca e Attalo comandante della flotta.
    42) Eumene inviò Geronimo di Cardia a trattare con Antipatro le condizioni di resa e rimase in attesa nella fortezza confidando che fra coloro che disputavano per il regno di Alessandro qualcuno volesse servirsi della sua sapienza.
    43) In Egitto Tolomeo regnava tranquillamente ma quando si rese conto che Fenicia e Celesiria intendevano attaccarlo mandò contro di loro un esercito comandato dal generale Nicanore che sottomise rapidamente la Siria e lasciò guarnigioni nelle città della Fenicia.
    44) (319/318 a.C.) Antigono raggiunse la Pisidia con una marcia rapidissima e occupò delle alture in posizione vantaggiosa prima che Alceta si accorgesse della sua presenza.
    45) Alceta non fece in tempo a schierare la falange: fu rapidamente sopraffatto dalle superiori forze di Antigono e fuggì a Termesso con pochi ufficiali. Antigono prese nelle sue file molti superstiti del nemico accrescendo ancora la sua potenza.
    46) Alceta fece di tutto per procurarsi il favore dei Pisidi e quando Antigono ordinò loro di consegnarlo i giovani pisidi rifiutarono. Gli anziani erano d'altro avviso e fecero sapere di nascosto a Antigono che avrebbero consegnato Alceta vivo o morto, ma Alceta li prevenne suicidandosi.
    47) L'azione degli anziani provocò gravi disordini nella città di Termesso e i giovani infuriati commisero ruberie e scorribande. Quando Antigono partì dalla Pisidia lasciando il corpo di Alceta insepolto i giovani lo recuperarono per tumularlo decorosamente.
    Marciando verso la Frigia Antigono fu informato che Antipatro era morto e che il suo ruolo era passato a Poliperconte.
    48) In precedenza gli Ateniesi avevano mandato Demade e suo figlio Demea a reclamare da Antipatro la rimozione della guarnigione di Munichia, cosa che lo stesso Antipatro aveva promesso ma nel frattempo era stato scoperto un accordo fra Demade e Perdicca ai danni di Antipatro e questi fece giustiziare i due ambasciatori.
    In punto di morte Antipatro lasciò il comando supremo a Poliperconte, il più anziano dei generali di Alessandro, e nominò suo figlio Cassandro chiliarco, carica che lo poneva al secondo posto in ordine di autorità.
    49) Insoddisfatto delle decisioni del padre, Cassandro cominciò a cercare alleati per abbattere Poliperconte, questi intanto invitava Olimpiade, che era andata in Epiro per contrasti con Antipatro, a tornare in Macedonia e assumere la tutela del figlio di Alessandro ancora bambino.
    50) Da parte sua Antigono aspirava a conquistare tutta l'Asia e a affidarne le satrapie ai suoi amici. A questo fine propose la pace e l'alleanza a Eumene.
    51) Arrideo satrapo della Frigia Ellespontina assediò Cizico per imporre una sua guarnigione. Arrideo non seppe sfruttare il vantaggio della sorpresa. I Ciziceni chiesero una tregua per consultare il popolo ma la usarono per organizzare le difese e Arrideo tornò indietro senza nulla di fatto.
    52) Antigono accorse in difesa di Cizico ma con l'intento di impadronirsene, arrivò in ritardo e come Arrideo non ottenne nulla. Ordinò quindi a Arrideo di lasciare la sua satrapia accusandolo di ribellione.
    Mentre Arrideo cercava l'alleanza di Eumene, Antigono attaccò Clito satrapo di Lidia ma questi denunciò l'aggressione a Poliperconte. Antigono si impadronì di Efeso e con varie azioni dimostrò chiaramente di mirare alla supremazia.
    53) Dopo un anno di assedio nella sua piccola fortezza, Eumene vide la fortuna cambiare di nuovo direzione quando Antigono, volendolo come alleato, gli offrì la sua amicizia e tolse l'assedio. Eumene rimase in Cappadocia dove era molto stimato, infatti duemila soldati si arruolarono volontariamente al suo servizio.
    54) Cassandro, fingendo di non essere interessato al potere, propose a Antigono di combattere insieme Poliperconte. Antigono accettò con entusiasmo ma il suo vero scopo era impegnare Poliperconte per agire liberamente in Asia.
    55) Poliperconte e i suoi decisero di restaurare le democrazie in Grecia abbattendo i governi oligarchici voluti da Antipatro per procurarsi alleati togliendoli a Cassandro.
    56) Con un editto di cui viene riportato integralmente il testo, furono richiamati tutti gli esuli greci e reintegrati nei diritti politici e nel possesso dei beni, si ripristinarono i governi stabiliti sotto Filippo e Alessandro.
    57) Quanti avevano fatto parte dei governi oligarchici furono banditi o giustiziati. Poliperconte sollecitò il rientro di Olimpiade e ribadì a Eumene la sua disponibilità ad aiutarlo purché non si accordasse con Antigono.
    58) (318/318 a.C.) Eumene rimase fedele alla casa reale e a Poliperconte. A Olimpiade che gli scrisse chiedendo consigli suggerì di rimanere per il momento in Epiro.
    59) Per evitare l'attacco di Antigono, Eumene si portò dalla Cappadocia in Cilicia dove tremila argiraspidi per ordine dei re si misero ai suoi ordini. Così Eumene, che poco prima era stato condannato dai re, ottenne dagli stessi il comando supremo dell'Asia.
    60) Eumene era consapevole della precarietà della sua condizione: era straniero e non aveva legami di parentela con la casa di Alessandro, certamente la sua attuale fortuna gli avrebbe provocato molta invidia fino a mettere in pericolo la sua vita. Perciò decise di rifiutare i finanziamenti che gli venivano offerti per reclutare mercenari e, dicendo di aver sognato Alessandro, propose di allestire il trono d'oro e riunire l'assemblea per ricevere gli ordini in nome del re come se fosse ancora vivo.
    61) Fu preparata una tenda con il trono di Alessandro, le sue armi e i suoi ornamenti regali, furono offerti sacrifici e il consiglio si riunì intorno al trono. Mentre discutevano la situazione e Eumene si metteva al livello degli altri con grande cordialità, tutti ebbero la sensazione che Alessandro fosse con loro e in questo modo Eumene guadagnò consenso e benevolenza dai generali, dagli argiraspidi e dai Macedoni. Solo allora iniziò gli arruolamenti reclutando in breve tempo diecimila fanti e duemila cavalieri.
    62) Tolomeo, preoccupato dalla nuova situazione di Eumene, tentò di fare in modo che non ricevesse fondi e non potesse fare reclutamenti, ma Eumene aveva ormai l'appoggio di Poliperconte e di Olimpiade e le parole di Tolomeo rimasero inascoltate.
    Antigono decise di fermare Eumene complottando contro di lui e diffamandolo presso gli argiraspidi tramite Filota ma anche questo tentativo fu un insuccesso.
    63) Una lettera di Antigono ordinava agli ufficiali di Eumene di cattutare e uccidere il loro capo. Gli ufficiali, temendo di essere puniti da Antigono se avessero rifiutato o da Poliperconte in caso contrario, si trovarono in difficoltà ma Eumene li convinse a ubbidire a Poliperconte e ai re ricordando loro che Antigono era un ribelle ed evitò ancora una volta il pericolo.
    64) Nicanore, amico di Cassandro, introdusse nottetempo soldati a Munichia di rinforzo alla guarnigione macedone che gli Ateniesi intendevano allontanare e occupò il Pireo. Un'ambasciata ateniese gli chiese ragione dell'accaduto e Nicanore attribuì la decisione a Cassandro negando di avere autonomia decisionale.
    65) Olimpiade scrisse a Nicanore di restituire Municia e il Pireo e sembrò che il suo ordine sortisse effetto ma giunse in Attica Alessandro figlio di Poliperconte con un esercito per impadronirsi delle fortezze a titolo personale con la connivenza degli Ateniesi che avevano sostenuto Antipatro, fra cui Focione. Il popolo destituì i magistrati del governo oligarchico condannandone alcuni a morte, Focione fu esiliato.
    66) Alessandro accolse Focione e i suoi compagni e scrisse in loro favore al padre, ma anche gli Ateniesi mandarono ambasciatori a Poliperconte e questi per non perdere credibilità nei confronti della Grecia fece arrestare Focione e lo rimandò in catene a Atene.
    67) Si svolse un processo a carico di Focione ma il tumulto della folla impediva all'imputato di difendersi. Alla fine Focione e i suoi amici furono condannati senza aver avuto la possibilità di difendersi e furono soppressi con la cicuta.
    68) Cassandro, accolto da Nicanore, occupò il Pireo mentre Nicanore continuò a tenere Munichia.
    69) Poliperconte marciò verso l'Attica ma ritenendo di non poter assediare Cassandro per problemi logistici lasciò una parte dell'esercito presso il Pireo e proseguì verso Megalopoli che aveva ancora un governo oligarchico insediato da Antipatro.
    70) Poliperconte attaccò Megalopoli con torri da assedio e intanto fece aprire una breccia nelle mura della città da cui passarono i Macedoni affrontando i Megalopolitani in durissimi combattimenti. Gli abitanti riuscirono a chiudere la breccia mentre frombolieri, arcieri e catapulte colpivano i nemici.
    71) Il giorno dopo Poliperconte attaccò con gli elefanti ma un difensore esperto di questi animali li neutralizzò con trappole fatte di assi chiodate. Gli elefanti, impazziti per il dolore, si volsero indietro e fecero strage dei Macedoni.
    72) Poliperconte lasciò parte dei suoi ad assediare Megalopoli e decise di passare a altre imprese. Mandò Clito, comandante della flotta, a presidiare l'Ellesponto per prevenire il passaggio dall'Asia all'Europa di forze nemiche. Clito infatti intercettò una flotta di Antigono e la sconfisse affondando e catturando molte nati. Dopo questa vittoria Clino ritenne che i nemici non avrebbero ritentato ma Antigono sgominò la sua flotta con un attacco notturno e lo stesso Clito fu ucciso mentre tentava di fuggire a piedi verso la Macedonia.
    73) Antigono, dopo aver inflitto questa enorme perdita alla flotta reale, decise di passare in Cilicia per attaccare Eumene ma questi muovendosi rapidamente e evitando un attacco di Seleuco in Babilonia raggiunse la Persia dove concesse riposo al suo esercito mentre raccoglieva soldati e denaro dalle satrapie.
    74) Il fallimento dell'assedio di Megalopoli danneggiò la credibilità di Poliperconte che perse rapidamente l'alleanza di molte città greche e alla fine anche Atene scese a patti con Cassandro che lasciò agli Ateniesi città, beni e rendite ma in cambio tenne Munichia fino alla fine della guerra ed instaurò un governo oligarchico guidato da Demetrio Falereo il quale mantenne la pace e si comportò con moderazione.
    75) In seguito Cassandro dubitò della lealtà di Nicanore e lo fece uccidere. Si recò in Macedonia dove raccolse molti consensi mentre Poliperconte diventava sempre più impopolare.

    Libro XIX


    1) Consapevoli delle tentazioni del potere, gli Ateniesi usavano l'ostracismo per allontanare coloro che potevano aspirare alla tirannide prima che recassero danno allo stato. La tendenza alla tirannide fu diffusa in Sicilia dove alcuni uomini politici, approfittando della delusione della cittadinanza per la cattiva democrazia, si impadronivano del potere. Uno di loro fu Agatocle che con pochi mezzi riuscì a diventare tiranno di Siracusa con gravi conseguenze per l'intera Sicilia. Il libro XIX di Diodoro tratta il periodo di sette anni dagli inizi di Agatocle alla battaglia sull'Imera.
    2) (317/316 a.C.) Carcino di Reggio si stabilì a Termini Imerese, allora sottoposta ai Cartaginesi, quando ebbe un figlio consultò l'oracolo di Delfi tramite ambasciatori ed ebbe un responso che annunciava sventure. Espose il bambino ma la madre lo salvò, lo nascose e lo chiamò Agatocle. Sette anni dopo la donna rivelò a Carcino che il figlio era vivo e l'uomo, che si era pentito, fu felice di riprenderlo con se. Si trasferì con la famiglia a Siracusa e avviò il piccolo Agatocle al mestiere di vasaio. Ottennero la cittadinanza siracusana da Timoleonte di Corinto, vincitore dei Cartaginesi nella battaglia del Cremiso e poco dopo Carcino morì.
    3) Un certo Damas, importante cittadino di Siracusa, si innamorò di Agatocle, lo dotò di una certa fortuna e quando fu nominato stratego gli assegnò la carica di chiliarco. Il giovane si fece notare per coraggio ed eloquenza, morto Damas ne sposò la vedova e divenne uno degli uomini più ricchi di Siracusa.
    Quando Siracusa intervenne in difesa di Crotone assediata dai Bruzi, Agatocle partecipò alla spedizione ma entrò in contrasto con i comandanti supremi Eraclide e Sosistrato i quali, tornati a Siracusa, se ne fecero tiranni.
    4) Agatocle rimase in Italia con i suoi seguaci e tentò di occupare Crotone, sconfitto riparò a Taranto dove si arruolò come mercenario ma in seguito venne allontanato perché sospettato di cospirazione. Caduta la tirannide tornò a Siracusa e combattè contro l'esule Sosistrato che tentava di rientrare con l'aiuto dei Cartaginesi, dando prova di coraggio e di perizia strategica in varie occasioni.
    5) Sospettato di aspirare alla tirannide dovette fuggire da Siracusa. Quando i Siracusani richiamarono gli esuli e fecero pace con i Cartaginesi, Agatocle fu riammesso e con varie azioni demagogiche guadagnò il potere popolare e fu nominato stratego.
    6) Con il pretesto di combattere i ribelli, Agatocle arruolò molti uomini quindi attuò il suo colpo di stato facendo uccidere tutti gli avversari, in particolare coloro che erano stati membri del consiglio dei seicento del precedente governo oligarchico.
    7) Si scatenò la violenza in città e il popolo, istigato da Agatocle, fece strage di avversari e cittadini abbienti ma anche di persone odiate per motivi personali.
    8) Quattromila cittadini furono uccisi, altri seimila espulsi gran parte dei quali si rifugiarono a Agrigento. Dopo due giorni di uccisioni, saccheggi e stupri, Agatocle riunì i prigionieri, ne fece uccidere una parte e espulse tutti gli altri.
    9) Agatocle dichiarò all'assemblea di aver liberato la città dagli aspiranti tiranni, quindi si fece nominare stratego con poteri assoluti. Ottenuto il potere cambiò comportamento e si comportò generosamente con i bisognosi, curò le finanze statali ed ebbe in genere un atteggiamento moderato che piacque a molti.
    10) In Italia si era al nono anno della guerra fra Romani e Sanniti. Terminò la tregua fra Crotone e i Bruzi, i fuorusciti tentarono di rientrare a Crotone con la forza ma furono tutti uccisi.
    11) In Macedonia Euridice moglie di Arrideo che aveva assunto il regno chiese aiuto a Cassandro in vista del rientro di Olimpiade. Poliperconte con l'aiuto di Eacide re dell'Epiro riportò Olimpiade sul trono di Macedonia con il piccolo Alessandro, quindi schierò l'esercito contro quello di Euridice ma molti soldati di quest'ultima l'abbandonarono per rispetto a Olimpiade e alla memoria di Alessandro Magno. Arrideo e Euridice furono catturati e gettati in carcere in condizioni inumane. Dopo molti giorni Arrideo fu trucidato, a Euridice venne concesso di scegliere come morire e la donna si impiccò dopo aver reso onore alla salma del marito.
    Olimpiade fece morire Nicanore e Iolla fratelli di Cassandro ritenuti partecipi della congiura di Antipatro per avvelenare Alessandro. Fece inoltre uccidere cento illustri macedoni amici di Cassandro. A causa di queste azioni i Macedoni cominciarono a odiare Olimpiade e a covare la ribellione.
    12) Eumene aveva svernato in Babilonia con gli argiraspidi e il loro comandante Antigene, propose a Seleuco satrapo di Babilonia e a Pitone satrapo di Media di combattere insieme per i re contro Antigono. Seleuco si disse disposto ad aiutare i re ma non ad obbedire a Eumene, anzi contattò Antigene chiedendogli di togliere il comando a Eumene ma questa richiesta fu respinta.
    Eumene si mosse verso Susa con il suo esercito e si accampò presso il Tigri, Seleuco e Pitone giunsero sul luogo navigando il fiume.
    13) Dopo un nuovo tentativo di far destituire Eumene, Seleuco e i suoi liberarono dalle ostruzioni accumulatesi nel tempo le acque di un canale che inondò il campo di Eumene. Questi riuscì comunque ad attraversare il Tigri senza che Seleuco potesse intervenire perché non aveva forze adeguate. Seleuco offrì una tregua ma intanto chiamò Antigono. Eumene oltre il fiume entrò in Susiana con l'esercito che soffriva per carenza di viveri e chiese aiuti ai satrapi delle province superiori che avevano avuto dai re l'obbligo di obbedirgli.
    14) Pitone satrapo della Media fece uccidere Filota satrapo della Partia per porre al suo posto il proprio fratello Eudamo. Preoccupati da questo comportamento molti satrapi si coalizzarono contro Pitone che fuggì a Babilonia presso Seleuco. I corrieri che Eumene aveva mandato a mobilitare i satrapi li trovarono già armati con un grosso esercito comandato da Peuceste satrapo di Persia.
    15) Quando l'esercito dei satrapi lo raggiunse in Susiana, Eumene istituì un consiglio dei generali per evitare contese per il comando supremo. Antigono prese tempo per eseguire nuovi arruolamenti.
    16) Attalo, Polemone, Docimo, Antipatro e Filota erano stati catturati con l'esercito di Alceta ed erano prigionieri in una fortezza. Riuscirono a liberarsi e occuparono la fortezza con una cinquantina di seguaci, resistettero per un anno e quattro mesi prima di essere presi con la forza.
    17) (316/315 a.C.) Antigono, Seleuco e Pitone gettarono un ponte di barche sul Tigri, Eumene e Antigene organizzarono punti di guardia sul fiume e ricevettero rinforzi da Peuceste.
    18) Antigono giunse a Susa, nominò Seleuco satrapo della regione e lo lasciò ad assediare la rocca dove Xenofilo rifiutava di consegnare il tesoro. Proseguì per attaccare Eumene ma mentre il suo esercito era impegnato nel difficile guado del fiume Coprate, Eumene lo aggredì all'improvviso facendo molte vittime e molti prigionieri. Altri uomini di Antigono annegarono tentando di attraversare il fiume a nuoto.
    19) Rinunciando a oltrepassare il fiume, Antigono deviò verso la città di Badachè (non identificata) perdendo altri uomini durante la marcia per il caldo, altre perdite subì nell'attraversare il territorio degli ostili Cossei e infine giunse in Media.
    20) L'esercito accusava Antigono per le sofferenze patite e fu necessario calmare i soldati con laute distribuzioni di viveri. Pitone fu incaricato di raccogliere cavalieri e trovare cavalli e bestie da soma di cui la regione era ricca.
    21) L'arrivo di Antigono in Media provocò il disaccordo dello schieramento di Eumene perché ciascuno voleva difendere il proprio paese. Eumene avrebbe voluto dirigersi verso il mare ma per non dividere l'esercito appoggiò i satrapi delle province settentrionali. Insieme quindi affrontarono una lunga marcia attraverso la Persia, prima in territorio arido e desolato, poi in una regione salubre e ricca di risorse.
    22) A Persepoli Peuceste offrì sacrifici agli dei e a Filippo e Alessandro ed offrì un fastoso banchetto a tutti i soldati.
    23) Il successo di Peuceste preoccupò Eumene che con una falsa lettera di Olimpiade e altri espedienti fece credere di godere della massima fiducia da parte dei re.
    24) Quando seppe che Antigono marciava verso la Persia, Eumene decise di andare incontro al nemico ma un malore lo costrinse a cedere il comando a Peuceste e Antigene.
    25) I due eserciti si fronteggiarono senza combattere a causa delle difficoltà del terreno. Antigono mandò ambasciatori a proporre agli uomini di Eumene di passare dalla sua parte ma non ottenne risultati.
    26) Sia Antigono, sia Eumene cercarono di trasferire il campo in posizione migliore e si ingannarono a vicenda con stratagemmi e false partenze, infine si ritrovarono faccia a faccia sulla via verso la Gabiene.
    27-29) Diodoro descrive dettagliatamente gli schieramenti di fanteria, cavalleria ed elefanti degli eserciti di Antigono e di Eumene.
    30) Nel corso della battaglia l'esercito di Eumene ebbe il sopravvento grazie al valore degli argiraspidi, invincibili nonostante l'età avanzata, tuttavia quando l'ala sinistra di Antigono fu volta in fuga gli uomini di Eumene crearono un varco per inseguire i nemici e Antigono seppe abilmente approfittarne.
    31) La battaglia continuò finché il buio e la stanchezza non costrinsero i combattenti ad interromperla. L'esito era incerto. I soldati di Eumene rifiutarono di correre altri pericoli per raccogliere i cadaveri, mentre Antigono si accampò dove erano più numerosi i caduti e per questa ragione sostenne di aver vinto.
    32) Una volta sepolti i caduti Antigono si affrettò a portare l'esercito a riposare in Media. Eumene rinunciò ad inseguirlo.
    33-34) Era usanza degli Indiani che in caso di morte del marito si sacrificasse la moglie con lui. Cetero, comandante dei soldati giunti dall'India, cadde combattendo per Eumene, aveva due mogli. La legge prevedeva il sacrificio di una sola moglie e toccò alla più giovane perché l'altra era incinta. La prescelta salì sulla pira con letizia e affrontò la morte con grande coraggio mentre l'altra si disperò come se fosse stata disonorata.
    35) Intanto Cassandro, venuto a conoscenza del ritorno di Olimpiade e della morte di Arrideo, di Euridice e di suo fratello Iolla, abbandonò l'assedio di Tegea e si diresse in Macedonia. Olimpiade affidò la guerra contro Cassandro al generale Aristone e sperando nella protezione di Macedoni e Greci si recò a Pidna con il figlio di Alessandro, altri parenti e molti amici, tutte persone non adatte a combattere.
    36) Cassandro assediò Pidna. Eacide re dell'Epiro accorse in aiuto di Olimpiade ma molti dei suoi disertarono e suscitarono una ribellione, condannarono Eacida all'esilio e si allearono con Cassandro. Callas, generale di Cassandro, riuscì a corrompere molti soldati di Poliperconte lasciandolo praticamente disarmato e vanificando l'ultima speranza di Olimpiade.
    37) Antigono che svernava in Media e aveva forze inferiori a quelle di Eumene progettò di aggredire di sorpresa i campi invernali in cui si era diviso l'esercito nemico e per farlo senza essere notato procedette attraverso il deserto. Tuttavia, contrariamente ai suoi ordini, i suoi uomini accesero fuochi di notte che furono notati dagli abitanti delle zone limitrofe al deserto i quali mandarono subito veloci corrieri ad avvertire Eumene e Peuceste.
    38) Eumene fece accendere molti fuochi di notte sulle alture per simulare la presenza di molti accampamenti e ritardare la marcia di Antigono.
    39) Grazie a questo stratagemma Eumene ebbe il tempo di concentrare le sue forze ma rimasero indietro gli elefanti. Antigono lo seppe e mandò la cavalleria ad impadronirsi degli animali, l'operazione era quasi riuscita quando giunsero le forze di Eumene e la fecero fallire. Qualche giorno dopo i due eserciti si fronteggiavano per una nuova battaglia.
    40) I due comandanti come di consueto decisero gli schieramenti e affidarono le varie posizioni ai loro generali.
    41) Antigene mandò un cavaliere ad arringare alla falange nemica e le parole dell'uomo crearono disagio fra i soldati di Antigono perché ricordavano loro che stavano combattendo contro i gloriosi argiraspidi, alcuni dei quali erano molto anziani, che avevano conquistato il mondo con Filippo ed Alessandro.
    42) Antigono, approfittando della fitta polvere che durante la battaglia comprometteva la visibilità, riuscì ad impadronirsi dei carri con i familiari e i bagagli dei soldati nemici, inoltre fece fuggire Peuceste con millecinquecento cavalieri. Seguì uno scontro di cavalleria in cui la forze di Eumene furono sopraffatte.
    43) Gli argiraspidi, al contrario, con il loro attacco irrefrenabile fecero migliaia di caduti nella falange di Antigono. Al calar della sera la battaglia fu interrotta e i Macedoni rifiutarono di combattere ancora prima di aver recuperato le loro famiglie e le loro cose, in seguito si accordarono con Antigono e, catturato Eumene, glielo consegnarono.
    44) Antigono fece giustiziare Antigene, Eudamo e altri generali nemici, ma era incerto su cosa fare di Eumene perché apprezzava le sue doti di comandante. Alla fine decise di non potersi fidare di lui e lo fece uccidere ma in memoria dell'antica amicizia mandò le sue ceneri ai familiari. Fra i prigionieri era anche lo storico Geronimo di Cardia che in seguito ebbe la fiducia e l'amicizia di Antigono.
    45) L'isola di Rodi fu colpita da tre alluvioni che fecero oltre cinquecento vittime e devastarono zone abitate.
    46) Antigono si rese conto che Pitone preparava una rivolta ma trattandosi di un personaggio prestigioso agì con prudenza: finse di non avere sospetti e convocò Pitone per discutere il da farsi manifestando l'intenzione di affidargli il comando delle satrapie superiori e quando lo ebbe in suo potere si affrettò a farlo giustiziare. Affidò la satrapia della Media che era stata di Pitone a Orontobate, nominò stratego Ippostrato e partì alla volta di Ecbatana.
    47) Gli amici di Eumene e di Pitone riunirono ottocento cavalieri e svolsero azioni di guerriglia in Media finché non furono bloccati in un luogo senza via di scampo e vennero uccisi o catturati.
    48) Giunto in Persia dove fu acclamato signore dell'Asia, Antigono assegnò le satrapie ai suoi amici, la Carnania a Tlepolemo, la Battriana a Stasanore, l'Aria a Evito che morì poco dopo e fu sostituito da Evagora, la Paropanisade a Oxiarte padre di Rossane, l'Aracosia a Siburzio al quale affidò gli argiraspidi dandogli in privato il compito di impegnarli in missioni pericolose per farli morire. Poiché i Persiani non volevano altro satrapo che Peuceste, Antigono lo fece uccidere e nominò al suo posto Asclepiodoro.
    Seleuco fece consegnare il tesoro di Susa a Antigono che insieme a doni e bottini raccolti ammontava a venticinquemila talenti.
    49) Cassandro assediava Olimpiade a Pidna bloccando il porto per impedire agli assediati di ricevere aiuti. Presto la mancanza di cibo fece morire molte persone e molti animali.
    50) All'inizio della primavera Olimpiade lasciò andar via molti soldati. Cassandro li nutrì e li mandò in varie città perché voleva che i Macedoni conoscessero la situazione di Olimpiade. Infatti tutti passarono a Cassandro tranne Aristone governatore di Anfipoli e Monimo governatore di Pella, ma quando da lì a poco Olimpiade fu costretta a arrendersi Monimo consegnò Pella a Cassandro mentre Aristone tentò di resistere. Si arrese infine per ordine di Olimpiade ed ebbe garanzie di sicurezza personale.
    51) Aristone godeva di grande considerazione presso i Macedoni perciò Cassandro lo fece uccidere nonostante i patti. Cassandro offrì a Olimpiade la possibilità di fuggire perché temeva ancora il suo ascendente sul popolo ma quando la regina orgogliosamente rifiutò inviò duecento soldati per ucciderla. Anche questi soldati non toccarono la regina che infine fu soppressa dai parenti delle persone che aveva mandato a morte.
    52) Cassandro sposò Tessalonica figlia di Filippo (e di Nicesipoli) e sorellastra di Alessandro per poter vantare una parentela con la famiglia reale. Fondò la città di Cassandreia nella Calcidica e vi trasferì gli abitanti di Potidea e di altre località. Mise agli arresti a Anfipoli il piccolo Alessandro e Rossane che progettava di eliminare, fece seppellire con la cerimonia tradizionale (che dava diritto alla successione secondo il costume macedone) Arrideo, Euridice e la madre di lei Cinna.
    Poliperconte, che era sotto assedio in Perrebia, riuscì a fuggire in Etolia con pochi compagni e rimase ad attendere l'evolversi degli eventi.
    53) Alessandro figlio di Poliperconte era rimasto l'unico avversario di Cassandro che ancora disponesse di un esercito e Cassandro era deciso ad affrontarlo. Poiché il nemico si trovava nel Peloponneso, Cassandro attraversò la Tessaglia, forzò il blocco degli Etoli alle Termopili ed entrò in Beozia dove decise di ricostruire Tebe per dare lustro al proprio nome di fronte alle generazioni future.
    Breve digressione sulla storia di Tebe: dopo il diluvio dei tempi di Deucalione, Cadmo fondò la Cadmea alla quale giunse un popolo detto Sparto (riunito) o Tebagene perché proveniente da un'altra Tebe distrutta dopo il diluvio. Questo popolo fu cacciato dagli Enchelei e Cadmo riparò presso gli Illiri.
    Anfione e Zeto fondarono la città bassa, i Tebani furono scacciati una seconda volta da Polidoro figlio di Cadmo e, sotto i discendenti di costui, una terza volta dagli Epigoni. I superstiti tornarono in patria quando gli Argivi se ne furono andati ma durante la guerra di Trono furono ancora scacciati dai Pelasgi. Torneranno a Tebe dopo quattro generazioni e poi, nell'arco di ottocento anni, acquisirono la supremazia sulla Beozia poi sull'intera Grecia finché Alessandro non prese la città con la forza e la rase al suolo.
    54) Diciannove anni dopo Cassandro con l'aiuto dei Beoti e di molte città greche ricostruì Tebe. Aggirando Alessandro che presidiava l'Istmo, Cassandro giunse a Argo e costrinse gli abitanti a passare dalla sua parte. Fatto altrettanto con altre città del Peloponneso tornò in Macedonia.
    55) (315/314 a.C.) Antigono si trasferì a Babilonia con tutto il tesoro, Seleuco lo accolse con grandi onori ma quando nacquero disaccordi Seleuco, temendo per la propria sicurezza, fuggì presso Tolomeo abbandonando la sua satrapia. Antigono fu lieto di non dovergli fare del male ma quando i Caldei predissero che Seleuco sarebbe diventato potente e lo avrebbe fatto morire si pentì di averlo lasciato fuggire ma non riuscì a ritrovarlo.
    56) Seleuco convinse Tolomeo a fermare Antigono che aspirava all'intero regno e mandò ambasciatori a Lisimaco e Cassandro.
    57) Tolomeo, Lisimaco e Cassandro mandarono ambasciatori a Antigono per rivendicare le satrapie e parti del tesoro tolto a Eumene. Ottenuto un arrogante rifiuto si allearono contro Antigono, questi propose l'alleanza a Poliperconte e al figlio Alessandro.
    58) Non disponendo di navi, Antigono si portò in Fenicia e prese accordi con i re dei Fenici e con gli Ipparchi di Siria per far costruire una flotta. Migliaia di uomini furono addetti al taglio e alla lavorazione dei cedri del Libano e alla produzione di navi.
    59) Una parte delle città di Cipro accettò l'alleanza con Antigono, fra cui Salamina governata da Nicocreonte, mentre le altre si erano già unite a Tolomeo. Atistone, come gli era stato ordinato da Eumene, consegnò le ossa di Cratero alla ex moglie Fila ora moglie di Demetrio figlio di Antipatro, donna di particolare intelligenza.
    60) Delegati di Antigono strinsero accordi con Poliperconte e Alessandro e reclutarono mercenari nel Peloponneso, in Asia liberarono Amiso dall'assedio di Cassandro e Eritre da quello di Seleuco.
    61) Antigono riunì un'assemblea e accusò pubblicamente Cassandro di aver soppresso Olimpiade e di aver imprigionato Rossane e Alessandro e di aver costretto Tessalonica a sposarlo per impadronirsi del regno di Macedonia. Alessandro figlio di Poliperconte dopo un lunghissimo assedio ricevette la resa di Tiro.
    62) Tolomeo restituì l'autonomia alle città greche come aveva fatto anche Antigono e si alleò con Asandro satrapo della Caria. Con truppe e navi comandate da Mirmidone, Policleto, Menelao e Seleuco intervenne a Cipro contro le città ostili e nel Peloponneso contro Aristodemo, Alessandro, Poliperconte, Polemeo.
    Intanto la costruzione della flotta procedeva e contando anche quelle inviato dagli alleati ora Antigono disponeva di duecentocinquanta navi.
    63) In Europa Apollonide, stratego nominato da Cassandro, si impadronì della città di Stinfalo in Arcadia e represse violentemente in Argo un principio di rivolta. Cassandro espugnò Concrea in Arcadia. Saccheggiò il territorio di Corinto e liberò Orcomeno dalla guarnigione di Alessandro i cui membri furono trucidati dai cittadini.
    64) Cassandro passò in Arcadia dove lasciò Damide come governatore di Megalopoli, organizzo i Giochi Nemei in Argolide e tornò in Macedonia. Alessandro passò dalla sua parte e divenne comandante del Peloponneso. Intanto in Cilicia con una doppia imboscata catturò molti soldati e molte navi di Antigono, vittoria per cui fu premiato e onorato da Tolomeo.
    65) In Sicilia Agatocle che occupava una piazzaforte dei Messinesi promise di liberarla in cambio di trenta talenti ma avuto il denaro non mantenne la parola e tentò di appropriarsi della stessa Messina, dovette però rinunciare e restituire la piazzaforte grazie all'intervento di ambasciatori Cartaginesi. Nello stesso periodo i Romani combattevano contro i Sanniti.
    66) (314/313 a.C.) Aristodemo persuase l'assemblea degli Etoli a passare ad Antigono, quindi si recò nel Peloponneso dove liberò la città di Cillene assediata da Alessandro e in Acaia cacciò la guarnigione di Cassandro da Patrasso. Assediò Egio dove i suoi mercenari, contro la sua volontà, saccheggiarono la città e trucidarono gli abitanti. La città di Dime in Acaia fu presa con la forza da Alessandro che vi stabilì una guarnigione ma dopo qualche tempo fu liberata dagli abitanti con l'aiuto di Aristodemo.
    67) Alessandro figlio di Poliperconte fu ucciso da uno dei suoi, Alessio di Sicione, ma la moglie Cratesipoli riuscì a prendere il comando dell'esercito e reprimere duramente i Sicionii che approfittando della morte del marito si erano ribellati. Cassandro si alleò con gli Acarnani che già da tempo erano in guerra con gli Etoli suoi nemici. Proseguendo verso l'Adriatico conquistò Apollonia e invase l'Illiria sconfiggendo il re Glaucia. Lasciò una guarnigione a Epidamno e tornò in Macedonia.
    68) Gli Etoli assediarono Agrinion e massacrarono la popolazione. Cassandro, informatone al suo arrivo in Macedonia, inviò un esercito in Caria e i suoi strateghi contesero con quelli di Antigono l'isola di Lemno e altre località.
    69) Antigono lasciò in Siria suo figlio Demetrio affiancato da alcuni consiglieri di grande esperienza e con il grosso dell'esercito raggiunse la Frigia, seguito qualche tempo dopo dalla sua flotta.
    70) I fuoriusciti di Siracusa convinsero gli abitanti di Agrigento ad attaccare Agatocle prima che diventasse troppo forte. Fu chiesto uno stratego a Sparta e Acrotato, figlio del re Cleomene II che aveva contrasti in patria, fu lieto di accettare. Durante il viaggio persuase Glaucia re degli Illiri a togliere l'assedio a Apollonia e, giunto a Taranto, ottenne aiuti per l'impresa in Sicilia.
    71) Acrotato si comportò male: assunse comportamenti tirannici e costumi dissoluti dilapidando le pubbliche entrate. Quando uccise a tradimento l'autorevole siracusano Sosistrato che lo criticava fu deposto e costretto alla fuga. I Tarentini richiamarono le loro navi e fu ristabilita la pace fra Agrigento e Agatocle con la mediazione cartaginese.
    72) Agatocle potenziò il suo esercito e le sue difese perché sapeva che Cartagine non era soddisfatta del trattato e che presto lo avrebbe attaccato.
    I Sanniti conquistarono Plistica e Sora, i Romani assediarono Saticula e ne vinsero i difensori, quindi avanzarono verso l'Apulia. I Sanniti cercavano lo scontro definitivo e i Romani mandarono un grosso esercito eleggendo dittatore Quinto Elio e maestro di cavalleria Quinto Aulio. Quest'ultimo morì eroicamente in battaglia nella località di Laustore dove i Romani subirono una dolorosa sconfitta.
    I Romani dedussero una colonia a Lucera che fu determinante per il controllo dell'Apulia e la successiva vittoria sui Sanniti.
    73) (313/312 a.C.) Gli abitanti di Callatis (sul Mar Nero), di Istro e di altre città cacciarono le guarnigioni di Lisimaco e si allearono con Traci e Sciti. Lisimaco sconfisse i ribelli e i loro alleati ma mentre assediava Callatis fu avvertito che Antigono era in arrivo con un forte esercito per aiutare gli assediati.
    Lisimaco decise di andare incontro ai nemici ma giunto al monte Emo trovò il passo bloccato da Seute re dei Traci che era passato a Antigono. Lisimaco lo sconfisse ma subì molte perdite.
    74) Antigono mandò Telesforo (forse un suo nipote) nel Peloponneso per liberare le città, compito che Telesforo portò a termine tranne che per Sicione e Corinto che erano occupate da Poliperconte.
    Cassandro affidò a Filippo (forse suo fratello) la guerra in Etiopia. Filippo combatté anche contro Eacida d'Epiro facendo molti prigionieri e uccidendo molti nemici compreso lo stesso Eacida.
    75) In Asia Asandro che governava sulla Caria si accordò con Antigono ma poco dopo se ne pentì e prese contatti con Tolomeo e Cassandro. Antigono mandò esercito e flotta a liberare Mileto dalla guarnigione di Asandro, conquistò quindi Tralle, Iaso e Cauno esclusa la rocca. Un tentativo di Antigono di trattare con Cassandro non ebbe successo e le rispettive armate combatterono per l'Eubea.
    76) In Italia continuava la guerra fra Romani e Sanniti. In una battaglia nei pressi di Terracina i Romani fecero migliaia di prigionieri. Contro i Campani che avevano stipulato un'alleanza antiromana intervenne l'esercito del dittatore Gaio Menio che aveva scelto Marco Folio come comandante della cavalleria. I Campani si arresero senza combattere, le città coinvolte furono reintegrate nell'alleanza con Roma e i responsabili della ribellione si suicidarono prima di essere processati.
    77) (312/311 a.C.) Antigono operò una concentrazione di forze militari per liberare le città greche occupate da Cassandro, questi si recò a Calcide per difendere le sue posizioni e Antigono fece giungere in Eubea la sua flotta comandata da Medio, quindi mosse verso la Macedonia per impegnare Cassandro su due fronti.
    Da parte sua Cassandro lasciò il fratello Pleistarco in Calcide, conquistò Oropo e, preso accordi con i Tebani, partì per la Macedonia. Entrambi gli avversari proposero l'alleanza ai Bizantini ma questi preferirono rimanere neutrali.
    78) Partito Cassandro per la Macedonia, Polemeo stratego di Antigono prese Calcide e Oropo e le lasciò libere per dimostrare buone intenzioni verso i Greci. Passò in Attica dove Demetrio Falereo che amministrava Atene fu obbligato ad allearsi con Antigono, quindi in Beozia dove prese la Cadmea e liberò Tebe. Proseguì in Focide e Locride liberando le città soggette a Cassandro, infine si fermò a assediare Opunte che era favorevole al nemico.
    79) Cassandro inviò suoi incaricati a reprimere un a rivolta a Cirene, quindi si recò a Cipro dove fece uccidere Pigmalione che si era segretamente accordato con Antigono. Concluse la spedizione con saccheggi in Siria e Cilicia che gli resero molto bottino.
    80) Demetrio figlio di Antigono che si trovava in Celesiria tentò di intervenire in Cilicia contro Tolomeo ma giunse troppo tardi e si affrettò a tornare indietro. Intanto Tolomeo, incitato da Seleuco, decise di far guerra a Demetrio e armò un esercito che schierò presso Gaza di Siria. Demetrio fece confluire nella stessa zona tutti i suoi soldati ed attese l'attacco nemico.
    81) Demetrio era molto giovane e il suo esercito era più piccolo di quello nemico. I suoi soldati e il suo popolo lo apprezzavano per la sua età e per la sua personalità affascinante ma non priva di dolcezza. Tutti erano preoccupati per il pericolo che correva affrontando due generali esperti come Tolomeo e Seleuco.
    82) Demetrio schierò il suo esercito puntando soprattutto sull'ala sinistra nella quale combattevano i migliori cavalieri, tutti suoi amici, e l'esperto Pitone che Antigono aveva associato al comando supremo.
    83) Tolomeo e Seleuco, informati da una spia sulla disposizione scelta da Demetrio, adeguarono il loro schieramento concentrando la massima forza d'urto nell'ala destra, quindi passarono all'attacco. La battaglia ebbe inizio con scontri di cavalleria.
    84) Gli elefanti di Demetrio avanzarono provocando terrore ma la fanteria di Tolomeo aveva piazzato una palizzata rinforzata che riuscì a fermare gli animali mentre un fitto lancio di frecce feriva loro e i guidatori fino a neutralizzare completamente l'attacco. Questo evento portò il panico fra i cavalieri di Demetrio facendoli fuggire, lo stesso Demetrio fu costretto a ritirarsi per non rimanere isolato. Tolomeo inseguì i nemici fino a Gaza e al tramonto conquistò la città.
    85) Tolomeo e Seleuco concessero a Demetrio una tregua per seppellire i suoi caduti, fra i quali era anche Pitone. Demetrio mandò un corriere al padre con la richiesta di urgente soccorso.
    86) Tolomeo occupò alcune città della Fenicia e portò dalla sua parte anche Sidone. Andronico comandante della guarnigione di Tiro rifiutò di consegnare la città e di tradire Antigono. Quando fu cacciato dagli abitanti e catturato da Tolomeo temette il peggio ma Tolomeo che lo considerava degno e leale gli fece dei doni e lo tenne presso di se.
    87) A Corinto Telesforo, geloso della carriera di Polemeo, vendette le navi di cui disponeva e intraprese azioni di guerra in proprio. Occupò Elide e saccheggiò il tempio di Olimpia ma quando giunse Polemeo con l'esercito liberò la città e restituì il tesoro del tempio.
    88) In Epiro morì il re Eacide e suo fratello Alceta richiamato dall'esilio ebbe il trono. Cassandro, che lo sapeva ostile, mandò un esercito in Epiro che sconfisse Alceta distruggendo e saccheggiando la città di Eurimene.
    89) Cassandro concluse la pace con Alceta e passò a assediare Apollonia che si era ribellata, ma l'assedio era difficile e non avendo forze adeguate rinunciò e tornò in Macedonia. In Epiro Alceta fu ucciso dal popolo esasperato dalla sua durezza.
    90) Seleuco si diresse a Babilonia con un numero esiguo di soldati facendo affidamento sull'amicizia con i Babilonesi e sull'esperienza sua e dei suoi compagni.
    91) Come aveva previsto, Seleuco fu bene accolto in Babilonia dove era stato satrapo per quattro anni lasciando un ottimo ricordo. I fedeli di Antigono si rifugiarono nella cittadella ma ne furono presto cacciati. Seleuco raccolse intorno a se quanti potevano combattere infondendo coraggio e fiducia.
    92) Nicanore, passato al servizio di Antigono, marciava verso di lui dalla Media e Seleuco superò il Tigri per affrontarlo. Le sue forze erano un terzo di quelle nemiche ma con un attacco a sorpresa portò il panico fra gli uomini di Nicanore che in parte fuggirono, in parte si unirono a lui. Così Seleuco si impadronì di un imponente esercito con il quale rapidamente conquistò la Media, la Susiana e altri territori.
    93) Tolomeo mandò un esercito comandato dal macedone Cilla contro Demetrio per scacciarlo dalla Siria, ma Demetrio riuscì a sconfiggere e catturare Cilla, quindi chiamò Antigono che lo raggiunse in pochi giorni.
    Tolomeo e i suoi consiglieri decisero di non affrontare Antigono in Siria e partirono per attirarlo in Egitto dove contavano di combatterlo più vantaggiosamente.
    94) Demetrio conquistò senza combattere Siria e Fenicia, quindi si volse verso i Nabatei. Questi erano nomadi del deserto che vivevano di pastorizia e del commercio delle spezie. Se attaccati si rifugiavano in zone del deserto inaccessibili ai nemici per mancanza d'acqua.
    95) Ateneo, luogotenente di Antigono, approfittò delle fiera dei Nabatei, che in quell'occasione concentravano nella località di Petra le loro famiglie e i loro beni, per saccheggiare Petra e ripartire lasciandosi alle spalle alcuni morti e feriti e portando via dei prigionieri. Tuttavia Ateneo e i suoi uomini commisero l'imprudenza di accamparsi e lasciarsi andare al sonno e furono raggiunti e massacrati dai Nabatei.
    96) I Nabatei protestarono con Antigono che scaricò la responsabilità su Ateneo ma trascorso del tempo mandò contro di loro delle truppe comandate da Demetrio.
    97) I Nabatei notarono l'arrivo di Demetrio e prepararono adeguate difese. Dopo aver combattuto per qualche tempo lo convinsero che non avrebbe tratto alcun vantaggio da una vittoria e lo persuasero a concludere la pace accettando doni e ostaggi.
    98) Partito da Petra, Demetrio sostò presso il Lago Asfaltide sul quale Diodoro introduce una digressione descrivendone le acque malsane, la massa di asfalto che periodicamente affiora in superficie e il clima insalubre della regione.
    99) Gli abitanti delle rive del lago raccolgono l'asfalto per venderlo in Egitto dove viene usato per l'imbalsamazione.
    100) Antigono non fu soddisfatto degli accordi di Demetrio con i Nabatei. Si interessò invece dell'asfalto e ordinò a Geronimo di preparare imbarcazioni per raccoglierlo tutto ma gli Arabi che abitavano sul lago difesero la loro fonte di sussistenza uccidendo tutti gli uomini mandati da Antigono che dovette rinunciare all'asfalto.
    Antigono mandò quindi Demetrio a recuperare Babilonia occupata da Seleuco ma Demetrio trovò che la città era stata evacuata e saccheggiò una cittadella.
    101) Contemporaneamente in Italia molti popoli lottavano fra loro per l'egemonia mentre i Romani difendevano le città loro alleate. Il dittatore Quinto Fabio conquistò Fregelle catturando i cittadini più ostili che furono giustiziati a Roma. Poco dopo conquistò Nola e distribuì molto terreno ai suoi soldati mentre i Romani deducevano una colonia nell'isola di Ponza.
    102) In Sicilia i fuoriusciti siracusani si raccolsero a Messina, unica città rimasta ostile a Agatocle ma i Messinesi per evitare la guerra li consegnarono a Agatocle.
    103) L'esule Deinocrate chiese aiuto ai Cartaginesi contro Agatocle mentre un altro esule di nome Ninfodoro perdeva la vita nel tentativo di liberare la città di Centuripe dalla guarnigione del tiranno. Navi cartaginesi penetrarono nel porto grande di Siracusa ma trovarono solo navi da carico, ne affondarono una ateniese trattando con crudeltà l'equipaggio. Gli stessi Cartaginesi furono catturati da soldati di Agatocle presso la costa del Bruzio e subirono lo stesso trattamento.
    104) Gli esuli appoggiarono la rivolta della città di Galeria ma l'esercito di Agatocle li sconfisse riprendendo la città e uccidendo i rivoltosi. Intanto i Cartaginesi avevano occupato Capo Ecnomo e Agatocle marciò contro di loro ma i nemici non osarono affrontarlo in campo aperto e il tiranno tornò soddisfatto a Siracusa.
    105) Fu concluso un trattato di pace in base al quale Cassandro fu riconosciuto stratego d'Europa fino alla maggiore età del figlio di Rossane, a Lisimaco andò la Tracia, a Tolomeo l'Egitto e tutto il territorio lungo la costa della Libia e dell'Arabia, Antigono ebbe tutta l'Asia mentre la Grecia rimaneva autonoma. Cassandro fece uccidere Rossane e il figlio dal loro custode Glaucia.
    106) Considerato il crescente potere di Agatocle, i Cartaginesi decisero di intervenire in forze contro di lui ma la grande flotta inviata in Sicilia al comando di Amilcare di Giscone fu gravemente danneggiata da una tempesta. Amilcare rimpiazzò le perdite con mercenari e alleati siciliani e si preparò a combattere organizzando con gran cura l'esercito.
    107) Agatocle era consapevole che le sue forze erano inferiori a quelle cartaginesi ma era comunque deciso a conservare il controllo di Gela, strategicamente molto importante. Per sicurezza infiltrò in città molti suoi uomini in incognito poi accusò i Gelei di tradimento per essersi accordati con i Cartaginesi e ne mandò a morte quattromila sequestrando grandi ricchezze.
    108) I Cartaginesi tenevano il forte di Capo Ecnomo, Agatocle ne occupò un altro antistante. Le due postazioni erano divise da un fiume. Agatocle attaccò per primo e sfruttando la sorpresa si portò in vantaggio.
    109) Amilcare schierò mille frombolieri delle Baleari che lanciando pietre uccisero o ferirono molti nemici riequilibrando la situazione. Inoltre i Cartaginesi ricevettero rinforzi che sconfissero e misero in fuga i soldati Greci. I Cartaginesi avevano perso cinquecento uomini, Agatocle non meno di settemila.
    110) Agatocle si chiuse in Gela per tenere il nemico impegnato nell'assedio e consentire ai Siracusani di occuparsi del raccolto estivo. Amilcare seppe che Agatocle era in grado di resistere a lungo e abbandonò l'assedio. Si dedicò a portare dalla sua parte molte città come Camarina, Leontini, Catane e Tauromenio.
    Tornato a Siracusa, Agatocle organizzò una spedizione con l'intento di spostare la guerra in Libia.

    Libro XX


    1) Diodoro critica gli storici che si sono serviti troppo spesso della retorica riportando orazioni e discorsi spesso noiosi e non necessari per una chiara esposizione degli eventi.
    2) Riconosce tuttavia che in alcuni casi le orazioni di ambasciatori, governanti, generali possono essere riportate per chiarire situazioni complesse e per abbellire la narrazione, si riserva quindi il diritto di usare con moderazione questo strumento dialettico nella sua opera.
    Espone quindi la linea cronologica del ventesimo libro che coprirà un periodo di nove anni dalla spedizione di Agatocle in Libia alla coalizione dei re contro Antigono.
    3) (310 a.C. - 309 a.C.) Sconfitto a Imera, Agatocle aveva perduto gran parte del suo esercito. La Sicilia era quasi completamente in mano ai Cartaginesi che avevano forze di gran lunga superiori alle sue, quindi Agatocle prese la decisione di attaccare il nemico nella sua patria contando di spostare la guerra in Libia distraendola dalla Sicilia.
    4) Agatocle affidò il governo della città al fratello Antandro e si dedicò a rastrellare denaro per finanziare la spedizione tramite confische, prestiti forzati e imposte. Poiché molti cittadini ricchi lasciarono Siracusa, Agatocle li fece rintracciare e uccidere, quindi incamerò i loro beni.
    5) Senza rivelare le sue intenzioni, Agatocle tenne i soldati sulle navi fin quando si presentò l'occasione per forzare il blocco delle navi cartaginesi al porto di Siracusa.
    6) La flotta raggiunse la costa africana dopo sei giorni e sei notti di navigazione e nell'ultimo tratto respinse le navi cartaginesi che volevano fermarla.
    7) Una volta sbarcato Agatocle incendiò le sue navi per togliere ai soldati la tentazione di fuggire e per evitare che i nemici se ne impadronissero.
    8) Senza lasciare ai suoi il tempo di riflettere sulla situazione li guidò attraverso la ricca campagna della regione fino alla città di Megale (non identificata) che espugnò senza fatica e lasciò che venisse saccheggiata, passò quindi a Alba-Tuneto (non identificata) e attaccò con lo stesso risultato. La resistenza delle città era molto debole perché gli abitanti non erano organizzati per la difesa e non erano abituati a combattere.
    9) La notizia delle azioni di Agatocle portò il panico a Cartagine e solo quando arrivarono i marinai che avevano contrastato lo sbarco dei Sicelioti fu fatta chiarezza sull'accaduto.
    10) L'assemblea degli anziani mise sotto accusa i comandanti delle navi per non aver fermato Agatocle e affidò il comando dell'esercito a Annone e Bomilcare, due generali che si odiavano reciprocamente per antiche ragioni. I due comandanti schierarono l'esercito in campagna per impedire al nemico di attaccare la città: Annone comandava l'ala destra, Bomilcare la sinistra.
    11) Agatocle prese il comando dell'ala destra affidando la sinistra a suo figlio Arcagato. Aveva preparato delle civette da liberare sul suo esercito per incoraggiare i soldati con l'apparizione di questi uccelli sacri a Atena.
    12) Durante la battaglia il generale Annone, desideroso di gloria, si espose personalmente e venne ucciso. Bomilcare che aspirava alla tirannide considerò che una sconfitta dei Cartaginesi avrebbe procurato condizioni favorevoli e sfruttando la morte di Annone come pretesto ordinò la ritirata.
    13) I Cartaginesi si chiusero in città mentre Agatocle saccheggiava il loro accampamento. Contemporaneamente Siracusa veniva assediata dai CartaginesiCartaginesi e Cartagine dai Siciliani.
    14) Considerate le loro disgrazie, i Cartaginesi furono colti da terrore superstizioso temendo di aver offeso gli dei e attuarono molti sacrifici umani.
    15) I Cartaginesi inviarono ambasciatori in Sicilia che informarono Amilcare sui più recenti eventi e gli portarono le parti di bronzo delle navi bruciate da Agatocle. Astutamente Amilcare usò i bronzi per far credere ai Siracusani che la flotta e l'esercito di Agatocle fossero stati distrutti in Africa.
    16) A Siracusa si discuteva se resistere o arrendersi quando giunse una nave inviata da Agatocle con la notizia della vittoria. Amilcare tentò di approfittare della confusione creatasi per penetrare in città ma la ronda dei Siracusani sventò il tentativo.
    17) Agatocle conquistò molte città vicine a Cartagine e altre si unirono a lui per odio verso i Cartaginesi. Si impossessò, fra l'altro, di Tuneto (Tunisi), Adrumeto e Tapso.
    18) Allontanatosi Agatocle, i Cartaginesi con rinforzi rientrati dalla Sicilia tentarono di liberare Tuneto ma i Sicelioti tornarono rapidamente indietro e ottennero una nuova vittoria.
    19) In Macedonia, intanto, Cassandro metteva fine a una guerra fra popolazioni locali. Tolomeo generale di Antigono tradì e passò a Cassandro, aveva il controllo della satrapia dell'Ellesponto affidata al suo amico Fenice. Tolomeo re dell'Egitto mosse guerra a Antigono invadendo la Cilicia. Antigono mandò il figlio minore Filippo nell'Ellesponto e Demetrio in Cilicia.
    20) Poliperconte nel Peloponneso cercava alleati e metteva sul trono il giovane Alessandro che era cresciuto a Pergamo ed era ormai adolescente.
    21) Nell'isola di Cipro, Nicocle re di Pafo (sembra si trattasse in realtà di Nicocreonte re di Salamina, un errore di Diodoro) si alleò con Antigono. Tolomeo che dominava l'isola per non creare precedenti lo fece eliminare. Alla morte del re seguì il suicidio di tutti i suoi familiari.
    22) Nel Bosforo Cimmerio morì il re Parisade e il regno passò al primogenito Satiro ma il fratello minore Eumelo cercò di prendere il potere con l'aiuto dell'alleato Arifarne re della popolazione dei Siraci. Con una violenta battaglia Eumelo e i suoi alleati furono sconfitti.
    23) Arifarne e Eumelo ripararono nel territorio dei Siraci in luogo fortificato. Mentre cercava di catturarli Satiro fu ferito e morì durante la notte dopo nove mesi di regno.
    24) Anche un terzo fratello di nome Pritani cercò di prendere il potere ma fu a sua volta eliminato da Eumelo. Questi si insediò nella capitale Panticapeo e emanò provvedimenti atti a riconquistare la benevolenza dei sudditi, in seguito regnò con moderazione.
    25) Eumelo si comportò bene anche nei confronti dei Greci che abitavano nel Ponto e si preoccupò della sicurezza della navigazione combattendo la pirateria. Morì dopo cinque anni di regno cadendo dalla biga in corsa.
    26) Superstizioni locali parlavano di oracoli che avrebbero predetto in modo sibillino la morte di Satiro e di Eumelo.
    In Italia i consoli romani vinsero una battaglia contro i Sanniti e occuparono alcune località.
    27) (309 a.C. - 308 a.C.) Tolomeo passò in Asia e conquistò Fasalide, Zanto e Cauno. Prese con se Tolomeo nipote di Antigono ma in seguito lo sospettò di tramare un tradimento e lo costrinse a bere la cicuta.
    28) Poliperconte conduceva in Macedonia Eracle figlio di Alessandro e Barsine per metterlo sul trono quando Cassandro con promesse e proposte lo indusse a uccidere il ragazzo e allearsi con lui.
    29) Lisimaco fondò Lisimachia nel Chersoneso. Cleomene II re di Sparta morì dopo sessanta anni di regno e gli successe il figlio Areo che regnò per quarantaquattro anni.
    Amilcare decise di sferrare un attacco notturno a Siracusa ma si mosse con troppi soldati e cavalli creando una grande confusione sulla strada stretta che saliva in città. Il presidio che occupava la fortezza detta Eurielo attaccò dall'alto gli assedianti la cui armata subì molte perdite e lo stesso Amilcare venne catturato.
    30) Paradossalmente un piccolo manipolo di uomini sconfisse così l'esercito cartaginese mentre l'intero esercito di Agatocle era stato vinto così duramente presso l'Imera. Amilcare fu torturato e ucciso dai parenti delle sue vittime, la sua testa fu inviata in Libia da Agatocle.
    31) Gli Agrigentini decisero di approfittare della situazione per tentare di impadronirsi della Sicilia. Affidarono un esercito a Xenodico che aprì la sua campagna occupando Gela dove fu accolto volentieri dai cittadini. Enna passo spontaneamente a Xenodico, Erbesso (oggi Buscemi) fu liberata con la forza dalla guarnigione cartaginese.
    32) Xenodico liberò anche Leontini e Camarina dai Siracusani, questi continuavano a combattere contro i Cartaginesi che impedivano loro di ricevere rifornimenti.
    33) Ricevuta la testa di Amilcare, Agatocle la esibì ai nemici gettandoli in profonda costernazione ma di lì a poco la sua fortuna cambiò. Suo figlio Arcagato uccise in una lite un comandante dei mercenari e ne conseguì una grave rivolta nell'esercito di Agatocle.
    34) I Cartaginesi si affrettarono a fare offerte ai ribelli per farli passare dalla loro parte e molti dei comandanti Sicelioti promisero di accettare. Agatocle convocò tutto il suo seguito e vestita un'umile tunica dichiarò di preferire di morire di propria mano piuttosto che cadere in mano al nemico. Quando sguainò la spada per colpirsi fu acclamato dalla folla e riebbe il comando. Ne approfittò per portare subito un'offensiva ai Cartaginesi che non l'aspettavano ed uccidere molti nemici.
    35) Gli Etruschi attaccarono la colonia romana di Sutri e furono duramente sconfitti dai consoli. Gli Iapigi, alleati dei Romani, videro il loro territorio saccheggiato dai Sanniti. Intervenne il console Marcio Rutulo che prese con la forza la città sannita di Alife mentre l'altro console Quinto Fabio Rulliano penetrava in territorio etrusco, vinceva una battaglia nei pressi di Perugia e concludeva un trattato con Arezzo, Cortona e Perugia.
    36) A Roma il censore Appio Claudio condusse in città l'Acqua Appia (primo acquedotto romano). In seguito fece pavimentare la via che da lui prende il nome di Appia da Roma a Capua abbattendo le alture e eseguendo grandi opere a carico delle finanze pubbliche e senza consenso del senato. Nel rivedere le liste dei senatori vi inserì anche dei figli di liberti e in genere favorì la classe popolare attirando l'odio dei nobili, per questo motivo una volta conclusa la sua magistratura si finse cieco e si ritirò a vita privata.
    37) (308 a.C. - 307 a.C.) Tolomeo liberò alcune città greche concludendo accordi con i Peloponnesiaci ma vedendo che questi accordi non venivano rispettati firmò la pace con Cassandro e tornò in Egitto. Cleopatra sorella di Alessandro Magno per l'importanza della sua famiglia aveva proposte matrimoniali da tutti i generali più illustri e aveva deciso di trattare con Tolomeo ma mentre partiva da Sardi alla volta dell'Egitto fu fatta uccidere da Antigono.
    38-39) Pur subendo molte perdite Agatocle vinse un'altra battaglia contro i Cartaginesi, fra i prigionieri erano cinquecento suoi avversari siracusani passati al nemico che vennero trucidati.
    40) Agatocle propose al governatore di Cirene Ofella un'alleanza chiedendogli aiuto per sconfiggere i Cartaginesi che lo aggredivano in Sicilia e promettendo di lasciargli la Libia.
    Agatocle fu entusiasta della proposta e si rivolse agli Ateniesi per avere aiuti nell'impresa, del resto le ricchezze di Cartagine attiravano molti e per questo Ofella ebbe rinforzi anche da altre città della Grecia.
    41) Con un nutrito esercito Ofella raggiunse il confine del territorio di Cirene con la Libia. Qui si trovava una grande grotta che secondo la leggenda era stata abitata dalla regina Lamia famosa per la sua bellezza ma trasformata in essere bestiale dalla propria malvagità. Poiché aveva perduto tutti i suoi figli (concepiti con Zeus e uccisi da Era per gelosia) era impazzita dal dolore e aveva ordinato di uccidere tutti i bambini. Per questo motivo era usanza usare il suo nome per spaventare i bambini irrequieti.
    42) Dopo due mesi di faticosa e pericolosa marcia nel deserto Ofella e i suoi raggiunsero Agatocle. Questi li accolse calorosamente e li rifornì del necessario. Alcuni giorni dopo, mentre i soldati di Cirene erano in cerca di cibo e foraggio, Agatocle improvvisamente accusò Ofella di tradimento e lo uccise. Morto il comandante i soldati si lasciarono attrarre dalle generose offerte di Agatocle e si unirono al suo esercito.
    43) Contemporaneamente Bomilcare decise di agire per prendere il potere come progettava da tempo. Lo fece mentre i cittadini più illustri che lo avrebbero ostacolato erano fuori città per una spedizione contro i nomadi ribelli. Bomilcare non era al corrente della vicenda di Agatocle e Ofella così come Agatocle non fu informato del colpo di stato a Cartagine.
    44) Bomilcare e i suoi seguaci fecero strage dei cittadini ma infine vennero sopraffatti e costretti a chiudersi nella vicina Neapoli. Fu loro concesso il perdono tranne che a Bomilcare che fu torturato e giustiziato. Agatocle inviò in Sicilia un grosso bottino ma le sue navi naufragarono. I Romani si allearono con i Marsi contro i Sanniti mentre in Etruria conclusero una tregua di quarant'anni con Tarquinia.
    45) (307 a.C. - 306 a.C.) Demetrio figlio di Antigono attaccò Atene, prese il Pireo, la città e Munichia. Demetrio Falereo fu cacciato dopo dieci anni di governo e riparò presso Tolomeo.
    46) Gli Ateniesi liberati dal dominio di Cassandro tributarono grandi onori a Demetrio e Antigono. Demetrio cacciò la guarnigione di Cassandro anche da Megara e Antigono stanziò rifornimenti per gli Ateniesi e legname per le loro navi. Ordinò quindi a Demetrio di concludere la guerra con Tolomeo.
    47) Demetrio invase Cipro, Menelao stratego dell'isola si barricò in Salamina e inviò richieste di aiuto a Tolomeo. Antigono intanto seguiva la costruzione di Antigonia, città da lui fondata sul fiume Oronte.
    48) Demetrio assediò Salamina e i combattimenti durarono a lungo. Una notte Menelao e i suoi riuscirono a incendiare le macchine degli assedianti ma Demetrio decise di non desistere.
    49-52) Diodoro descrive dettagliatamente la grande battaglia navale fra Demetrio che occupava Cipro e Tolomeo giunto per riprenderla. Lo scontro fu vinto da Demetrio con gravi perdite per entrambi.
    53) Tolomeo rinunciò all'isola mentre Demetrio e Antigono da allora presero a fregiarsi del titolo di re, presto imitati dagli altri principi, compreso Tolomeo.
    54) Anche Agatocle volle da allora farsi chiamare re e per compiere un'azione degna di questo titolo attaccò Utica che si era ribellata. Catturati gli Uticensi che trovò fuori città li legò alle macchine d'assedio costringendo i difensori a colpirli per respingere gli attacchi.
    54) Presa Utica massacrò la cittadinanza, quindi conquistò altre località sulla costa e all'interno prima di affidare la Libia al figlio Arcagato e imbarcarsi per la Sicilia.
    55) Intanto Xenodico stratego degli Agrigentini continuava a combattere per liberare l'isola ma fu sconfitto dai Siracusani poco prima del rientro di Agatocle. Questi approdò a Selinunte e riprese Eraclea, tolse Cefaledio ai Cartaginesi e conquistò Apollonia.
    57) Deinocrate, capo dei fuoriusciti di Siracusa, fece suo il progetto di Xenodico e chiamando a se tutti gli avversari di Agatocle raccolse un grosso esercito mettendo in minoranza Agatocle che perciò non osava combattere.
    In Africa il generale Eumaco, su incarico di Arcagato, conquistò diverse città.
    58) Poco dopo Eumaco intraprese una nuova spedizione nel nord della Libia e ancora una volta conquistò alcune città e tornò con un ricco bottino.
    59) A questo punto il senato cartaginese decise di mandare fuori dalla città, che ormai era sovraffollata dai rifugiati, trentamila soldati divisi in tre eserciti costringendo il nemico a dividere le proprie forze e scongiurando il pericolo della carenza di viveri.
    60) Questa strategia ebbe i suoi risultati e dopo aver subito un paio di pesanti sconfitte le forze di Arcagato erano fortemente diminuite.
    61) Quasi tutti gli alleati abbandonarono Arcagato le cui truppe si trovarono isolate, circondate e a corto di viveri. Agatocle avvertito della rotta del figlio allestì diciassette navi per soccorrerlo ma i Cartaginesi bloccavano il porto e riuscì a partire solo quando l'intervento degli Etruschi in suo favore gliene fornì l'occasione.
    62) Agatocle ordinò al suo generale Leptine di saccheggiare il territorio di Agrigento. Leptine si scontrò con Xenodico e lo vinse facilmente perché nelle milizie di Agrigento covava la ribellione. Vistosi accusare per la sconfitta, Xenodico riparò a Gela.
    63) Agatocle era solito mostrarsi benevolo e cordiale durante i banchetti. Ne offrì uno prima di ripartire per l'Africa ed ebbe modo di osservare in un clima rilassato il comportamento dei Siracusani per individuare quelli che gli erano ostili. Dopo il banchetto ne fece giustiziare oltre cinquecento.
    64) Giunto in Libia trovò l'esecito demoralizzato e cercò di combattere per riportare i soldati in attività ma il nemico era superiore e perse oltre tremila uomini.
    65) Durante la notte, mentre i Cartaginesi si accingevano a sacrificare dei prigionieri bruciandoli vivi, il vento fece improvvisamente appiccare il fuoco alla tenda dei sacrifici e presto le fiamme dilagarono in tutto l'accampamento facendo molte vittime.
    66) Per scampare all'incendio molti fuggirono ma incapparono in un gran numero di Libici che erano stati alleati di Agatocle ma lo avevano abbandonato. A causa del buio e della confusione tutti pensarono di trovarsi di fronte al nemico e ne nacque una battaglia fra connazionali in cui molti morirono.
    67) Anche nel campo di Agatocle si creò un tragico equivoco quando una parte dei disertori tornò indietro. Anche qui buio e confusione impedivano di comprendere con chi si avesse a che fare e per questo motivo morirono migliaia di persone.
    68) Ormai privo di forze sufficienti per tentare altre azioni, Agatocle decise di fuggire con pochi compagni, fra cui il figlio minore Eraclide, lasciando Arcagato e gli altri al loro destino. Arcagato intuì le sue intenzioni e lo denunciò pubblicamente. Furibondi i soldati di Agatocle lo imprigionarono.
    69) Nelle ore successive la vista di Agatocle in catene impietosì molti dei suoi, Agatocle ne approfittò per fuggire abbandonando i figli che vennero trucidati quando la sua fuga fu scoperta. I Sicelioti trattarono con i Cartaginesi e conclusero la pace. Molti vennero arruolati, altri furono lasciati tornare in Sicilia. Quanti continuarono a opporre resistenza sperando nel ritorno di Agatocle furono presto catturati e condannati ai lavori forzati, i loro capi furono crocifissi.
    70) Considerazioni di Diodoro sulla punizione divina che colpì Agatocle per aver ucciso Ofella.
    71) Tornato in Sicilia, Agatocle si recò a Egesta (Segesta) e trovandosi privo di denaro depredò gli abitanti più facoltosi costringendoli con le più atroci torture a consegnargli quanto possedevano, vendette poi i giovani ai Bruzi come schiavi.
    72) Vendicò i figli facendo uccidere i parenti di quelli che avevano combattuto in Africa, dai neonati ai più vecchi.
    73) (306 a.C. - 305 a.C.) Antigono decise di compiere una grande spedizione contro l'Egitto assumendone personalmente il comando e si mise in marcia attraverso il deserto mentre a Demetrio ordinò di guidare la flotta navigando in modo di poter fornire supporto all'esercito.
    74) Durante il viaggio una tempesta distrusse alcune navi e costrinse l'intera flotta ad attendere a largo che il mare si calmasse prima di tentare lo sbarco presso la foce del Nilo.
    75) Tolomeo inviò messaggi con offerte di denaro per Antigono provocando numerose diserzioni.
    76) Antigono e Demetrio si trovarono in difficoltà perché il nemico impediva alla flotta di sbarcare e la piena del Nilo non consentiva alla fanteria di procedere. Alla fine decisero di tornare in Siria rimandando la spedizione a una stagione più favorevole.
    77) Morì Dionisio tiranno di Eraclea sul Pontos che aveva regnato per trentadue anni, i figli Ossatre e Clearco regnarono per diciassette anni.
    In Sicilia Pasifilo, generale di Agatocle, passò ai fuoriusciti con il suo esercito. Ormai senza speranza Agatocle propose a Deinocrate di scendere a patti: rinunciava al potere ma voleva conservare le fortezze di Terme e Cefaledio.
    78) Diodoro considera che Agatocle prese questa decisione dimentico dell'esempio di Dionisio il Vecchio che nel momento di maggior pericolo stava per fuggire da Siracusa ma tornò sui suoi passi esortato dagli amici che gli fecero notare che si poteva cessare di essere un tiranno solo con la morte.
    79) Deinocrate capo dei fuoriusciti deteneva un grande potere di fatto al quale non intendeva rinunciare che avrebbe perduto se a Siracusa fosse tornata la democrazia, quindi non accettò la proposta di Agatocle e si comportò in modo da differire ogni accordo. Agatocle comprese la situazione e si accordò con i Cartaginesi restituendo loro molte città siciliane in cambio di un forte compenso in oro.
    80) In Italia i Sanniti conquistarono Sora e Calazia mentre i consoli invasero la Iapigia e assediarono la città di Silvio (Gravina di Puglia), dopo averla conquistata devastarono metodicamente il territorio dei Sanniti per cinque mesi sperando di ridurli all'impotenza, quindi attaccarono Anagni e Frosinone.
    81) (305 a.C. - 304 a.C.) L'anno seguente a Rodi scoppiò la guerra contro Antigono. Rodi si era sempre mantenuta neutrale, pur avendo rapporti commerciali privilegiati con l'Egitto, e ciò aveva comportato un lungo periodo di pace e di crescita economica.
    82) Antigono propose ai Rodii di combattere con lui contro Tolomeo e al loro rifiuto prese a ostacolare i loro commerci marittimi e a minacciare l'assedio. In un primo momento i Rodii dissero a Demetrio di essere disposti all'alleanza ma le condizioni proposte (consegna di ostaggi illustri, disponibilità dei porti) fece loro sospettare che Demetrio e Antigono preparassero l'invasione della loro isola e dichiararono guerra. Demetrio passò senz'altro a preparare la flotta per il combattimento.
    83) Demetrio sbarcò a Rodi con forze imponenti e nell'arco di pochi giorni allestì un accampamento fortificato e un porto per le sue navi, il tutto con materiale ottenuto devastando il territorio.
    84) I Rodii, non riuscendo ad avviare trattative con Demetrio, inviarono richieste di aiuto a Tolomeo, Lisimaco e Cassandro. La cittadinanza si impegnò nel preparare le difese ognuno contribuendo come poteva, con i propri mezzi e le proprie capacità.
    85) Da parte sua Demetrio ordinò la costruzione di grandi macchine da assedio come torri e catapulte che fece sistemare sulle navi.
    86) Demetrio occupò il molo del porto grande durante la notte facendovi sbarcare quattromila soldati. Il mattino seguente iniziò l'assedio e la giornata passò in combattimenti molto violenti. La notte seguente i Rodii riuscirono a incendiare parte delle macchine del nemico.
    87) Dopo otto giorni di assedio Demetrio tentò di sferrare un attacco particolarmente violento ma la difesa fu altrettanto dura e alla fine gli assedianti, subite molte perdite, furono costretti a retrocedere per riparare macchine e navi danneggiate.
    88) Eseguite le riparazioni Demetrio attaccò ancora e stava per vincere ma i Rodii reagirono con estremo eroismo e distrussero le più grandi macchine nemiche. Erano agevolati dal forte vento che si abbatteva sulle navi di Demetrio e non gli permetteva di ricevere aiuti, alla fine i quattrocento soldati sbarcati sul molo furono costretti a arrendersi.
    89) In Sicilia Agatocle e Deinocrate vennero allo scontro in campo aperto. L'esercito dei fuoriusciti era molto più numeroso ma durante la battaglia parte di loro disertò riequilibrando le forze e Agatocle vinse ancora una volta. In seguito trattò con i fuoriusciti che presi dalla nostalgia erano rimasti nei pressi della città e garantendo loro l'impunità li convinse ad uscire dal loro campo fortificato, erano circa settemila, poi li fece circondare dai suoi e uccidere tutti.
    90) Deinocrate da parte sua si accordò con Agatocle e di dedicò a sottomettergli città e fortezza, fu un'intesa che durò per il resto della loro vita.
    I Romani sottomisero i Peligni, sconfissero i Sanniti che avevano invaso il territorio di Falerno e recuperarono le città di Sora, Arpino e Serennia occupate dai nemici.
    91) (304 a.C. - 303 a.C.) Falliti gli attacchi dal mare, Demetrio volle provare a espugnare Rodi attaccando da terra. A questo scopo fece costruire macchine molto più grandi delle precedenti.
    92) Disponendo di molta mano d'opera le macchine furono pronte in tempi brevi. L'ingegnosità di Demetrio nel progettare questi strumenti per gli assedi gli valse il soprannome di Poliorcete (conquistatore di città). Demetrio era di aspetto regale ed animo nobile, in tempo di pace amava bere e banchettare ma in guerra era sempre attivo e sobrio.
    93) I Rodii costruirono un secondo muro interno con materiale ricavato dalle case e dai templi. Mandarono fuori una squadra navale che arrecò non pochi danni alla flotta nemica ma non vollero abbattere le statue di Antigono e Demetrio, decisione che in seguito tornerà utile per dimostrare la loro lealtà.
    94) Demetrio faceva scavare cunicoli sotto le mura ma i Rodii avevano scavato una profonda fossa per impedire anche ogni accesso sotterraneo. Demetrio cercò di corrompere un certo Atenagora comandante dei mercenari inviati da Tolomeo che sorvegliava la fossa. Atenagora fece credere di accettare poi prese in trappola i nemici che cercavano di passare e fu lautamente premiato dai Rodii.
    95) Mentre Demetrio stava per sferrare un attacco che voleva essere decisivo con nuove enormi macchine da assedio, arrivarono ambasciatori da Cnido che si offrirono di fare da mediatori, ma le trattative non ebbero successo. La più forte torre di Rodi venne abbattuta.
    96) Tolomeo, Cassandro e Lisimaco mandarono abbondanti rifornimenti di viveri a Rodi. Ciò incoraggiò gli assediati che organizzarono un lancio notturno di proiettili incendiari costringendo i nemici a allontanare le macchine dalle mura.
    97) Approfittando della tregua, i Rodii costruirono altre fortificazioni e fecero uscire navi veloci per portare danni alla flotta e agli approvvigionamenti del nemico. Demetrio riparò le macchine e riprese l'assalto riuscendo ad aprire una breccia nelle mura.
    98) Ultimo tentativo fallito di conciliazione da parte di ambasciatori greci e ulteriore assalto di Demetrio. Ancora una volta la città sta per cedere ma i Rodii riescono a resistere.
    99) Antigono scrisse a Demetrio di concludere la pace e anche Tolomeo consigliò ai Rodii di cercare un accordo. Infine, con la mediazione della lega etolica, fu conclusa la pace che prevedeva che Rodi rimanesse libera e autonoma ma alleata di Antigono con l'esenzione dal partecipare a un'eventuale guerra contro Tolomeo.
    100) Conclusa la pace i Rodii premiarono i cittadini che si erano comportati più valorosamente e liberarono gli schiavi che avevano combattuto contro Demetrio durante l'assedio. Dedicarono statue a Cassandro e Lisimaco e un tempio a Tolomeo. Demetrio lasciò Rodi e passò in Beozia progettando di combattere contro Poliperconte e Cassandro.
    101) Agatocle assalì Lipari esigendo un tributo e confiscando il tesoro dei templi ma durante il ritorno le navi che trasportavano quelle ricchezze furono affondate da una tempesta, evento che fu naturalmente interpretato come punizione divina.
    Dopo ventidue anni di guerra fu conclusa la pace fra i Romani e i Sanniti. Il console Publio Sempronio riportò la vittoria sugli Equi e celebrò il trionfo.
    102-103) (303 a.C. - 302 a.C.) Demetrio conquistò Sicione cacciandone la guarnigione di Tolomeo. Distrusse le fortificazioni del porto ma in compenso aiutò gli abitanti a ricostruire le loro case in posizione migliore e per questo ottenne onori divini dai Sicionii.
    A Corinto cacciò la guarnigione di Cassandro e liberò altre località in Acaia e in Arcadia occupate da Cassandro o da Poliperconte.
    104) I Tarantini che erano in guerra contro i Lucani alleati dei Romani chiesero aiuti a Sparta che inviò Cleonimo come stratego con cinquemila mercenari. Cleonimo reclutò altri mercenari oltre a soldati greci e messapi in Italia formando un grosso esercito che indusse alla riconciliazione i Lucani a eccezione dei Metapontini. Cleonimo conquistò Metaponto, confiscò grosse somme e prese in ostaggio duecento fanciulle per la propria libidine. Passò a Corcira e la occupò per servirsene come osservatorio sulla situazione in Grecia.
    105) Venuto a sapere che i Tarantini lo avevano abbandonato tornò in fretta in Italia per una spedizione punitiva ma fu sopraffatto, inoltre perse venti navi a causa di una tempesta e tornò demoralizzato a Corcira.
    106) (302 a.C. - 301 a.C.) Cassandro, Lisimaco, Tolomeo e Seleuco convenirono sull'opportunità di allearsi per frenare la potenza e l'ambizione di Antigono che aveva dimostrato chiaramente di mirare all'intero impero.
    107) Cassandro mosse verso la Tessaglia per affrontare Demetrio mentre Lisimaco si diresse in Frigia contro Antigono, il generale di Cassandro Prepelao occupò Adramitto e Efeso.
    108) Informato sulle mosse di Lisimaco e sulla defezione di alcuni suoi generali, Antigono interruppe i giochi che stava celebrando in Antigonia e riunito l'esercito si diresse personalmente contro i nemici. Raggiunto Lisimaco in Frigia cercò la battaglia ma Lisimaco preferì attendere l'arrivo dei soldati di Seleuco.
    109) Avvicinandosi la cattiva stagione Lisimaco e Antigono si ritirarono negli accampamenti invernali ma Antigono mandò a Demetrio l'ordine di raggiungerlo perché temeva di essere attaccato da tutti i re riuniti contro di lui. Lisimaco sposò Amastri figlia di Ossiarte vedova di Cratero.
    110) Demetrio, che si trovava in Atene, volle essere iniziato ai misteri di Eleusi prima della partenza. Riuniti esercito e flotta giunse via mare a Larissa e la liberò dalla guarnigione di Cassandro. Questi mosse verso di lui e i due eserciti posero gli accampamenti uno di fronte all'altro.
    111) Prima di combattere con Cassandro, Demetrio ricevette l'ordine del padre di raggiungerlo, quindi concluse accordi con l'avversario con l'intesa che Antigono avrebbe dovuto ratificarli (Demetrio sapeva bene che non sarebbe accaduto) e partì per l'Asia. In quel periodo Antigono fece uccidere Mitridate I del Ponto sospettato di tradimento e salì al trono Mitridate II.
    112) Cassandro inviò a Lisimaco un esercito comandato da Pleistarco ma gran parte di questa armata fu catturata o andò dispersa in mare durante la traversata dell'Ellesponto.
    113) Tolomeo occupò la Celesiria e assediò Sidone ma ricevette la falsa notizia di una disfatta di Lisimaco e Seleuco e abbandonò l'impresa. Anche Seleuco giunse in Cappadocia e si accampò per l'inverno. Tutti i re avevano deciso di concludere la guerra con le armi durante l'estate successiva.

    Libro XXI


    Nessuno dei libri di Diodoro Siculo dal XXI al XL ci è giunto intero. Disponiamo soltanto di frammenti più o meno lunghi tramandatici da compilatori di antologie, prevalentemente bizantini. La raccolta di notizie frammentarie è troppo discontinua per formare un racconto completo e cronologicamente ordinato di molti eventi come nella prima metà dell'opera e alcuni argomenti rimangono accennati ma non del tutto esposti.
    In questa sintesi sono sostituiti con
    omissis i paragrafi troppo incompleti o che non contengono notizie utili per l'esposizione storica

    1) Spinto dalla cupidigia il re Antigono non si accontentò di essere il più potente dei successori di Alessandro ma pretese anche il territorio degli altri re, Tolomeo, Seleuco e Cassandro figlio di Antipatro, i quali si coalizzarono contro di lui. Antigono li affrontò in battaglia e venne ucciso. Suo figlio Demetrio e sua moglie Stratonice si rifugiarono a Cipro con il tesoro. Dopo la morte di Antigono Tolomeo e Seleuco contesero la Celesiria ma evitarono un scontro in nome della loro amicizia.
    2) Agatocle re di Sicilia liberò Corfù dall'assedio di Cassandro.
    3) Tornato da Corfù, Agatocle seppe che i mercenari liguri e tirreni, che erano duemila, avevano reclamato la paga e li fece uccidere tutti. I Bruzi protestarono e Agatocle assediò una loro città ma fu sconfitto.
    4) Con il pretesto di mandare la figlia Lanassa in Epiro per sposarsi, Agatocle navigò verso l'Italia senza destare sospetti in Menedemo tiranno di Crotone che era suo amico ma una volta sbarcato assediò Crotone, abbattè una torre e i Crotoniati aprirono le porte ma Agatocle saccheggiò la città e trucidò gli abitanti.
    5) Un frammento in cui Diodoro citava due sue fonti, lo storico ateniese Diillo autore di una storia universale e il suo continuatore Psaone di Platea.
    6) Combattendo contro gli Etruschi, i Galli e i Sanniti in un solo giorno i Romani uccisero centomila nemici.
    7) Antipatro (figlio di Cassandro) uccise per invidia la propria madre (Tessalonica), Alessandro fratello di Antipatro si rivolse a Demetrio ma questi uccise sia Antipatro, sia Alessandro.
    8) Agatocle passò in Italia con un nuovo esercito (294 a.C.) affidando la flotta a Stilpone ma una tempesta distrusse molte navi. Agatocle conquistò la città di Ipponio (Vibo Valentia) e trattò la pace con i Bruzi ma questi in seguito uccisero i soldati lasciati a Agatocle e ripresero la libertà.
    9) Demetrio perdonò chi lo aveva insultato nelle assemblee dicendo che il perdono è migliore della vendetta.
    10) ... omissis ...
    11) Antipatro figlio di Lisimaco fu catturato dai Traci ma poi lasciato libero (294 a.C.)
    12) Lisimaco fu catturato dai Geti (292 a.C.) il cui re Dromiceta persuase la sua gente che accordarsi con lui era meglio che ucciderlo. Dromiceta onorò Lisimaco in ogni modo e gli offrì un lussuoso banchetto, per sdebitarsi Lisimaco rese ai Geti i territori che aveva occupato e fu lasciato libero.
    13) ... omissis ...
    14) I Tebani si ribellarono per la seconda volta a Demetrio che abbattè le loro mura (290 a.C.) e si limitò a punire i capi della rivolta.
    15) Agatocle propose l'alleanza a Demetrio che mandò presso di lui un suo amico come garanzia dei trattati ma in realtà per spiare la situazione in Sicilia.
    16) Agatocle di Siracusa, dopo un lungo periodo di pace, progettò un nuovo attacco alla Libia ma non riuscì ad attuarlo. Quando presentò al popolo suo figlio Agatocle indicandolo come suo successore, il nipote Arcagato figlio dell'Arcagato morto in Libia decise di eliminare entrambi e convinse Menone, uno schiavo che odiava il tiranno, ad aiutarlo. Fece sgozzare e gettare in mare il giovane Agatocle mentre Menone propinava il veleno al vecchio imbevendone una penna con la quale Agatocle usava pulirsi i denti.
    Divorato dalla cancrena il tiranno denunciò il nipote al popolo. Oxythemi, l'inviato di Demetrio, lo pose sulla pira moribondo ma ancora vivo.
    Menone, fiero di aver abbattuto la monarchia, assassinò Arcagato e tentò di prendere il potere a Siracusa.
    17) Lo storico Timeo che odiava personalmente Agatocle per essere stato da lui cacciato dalla Sicilia, descriveva il tiranno come incapace e vile attribuendogli difetti che non aveva oltre alle tante colpe delle quali si era macchiato. Per questo motivo Diodoro considera Timeo non attendibile per quanto riguarda il periodo di Agatocle.
    18) I Siracusani combatterono contro Menone finché l'intervento cartaginese non li costrinse a riammettere gli esuli in città. In seguito si verificò una rivolta dei mercenari che si concluse con un accorto in base al quale i ribelli dovevano lasciare la Sicilia ma giunti a Messina trucidarono i cittadini, ne sposarono le mogli e occuparono la città. Furono detti Mamertini dal nome di Ares nella loro lingua.
    19) ... omissis ...
    20) Mentre Demetrio era prigioniero a Pella, Lisimaco offrì un compenso a Seleuco per ucciderlo. Seleuco rifiutò indignato perché legato da vincoli di parentela a Demetrio, aveva già deciso di liberarlo e condivise la decisione con il figlio Antioco.
    21) ... omissis ...

    Libro XXII


    1) Decio, comandante del presidio romano di Reggio contro Pirro, fece uccidere i cittadini e prese i loro averi e le loro mogli. I suoi soldati, insoddisfatti della distribuzione del bottino, lo mandarono in esilio. Accolto dai Mamertini, divenne il loro comandante. Si ammalò agli occhi e mandò a chiamare un famoso medico ma questi per vendicare la patria lo privò del tutto della vista con una pomata tossica e fuggì da Messina.
    2) In Sicilia erano tiranni Iceta a Siracusa, Finzia a Agrigento, Tindarione a Taormina. Finzia e Iceta si fecero guerra. Iceta vinse e orgoglioso per la vittoria attaccò i Cartaginesi ma fu sconfitto presso il fiume Teria.
    Finzia fondò una città che chiamò Finziade e vi trasferì con la forza gli abitanti di Gela dopo aver distrutto le loro case. I suoi sudditi si ribellarono a cominciare dalla città di Agirio ma cambiando rapidamente comportamento Finzia diventò più umile e umano e riuscì a mantenere il potere.
    3) Tolomeo re di Macedonia (Tolomeo Cerauno) era giovane e impulsivo, agendo in modo imprudente fu ucciso dai Galati e le sue truppe furono distrutte.
    4) I Galli saccheggiarono la Macedonia mentre molti pretendenti si avvicendavano sul trono: Meleagro fratello di Tolomeo regnò per pochi giorni, Antipatro Etesias regnò per quarantacinque giorni, Sostene, Tolomeo figlio di Lisimaco, Alessandro figlio di Lisimaco, Pirro re dell'Epiro. Tutti nello spazio di tre anni.
    5) Apollodoro cospirò per la tirannide (a Cassandreia), sacrificò un giovanetto e ne fece mangiare le viscere e bere il sangue ai congiurati. Reclutò soldati galati particolarmente crudeli e confiscò i beni dei cittadini. Era suo consigliere il siculo Callifonte.
    6) Pirro ottenne delle vittorie sui Romani ma furono le cosiddette vittorie cadmee perché il vincitore subì più danni degli sconfitti. Il sua ambasciatore Cinea si recò a Roma offrendo doni ma il senato non li accettò.
    7) Finzia tiranno di Agrigento sognò che sarebbe stato ucciso da un cinghiale durante la caccia. Thenone e Sostrato succedettero a Iceta di Siracusa scacciandolo dopo nove anni di regno e richiamarono Pirro in Sicilia.
    A Pirro si opposero Mamertini e Cartaginesi mentre Tindarione tiranno di Taormina lo accolse nella sua città. I Cartaginesi si allearono con i Romani e sbarcarono un presidio a Reggio per sorvegliare lo stretto. Thenone e Sostrato combatterono uno contro l'altro ma infine mandarono entrambi ambasciatori a Pirro.
    8) I Cartaginesi assediarono i Siracusani che contavano sull'aiuto di Pirro genero di Agatocle, ma Pirro combatteva in Italia. Quando sbarcò a Taormina raggiunse Catania, poi Siracusa con la fanteria e con la flotta. I Cartaginesi che erano in minoranza non osarono affrontarlo. Pirro riconciliò Thenone e Sostrato mentre Leontini e altre città gli si consegnarono spontaneamente.
    9) Brenno re dei Galli con centocinquantamila guerrieri attaccò la Macedonia e si spinse in Grecia per saccheggiare Delfi ma qui si svolse una grande battaglia in cui perse molti uomini ed egli stesso fu ferito. Brenno ordinò di uccidere tutti i feriti, eleggere re Cicorio e tornare in patria, quindi si suicidò. Cicorio eseguì i suoi ordini ma durante la ritirata perse tutti gli uomini e nessuno tornò a casa.
    10) Pirro conquistò Agrigento e marciò contro i Cartaginesi sottomettendo Eraclea Minoa, mentre gli si consegnarono Selinunte e molte altre città. Conquistò Erice con un lungo assedio, passò a Iete che si arrese e mosse contro Palermo prendendola con la forza. Quando conquistò la fortezza di Eircte ebbe tutti i possedimenti cartaginesi a eccezione di Lilibeo.
    Questa città era così fortificata e difesa che Pirro, dopo due mesi di assedio, fu costretto a rinunciare.
    11) Pirro celebrò la vittoria dedicando gli scudi dei Galli al tempio di Atena Itonide in Tessaglia.
    12) I Galli che militavano nell'esercito di Pirro profanarono le tombe della famiglia reale macedone a Ege.
    13) Dopo aver conquistato diverse città con la forza e averne annesse altre in modo pacifico, Ierone si preparò a combattere contro i Mamertini di Messina. Schierò il suo esercito e vinse mandando parte dei suoi ad attaccare il nemico alle spalle e catturò il capo dei Mamertini Chione gravemente ferito e privo di conoscenza. Ierone ordinò di curare Chione ma quando questi seppe che suo figlio era caduto in battaglia volle morire.
    I Mamertini stavano per cedere Messina a Ierone quando ne furono dissuasi dal cartaginese che introdusse suoi soldati in città e Ierone rinunciò all'assedio ma in seguito si accordò con i Cartaginesi per attaccare Messina insieme.

    Libro XXIII


    1) Annone figlio di Annibale sbarcò in Sicilia e concentrò le sue forze a Lilibeo, quindi si recò a Agrigento e propose l'alleanza. Trattò con Ierone e insieme attaccarono Messina. I Romani mandarono il console Appio Claudio che giunto a Reggio tentò di trattare con Ierone ma il tiranno rispose che avrebbe in ogni caso punito i Mamertini.
    2) I Cartaginesi combatterono in mare contro i Romani e furono sconfitti. Intuendo le dimensioni di un'eventuale guerra cercarono di trattare con i Romani.
    3) Quando il console sbarcò a Messina, Ierone fuggì a Siracusa. Il console sconfisse i Cartaginesi e assediò Segesta ma qui perse molti uomini e tornò a Messina.
    4) Entrambi i consoli andarono in Sicilia (Manio Otacilio Crasso e Manio Valerio Massimo Messalla, 263 a.C.). Decine di città si arresero senza combattere e Ierone propose la tregua. I consoli accettarono perché erano interessati a scontrarsi con i soli Cartaginesi e fu conclusa una pace di quindici anni.
    5) Segesta passò ai Romani, Tindari avrebbe fatto altrettanto ma i Cartaginesi portarono via i cittadini più in vista.
    6) ... omissis ...
    7) ... omissis ...
    8) Annone il Vecchio trasportò in Sicilia una grande armata e prese alcune località ma perse molti uomini, cavalli e elefanti. Riuscì a prendere Entella con uno stratagemma.
    9) Multato e privato dei diritti civili per le perdite subite, Annone fu sostituito da Amilcare Barca che sconfisse i Romani presso Terme (Termini Imerese). Conquistò Camarina e Enna, distrusse Erice e trasferì gli abitanti a Drepano. I Romani ripresero Camarina, Enna e altre località.
    10) ... omissis ...
    11) I Cartaginesi furono sconfitti in mare (da Atilio Regolo a Capo Ecnomo nel 256 a.C.) per aver commesso errori mentre avrebbero potuto facilmente vincere la battaglia.
    12) Sconfitti e scoraggiati, i Cartaginesi mandarono ambasciatori per trattare la pace a Regolo ma quello pose condizioni durissime e gli ambasciatori rifiutarono indignati.
    13) ... omissis ...
    14) ... omissis ...
    15) L'errore di Atilio Regolo che per arroganza rifiutò una pace vantaggiosa esagerando nelle sue pretese comportò lo scoppio di una guerra disastrosa e lunghissima che costò a Roma almeno centomila vite e enormi somme di denaro. Le calamità colpirono personalmente anche lo stesso Atilio Regolo.
    Lo spartano Santippo (chiamato dai Cartaginesi) invece capovolse le sorti del conflitto.
    16) A Regolo furono tagliate le palpebre quindi fu rinchiuso in una capanna con un elefante ferito e impazzito per il dolore che lo travolse facendolo morire miseramente.
    Santippo convinse i Siculi a combattere contro i Romani per difendere Lilibeo e vinse la battaglia ma i Siculi per invidia lo fecero morire in mare.
    17) ... omissis ...
    18) I Romani attraversarono il mare e attaccarono in Libia le navi cartaginesi catturandone ventiquattro ma tornando verso la Sicilia un fortunale distrusse l'intera flotta, i pochi superstiti furono aiutati da Ierone. In seguito armarono una nuova flotta e combatterono contro il cartaginese Cartalone conquistando Palermo.
    19) I Romani assediarono Terme ed entrarono in città grazie al tradimento di una sentinella ma i primi entrati fecero chiudere le porte per avere l'intero bottino. Tutti furono uccisi.
    20) ... omissis ...
    21) Asdrubale pose il campo presso Palermo senza fortificarlo per scarsa considerazione del nemico. I suoi soldati bevvero molto vino e quando Cecilio Metello li attaccò li sconfisse facilmente.
    22) I più grandi comandanti cartaginesi furono Amilcare Barca e suo figlio Annibale.

    Libro XXIV


    I Cartaginesi occupavano Lilibeo nella quale avevano trasferito anche la popolazione di Selinunte che avevano distrutto. I Romani assediarono Lilibeo con grandi difficoltà per la resistenza cartaginese e per un'epidemia, solo gli aiuti di Ierone permetteva di proseguire nell'assedio.
    Il nuovo console Claudio figlio di Appio (249 a.C.) attaccò i Cartaginesi in una grande battaglia navale e fu sconfitto perdendo molte navi. Più tardi il generale Cartalone sconfisse di nuovo i Romani e catturò le loro navi che portavano rifornimenti. L'altro console Lucio Giunio Pullo era in viaggio verso Lilibeo quando seppe della sconfitta del collega, cercò di tornare indietro ma per una tempesta perse tutte le navi tranne due. Riuscì comunque a occupare Erice ma poco dopo ne fu cacciato da Cartalone.
    2) ... omissis ...
    3) Prendendo il comando il console Claudio criticò duramente i suoi predecessori accusandoli di pigrizia e incapacità ma poi commise i loro stessi errori.
    4) ... omissis ...
    5) Elogio di Amilcare
    6) ... omissis ...
    7) ... omissis ...
    8) Barca occupò Erice uccidendone i difensori e trasferì i superstiti a Trapani.
    9) Il console Gaio Fundanio Fundulo (243 a.C.) negò con arroganza a Amilcare la restituzione dei caduti consigliandogli di chiedere una tregua per i vivi e non per i morti, ma quando fu sconfitto e fu lui a chiedere i caduti, Amilcare concesse la tregua dicendo di essere in guerra con i vivi e in pace con i morti.
    10) Elogio di Annone e della sua clemenza con gli abitanti della città conquistata di Ecatompilo.
    11) Il console Quinto Lutazio Catulo (242 a.C.) ancorò la flotta presso Erice. Annone raggiunse l'isola di Hiera e mosse a sua volta verso Erice. Quando le flotte si scontrarono si accese una grande battaglia (Isole Egadi 10 marzo 241 a.C.) I Cartaginesi persero centodiciassette navi, le superstiti fuggirono a Cartagine, i Romani ne persero ottanta.
    12) La moglie di Atilio Regolo volle vendicare la morte del marito su due prigionieri cartaginesi chiudendoli in una cella strettissima e dando loro pochissimo cibo. Il primo morì per gli stenti, il secondo resistette ancora per molti giorni accanto al cadavere e quando stava per morire fu inaspettatamente salvato. Gli schiavi della casa raccontarono ad altri cosa stava accadendo e la notizia arrivò ai tribuni che minacciarono gli Atili delle più severe punizioni per aver disonorato Roma. Gli Atili rimproverarono la madre, cremarono il corpo del morto e liberarono il sopravvissuto.
    13) Quando gli ambasciatori romani lessero a Amilcare Barca le condizioni della resa il generale rifiutò di consegnare le armi.
    14) Romani e Cartaginesi si riconciliarono dopo aver combattuto ventiquattro anni per Lilibeo.

    Libro XXV


    1) ... omissis ...
    2) I Cartaginesi non rispettarono gli impegni concordati con i mercenari (Iberi, Galli, Baleari, Libici, Fenici e Liguri) e costoro scatenarono una rivolta disastrosa.
    3) I ribelli comandati da Spendio cacciarono gli araldi cartaginesi che chiedevano i cadaveri dei caduti, torturarono e mutilarono i prigionieri e Amilcare Barca, benché non incline alla crudeltà, fece altrettanto con i ribelli che catturava.
    4) I ribelli che assediavano Cartagine (238 a.C.) si trovarono in grande difficoltà per carenza di cibo e per l'inesperienza dei comandanti.
    5) Amilcare fece crocifiggere Spendio ma Mathos inchiodò sulla stessa croce Amilcare.
    6) Dopo quattro anni e quattro mesi di guerra i mercenari ribelli furono sbaragliati da Amilcare Barca.
    7) ... omissis ...
    8) Amilcare Barca ebbe grandi meriti per le sue imprese in Sicilia e durante la rivolta dei mercenari, in seguito cercò il favore popolare e ottenne il comando di tutta l'Iberia a tempo indeterminato.
    9-10) Ottenuto il comando, Amilcare si dedicò alla conquista dell'Iberia a partire dalle Colonne d'Ercole. Sconfisse Iberi e Celti uccidendo i loro capi e fondò la città di Acra Leuké (Alicante). Assediò la città di Elche ma fu cacciato dagli Orissi, riuscì a portare in salvo figli e amici ma mentre fuggiva inseguito dal re dei nemici entrò a cavallo in un fiume e fu trascinato via dalla corrente.
    11) ... omissis ...
    12) Asdrubale genero di Amilcare prese il comando e sconfisse gli Orissi conquistando le loro città. Fondò la città di Nuova Cartagine (Cartagena), tenne il comando supremo per nove anni (229 - 221 a.C.) e poi fu assassinato in una congiura.
    13) I Celti entrarono in guerra con i Romani e vinsero due battaglie ma nel terzo scontro i Romani riportarono una devastante vittoria. Il proconsole Lucio Emilio Papo devastò la regione nemica conquistando molte città e castelli.
    14) Ierone di Siracusa aiutò i Romani contro i Celti mandando loro rifornimenti.
    15) I Cartaginesi affidarono il comando a Annibale figlio di Amilcare. Annibale assediò la città di Sagunto i cui abitanti, dopo aver fuso tutto l'oro che possedevano con rame e piombo per renderlo privo di valore, uscirono a combattere e vennero tutti abbattuti mentre le donne uccisero i figli e si impiccarono.
    I Romani chiesero soddisfazione per quest'azione e non avendola ricevuta iniziarono la guerra che fu detta annibalica.
    16) Un ambasciatore romano chiese agli anziani di Cartagine se volevano la pace o la guerra, gli fu risposto di scegliere lui e lui scelse la guerra.
    17) Gli abitanti di Victomela costretti a capitolare si uccisero in massa piuttosto che cadere nelle mani dei nemici.
    18) ... omissis ...
    19) In questo frammento Tze Tzes narra gli ultimi momenti di vita di Amilcare che dopo aver allontanato i propri figli si fece riconoscere dai nemici per essere inseguito e dare agli altri modo di mettersi in salvo.
    Suo figlio Annibale combattè a lungo in Iberia per vendicare il padre e raccolse un grande esercito allarmando i Romani che gli mossero guerra. Annibale marciò verso l'Italia, superò le Alpi e si scontrò con i Romani vincendoli in varie occasioni, quindi attese il fratello Asdrubale che doveva portargli rinforzi. Asdrubale fu intercettato e ucciso dai Romani che ne mandarono la testa al fratello.
    Annibale combattè ancora contro i Romani a Canne nella pianura pugliese. La sua vittoria fu così grande che i Roma rimase quasi priva di uomini e Annibale avrebbe potuto raderla al suolo se non fosse stato fiaccato dall'ozio e dal vino. Il suo indugio lasciò il tempo ai Romani di formare un altro esercito e infine Annibale, a corto di mezzi e mal visto dai suoi, fu messo in fuga dal romano Scipione.
    Morì in Bitinia bevendo un veleno.

    Libro XXVI


    1) ... omissis ...
    2) Fin dall'infanzia Annibale era stato educato alla pratica militare.
    3) Annibale sfidò molte volte il dittatore Fabio ad affrontarlo in battaglia ma Fabio continuava ad attendere sopportando le critiche, quando Minucio fu sconfitto da Annibale tutti compresero le ragioni di Fabio.
    4) ... omissis ...
    5) ... omissis ...
    6) ... omissis ...
    7) Dorimaco stratego degli Etoli saccheggiò e incendiò il santuario di Dodone.
    8) Ierone di Siracusa inviò aiuti a Rodi devastata da un terremoto.
    9) ... omissis ...
    10) Gli abitanti di Capua defezionarono dai Romani e passarono ai Cartaginesi per paura di Annibale.
    11) L'abbondanza e il lusso del soggiorno campano spinsero rapidamente i Cartaginesi all'inerzia e alla lussuria fiaccando le loro energie.
    12) ... omissis ...
    13) Annibale conquistò le città del Bruzio fra cui Crotone e sottomise tutto il territorio italiano a eccezione di Roma e Napoli.
    14) Annibale cercò di costringere i prigionieri a lottare tra loro in modo che si uccidessero reciprocamente ma tutti riufiutarono preferendo piuttosto morire fra le torture.
    15) Ieronimo ancora giovanissimo succedette a Gelone e Ierone di Siracusa, i suoi consiglieri lo indussero a commettere ingiustizie e crudeltà finché non fu ucciso da cospiratori. La popolazione riunita in assemblea condannò a morte tutti i membri della sua famiglia.
    16) Magone mandò al fratello Annibale il corpo di Sempronio Gracco (212 a.C.) ma Annibale impedì che i suoi soldati ne facessero scempio, tributò esequie al morto e rimandò le spoglie al campo romano.
    17) I Romani offrirono l'immunità ai Campani che avevano cambiato schieramento ma i Campani non accettarono illusi dalle promesse di Annibale e più tardi ebbero a pentirsene.
    18) Archimede di Siracusa era un grande inventore, quando il comandante romano Marcello attaccò Siracusa aveva settantacinque anni ma con le sue macchine distrusse molte navi romane. Alcune ne sollevò con sistemi di carrucole e le rigettò in mare dopo averle battute contro le mura, altre ne colpì con enormi catapulte, altre ancora ne incendiò con gli specchi ustori. Marcello riuscì a entrare in città durante la festa di Artemide, forse grazie a un traditore, e un suo soldato uccise Archimede senza neanche sapere chi fosse. Il console tributò all'inventore solenni onori.
    19) ... omissis ...
    20) Marcello non fece del male ai Siracusani ma fece saccheggiare i loro averi privandoli di tutto al punto che molti chiesero di diventare schiavi per essere nutriti.
    21) ... omissis ...
    22) Il celtibero Indibile dopo essere stato perdonato da Scipione riaprì le ostilità alla prima occasione.
    23) Terminata la guerra contro i Libici, i Cartaginesi fecero strage dei Nomadi che divennero i loro peggiori nemici.
    24) Secondo Polibio e altri autori Asdrubale fu degno di essere figlio di Amilcare e fratello di Annibale. Combattè molte battaglie in Spagna rivelandosi il miglior condottiero dopo il fratello e se fosse stato aiutato dalla sorte i Romani non sarebbero riusciti a combattere contro i due fratelli contemporaneamente.

    Libro XXVII


    1) Nabide tiranno degli Spartani mise a morte Pelope figlio del re Licurgo e molti nobili cittadini per salvaguardare il suo potere, inoltre assoldò sacrileghi, ladri e condannati di ogni tipo come mercenari.
    2) ... omissis ...
    3) I Cretesi cominciarono a darsi alla pirateria e i Rodii dichiararono loro guerra perché danneggiavano il commercio.
    4) Pleminio propretore a Locri rapinò le ricchezze del santuario di Persefone, i tribuni militari presso i quali i Locresi protestavano si finsero indignati per il sacrilegio ma in seguito furono colpiti da molte sventure. Anche Pirro si servì delle ricchezze del santuario di Locri e fu colpito da una tempesta.
    I tribuni militari in realtà erano adirati per non aver avuto la loro parte, vennero alle mani e percossero Pleminio ma questi li fece arrestare, torturare e uccidere.
    Gli avversari calunniarono Scipione accusandolo di aver sobillato Pleminio. Il senato aprì un'inchiesta ma Scipione fece incatenare Pleminio e lo mandò a Roma dove morì mentre era sotto custodia e i suoi beni furono votati alla dea per espiare il sacrilegio.
    5) ... omissis ...
    6) Quando vide Siface e i suoi in catene, Scipione li trattò con umanità ritenendo ingiusto infierire su chi era stato abbandonato dalla fortuna.
    7) Sofonisba fu moglie di Massinissa poi di Siface e poi nuovamente di Massinissa. Venuto a sapere che la donna istigava continuamente il marito a ribellarsi a Roma, Scipione la fece chiamare ma Massinissa costrinse Sofonisba a bere il veleno.
    8) Scipione consolidò l'alleanza con Massinissa per tutto il tempo che questi visse.
    9) Convocati gli alleati, Annibale annunciò che intendeva tornare in Libia e invitò ad accompagnarlo chi avesse voluto ma poi fece uccidere tutti quelli che scelsero di rimanere in Italia, circa ventimila uomini.
    10) Gli stessi quattromila cavalieri che dopo la sconfitta di Siface erano passati a Massinissa disertarono per passare a Annibale ma questi, indignato, li fece uccidere tutti.
    11) ... omissis ...
    12) I Cartaginesi stavano per uccidere gli ambasciatori romani che si salvarono a stento. Quando degli ambasciatori cartaginesi furono spinti dal mare cattivo nella rada dove svernava la flotta romana, Scipione non volle che ci si vendicasse su di loro commettendo la stessa empietà e li lasciò tornare incolumi a Cartagine.
    13 - 18) ... omissis ...

    Libro XXVIII


    1) Filippo V di Macedonia diede a Dicearco d'Etolia venti navi per pirateggiare i commercianti, riscuotere i tributi delle isole e aiutare i Cretesi contro i Rodii.
    2) Istigato dal malvagio Eraclide di Taranto, Filippo fece uccidere cinque membri del suo consiglio. Quindi intraprese una guerra non necessaria contro i Dardani uccidendone migliaia.
    3) Filippo di Macedonia e Antioco III, entrambi responsabili di ingiustizie e empietà, furono sconfitti e attribuirono le loro sventure alle proprie colpe punite dagli dei.
    4) ... omissis ...
    5) Filippo depredò il regno di Attalo di Pergamo saccheggiando anche i templi.
    6) Marco Emilio Lepido incontrò Filippo a Abido recandogli la diffida del senato dall'attaccare gli alleati di Roma.
    7) Filippo giunse a Atene, fece incendiare l'Accademia e profanò molti templi.
    8) ... omissis ...
    9) Vedendo che Eraclide di Taranto era odiato dai Macedoni, Filippo lo fece imprigionare.
    10) Si svolsero trattative tra Filippo e Tito Quinzio Flaminino, questi chiese a Filippo di sgomberare la Grecia e indennizzare chi era stato danneggiato. Filippo propose condizioni più miti che Flaminino rifiutò e la trattativa fallì.
    11) Gli ambasciatori di Flaminino interrogarono Antioco sulle sue intenzioni essendo passato in Europa e gli chiesero di ritirarsi dalle città di Tolomeo (Tolomeo V Epifane). Antioco li congedò con arroganza.
    12) ... omissis ...
    13) Conclusa la guerra con Nabide (195 a.C.) Flaminino stipulò un trattato che fu ratificato dal senato. Tutti gli Italici che si trovavano in schiavitù in Grecia furono liberati come riconoscimento dei buoni auspici dei Romani in favore dei Greci.
    14) Tolomeo V fu all'inizio amato dai sudditi ma le adulazioni della corte lo resero superbo e tirannico, fece morire il suo tutore Aristomene e venne in odio agli Egiziani.
    15) Ambasciatori di Antioco a Roma proposero un trattato d'amicizia ma chiesero che il senato rinunciasse a vietare a Antioco di agire in Europa. Il senato, che considerava ormai imminente la guerra, rispose che se Antioco avesse minacciato gli alleati dei Romani avrebbe ordinato la liberazione anche delle città greche in Asia. La situazione era molto tesa e gli ambasciatori chiesero tempo per dar modo al re di consultarsi con il consiglio.

    Libro XXIX


    1) Antioco fece assassinare un reparto di Romani nel Delio presso Calcide, iniziando la guerra con un atto di empietà.
    2) Nei suoi quartieri invernali a Demetriade, Antioco si dedicava più ai preparativi per il suo matrimonio che a quelli per la guerra, celebrava splendide feste e trascurava l'allenamento dei soldati.
    3) Città della Tessaglia passarono ai Romani, le forze dall'Asia e dall'Etolia tardavano e Antioco cominciò a preoccuparsi e da allora ripose la sua fiducia in Annibale (rifugiato presso di lui) che era sempre stato contrario alla guerra.
    4) Gli Etoli chiesero la pace ai Romani ma le condizioni del senato erano troppo dure, tuttavia furono presi dal grande timore di aver procurato la propria rovina per aiutare il re.
    5) Sconfitto, Antioco si ritirò dall'Europa ordinando agli abitanti di Lisimachia di passare in Asia e questo fu un errore perché Scipione, trovando la città deserta, se ne impadronì senza sforzo.
    6) ... omissis ...
    7) Antioco mandò Eraclide di Bisanzio come ambasciatore al console (Lucio Cornelio Scipione Asiatico) per chiedere una tregua. Offriva di pagare metà delle spese di guerra e liberare Lampsaco, Smirne e Alessandria. Offrì inoltre di liberare il figlio di Publio Scipione che era suo prigioniero donandogli molte ricchezze. Scipione ringraziò per la liberazione del figlio ma rifiutò le ricchezze, per gratitudine consigliò a Antioco di evitare di attaccare battaglia.
    8) Infine Antioco chiese al console la pace. Le condizioni furono il ritiro dall'Europa e dal Tauro, il pagamento delle spese di guerra e la consegna di Annibale e di alcuni altri. Antioco accettò e pose fine alla guerra.
    9-10) ... omissis ...
    11) Dieci legati romani si recarono in Asia dopo la sconfitta di Antioco. Le città che versavano tributi a Antioco ne furono esentate, la regione al di qua del Tauro fu assegnata a Eumene di Pergamo, la Caria e la Licia ai Rodii.
    12) Gneo Manlio Vulsone sconfisse i Galati e rifiutò di trattare se non con i loro re.
    13) Manlio riscosse da Antioco i tributi previsti dai trattati.
    14) Marco Fulvio si comportò in modo scorretto verso gli alleati liguri e cenomani ma il console (Marco Emilio Lepido, 187 a.C.) gli impose una forte ammenda.
    15) Antioco saccheggiò il santuario di Baal in Elimaide accusando gli abitanti della regione di tramare contro di lui, ma fu punito dagli dei.
    16) ... omissis ...
    17) L'assemblea degli Achei rinnovò con Seleuco, figlio del defunto Antioco, l'alleanza che aveva avuto con il padre.
    18) Filopemene stratego della Lega Achea fu uomo eccellente per saggezza e abilità militare. Morì miseramente (catturato nella rivolta di Messene e costretto al suicidio) ma dopo la morte ricevette onori divini.
    19) Annibale fu il più grande comandante cartaginese. Riuscì a tenere insieme un esercito composto da genti diverse che parlavano lingue diverse. Per quasi diciassette anni saccheggiò l'Italia senza mai essere sconfitto.
    20) Scipione ancora giovane combattè contro i Cartaginesi in Spagna, poi salvò la patria costringendo Annibale a lasciare l'Italia.
    21) Per la grandezza delle sue imprese Scipione acquistò una fama intollerabile per la dignità dello stato. In più occasioni rifiutò di dar conto del suo operato o di difendersi quando veniva accusato semplicemente osservando che i suoi accusatori dovevano a lui la propria salvezza e la propria libertà.
    22) Attalo II di Pergamo giunto a Roma come ambasciatore fu accolto con onore dal senato che si impegnò a far cessare la guerra con Farnace.
    23) Leocrito stratego di Farnace conquistò la città di Tio e concesse ai mercenari una tregua per mettersi in salvo ma mentre quelli evacuavano la città tese loro un agguato e li fece uccidere tutti.
    24) ... omissis ...
    25) Filippo fece morire il figlio Demetrio calunniato dal fratello Perseo ma se ne pentì amaramente. Morì meno di due anni dopo tormentato dai rimorsi. Perseo fu sconfitto dai Romani e fuggì a Samotracia ma poi pagò la pena della sua empietà.
    26) Tiberio Gracco combattè con energia in Spagna come propretore. Fu molto stimato dai suoi contemporanei.
    27) Elogio di Marco Emilio Lepido.
    28) ... omissis ...
    29) ... omissis ...
    30) Perseo cercò di confermare il trattato d'amicizia che il padre aveva concluso con i Romani. Il senato conosceva le sue intenzioni non leali ma accettò il trattato ingannando l'ingannatore con lo stesso inganno.
    31) ... omissis ...
    32) Antioco IV Epifane conduceva vita scriteriata, si mescolava con il popolo e con stranieri di basso rango. A volte si presentava non invitato per partecipare alle feste, oppure pregava i cittadini di eleggerlo edile e tribuno. Molti lo ritenevano pazzo.
    33) ... omissis ...
    34) ... omissis ...

    Libro XXX


    1) Il senato votò per la guerra a Perseo e espulse i Macedoni da Roma.
    2) Tolomeo VI si armò per recuperare la Celesiria che era appartenuta ai suoi antenati. Antioco IV si rivolse al senato romano accusandolo di cercare una guerra senza motivo.
    3) Buone qualità di Cotys re dei Traci.
    4) Perseo espugnò la cittadella di Calestro (di incerta identificazione) e uccise tutti gli abitanti. Concesse un salvacondotto a quelli che si erano rifugiati in un luogo fortificato ma una volta usciti vennero uccisi tutti.
    5) Carope d'Epiro era figlio (o nipote) di un omonimo che aveva aiutato Flaminino. Era stato educato a Roma ma aveva gettato il discredito su molti suoi connazionali per soddisfare le sue mire di potere.
    5a) Il console Aulo Ostilio Mancino (170 a.C.) si recò in Epiro e rischiò di essere consegnato a Perseo ma intuì il pericolo e si allontanò prima di essere preso.
    6) Eumene conquistò Abdera grazie al tradimento di un cittadino.
    7) Andronico, dopo aver ucciso il figlio di Seleuco, fu a sua volta messo a morte e condivise il destino della sua vittima.
    8) ... omissis ...
    9) Genzio re degli Illiri alleato di Perseo chiese più volte a quest'ultimo aiuti finanziari per affrontare la guerra contro i Romani ma Perseo, benchè disponesse di grandi mezzi, non accolse la richiesta. Questa politica, adottata anche con altri, lo portò a perdere molti alleati.
    10) Perdendo l'occasione per battere i Romani, Perseo rimaneva a Dione di Macedonia mentre l'esercito nemico si avvicinava attraverso luoghi impervi dove sarebbe stato facile prenderlo prigioniero. Anche le sentinelle trascuravano i loro compiti e Perseo fu avvisato che il nemico era in vista mentre era in bagno intento alla cura della propria persona.
    11) Perseo, vistosi perduto, ordinò la distruzione dell'arsenale (ma l'ordine non fu eseguito) e trasferì gli abitanti di Dione a Pidna (grave errore perché in questo modo lasciò via libera ai Romani nell'entrare in Macedonia).
    12) ... omissis ...
    13) Gli abitanti di Cidonia (Creta) assalirono Apollonia, uccisero gli uomini, resero schiavi donne e bambini e occuparono la città.
    14) Antioco evitò di uccidere tutti i soldati egiziani quando ne ebbe la possibilità e fu per questo atto di clemenza che più tardi riuscì a prendere Pelusio e occupare l'Egitto.
    15 - 16) L'eunuco Euleo e il siriano Leneo, tutori di Tolomeo VI Filometore, assunsero il comando della guerra contro Antioco pur essendo privi di esperienza militare, con disastrose conseguenze.
    17) Tolomeo, allora adolescente, fuggì senza che un pericolo immediato lo minacciasse. Poiché anni più tardi dimostrò di essere energico e coraggioso, fu evidentemente l'eunuco Euleo a spingerlo a fuggire in quell'occasione.
    18) Antioco, che in guerra si comportò con giustizia, a Pelusio ricorse a uno stratagemma per ingannare e trascinare alla rovina il giovane Tolomeo che pure era suo parente.
    19) Una schiera di Galli passò il Danubio e offrì aiuto a Perseo chiedendo una paga fissa, Perseo accettò ma non rispettò gli impegni per avarizia e i Galli tornarono in patria.
    20) Lucio Emilio Paolo aveva circa sessanta anni e godeva della massima stima per le imprese compiute. Prese il comando e riuscì a sconfiggere i Macedoni.
    21) Per essere seguito nella fuga Perseo distribuì una parte del suo tesoro ai Macedoni ma una volta partiti con una scusa si fece riconsegnare tutto dimostrando ancora una volta la sua incredibile avarizia.
    22) Dopo la fuga di Perseo, Emilio cercò con grande apprensione il figlio minore Publio, nipote adottivo dello Scipione che aveva sconfitto Annibale, e si calmò solo quando fu trovato nell'accampamento.
    23) Emilio trattò con clemenza Perseo e condottolo in senato parlò a lungo dell'instabilità della fortuna e di come sia saggio non essere arroganti e non fidarsi troppo della buona sorte.
    24) ... omissis ...

    Libro XXXI


    1) Antioco simulò di non voler conquistare l'Egitto ma di voler soltanto mettere pace tra i due fratelli (Tolomeo VI e Tolomeo VII).
    2) Popilio ambasciatore presso Antioco trattò quest'ultimo molto duramente. Dopo avergli mostrato l'ingiunzione del senato di ritirarsi dall'Egitto, infatti, Popilio tracciò un cerchio intorno al re con un bastoncello e gli impose di dire le proprie intenzioni senza uscire da quel cerchio.
    Spaventato dal comportamento di Popilio e dalla potenza romana, consapevole della sconfitta di Perseo, Antioco rispose che avrebbe obbedito e infatti ritirò l'esercito dall'Egitto.
    3) ... omissis ...
    4) ... omissis ...
    5) Durante la guerra fra Roma e Perseo sembrò che i Rodii inclinassero per il secondo. Dopo la guerra mandarono a Roma ambasciatori per discolparsi, non furono puniti ma furono aspramente criticati.
    6) ... omissis ...
    7) ... omissis ...
    8) Dopo averli vinti i Romani si comportarono generosamente verso i Macedoni e gli Illiri. La Macedonia venne divisa in quattro regioni con capitali Anfipoli, Tessalonica, Pella, Pelagonia. Vi furono stabiliti governatori e vi vennero raccolti i tributi. Al suo ritorno a Roma Emilio celebrò il trionfo esibendo le grandi ricchezze sequestrate in Macedonia e il re Perseo con la sua famiglia.
    9) Perseo fu rinchiuso nell'orribile carcere di Alba Fucens, in un'angusta e affollatissima cella in condizioni insopportabili finché il senatore Marco Emilio non lo fece trasferire in una prigione più umana. Qui visse per due anni poi offese i suoi carcerieri che lo uccisero.
    10) Demetrio Falereo fu autore di un trattato Sulla fortuna nel quale considerava la rovina dei Persiani e prediceva quella dei Macedoni.
    11) I due bambini di Emilio morirono ed egli tenne un discorso ricondando l'impresa contro Perseo e il suo stupore per la buona sorte di cui aveva goduto durante la guerra. Quando tutti si congratulavano con lui per la vittoria egli seppe che la fortuna sarebbe cambiata e infatti fu colpito dalla tragedia della perdita dei figli. Lo consolava sapere che la disgrazia riguardava soltanto la sua sfera privata senza nuocere alla cosa pubblica.
    12) ... omissis ...
    13) ... omissis ...
    14) Eumene pagò regolarmente i suoi mercenari e aggiunse dei doni salvando così il suo regno e sottomettendolo ai Galli, al contrario di Perseo che per avarizia rinunciò ai mercenari e fu sconfitto.
    15) Prusia re di Bitinia era un individuo ignobile, lo dimostrò umiliandosi inopportunamente davanti agli ambasciatori romani e poi al senato ed ottenne soltanto di essere trattato con disprezzo.
    15a) Dionisio Petosarapis, approfittando della giovane età dei due Tolomei e facendo leva sul proprio prestigio in generale, tentò di prendere il potere. Sollevò una rivolta spargendo la voce che il più anziano dei due re voleva uccidere il fratello, questa iniziativa fallì ma Dionisio riuscì ancora più di una volta a organizzare cospirazioni.
    16) Antioco IV Epifane era capace di azioni ammirevoli ma anche di bassezze. Una volta indisse una serie di giochi ma durante la magnifica festa finale si comportò in modo ridicolo ballando nudo e lasciandosi andare a scherzi volgari.
    17) Dopo questi giochi Antioco accolse amichevolmente gli ambasciatore del senato e questi non si resero conto di quanto odiasse i Romani.
    17a) Artaxe re dell'Armenia si rese indipendente da Antioco, fondò una città e riunì un esercito ma Antioco lo sconfisse e lo sottomise.
    17b) Tolomeo represse la rivolta delle popolazioni della Tebaide. I ribelli più ostinati si rifugiarono a Panopoli dove Tolomeo li assediò finché riuscì a sottometterli.
    18) Tolomeo VI fu mandato in esilio dal fratello minore Tolomeo VII
    18a) ... omissis ...
    17c) Il popolo disgustato dalla crudeltà di Tolomeo VII lo depose e richiamò Tolomeo VI.
    19) I re di Cappadocia discendevano da Ciro il Grande secondo questa genealogia: - Cambise padre di Ciro e fratello di Atossa,
    - Gallo figlio di Atossa e di Farnace re di Cappadocia
    - Smerdi figlio di Gallo
    - Artamne figlio di Smerdi
    - Anafa figlio di Artamne ebbe la satrapia di Cappadocia
    - Anafa II figlio di Anafa
    - Datame e Ariamne figlio di Anafa II. Il trono andò a Datame, dopo la sua morte in guerra a Ariamne
    - Ariarate e Oloferne figli di Ariamne
    - Ariarate e Arise figli di Oloferne, il primo adottato dallo zio omonimo
    - Ariarate ebbe il regno e cadde combattendo contro Eumene. La Cappadocia passò ai Macedoni
    - Un Ariarate figlio del precedente riparò in Armenia e alcuni anni dopo recuperò il regno di Cappadocia. Suo nipote Ariarate III sposò Stratonice figlia di Antioco II Theo
    - Il nipote del precedente, Ariarate IV Eusebus, sposò Antiochide figlia di Antioco il Grande. Suo figlio e successore Ariarate V Eusebus Filopatore fu un ottimo re e protesse gli uomini di cultura.
    21) Quando Ariarate V salì al trono dedicò solenni esequie al padre poi si comportò sempre in modo da avere il favore della popolazione.
    22) Artaxia re di Armenia propose a Ariarate V di allearsi per dividere fra loro la Sofene dopo averla presa con l'inganno ma Ariarate respinse la proposta.
    23) I due Tolomei mandarono ambasciatori a Roma. Il senato dopo averli ascoltati ruppe l'alleanza con il più vecchio e assicurò al più giovane la sua benevolenza.
    24) Marco Porcio Catone deprecava le usanze costose come spendere grosse cifre per un vaso di pesce salato del Mar Nero.
    25) Emilio in vincitore di Perseo ebbe splendidi funerali ai quali presenziarono tutto il popolo, i magistrati e il senato. Era usanza che nella processione funebre di personaggi illustri sfilassero anche degli attori che mimandone di atteggiamenti e il modo di muoversi rappresentavano il defunto e i suoi antenati.
    26) Pur avendone avuto la possibilità, Emilio non si appropriò mai delle ricchezze che passarono fra le sue mani e quando morì non lasciò agli eredi che i beni di famiglia. Publio Scipione Emiliano, suo figlio effettivo poi cresciuto dal figlio di Scipione Africano, fu educato alla greca fin dall'infanzia e dall'età di diciotto anni si dedicò alla filosofia avendo come maestro Polibio di Megalopoli. I giovani suoi coetanei avevano preso dai Greci l'uso di dedicarsi al piacere con etere e amasii e ogni genere di convivi.
    27) Scipione adottò la condotta opposta e divenne noto per saggezza e moderazione. Fu anche molto generoso. Quando morì la madre del suo padre adottivo, Emilia moglie di Scipione Africano e sorella di Emilio, Scipione ereditò una consistente fortuna che comprendeva un ricco corredo di gioielli. Poiché sua madre Papiria era separata dal marito e viveva da sola in condizioni molto modeste, Scipione gli fece dono dei gioielli che valevano molti talenti.
    Quando morì il padre naturale lasciò tutta la sua parte di eredità al fratello Quinto Fabio Massimo Emiliano.
    Per questi comportamenti divenne sempre più ammirato da tutta la città.
    27a) L'ostilità dei Romani verso Demetrio I Sotere re di Siria procurò a questi il disprezzo degli altri re e dei suoi satrapi fra cui era Timarco. Costui già sotto Antioco V era stato più volte ambasciatore a Roma e aveva corrotto alcuni senatori, lo fece ancora per farsi riconoscere re contro Demetrio. Raccolse un grande esercito in Media e si alleò con Artaxia re d'Armenia.
    28) Ariarate mandò ambasciatori a Roma (160 a.C.) per comunicare la sua decisione di non allearsi con Demetrio.
    29-30) Anche Demetrio mandò ambasciatori a Roma che recavano in catene gli assassini di Gneo Ottavio, ucciso durante un'ambasceria in Siria. Il senato accettò i doni di Demetrio ma rifiutò i prigionieri.
    31) In Epiro prese il potere Caropsi che si comportò con grande crudeltà, perseguitò con false accuse i sudditi più ricchi per confiscarne il patrimonio e molti ne mandò a morte accusandoli di cospirare contro i Romani.
    32) In Cappadocia Oroferne cacciò il fratello Ariarate e prese il potere per esercitarlo da tiranno. Confiscò grandi ricchezze e ne depositò una parte a Priene contro le sorprese della sorte.
    32a) Il re Eumene (errore di Diodoro, si tratta in realtà del successore Attalo II) ostile a Demetrio, trovò un giovanetto che aveva una singolare somiglianza con Antioco V e diceva di esserne il figlio. Affidò il giovane a un amico di nome Zenofane che viveva in Cilicia e sparse la voce che il figlio di Antioco si preparava a riprendere il trono.
    32b) Ariarate scampò due volte a attentati organizzati da uomini di Oroferne.
    33) Tolomeo maggiore assediò il fratello ma quando lo ebbe in suo potere non gli fece del male e gli accordò di regnare su Cirene ricevendo ogni anno una determinata quantità di grano.
    34) Oroferne saccheggiò il tempio di Zeus per pagare il soldo arretrato ai mercenari.
    35) Prusia aveva invaso il regno di Attalo II ma non ottenendo risultati distrusse il santuario detto Niceforio saccheggiandone i tesori fra cui una statua di Asclepio opera di Firomaco. La punizione divina non tardò: l'esercito fu devastato dalla dissenteria e la flotta distrutta da una tempesta.
    36) ... omissis ...
    37) ... omissis ...
    38) ... omissis ...
    39) La piccola città di Begeda (Segeda) in Celtiberia era divenuta insufficiente e gli abitanti decisero di ampliarla contro l'espresso divieto del senato. Il senato considerò violati i trattati e dichiarò guerra.
    40) ... omissis ...
    40a) Un avventuriero di nome Andrisco si spacciò per Filippo figlio di Perseo e reclamò per se il regno di Macedonia, vedendo che raccoglieva consenso Demetrio lo fece catturare e lo mandò a Roma.
    41) Ottenuta una vittoria (23 agosto 153 a.C.) i Celtiberi proposero una tregua ma i Romani rifiutarono.
    42) Il pretore Lucio Mummio fu colto di sorpresa dai Lusitani mentre stava sbarcando l'esercito e subì molte perdite. Incoraggiati dall'evento anche gli Arevaci dichiararono guerra ai Romani.
    43) ... omissis ...
    44) ... omissis ...
    45) ... omissis ...

    Libro XXXII


    1) Entrando in guerra con Massinissa i Cartaginesi erano preoccupati di aver violato i patti con i Romani.
    2) ... omissis ...
    3) I senatori dissero agli ambasciatori cartaginesi che sapevano cosa fare riguardo la guerra con Massinissa, risposta ambigua che suscitò preoccupazione a Cartagine.
    4) Considerazioni sui vantaggi della clemenza verso i vinti.
    5) ... omissis ...
    6) Quando la flotta romana era già in viaggio verso la Libia i Cartaginesi mandarono ambasciatori per evitare la guerra., I Romani accettarono la resa e, chiedendo trecento ostaggi, lasciarono i Cartaginesi in possesso dei loro averi e delle loro leggi ma decisero irrevocabilmente di distruggere Cartagine.
    7) ... omissis ...
    8) ... omissis ...
    9) ... omissis ...
    13) ... omissis ...
    14) Nonostante le formidabili mura Cartagine fu espugnata e rasa al suolo.
    15) Andrisco o Pseudofilippo che si trovava sotto custodia in Italia riuscì a fuggire e tornato in Grecia continuò a spacciarsi per il figlio di Perseo con l'aiuto di alcuni personaggi fra cui una ex concubina di Perseo, finché riuscì a mettere insieme un certo numero di soldati per reclamare il trono di Macedonia. Sconfitto però da Quinto Cecilio Metello Macedonico fuggì in Tracia.
    16) Massinissa visse novanta anni e ne regnò sessanta mantenendosi sempre in ottimi rapporti con i Romani. Era straordinariamente robusto anche in età molto avanzata, lasciò dieci figli che furono a loro volta amici dei Romani.
    17) ... omissis ...
    18) Il console Calpurnio Pisone Censorino (148 a.C.) rase al suolo alcune città contrariamente alla parola data, ma da allora non ebbe più la fiducia di nessuno e non riuscì più a compiere alcuna impresa.
    19) ... omissis ...
    20) Il senato scelse tre ambasciatori per una missione in Bitinia: uno soffriva di gotta, un altro aveva ricevuto una tegola in testa e il terzo era completamente ottuso. Catone commentò che quell'ambasceria non aveva nè piedi, nè testa, nè cuore, battuta che rimase famosa.
    21) Nicomede prese il potere in Bitinia sconfiggendo il padre Prusia e uccidendolo nel tempio di Zeus.
    22) Durante l'assedio di Cartagine Asdrubale contattò Gulussa figlio di Massinissa che combatteva per i Romani. D'accordo con Scipione, Gulussa gli offrì la salvezza per lui e per i familiari ma Asdrubale rifiutò sdegnosamente, successivamente però si comportò in modo ignobile lasciandosi andare al lusso mentre i concittadini soffrivano la fame.
    23) Caduta Cartagine (146 a.C.) Asdrubale si recò supplice da Scipione e lo mosse a compassione. Ricordando il precedente rifiuto di Scipione di concludere la pace Scipione considerò la potenza della sorte.
    24) Per timore che un simile destino colpisse Roma in futuro, Scipione compiangeva Cartagine data alle fiamme.
    25) Scipione restituì agli ambasciatori siciliani gli oggetti di valore e le opere d'arte che i Cartaginesi avevano predato nella loro isola, fra questi era il toro di Falaride.
    26) Peggiore di quello dei Cartaginesi fu il destino toccato ai Greci che furono sottomessi dai Romani perdendo la libertà. Responsabili ne furono i cattivi comandanti che per avidità personale spinsero i Galli alla guerra.
    27) Corinto fu distrutta e dopo cento anni ricostruita da Giulio Cesare che fu commosso nel vedere la sua rovina.
    9c) Tolomeo VI Filometore si alleò con suo genero Alessandro Bala ma in seguito stipulò un accordo segreto con Demetrio II Nicatore facendogli sposare sua figlia Cleopatra. L'accordo prevedeva che Tolomeo controllasse la Siria lasciando a Demetrio i domini paterni.
    9d) Alessandro Bala sconfitto da Demetrio fuggì in Arabia dove fu assassinato da due suoi ufficiali.
    10) Un oracolo aveva avvertito Alessandro di evitare il luogo dove era nato "l'essere dalla doppia natura". Il re non comprese l'oracolo e solo dopo la sua morte si seppe che nella località dove era stato ucciso viveva un ermafrodito nata donna e diventata uomo in seguito a un'incredibile trasformazione quando era già adulta e sposata.
    11) Trent'anni dopo a Epidauro avvenne un evento simile: una donna già sposata fu colta da atroci dolori al basso ventre e con l'aiuto di un farmacista dal suo inguine uscì un organo sessuale maschile. Poiché era stata sacerdotessa di Demetra e aveva visto cose proibite agli uomini fu processata per empietà.-
    12) A proposito degli ermafroditi esistevano molte superstizioni a volte con la tragica conseguenza di condannare a morte questi individui come mostri mentre in realtà soffrivano di un'anomalia che nascondeva la loro vera natura.

    Libro XXXIII


    1) Viriato capo dei Lusitani oltre a forza fisica, resistenza e agilità aveva buone doti di stratega. Raccolta una banda di briganti sconfisse più volte i Romani, catturò e giustiziò il pretore Gaio Vetilio e si proclamò principe.
    2) ... omissis ...
    3) ... omissis ...
    4) Sconfitti gli avversari, Demetrio II si sentì libero da ogni pericolo e si lasciò andare a comportamenti tirannici e crudeli facendo morire molti sudditi per incamerarne i beni. Si procurò così l'odio della popolazione che prese a simpatizzare per la dinastia in esilio.
    4a) Un certo Diodoto detto Trifone si mise a capo di una rivolta popolare, si alleò con gli Arabi e mise sul trono il giovane Antioco Epifane figlio di Alessandro Bala.
    5) Gli abitanti di Arado decisero di impadronirsi della città di Marato con l'aiuto di Ammonio (funzionario di Alessandro Bala). Ammonio inviò soldati ma i Marateni non li lasciarono entrare e mandarono ambasciatori a Arado per chiedere la pace ma gli Aradi, violando i sacri diritti, fecero strage degli ambasciatori, quindi tentarono di prendere la città con un inganno ma uno di loro, aborrendo questi mezzi, avvertì i Marateni.
    6) Un certo Malceste dopo aver ottenuto la fiducia degli abitanti della Pisidia se ne fece tiranno ma dopo qualche tempo fu ucciso dal fratello Semia che prese a sua volta il potere. I figli di Malceste ancora bambini furono portati altrove e divenuti adulti uccisero Semia ma non vollero il potere e restituirono la democrazia alla Pisidia.
    6a) Tolomeo VII Evergete detto Fiscone commise molti abusi e misfatti a danno dei sudditi. Nonostante ciò riuscì a regnare per quindici anni.
    7) Per il matrimonio di Viriato fu preparato un lussuoso allestimento che egli mostrò di non gradire e consumato un semplice pasto con i suoi compagni prese con se la sposa e ripartì per la montagna dove combatteva.
    8) ... omissis ...
    9) ... omissis ...
    10) Gli abitanti di Cnosso erano fieri dei miti che li riguardavano: Zeus allevato presso di loro e Minosse, nativo di Cnosso che era stato educato da Zeus.
    11) ... omissis ...
    12) ... omissis ...
    13) ... omissis ...
    14) Diegili divenne re dei Traci e da allora trattò tutti come schiavi dando libero sfogo alla sua crudeltà e alla sua libidine. Conquistata la città di Lisimachia soggetta a Attalo la incendiò e sottomise gli abitanti alle più atroci torture.
    15) Per contro Attalo si comportava con magnanimità e lasciò andare i Traci suoi prigionieri. Quando lo seppe Diegili reagì con ancor maggiore violenza contro gli ostaggi lasciati dagli esuli del suo regno.
    16) I Romani accordarono la pace a Numanzia e Tormesso a condizione che consegnassero ostaggi, un certo numero di cavalli da guerra, altri beni e tutte le armi. In un primo momento gli Iberi accettarono ma quando si trattò di consegnare le armio cambiarono idea e ripresero la guerra.
    17) Quando Quinto Pompeo (console 141 a.C.) assediò la città di Lagni non lontana da Numanzia, i Numantini mandarono in soccorso quattrocento soldati. Continuando l'assedio i Lagnei accettarono di consegnare ai Romani i loro soccorritori pur di aver salva la vita ma i Numantini che si trovavano con loro compresero la situazione e fecero una strage. Pompeo si impadronì della città e fece uccidere i nobili mentre lasciò andare i Numantini.
    18) Arsace VI Mitridate re dei Parti fu sempre magnanimo, estese i suoi domini fino all'India occidentale ma non si diede mai alla lussuria e all'arroganza.
    19) ... omissis ...
    20) Galeste re degli Atamani divenne amico di Tolomeo VI e combattè con lui contro Demetrio. Alla morte di Tolomeo VI fu inviso a Tolomeo VII e fuggì in Grecia portando con se un bambino figlio di Tolomeo VI e di Cleopatra.
    21) Viriato fu ucciso da un gruppo di suoi parenti e amici che si erano accordati con Cepione.
    21a) Elogio di Viriato.
    22-23) Misfatti di Tolomeo VII Fiscone e disprezzo degli Egiziani nei suoi confronti.
    24-27) ... omissis ...
    28) Trifone uccise Antioco figlio di Alessandro e si impadronì del trono.
    28a) Per far legittimare il suo potere Trifone donò al senato romano una statua d'oro della Vittoria ma il senato, accettando il dono, fece cambiare la dedica sostituendo il nome di Trifone con quello del fanciullo che egli aveva assassinato.
    28b) Un'ambasceria guidata da Scipione Emiliano visitò l'Egitto. Gli ambasciatori si disinteressarono al lusso esibito da Tolomeo ma apprezzarono molto le bellezze e le ricchezze naturali del paese. Proseguirono per Cipro, poi per la Siria e rinnovarono molti trattati d'amicizia.

    LibrI XXXIV e XXXV


    1) Antioco VII Sidete assediò Gerusalemme e dopo qualche resistenza gli abitanti si arresero (134 a.C.). Amici e consiglieri del re insistevano perché distruggesse la città e annientasse i Giudei, popolo tradizionalmente ostile a tutti gli altri. Anche Antioco IV Epifane aveva odiato i Giudei e nel 168 a.C. aveva abolito le loro antiche leggi e profanato il tempio. Antioco VII fu più mite, si limitò a ricevere ostaggi e tributi e a demolire le mura della città.
    2) Dopo la sconfitta dei Cartaginesi la Sicilia ebbe sessant'anni di serenità fino alla rivolta degli schiavi. I Siciliani avevano molti schiavi ma li trattavano in modo inumano, non si preoccupavano del loro nutrimento e della loro salute e spesso lasciavano che per vivere praticassero il brigantaggio.
    Uno schiavo di nome Euno, appartenente a Antigene di Enna, si spacciava per indovino e raccontava di aver avuto la visione di una dea che lo avvertiva che sarebbe divenuto re. Antigene rideva delle trovate di Euno e spesso lo esibiva agli amici nei banchetti.
    Un certo Damofilo di Enna e sua moglie Megallide avevano esagerato nel maltrattare e punire i loro numerosi schiavi che avevano deciso di reagire e avevano consultato Euno il quale aveva pronosticato il successo della loro impresa.
    Riuniti altri schiavi, i rivoltosi attaccarono Gela, entrarono nelle case e fecero strage degli abitanti mentre altri servi si andavano unendo alla ribellione.
    Damofilo e la moglie vennero catturati, l'uno fu decapitato e l'altra torturata e gettata da una rupe, venne invece rispettata la loro figlia che si era sempre comportata umanamente verso gli schiavi e aveva cercato di alleviare le loro sofferenze.
    Euno fu proclamato re, riuscì a organizzare un esercito di seimila uomini che presto divennero diecimila e prese a saccheggiare la regione. Era intanto iniziata un'altra rivolta di schiavi il cui capo Cleone si sottomise al comando di Euno e i due unirono le forze.
    L'esercito dei ribelli sconfisse quello del pretore Lucio Plauzio Ipseo venuto da Roma con ottomila uomini e continuò a lungo a tener testa ai Romani finché il console Publio Rupilio (132 a.C.) prese Taormina e altre località, uccise Cleone e per un tradimento espugnò anche Gela.
    Euno fuggì con un migliaio di uomini ma questi, considerando di non avere speranza, si uccisero l'un l'altro. Euno fu catturato e messo in carcere a Morgantina dove finì miseramente i suoi giorni.
    3) Attalo III, diversamente dai suoi predecessori, fu crudele e sanguinario. Sospettando gli amici di suo padre di congiurare li fece uccidere tutti dai suoi mercenari, fu odiato dai suoi sudditi e anche dai popoli confinanti.
    4) ... omissis ...
    5) Illustri natali di Tiberio Gracco, figlio del Tiberio Gracco famoso generale e nipote per parte di madre del Publio Scipione vincitore di Annibale.
    6) Brano lacunoso sulla lotta politica fra Tiberio Gracco e Marco Ottavio.
    7) Ancora un brano lacunoso. Si parla di Publio Cornelio Scipione Nasica Serapio che diede inizio ai disordini nei quali morì Tiberio Gracco.
    8) ... omissis ...
    9) ... omissis ...
    10) Sacrifici agli dei per scongiurare la loro ira conseguente all'uccisione di Tiberio Gracco.
    11) ... omissis ...
    12) Zibelmio figlio di Diegili per vendicare il padre sottopose i Traci a ogni sorta di torture, sevizie e crudeltà tanto che quando i Traci reagirono e lo catturarono sembrava impossibile ripagarlo alla pari per il male commesso.
    13) ... omissis ...
    14) Tolomeo VIII Fiscone per odio verso la moglie-sorella Cleopatra uccise il loro comune figlio Mandita che era ancora fanciullo e fece recapitare il suo corpo mutilato a Cleopatra.
    15) Arsace VII re dei Parti propose la pace a Antioco VII ma insoddisfatto della risposta mosse contro di lui.,
    16-17) Benché gli amici gli sconsigliassero di combattere in campo aperto contro i Parti, Antioco volle affrontarli, fu sconfitto e ucciso e con lui trecentomila uomini. In ogni casa del suo regno si piansero caduti.
    18) Dopo aver sconfitto Antioco, Arsace progettava di impadronirsi della Siria ma la sua sorte mutò rendendo impossibile la spedizione (gli Sciti sottomisero i Parti e uccisero Arsace VII).
    19) Dopo la disfatta di Antioco VII, la città di Seleucia che aveva in precedenza defezionato dai Parti fu ripresa da Arsace. Gli abitanti di Seleucia mandarono ambasciatori a chiedere perdono e Arsace rispose che sarebbero stati tutti accecati.
    20) ... omissis ...
    21) Il parto Evemero (generale della Mesopotamia per Arsace VII) imprigionò e vendette come schiavi molti Babilonesi e distrusse la parte migliore della città.
    21) Alessandro detto Zabina espugnò Laodicea occupata da alcuni suoi comandanti ribelli ma li perdonò e li prosciolse dalle accuse.
    22) ... omissis ...
    23) Quando il console Gaio Sestio Calvino (124 a.C.) sconfisse i Galli e fece molti prigionieri liberò e ricompensò un certo Cratone che per essere filoromano aveva subito ingiurie e torture dalla sua gente. Gli concesse la libertà anche per la sua famiglia e per novecento concittadini a sua scelta.
    24-25) Gaio Gracco aveva un vastissimo consenso popolare ma quando propose le sue riforme ottenne di infrangere l'armonia delle classi provocando la discordia generale. Le sue leggi nocquero anche alle finanze dello stato e alla disciplina dell'esercito. Egli stesso divenne sempre più presuntuoso e arrogante. In sostanza il giudizio di Diodoro sul personaggio sembra troppo negativo per essere imparziale.
    26) Publio Popilio Lena, console nel 132 a.C. e avversario dei Gracchi fu esiliato per un'accusa ingiusta.
    27) Una legge proposta da Gracco (non è chiaro quale) fu approvata dall'assemblea per un solo voto.
    28) Alessandro Zabina (che sconfitto da Antioco VIII Grifo si era rifugiato in Antiochia) giudicò opportuno allontanarsi e si imbarcò di notte con i suoi dopo aver depredato il tempio di Zeus. Preceduto dalla notizia del furto sacrilego non trovava rifugio e infine fu catturato e consegnato a Antioco.
    28a) Gracco, politicamente sopraffatto dagli oppositori, congiurò per reagire con le armi. Con intenzioni violente e la spada sotto la toga si avviò con i suoi compagni sul Campidoglio ma trovandolo occupato dai suoi avversari tornò indietro furibondo. Quando un suo amico gli consigliò di evitare la violenza lo fece uccidere, fatto di cui i senatori furono prontamente informati.
    29) Dopo l'uccisione di Gracco per mano di un suo schiavo, uno dei suoi sostenitori gli mozzò la testa e riempì il cranio di piombo fuso per riscuotere la taglia che era stabilita, appunto, nel peso della testa in oro.
    30-30c) ... omissis ...
    31) In Libia dopo la morte di Micipsa i fratelli Giugurta e Aderbale contesero il regno. Giugurta respingendo l'intercessione romana per il fratello lo catturò e lo uccise insieme ai suoi compagni.,
    32-32a) ... omissis ...
    33) Publio Cornelio Scipione Nasica Serapio console (138 a.C.) fu celebre per le sue virtù e ammirato per la sua stirpe. Discendente dei famosi Scipioni ebbe per padre e nonno gli uomini più in vista della città. Suo nonno (Publio Cornelio Scipione Nasica Corculo console nel 162 e nel 155) fu princeps senatus e fu giudicato il più degno dei Romani quando si trattò di condurre da Pessinunte a Roma gli arredi per il tempio della Madre degli Dei (in realtà questo onore spettò al padre di costui, Publio Cornelio Scipione Nasica console nel 191 a.C.).
    Publio Cornelio Scipione Nasica Corculo esprimendo opinione contraria a quella di Catone aveva sempre suggerito di non distruggere Cartagine perché rimanesse un monito per spingere i Romani ad essere sempre uniti e concordi. Dopo la distruzione di Cartagine, infatti, nacquero tremende discordie e pericolosa demagogia. Il figlio di costui (Publio Cornelio Scipione Nasica padre) uccise Tiberio Gracco quando questi tentò di conquistare il potere assoluto.
    34) Antioco Ciziceno, una volta divenuto re, si dette al vino e al lusso. Si dilettava con i mimi e con le marionette, si esponeva a inutili pericoli uscendo con pochi servitori per la caccia notturna.
    35-37) ... omissis ...
    38) All'inizio della sua carriera Mario era un personaggio oscuro e disprezzato da tutti ma con il suo coraggio e la sua abnegazione acquisì presto molta fama. Inoltre si faceva amare dai soldati con le sue maniere e quelli combattevano al meglio quando erano comandati da lui.
    39) Bocco (re della Mauretania già alleato di Giugurta) trattò con Mario e con il senato per ottenere il perdono dei Romanio. Vi riuscì catturando Giugurta e consegnandolo in catene a Silla legato di Mario.

    Libro XXXVI


    1) A Roma si diffuse il panico per le sconfitte subite combattendo contro i Cimbri mentre Mario in Libia vinceva su Bocco e Giugurta e scoppiava una grave rivolta di decine di migliaia di schiavi.
    2) Prima della rivolta gli schiavi in Sicilia ve ne erano state altre di dimensioni minori, una a Nocera e due a Capua, l'ultima scoppiata per un motivo particolare: un cavaliere di nome Tito Minucio si innamorò di una schiava e la riscattò impegnandosi a pagare una cifra astronomica ma alla scadenza dell'impegno non riuscì a disporre del denaro.
    Per liberarsi dei creditori concepì l'assurdo progetto di armare quattrocento schiavi e spingerli alla rivolta. Uccise i predecenti proprietari della schiava che amava e quanti gli si opponevano, riuscì a raccogliere intorno a se tremilacinquecento ribelli prima di essere sconfitto dal pretore Lucio Licinio Lucullo.
    3) Durante la campagna contro i Cimbri, Mario mandò a chiedere aiuto a Nicomede II Epifane re di Bitinia che rispose che molti Bitini erano finiti in schiavitù nelle province romane per debiti fiscali e il senato deliberò di liberarli. Licinio Nerva fu incaricato di istituire un tribunale speciale che in pochi giorni liberò ottocento schiavi ma poi si fece corrompere dai notabili delle province e interruppe le liberazioni. Da questa situazione nacque una rivolta in Sicilia alla quale parteciparono alcune centinaia di schiavi che occuparono un castello. Assediati da Licinio Nerva furono infine presi per un tradimento, quelli che non morirono combattendo si suicidarono per evitare la punizione.
    4) I soldati di Nerva vennero congedati dopo aver represso la rivolta ma presto giunse la notizia di una nuova ribellione. Nerva marciò fino a Eraclea ma non affrontò subito gli insorti che ebbero il tempo di raccogliere numerosi altri schiavi. Marco Titinio al quale Nerva affidò il comando di seicento uomini fu sconfitto e volto in fuga.
    Conquistata questa vittoria gli schiavi ribelli divennero sempre più numerosi e potenti, proclamarono re un certo Salvio e, saccheggiando la regione, si procurarono molti cavalli.
    Quando gli insorti assediarono Morgantina furono attaccati dal pretore che conquistò il loro accampamento ma presto reagirono e di nuovo misero in fuga i Romani. Salvio aveva ordinato di non uccidere chi avesse gettato le armi, perciò molti soldati fuggirono abbandonando le proprie armi di cui ovviamente Salvio si impadronì per equipaggiare i nuovi proseliti che giungevano continuamente. Gli abitanti di Morgantina liberarono i loro schiavi a condizione che li aiutassero contro gli assedianti, in seguito però il pretore tolse loro la libertà e quelli passarono dalla parte dei ribelli.
    5) Nella zona di Segesta e Lilibeo scoppiò un'altra rivolta con a capo un certo Atenione originario della Cilicia, esperto di astrologia. Costui arrivò a riunire diecimila uomini e osò assediare l'imprendibile Lilibeo ma durante l'assedio rinunciò all'impresa dicendo di averne avuto ordine dagli dei. Proprio allora giunsero dalla Mauretania soccorsi per gli assediati e tutti ammirarono la chiaroveggenza di Atenione.
    6) ... omissis ...
    11) ... omissis ...
    7) Salvio, che era diventato molto potente e si faceva chiamare Trifone, si accordò con Atenione che riconobbe la sua supremazia e insieme conquistarono la città di Triocala, in seguito però Salvio sospettò che Atenione tramasse contro di lui e lo fece imprigionare. Fortificò Triocala, la dotò di una grande agorà e vi costruì la sua reggia, si circondò di un consiglio composto dagli uomini più esperti e durante le riunioni indossava ornamenti regali.
    8) Lucio Licinio Lucullo fu mandato contro gli schiavi ribelli e occupò la Sicilia. Salvio prosciolse Atenione e insieme decisero di combattere in campo aperto. I Romani, pur essendo sedicimila contro quarantamila vinsero la battaglia, Atenione fu ferito più volte e si salvò fingendosi morto, Trifone e molti suoi uomini fuggirono.
    Erano morti non meno di ventimila ribelli, i superstiti si rifugiarono a Triocala, il pretore li assediò ma non condusse l'assedio come avrebbe dovuto per indolenza o per corruzione e alla fine venne sconfitto.
    9) Lucullo fu rimosso e sostituito da Gaio Servilio ma anche questi fu processato e mandato in esilio. Morì Trifone e Atenione prese il potere e cominciò a saccheggiare le campagne senza essere disturbato dai Romani.
    Quando Servilio stava arrivando per prendere il comando Lucullo congedò i soldati e fece distruggere gli accampamenti per rendere più difficile il compito del successore.
    10) Gaio Mario fu eletto console per la quinta volta con Manio Aquilio, questi vinse i ribelli in Sicilia e uccise Atenione in duello. Dopo la vittoria perseguitò i ribelli rimasti che si nascondevano nei luoghi più impervi finché ne rimasero un migliaio, a questi offrì di non essere puniti subito ma di essere portati a Roma per combattere con le belve. Quasi tutti preferirono uccidersi reciprocamente. Finì così la rivolta degli schiavi in Sicilia durata quasi quattro anni.
    12) Il pretore Lucio Apuleio Saturnino fu incaricato del trasporto del grano da Ostia a Roma ma per la sua condotta meschina e indolente fu sollevato dall'incarico. In seguito cambiò il suo comportamento e fu nominato tribuno della plebe.
    13) Un certo Battace proveniente dalla Frigia giunse a Roma e si presentò come sacerdote della Grande Madre degli Dei. Portava la corona e vesti regali. Sostenne che erano stati compiuti sacrilegi e che la città doveva essere purificata. Fu avversato dal tribuno Aulo Pompeo che lo accusò di diffondere superstizioni ma poiché Pompeo morì dopo pochi giorni il popolo spaventato concesse molti onori a Battace.
    14) ... omissis ...
    15) Mitridate (VI Eupatore Dioniso) mandò a Roma ambasciatori con molto denaro per corrompere i senatori. Saturnino trattò con gli ambasciatori in modo insolente e fu messo sotto processo, supplicò pubblicamente il popolo di proteggerlo e ottenne la salvezza perché decine di migliaia di persone accorsero in tribunale e i senatori non osarono condannarlo.
    16) Metello Macedonico era in esilio da due anni. Il giovane figlio prese a supplicare la gente nel foro e alla fine ottenne che fosse richiamato. Per il suo amore filiale il giovane ebbe il soprannome di Pio.

    Libro XXXVII


    1) Esaltazione della potenza militare dei Romani. La più grande guerra da loro combattuta fu contro i Marsi (Guerra Sociale).
    2) I Marsi furono gli iniziatori della rivolta che coinvolse tutti gli Italici. La plebe si era ribellata e i senatori avevano chiamato in aiuto gli Italici promettendo la cittadinanza ma non avevano mantenuto la promessa e nel 91 a.C., consoli Lucio Marcio Filippo e Sesto Giulio Cesare, era scoppiata la guerra.
    Contro i Romani combattevano Sanniti, Ascolani, Lucani, Picentini, Nolani e altri. La più grande città nemica era Corfinio dei Peligni che gli Italici avevano scelto come sede del senato comune e delle altre magistrature. Elessero consoli Gaio Aponio Motilo, sannita, e Pompedio Silone, marso, assegnarono a ciascun console l'area di competenza e sei pretori come luogotenenti.
    I ribelli combatterono con successo finché non furono ripetutamente sconfitti dal console Gneo Pompeo Strabone e da Silla, comandante per l'altro console Lucio Porcio Catone.
    Estremamente ridimensionati, i ribelli italici lasciarono Corfinio e trasferirono la loro sede a Isernia.
    Pompedio Silone reclutò un nuovo esercito reclutando anche gli schiavi e si scontrò con i Romani comandati da Mamerco Emilio Lepido facendo oltre seimila prigionieri. Metello espugnò Venosa e fece tremila prigionieri.
    Gli Italici si rivolsero a Mitridate re del Ponto chiedendogli di intervenire in loro favore ma il re declinò perché impegnato a mettere in sicurezza il suo regno.
    Intanto a Roma si verificavano disordini fra i partigiani di Gaio Giulio Vopisco e di Gaio Mario che rivaleggiavano per il comando della guerra contro Mitridate. Silla, che era console (88 a.C.), si portò con l'esercito presso Nola intimorendo agli Italici che consegnarono la città, ma quando Silla andò in Asia contro Mitridate i ribelli superstiti ripresero le ostilità e assediarono Reggio sperando di passare in Sicilia, ma Gaio Norbano governatore dell'isola liberò Reggio.
    3) Progressiva degenerazione dei costumi dei Romani.
    4) ... omissis ...
    5) Quinto Muzio Scevola fu governatore in Asia (94 a.C.) e si comportò con estrema correttezza raddrizzando molti torti dei suoi predecessori, punì i pubblicani disonesti e riuscì a risanare i rapporti fra Roma e gli abitanti della provincia.
    6) ... omissis ...
    7) ... omissis ...
    8) Lucio Asilio (probabilmente Lucio Sempronio Asellio) fu governatore in Sicilia (96 a.C.) e risanò l'isola devastata dalla guerra comportandosi in modo analogo a quanto aveva fatto Scevola in Asia. Con l'aiuto di validi consiglieri riparò molte ingiustizie e curò in particolare gli interessi degli orfani e della vedova.
    9) ... omissis ...
    10) Elogio di Marco Livio Druso. Elogio della famiglia dei Drusi. Quando furono abrogate le sue leggi Livio Druso non si oppose.
    11) Testo del giuramento che gli Italici fecero a Druso.
    12) Durante una festa (probabilmente a Ascoli) un attore offese i Romani presenti che lo uccisero. La situazione stava degenerando in una rissa sanguinosa ma un buffone eccezionalmente abile riuscì a riportare l'allegria e a scongiurare il pericolo.
    13) Pompedio Silone comandante dei Marsi si diresse a Roma con un gran numero di armati per ottenere la cittadinanza con qualsiasi mezzo ma Domizio (forse Gneo Domizio Enobarbo console nel 96 a.C.) lo dissuase dall'usare la violenza. Diversamente fece Quinto Servilio che si rivolse ai Picentini in modo oltraggioso provocando la loro reazione violenta.
    14) ... omissis ...
    15) Mario e Pompedio si fronteggiavano pronti alla battaglia, ma i loro soldati, avvicinatisi fino a poter vedere il viso degli avversari, riconobbero molti amici e parenti e gettarono le armi. Anche i due comandanti si avvicinarono e presero a parlare.
    16) ... omissis ...
    17) ... omissis ...
    18) Un cretese propose al console Lucio Giulio Cesare il proprio tradimento. Il console gli offrì in cambio la cittadinanza romana ma quello rifiutò e disse che voleva del denaro.
    19-20) Gli abitanti di Pinna (oggi Penne) non tradirono la loro alleanza con i Romani neanche quando gli Italici per costringerli a defezionare uccisero tutti i loro bambini.
    21-25) ... omissis ...
    26) Liberando i prigionieri romani e rimandandoli in patria con cibi e vestiti, Mitridate divenne molto popolare e molte città chiesero la sua protezione.
    27) I Lesbi passarono a Mitridate e decisero di mandargli in dono il giovane Aquilio che si trovava a Mitilene ma Aquilio preferì il suicidio a una pena vergognosa.
    28) L'assedio di Rodi da parte di Mitridate fallì perché gli assediati erano più esperti e valorosi degli assedianti.
    29) L'avidità senile di Mario fu causa di immense sciagure per lui stesso che rovinò la sua vita e finì suicida per evitare l'assalto di Silla, a suo figlio che perdette la vita mentre cercava scampo in un cunicolo e per la patria che perse personaggi illustri come Scevola e Crasso uccisi dai mariani e che subì le tragiche persecuzioni di Silla.
    30) ... omissis ...

    Libri XXXVIII - XXXIX


    5) Prodigi nel periodo in cui iniziò la guerra civile romana e quella contro Mitridate. Da allora in poi Roma ebbe governatori malvagi.
    1) I Romani mandarono ambasciatori a Cinna ma questi rifiutò di tornare a Roma come privato cittadino.
    2) Cecilio Metello Pio contattò Cinna e concordò che tornasse come console, Metello fu duramente attaccato per questo da Gneo Ottavio mentre Cinna ebbe il biasimo di Mario.
    3) Lucio Cornelio Merula, che era stato eletto console in sostituzione di Cinna, rassegnò la carica senza creare problemi.
    4) Cinna e Mario si accordarono per eliminare tutti i loro avversari. Fra le vittime illustri fu Quinto Lutazio Catulo, già vincitore dei Cimbri molto stimato dalla cittadinanza.
    6) Silla sgominò le forze di Mitridate, poi si alleò con lui e usando la sua flotta tornò rapidamente in Italia dove eliminò Mario e Cinna ottenendo il potere assoluto.
    7) Per finanziare la guerra in Italia Silla saccheggiò i santuari di Apollo a Delfi, di Asclepio a Epidauro e di Zeus a Olimpia senza porsi problemi di ordine religioso.
    8) Fimbria concesse ai soldati di saccheggiare e prendere schiavi in territori alleati. Le vittime protestarono con il console Lucio Valerio Flacco che ordinò la liberazione, Fimbria si finse all'oscuro di tutto ma in privato incitava i soldati a non obbedire. Saccheggiò varie città fra cui Nicomedia e Cizico e devastò la Frigia.
    9) Gneo Pompeo in gioventù dedicò molto tempo ad allenarsi e a prepararsi alla vita militare ma anche a studiare strategia e a temprare il proprio carattere. Ancora molto giovane raccolse l'esercito e lo armò con estrema rapidità. A Roma non si credeva alle sue imprese a causa dell'età ma quando la sua fama fu confermata il senato gli mandò contro Lucio Giunio Bruto Damasippo che Pompeo sconfisse e mise in fuga.
    10) Silla manifestò la sua stima per Pompeo e redarguì quanti erano con lui per non essere all'altezza di quel giovane.
    11) ... omissis ...
    12) ... omissis ...
    13) ... omissis ...
    14) Quando Mario fu abbandonato dai suoi soldati solo Marco Perpenna, benché minacciato da Silla, si mantenne leale verso di lui.
    15) Sul finire della guerra marsica (guerra sociale) scoppiò una grande rivolta capeggiata da Mario il Giovane in cui morirono molte decine di migliaia di uomini. Mario fu sconfitto e trovò scampo in Preneste con quindicimila compagni ma, abbandonato da tutti, si fece uccidere da un servo.
    17) ... omissis ...
    18) ... omissis ...
    19) ... omissis ...
    20) In Sicilia Pompeo si occupò in modo particolare di amministrare la giustizia nelle contese pubbliche e private e si comportò in modo così moderato e dignitoso che tutti si stupirono della virtù del giovane.
    22) ... omissis ...

    Libro XXXVIII


    22a) Sertorio, inferocito dalla sua cattiva sorte, prese a comportarsi come un tiranno attirandosi anche l'odio dei suoi stessi amici che si accordarono per eliminarlo. Perpenna organizzò la congiura, invitò a banchetto Sertorio che fu ucciso dai commensali.
    22b) Un centurione che lavorava nella galleria durante l'assedio di Cizico (terza terra mitridatica, 74 a.C.) fingendosi disposto a tradire riuscì con molta abilità a attirare Mitridate nelle gallerie ma un consigliere del re intuì il pericolo e sventò un attentato.

    Libro XL


    1) Marco Antonio Cretico concluse la pace con i Cretesi i quali passato qualche tempo mandarono a Roma trenta ambasciatori per difenderli dalle accuse e fare in modo che il senato tornasse alla benevolenza di un tempo (69 a.C.)
    Il senato accettò le scuse e predispose un decreto per dichiarare i Cretesi amici e alleati ma il tribuno Lentulo Spintere pose il veto a questo decreto. Poiché venne riferito che i Cretesi continuavano a praticare la pirateria il senato emise un decreto che imponeva loro di consegnare navi e ostaggi e di mandare a Roma due loro capi di nome Lastene e Penere. Quelli del partito di Lastene cercarono di sollevare il popolo contro questi provvedimenti.
    1a) In Siria vi fu una rivolta contro Antioco VIII e i ribelli cercarono di mettere sul trono Filippo II nipote di Antioco VIII Gripo che ottenne il potere con l'aiuto di Azizo l'Arabo.
    1b) Antioco XIII si rivolse a Sampsiceramo signore di Emesa ma questi si accordò segretamente con Azizo per eliminare i due re e dividersi la Siria. Sampsiceramo eliminò Antioco XIII e Azizo si occupò di Filippo II ma questi riuscì a fuggire.
    2) Trovandosi a Damasco Pompeo incontrò Aristobulo e Ircano che contendevano il regno dei Giudei ma anche una delegazione di duecento illustri Giudei si presentò a Pompeo per spiegare che entrambi i contendenti erano usurpatori, avevano stravolto le loro leggi e privato il popolo della libertà. Pompeo si limitò a rimproverare aspramente Aristobulo e Ircano rimandando la decisione sul loro conto.
    3) Una sintesi della storia dei Giudei prima di parlare della guerra dei Romani contro di loro. Quando in tempi antichi scoppiò una pestilenza in Egitto molti ne ascrissero la causa all'eccessivo numero di stranieri presenti nel paese che con le loro credenze avevano distolto il popolo dalla religione tradizionale provocando l'ira degli dei.
    Tutti gli stranieri furono perciò estradati, una parte si diresse in Grecia sotto la guida di Danao e Cadmo, la maggioranza si stabilì in Giudea, paese all'epoca disabitato.
    Il capo dei Giudei si chiamava Mosè, fondò molte città fra cui Gerusalemme nella quale si trova il loro santuario più importante, istituì culto e cerimonie, diede alla popolazione leggi e istituzioni. Divise il popolo in dodici tribù ciascuna della quali aveva un capo che fu creato sacerdote.
    I Giudei credono che l'unico dio sia il Cielo, signore di tutte le cose. A causa della loro espulsione dall'Egitto sono misantropi e xenofobi.
    Il capo della nazione dei Giudei è il sommo sacerdote considerato portatore degli ordini divini.
    Mosè condusse anche spedizioni militari contro i popoli vicini, conquistò una vasta regione e la divise fra i cittadini in tanti lotti inalienabili. I costumi dei Giudei erano diversi da quelle di tutti gli altri popoli ma con le dominazioni dei Persiani e dei Macedoni furono contaminati.
    4) Un'epigrafe celebrava le vittorie di Pompeo in Asia: guerra ai pirati, Cappadocia, Galazia, Asia, Bitinia, Paflagonia, Ponto, Armenia, Acaia, Iberia, Colchide, Mesopotamia, Sofene, Gordiana, Media, Aristobulo re dei Giudei, Areta re dei Nabatei, Siria, Giudea, Arabia, Cirenaica, Achei, Ioligi, Soani, Eniochi.
    5) A Roma Catilina e Lentulo Sura ordirono una congiura per uccidere un gran numero di senatori. I congiurati dovevano introdursi nelle case delle vittime con il pretesto di recare doni in occasione di una festa e poi ucciderle durante la notte ma uno dei sicari rivelò il piano a una ragazza di cui era innamorato che a sua volta ne parlò con la moglie del console Cicerone e in questo modo fu scoperta tutta la congiura.
    6) --
    7) Proposito di Diodoro di scrivere su Cesare conquistatore della Gallia e primo ad arrivare all'isola dei Britanni.
    8) Disconoscimento di alcuni libri rubati prima che venissero corretti e divulgati.